domenica 23 gennaio 2011

Delicatessen. Jean-Pierre Jeunet, Marc Caro. 1990


Siamo in Francia in un futuro prossimo, non precisato, nel palazzo semidistrutto di un macellaio, qui, giunge l’ex pagliaccio Louison, che dopo la morte della scimmietta Livingstone, sua compagna di gag, accetta di prestarvi servizio come portiere. Da una settimana nessuno qui mangia carne, intorno solo distruzione, degrado, dove trova dunque la materia prima il venditore di carne?
Il dubbio balena subito, sarà proprio quello a cui di getto penserete la risposta.
La società dei carnivori vive in superficie, nella parte visibile del mondo, i rivoltosi vegetariani occupano invece il sottosuolo. All'arrivo di Lousion, che certo è un po'magrolino, si sfregano tutti le mani, se non fosse per la figlia del macellaio, che del pagliaccio s'innamora. Con l’aiuto dei Trogloditi, i vegetariani dei piani bassi, cercherà, infatti, di salvare il nuovo arrivato dalle grinfie del padre e coronare il suo sogno d'amore.
Un riuscitissimo cult movie francese, grottesco e divertente, denso di immagini e maschere che celano significati ampi e concreti. Ci si addentra negli anni 90, nei nonsense del consumismo incallito, nella stupidità un pò figlia della ripetitività delle azioni, emblema della piccola catena di montaggio dei due fratelli e la disperazione atroce della donna che cerca di suicidarsi in vari modi ma che proprio non ce la fa.
Bellissima la fotografia giocata sulla saturazione dei colori, soprattutto nella riuscitissima scena dell’invito a bere un the (tra le più belle del film) quando la figlia del macellaio toglie gli occhiali per sembrare più carina agli occhi di Lousion e che ricorda molto la sequenza di Frankenstein junior di Mel Brooks.

venerdì 14 gennaio 2011

Una sconfinata giovinezza Pupi Avati. 2010


C'è sempre l'imbarazzo della "prima volta", e il regista bolognese Pupi Avati, la supera così, con "Una sconfinata giovinezza", sua prima storia d'amore sul grande schermo, pellicola che commuove anche se non convince.
Lillo e Chicca ne sono i protagonisti, collaudata coppia in avanti con gli anni: lui giornalista sportivo di grande fama, lei docente di filologia medievale alla Sapienza. I primi fotogrammi li ritraggono innamorati come se fossero ancora adolescenti, felici, alle prese con una storia d'amore meravigliosa. Solo un dolore nella loro casa troppo grande: nessun pargolo, nessun nipotino, ma nonostante una così grave lacuna, i due riescono a sopperire alla mancanza di un figlio grazie al forte sentimento.
E quando la memoria comincia a vacillare, tra uno sfottò e un altro, "l'età avanza" chi mai potrebbe pensare ad gravissima patologia regressiva come il morbo di Alzahimer? E tutto il film scorrerà su due linee narrative: il difficile presente della malattia e il passato di Lino raccontando, con flashback, la sua regressione all’infanzia.
Chicca con la sua intelligenza e lungimiranza, comincia ad osservare Lillo, si accorge che qualcosa non va, non si arrende, studia un modo per comunicare con lui anche mentre la sua mente divente pian piano infantile, regredendo nei meandri di "una sconfinata giovinezza".
Inno di un amore che non conosce età, tempo, malattia, pronto a combattere contro la natura, contro il destino, contro il male che avanza. Troppa retorica? Si, il messaggio che il film veicola, come anche l'intero film ne abbondano, si sa sempre dove l'autore vuole andare a parare, nessun colpo di scena, sempre tutto fin troppo scontato...ma non è forse la mimesi di un amore maturo tutta questa ovvietà? In molti tratti il richiamo a Benjamin Button è fortissimo, qui è la malattia a far regredire Lillo, Benjamin regredisce, invece, per "uno strano caso". In fondo i ricordi tutto sono tranne che "originali", ci appartengono, sono nostri, li conosciamo, la nostra mente li ha incamerati come la fotocamera un'istantanea, eppure chi potrebbe mai affermare che un ricordo non lo rapisca ed emozioni ogni volta? E qui sono proprio loro, i ricordi di Lillo a parlare, la sua mente scava, fa salti temporali, le immagini si palesano nella schizofrenia della sua mente malata. Chicca avrà tra le braccia il bimbo tanto desiderato e mai arrivato, Lillo si perderà nei confini della sua adolescenza, (ma per finire dove? Troppo misteriosa la fine del film)Lino, infatti, completamente persa la percezione di sé come uomo ritorna un bambino spaurito, rifugiandosi nelle campagne bolognesi, che lo hanno visto adolescente.

Questa la storia di quest'atroce malattia che, come tutte le malattie, non ha un perché, emblematico che il cane di Lillo bambino si chiami proprio "Perchè". Merita una segnalazione la prova di Vincenzo Crocitti, il prete di famiglia, qui nella sua ultima apparizione prima della morte.

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