domenica 21 novembre 2010

Porco Rosso. Hayao Miyazaki .1992


Dalla rivista che Porco Rosso usa per coprirsi il viso nelle primissime scene capeggia in bella vista una data: 1929. Siamo negli anni Trenta dunque, nel mezzo tra il primo e il secondo conflitto mondiale, con protagonista assoluto il cielo, dalla prima all’ultima sequenza, in un valzer di scie aeree. Primo ballerino, l'eroe maschile che ha le sembianze di un porco (da qui il nome) e sua compagna di danze è la diciassettenne Fio, il personaggio salvifico, perchè puro ed incontaminato. Marco Pagot (vero nome di Porco, in omaggio ai fratelli Pagot animatori italiani) è un famoso pilota di idrovolanti a caccia dei pirati volanti dell'Adriatico. Sconfiggerlo in un duello aereo sarebbe impresa da fama e gloria e per questo l'americano Curtis si unisce ai pirati ed abbatte il famigerato aereo rosso. Per ripararlo Marco si trasferisce a Milano, presso la ditta Piccolo, dove fa la conoscenza di Fio Piccolo, un genio nella progettazione degli aerei. "Meglio porco che fascista" è il motto di Marco, la polizia fascista lo cerca, quindi ritorna sull'Adriatico per sistemare i conti con Curtis e forse mettere in chiaro una volta per tutte il suo rapporto con Gina. Ma Fio non lo molla e parte con lui.
Una chiara condanna del fascismo, sia nel rifiuto della guerra che del senso di malvagità dilagante che ne consegue, nemmeno gli antagonisti sono, infatti, malvagi, i pirati del Mammaiuto (Mamma Li Turchi) si fanno sopraffare da un gruppo di bimbe in gita e hanno le gote rosse rosse di vergogna di fronte a Gina e Fio.
Come anche ne La principessa di Mononoke, è presente il tema della maledizione e della metamorfosi (Marco è stato tramutato in un maiale) ma il regista non spiega né il quando né il dove e né il perché ciò sia avvenuto, è solo Gina ad insinuare il dubbio ed un poster nel quale il volto umano di Porco Rosso è cancellato da forti tratti di colore nero, nel tentativo di far sparire le tracce di una vita forse più felice, lo sconforto per l'attuale situazione non è, però, mai palesemente esibito. Ma chi si getta a capofitto in imprese titane per dare senso alla sua vita, urla malinconia, sebbene occultata in sguardi coperti da occhiali neri, che nascondono e velano ogni barlume di sentimentalismo - che però trapela dalle scelte di Marco, dalle sue parole, dai suoi racconti, dalla sua testa che guarda spesso in basso- Un maiale senza le ali è solo un maiale.
La ricerca estetica del maestro è quasi maniacale e chi ama il "bello" qui lo ritroverà tutto, misto ad un retrò immaginario ma verisimile.E sulla colonna sonora di Hisaishi Porco Rosso si è eclissa e scompare. Ma non nei ricordi di chi davvero lo ha amato: Fio oramai adulta ricorderà quella stagione della vita come la più importante, perchè conoscerà il vero amore.
La prossima pellicola dello studio Ghibli sarà proprio il seguito di Porco Rosso "The Last Sortie", ambientato durante la guerra civile spagnola.Impaziente attendo.

mercoledì 17 novembre 2010

The Social Network, David fincher 2010

Se si pensa ai 500 milioni di utenti di Facebook, è facile suppore che un film che ne ripercorra la storia raccontando gli aneddoti e le vicissitudini dei protagonisti, si candidi a essere uno degli eventi cinematografici dell’anno.
In effetti le due cose non vanno di pari passo.
"The Social Network" è la trasposizione cinematrografica della travagliata e creazione di Facebook, il più famoso social network al mondo dalla sua fondazione nel 2004 fino alla causa da 600 milioni di dollari indetta contro il suo creatore Mark Zuckerberg.

Il film è bello, veloce, non annoia nonostante non sia certo un cortometraggio (120 minuti ndr).
La storia, abilmente diretta da David Fincherè presentata a spezzoni, passato e presente che s’intrecciano velocemente.
Senza perdere il filo, si passa dalla stanza di un tipico Nerd di un college americano, ad un lussuoso studio legale dove si svolge la causa legale tra Mark e l'amico e cofondatore Eduardo Saverin, passando per l'altro studio legale dove è in atto l'altra causa milionaria in cui Zuckerberg è coinvolto.

Non mancano le scene in cui il linguaggio diventa un susseguirsi veloce ed incomprensibile di termini tecnici che in sala fanno sghignazzare soddifatti gli smanettoni e sorridere i neofiti. Ben dosate comunque, giusto per far percepire l'atmosfera che il protagonista respirava e respira.

A volte stralunato ma sempre deciso e convinto delle potenzialità della sua creatura il Mark Zuckerberg rappresentato dal bravissimo Jesse Eisenberg è straniato e geniale, gira in pantaloncini e ciabatte anche sotto la neve e appare impassibile difronte al successo.

D'effetto il momento in cui il protagonista ed il suo team festeggiano il milionesimo "amico" di facebook e contemporaneamente Mark perde il suo forse unico amico reale.

Così come anche il molto romanzesco finale in cui un pensieroso Zuckemberg chiedere l'amicizia su face, alla ragazza da cui forse tutto era iniziato.

In conclusione "The Social Network", non ha nulla a che vedere con i precedenti di Fincher quali Seven e "Fight club" o Il curioso caso di Benjamin Button , non è certo un capolavoro da inserire negli annali della cinematografia, però è piacevole,ben fatto, racconta in modo abbastanza romanzato ma sempre con ordine le vicende di Zuckerberg.
Secondo me da vedere

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