domenica 29 novembre 2009

cielo e terra

venerdì 27 novembre 2009

Planet 51 - "Piovono sassi a catinelle"

"Tu sei un alieno!!" - "No sei tu l'alieno!!".
Da questa parodia della classica invasione aliena in cui questa volta è un umano ad approdare in un mondo popolato di personaggi verdi con quattro dita ed orecchie a punta nasce Planet 51.

Il mondo di Planet 51 è un mondo che richiama gli USA degli anni ’50, a parte le auto volanti ovviamente , in cui gli abitanti vivono un'esistenza tranquilla e spensierata, tra un rock’roll ed un barbeque in giardino.
L'universo conosciuto non supera le 500 miglia e la Tv è in bianco e nero.
Gli abitanti credono che i militari nascondano le prove dell'esistenza aliena in una base sperduta nel deserto, ed hanno il terrore che il loro mondo possa essere invaso dagli alieni (visti solo al cinema) che possono impadronirsi del loro cervello e renderli zombie.

La vita serena di questa civiltà viene sconvolta, dall’arrivo di un’astronave , da cui fuoriesce un essere tutto bianco e con uno stemmino a stelle e strisce.
Questo Alieno è il Capitano Charles "Chuck" Baker che giunto dalla terra su un pianeta che credeva disabitato dovrà fare in modo di non essere imprigionato e sezionato per avere qualche speranza di far ritorno a casa.
Ad aiutarlo , Lem , un giovane abitante del posto , tanto imbranato in amore quanto coraggioso nel suo tentativo di salvare il suo nuovo amico alieno per il quale rischierà la sua "perfetta" vita .

Il film dunque narra le vicissitudini dei protagonisti tra piogge di sassi e cagnolini stile "Alien".

Planet 51 è un film divertente e piacevole, con delle scene davvero esilaranti.
Tra le più riuscite , quella in cui il rover danza sotto la pioggia di sassi sulla musica di "Singin' in the Rain".
Oppure quando il capitano atterra con la sua astronave nel giardino del giovane Lem mentre sta facendo un barbeque con la famiglia.
Esce trionfante dalla sua navicella e con movenze rallentate stile sbarco sulla luna e pianta la bandiera americana salvo poi accorgersi di esse fissato da tutta la cittadina che osserva sbigottita.
Alla vista degli omini verdi il capitano scappa ed urla in netto contrasto con la visione di astronauta eroe ai quali siamo abituati.

Nonostante la sceneggiatura sia di Joe Stillman, papà di Shrek, comunque, non ci si deve aspettare la stessa carica dell'Orco del "Regno di Molto Molto Lontano" quindi anche se il film non risulta mai noiso o lento, secondo me, non riesce comunque a spiccare il volo.

Curiosità:
Anzitutto una cosa simpatica di cui ci si accorge leggendo i titoli di coda (pratica che ad alcuni può risultare noiosa ndr :-p) è che tra i doppiatori italiani ci sono Linus, Albertino, Nicola Savino, La Pina e Platinette direttamente da Radio Deejay.. (vi lascio scoprire quali sono i personaggi cui danno voce) .
Un pò più semplice da riconoscere per i più attenti è invece la voce del Capitano 'Chuck' Baker che coincide con l' "Ispanico" protagonista de "Il Gladiatore".

Il Sangue dei Vinti


Presentato al Festival di Roma, Il sangue dei vinti militava nella sezione “fuori concorso”. Dopo la visione ne comprendi il perchè. Uno stile di ripresa troppo rigido e televisivo, poco cinematografico, un film che al massimo si sarebbe prestato bene per una fiction.Da buttare completamente la performance di Michele Placido. Tutto troppo semplicistico. Prodotto oggettivamente brutto. Passo e chiudo.

lunedì 23 novembre 2009

Gli abbracci spezzati

Ernesto Martel muore. Comincia così Gli abbracci spezzati. Da qui una cascata in piena di ricordi nella mente dello sceneggiatore non vedente Mateo Blanco alias Henry Caine, un ex-regista ora autore di sceneggiature, assistito dalla sua segretaria di produzione Judit e dal figlio di lei Diego.
Fotogramma per fotogramma viene ricostruita andando a ritroso nel tempo, la sua divorante passione per l’attrice Lena, la bellissima Penelope Cruz, conosciuta sul set del suo ultimo film, prodotto da Ernesto, l'uomo di Lena, un uomo vecchio e psicologicamente disturbato. Nonostante sia a conoscenza del fatto che Lena non lo ami, Ernesto non la lascia andare e con ricatti e violenze fisiche e psicologiche continua a tenerla ancorata a lui. Mateo e Lena diventano amanti, nascosti sull’isola di Lanzarote, in un bungalow sulla spiaggia, finalmente liberi. Distesi ed abbracciati su un sofà, a scattare istantanee di felicità, incosapevoli del proprio destino.
Guardano in televisione Viaggio in Italia di Rossellini: Ingrid Bergman e George Sanders visitano gli scavi di Pompei. Vengono scoperti i corpi senza vita di un uomo ed una donna, sorpresi dalla colata di lava durante il sonno, e seppelliti per sempre insieme in un abbraccio. Lena ne è sconvolta e piange, rivede se stessa in quella scena, capisce che non si può fuggire dal passato, senza che questo prima o poi ritorni. Mateo forse nemmeno avverte il suo disagio, Lena si accoccola contro il petto di lui, è così che lei vorrebbe morire, come i due "fossili" nel film, stretta in un abbraccio, un abbraccio che verrà però spezzato.
Di questo momento rimane solo una fotografia, che Mateo scatta, ma che poi farà a pezzi ed anche l'abbraccio della foto, diverrà un abbraccio spezzato, ma conservato in una busta del cassetto della sua scrivania.
Gli abbracci spezzati. Una storia bellissima di un grande amore, ma la vita non è una favola e quindi non aspettatevi il "vissero felici e contenti". L'amore però vibra, sempre, è presente in ogni immagine, in ogni sguardo, a volte si palesa carnalmente e viene consumato, anche sul divano di un soggiorno. Un incidente spezza la vita di lei e toglie la vista a lui, che privato, quindi, della possibilità di fare cinema, cancella dal suo passato tutto quello che riguarda Mateo e si ricrea a partire da Harry. Una notte Diego, che fa il dj, ha un incidente, vivrà in uno stato di coma per poche ore, Judit è via per lavoro, e il ragazzo trascorrerà la sua convalescenza in casa dello sceneggiatore. Mateo inizia a dipanare al ragazzo una storia, non priva di colpi di scena. Tutto quel "non-detto" che pur vivendo sotto lo stesso tetto, per troppo amore, per non ferire e non perdere qualcuno, spesso per anni interi non ci raccontiamo.

Una pellicola suggestiva ed evocativa, come quei sapori o quei profumi che conosci e che ti riportano alla mente ricordi lontani, sensazioni e immagini. Un film riflessivo, intimo in alcuni punti, un cinema raccontato attraverso il cinema stesso, nella pellicola che Pina (Lena) gira: Chicas y maletas (Ragazze e valigie), remake ridotto di Donne sull’orlo di una crisi di nervi. Ci vuole poco per accorgersi di come, infatti, che anche Almodovar, come già Tarantino, abbia deciso di scrivere una poesia d'amore, una dichiarazione spassionata nei confronti del cinema. Chi dei due sarà stato il più bravo? La bellissima Penelope in molti passaggi ricorda la raffinatezza e l'eleganza di Audrey Hepburn e una delle scene clou in questo senso è la rassegna che Mateo fa della sua videoteca quando chiede all'assistente Diego di passargli una vecchia pellicola. Non per un caso Gli abbracci spezzati si conclude con Mateo, che tenta di rimontare il film girato da Lena con i pezzi migliori, e non con quelli venuti meno bene, colpo basso inferto da Ernesto Martel. Non sa se mai andrà in scena, ma qui è Almodovar a prendere parola, per bocca di Mateo e a concludere questo tributo alla sua di donna, la pellicola, dedicandole le battute finali: "La cosa più importante è terminare il film".

domenica 22 novembre 2009

Un amore pseudo-terroristico da "Prima Linea"

Torino. Carcere Le Nuove. Novembre 1989. Sergio Segio, tra i fondatori del gruppo armato Prima linea, racconta la sua storia: entra in clandestinità a metà degli anni settanta, perchè ritiene che la violenza fosse l'unico modo per dar corpo ad una "rivoluzione" e cambiare le cose. A condanna emessa, Segio va indietro nel tempo e catapulta gli spettatori a rivivere con lui una domenica, non una qualsiasi, bensì quella del 3 gennaio 1982.
Venezia. Qui ha riunito un gruppo di militanti per una sorta di "mission impossible": far evadere dal carcere di Rovigo quattro detenute, tra le quali Susanna Ronconi, la donna che Sergio ama immensamente. La giornata dell'evasione è descritta nei minimi particolari, tutto si focalizza su quelle 24 ore, intervallate da altri flash temporali in cui Sergio "rivede" i momenti più importanti della sua vita: il primo incontro con Susanna, la condivisione con lei oltre che di un amore, di idee, ideologie politiche e soprattutto di tanti sbagli, il rapporto coi genitori, il loro silenzio doloroso di chi difende un figlio nella consapevolezza che ciò che fa non è poi così "pulito", lo scontro con Piero, l'amico di sempre, con cui ha condiviso i suoi sogni giovanili, ma che, a differenza di Sergio, ha rifiutato la lotta armata. Cerca di diassuaderlo, di "salvarlo" durante quell'unico incontro al bar, ma con scarsi risultati. Sergio fa la sua scelta. Imbocca un'arma. Spara. Forse non è poi così convinto. Ma rischia di ammazzare gli ideali di Susanna e imbocca così la strasa del "non ritorno".
Un film troppo soft, sobrio, che va sul sicuro, che si limita alla mera cronistoria. Manca il vero grido, quello della denuncia del sistema, i fondi statali per la realizzazione del film lo hanno forse messo a tacere? Paura di schierarsi a favore del terrorismo? Il racconto degli “anni di piombo”, della militanza post-sessantottina, si conclude con l'avventato attacco al carcere di Rovigo del 1983 e il definitivo arresto di Sergio e Susanna pochi mesi dopo. Terroristi poco convinti, pentiti, consci dei loro sbagli, con “un prezzo troppo alto da pagare per la 'giustizia': la perdita dell'umanità”. Sergio e Susanna non sono due eroi, nulla di romantico nella loro storia, ma due persone schiacciate e soffocate dai propri stessi ideali ed estraniate dalla realtà: “Avevamo scambiato il tramonto per l'alba”.
Carino l'utilizzo dei filmati d'epoca: la bomba di piazza Fontana e la manifestazione di piazza della Loggia. Apprezzabile anche la ricostruzione d'ambiente: tutte quelle auto anni '70-80 erano stupende. Ma un percorso umano, non può prescindere da quello sociale e politico, non basta la ricostruzione d'ambiente per far rivivere un'epoca. Soprattutto così intensa. Ci saranno state delle motivazioni forti che hanno portato alla nascita di "Prima Linea". Assenti nel film. Giovani intellettuali che hanno la colpa di essere dei terroristi sì, ma non quella di essere dei pazzi. Oggi, infatti, due individui completamente diversi. Con una nota di delusione - un vero rivoluzionario non dovrebbe pentirsene mai- nei titoli di coda si legge che sia il fondatore di Prima Linea che la sua compagna oggi si dedicano al volontariato. Sarà mai possibile produrre in Italia un vero film sul terrorismo?

lunedì 16 novembre 2009

2012. "Attenta alle uova, cara!"

Pecche: totale mancanza di realismo, originalità e immagini spesso molto vicine ad una sorta di videogame. La sensazione di "ma io questa scena l'ho già vistà" è onnipresente, pensiero che vi balenerà spesso nella mente o che vi ritroverete piantato sulla bocca (confidenze tra vicini). Un mix di vari film catastrofici tutti accozzati, Titanic incluso.
Consiglio: se volete saperne di più sulla profezia dei Maya, circa l'apocalisse cui saremmo destinati nel solstizio d'inverno 2012, guardatevi un documentario.
Cosa ricorderò del film: - La Terra si spacca in due e due arzille vecchiette in macchina si preoccupano di evitare cunette per non rompere le loro uova.
- Tutti i capi di Stato salgono su una sorta di arca per salvarsi e salvaguardare inoltre la specie umana, ma il premier italiano si rifiuta di salire e si ritira in preghiera (??????????????)
- Giraffe e rinoceronti vengono tirati su e trasportati sull'arca con degli elicotterini
- L'ultima frase del film: "Papà non porto più il pannolino"

*** QUESTA E' UN INTRUSIONE NON AUTORIZZATA ***
barby perdonami se entro nella tua recensione..
ma così almeno nella recensione c'è qualcosa di inaspettato,
dato che nel film è tutto scontato..

non importa che si sia in macchina, a piedi , in aereo, o in ....arca, in cielo o in mare....
i protagonisti diventano mitici e scansano tutto.
oggetti volanti poco identificati,voragini kilometriche che Inghiottiscono tutto..."il resto"..
grattacieli, ponti, montagne tutto vola via e loro
...salvi...
quindi tutto diventa poco realistico (se mai la fine del mondo potesse avere un minimo di realismo) .
già dalle prime scene , si può tranquillamente pre-Dire che vivrà, chi morirà, le coppie che si creeranno e quelle che si sfasceranno

certo gli effetti speciali sono forti , ma per il resto c'è poco.
"the day after tomorrow " mi aveva preso di più.

l'unica scena che mi ha lasciato qualcosa,
è quando un padre ormai vicino alla morte, non ha fatto in tempo a chiedere scusa al figlio per averlo rinnegato in passato...

nota ironica:
da questo film si può notare quanta influenza abbia il nostro premier nel mondo..
scherzi a parte:
non capisco come mai, ma nelle scene in cui ci sono i big del mondo... l'italia ha un ruolo predominante... e il martirio in preghiera finale ... è stato il momento più emozionante del film.

(modify)
*** QUESTA ERA UN INTRUSIONE NON AUTORIZZATA ***

domenica 15 novembre 2009

John(ny) Dillinger. Il nemico pubblico

1933, quarto anno della Grande Depressione americana. L’età dell’oro per John Dillinger, gangster statunitenese, rapinatore di banche, per questo quindi considerato un "nemico pubblico". Tratti distintivi per conoscerlo meglio: ama il baseball, il cinema, gli abiti raffinati, le auto veloci e la guardarobiera Billie Frechette, con la quale nasce un'intensa love story, scandita da pochi ma "vissuti" appuntamenti. Un moderno (e affascinante) Robin Hood, cancella, infatti, i debiti dei più poveri ad ogni colpo effettuato in banca. Mascella squadrata, tesa, di chi sente addosso la responsabilità di chi ha intorno, dettagli, primi piani, una precisione scenica che non scende mai di tono. Antagonista una neonata Fbi, che per catturarlo inaugura nuovi metodi di indagine: rudimentali strumenti per intercettazioni telefoniche.
Un film inchiodante, che ti catapulta direttamente tra i mitra Thompson e i revolvere 45, è infatti per gran parte, girato in digitale. Immagini impressioniste che allontanano l'ambientazione dall’iconografia classica anni 30, con piume, eleganza, classe, lustrini, donne pettinate alla "Louise Brooks", con morbide onde; aria drammatica stampata sul viso; pelle bianchissima e lunghe sopracciglia.
La fotografia rimanda ai quadri di Edward Hopper, la solitudine precisionista, il cubismo che abbraccia il realismo dell'industrualizzazione e modernizzazione americana, linee geometriche precise e definite. Geniale la sequenza, tutta al ralenti, in cui John entra indisturbato nel quartier generale dell’FBI di Chicago che gli sta dando la caccia. Si sofferma sui ritagli di giornale e le schede che ricostruiscono gli ultimi anni della sua vita, chiede agli agenti il risultato del match che ascoltano in radio. Sfrontato e sprezzante!
Dillinger muore freddato da cinque colpi di rivoltella davanti al cinema Biograph in Lincoln Avenue a Chigago. Aveva appena visto il poliziesco Manhattan Melodrama, la storia di un gangster giustappunto. A tradirlo una donna: Ana Cumpanas, che avrebbe passato le informazioni ai servizi segreti per incastrarlo in cambio della sua permanenza in America ed evitare l'espulsione in Romania, sua terra natale.
Bellissimo il finale. La sconfitta appartiene a chi uccide piuttosto che a chi muore: Melvin Purvis lo raggiunge, infatti, vigliaccamente alle spalle. Impietosito, si china per raccogliere le sue ultime volontà. Rivolte a lei, la donna che ama perdutamente fino alla fine: "Bye Bye Blackbird".

giovedì 12 novembre 2009

Un San Martino tra pittule, vino e demenzialità

L'uomo che fissa le capre. Grant Heslov. Leggerezza, spensieratezza e note scanzonate per mettere in scena l’esercito americano e tutto ciò che esso rappresenta e simboleggia.
Il tema della guerra affrontato con ironia e sarcasmo, condito da spirito fortemente surreale, ma come recita la didascalia d'apertura del film: "Questa storia è più vera di quanto voi possiate immaginare". Bob è un giornalista lasciato dalla moglie (che gli ha preferito il suo editore) in cerca di uno scoop che ne possa risollevare le sorti professionali e personali. Si reca in Iraq dove incontra il soldato Lynn, George Clooney, che farebbe parte da oltre vent’anni di una squadra speciale dell’esercito americano, addestrata ad annientare il nemico attraverso fantamatici poteri psichici: leggere il pensiero, attraversare i muri, uccidere con lo sguardo fissando intensamente (la povera capra di turno, da qui il titolo alla pellicola). New Earth Army, il nome della legione, monaci guerrieri con poteri psichici paranormali, addestrati dal santone Bill Django, un soldato hippie con una lunga treccia bionda, poi scomparso. Un figlio dei fiori perennemente sotto l’effetto dell’LSD, che insegna ai suoi adepti la libertà di esprimersi nella propria vera natura, con balli di gruppo e capigliature lunghe e ribelli. Ha così inizio questo viaggio allucinante (e allucinogeno) su una spericolata auto che percorre i deserti del medio-oriente. Un viaggio nel tempo attraverso flashback che scandisce i momenti salienti della storia americana a partire dalla guerra in Vietnam. Una critica dai toni però soft del fallace sistema americano e del suo fondamentalismo militiare attraverso un malcelato messaggio di pace. Bob scriverà il suo pezzo (ma risolleverà la sua carriera?), Lynn ritroverà il suo guru, che vive in un campo di addestramento clandestino, sotto la supervisione di un ex-membro della squadra: Larry (invidioso e geloso dei superpoteri di Lynn e della sua piuma d'aquila, premio conferitogli perchè distintosi nel gruppo come il migliore, che in realtà si rivelerà una piuma di tacchino). Ritornando alla didascalia iniziale del film, la storia sulla ricerca di metodi alternativi di non combattimento da parte di un battaglione dell'esercito americano, non sarebbe poi così priva di fondamento. L'esperienza in Vietnam così cruenta, avrebbe sul serio fatto convertire al new age e a metodi più etici e pacifici, servendosi di musiche, simboli, fiori e mente per rilassare il nemico. Jon Ronson ne ha ricavato un libro, da cui credo il film poi sia tratto.Guerra psicologica, gran bella trovata!

Tirando le somme, quest' avventura on the road di due uomini, ognuno alla ricerca della propria strada, di una ragione per tornare a vivere, mi è piaciuta. E per omaggiare il bel Clooney e lo spirito goliardico della pellicola: "No Lsd? No party!"

giovedì 5 novembre 2009

Parnassus. L'uomo che voleva ingannare il diavolo

Il Dottor Parnassus è un malconcio vecchietto di 1000 anni circa, con una particolarità: è immortale. Un moderno Faust, per dirla alla "Goethe maniera", lo scienziato, insoddisfatto dei limiti umani, che accettò il celebre patto col demonio: vendette la propria anima in cambio di giovinezza e potere. Ed anche Parnassus grazie ad una scommessa vinta con Mr. Nick (il diavolo) ottiene questo dono. Ma nell'arco della propria infinita vita, Parnassus s'innamora di una donna molto più giovane di lui. Vuole conquistarla, farla sua, pertanto strappa un nuovo patto al Diavolo, chiedendo lui di poter tornare giovane e mortale.
Lo spietato Mr. Nick, pretende però in cambio sua figlia, (se mai ne avrà una), allo scoccare del suo sedicesimo compleanno. Quando quel giorno arriva, Parnassus non sa come bloccare il patto, non vuole perdere la figlia (ha già perso la moglie, che muore di parto). Dal giro di carte una strana figura: l'appeso e il suo carrozzone ambulante incrocia uno strano giovane, appeso, perchè trovato impiccato sotto un ponte. Affascinante, ammaliante e misterioso…Tony, allias Heath Ledger, scomparso prematuramente lo scorso 28 gennaio a soli 28 anni per un'overdose di farmaci, prima ancora che le riprese del film fossero terminate.
Ma "nulla è per sempre neanche la morte". Dirà Johnny Depp, che insieme a Jude Law e Colin Farrell hanno prestato il loro voltoa Tony per ultimare le scene del film, senza cambiare le caratteristiche del protagonista e senza alcun ricorso alla tecnologia digitale. (Gesto apprezzabilissimo) Come? Chi attraversa lo specchio di Parnassus si ritrova catapultato in un mondo meraviglioso, fantastico, è il mondo dell'introspezione, dei desideri. Tony quando oltrepassa lo specchio ha sempre un volto diverso, potere dell'immaginazione, atto dovuto per esigenze sceniche, ma anche un richiamo tutto pirandelliano alle maschere, ai mille volti che una personalità duplice porta con sè. Primo problema risolto così dunque.
Secondo problema: per salvare la figlia Valentina dalla dannazione cosa farà invece Parnassus?
Cede ad una nuova proposta del diavolo: l'anima della ragazza andrà al primo che riesce a sedurre cinque anime. Tony ne seduce solo quattro. Poi il suo destino busserà alla porta per chiedere il conto. Si scoprirà chi è Tony in realtà e quale la sua losca e agghiacciante attività.
L'eterna e umana ricerca dell’immortalità, ma a cosa serve poi essere immortali? Bellissimo il rapporto padre-figlia e i divertimenti semplici di quando ancora non esisteva la scatoletta chiamata tv. Emblematico in tal senso l'atto conclusivo del film: Parnassus abbandona i voli fantastici e si dedica allo spettacolo di burattini.
Basta poco per vivere grandi avventure. Basta poco per vivere una fiaba. A volte basta solo andare al cinema.

domenica 1 novembre 2009

La battaglia dei tre regni. Non scalda il cuore

Una voce fuoricampo c'informa che siamo nel 208, sono i giorni del declino della dinastia Han, quando cioè la parte settentrionale della Cina passò sotto il controllo di Cao Cao, segretario imperiale dell’ultimo imperatore Han, un giovane inesperto soggiogato dalle amibizioni del furbo Cao Cao. Quest'ultimo lo convince, infatti, a dichiarare guerra ai regni meridionali: Shu e Wu.
Fatta questa premessa, resta ben poco da dire (e anche da vedere), il film è solo costruito su un'impressionante marcia di soldati che combattono. I due regni del sud storicamente rivali si rendono presto conto che l'unica speranza per poter constrare Cao Cao è un’alleanza. Ha inizio così il lunghissimissimo assedio, infarcito a tratti (solo perchè tu possa ogni tanto vedere qualcosa di diverso da sciabole, spade e scudi) da scene di vita quotidiana con qualche frase ad effetto, in stile saggezza cinese. (Sulle frasi poi ti ci arrovvelli per tutto il film cercando di capirne il senso. Attenzione: non c'è)

Noiosi anche gli effetti speciali: banali software che moltiplicano le masse. Roba già abbondantemente vista. A me ha ricordato molto (ma molto) Troy, che fosse un'allusione voluta?
D'impatto emotivo solo alcune scene (ma veramente poche), come la goccia d’acqua usata per mostrare il cambio della direzione del vento. Per il resto si sfiora il ridicolo: salti al limite dell’umano tipo bulgari da circo. Manca l'introspezione, la psicologia dei personaggi, a volte non c'è proprio logica nelle scene. Ho trovato appena sufficiente anche il doppiaggio, sembrava un documentario, non un film. Anche i dialoghi: (spero che nella versione originale fossero più profondi e che sia solo un problema di traduzione mal riuscita) troppo didascalici, semplicistici. John Woo ha forse la pecca di essere americano e la ricostruzione descrittiva e narrativa ne risente, un plauso solo alle scenografie, alle strategie di guerra usate, ai costumi tradizionali (bellissimi, soprattutto quelli femminili) e al setting.
Ma il messaggio di questo film non arriva. Soprattutto al cuore.

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