sabato 29 ottobre 2011

This is England. Shane Meadows. 2006

"When the daylight all goes around/ And by chance we're both down the town/ Please meet, just walk, walk on by/ Oh, darling, please don't you cry/ You and me, at the dark end of the street/ You and me"
(Percy Sledge - The Dark End Of The Street)

Siamo nel 1983 (l'anno della mia nascita, piccola digressione), anno in cui l’esercito inglese combatte una guerra da molti considerata "inutile" per le isole Falklands. Al governo Margaret Thatcher e non mancano i riferimenti al suo mandato scomodo. Proprio come oggi, da sfondo la crisi economica spacca nettamente il paese tra poveri e ricchi.
Da noi la prima Fiat Uno, Bettino Craxi, la "vita spericolata" di Vasco. In Inghilterra "War" degli U2. colonna sonora dei tanti soldati che morivano in SudAmerica e lasciavano orfani di padre i loro figli. Uno di loro è il protagonista, il dodicenne Shaun. La guerra gli ha strappato il padre appunto, la mancanza di questa figura lo ha reso fragile ed è, infatti, vittima del bullismo dei compagni di scuola. Chiuso nella sua solitudine, i soli amici che trova sono un gruppo di skinhead, ma molto più grandi di lui. Il messaggio intrinseco del film è che questi ragazzi non sono "razzisti" così come l'accezione comune li identifica (anzi come è noto le origini di questo movimento nato negli anni 60, erano di "sinistra", fusione tra i proletari inglesi e i Rude boy jamaicani), ma fu in quegli anni sbandati, senza punti di riferimento per alcuno che fecero della "xenofobia" uno dei loro valori. La prima parte del film è focalizzata nel suo ingresso in questo "club", fatto come di consuetudine di piccoli riti di iniziazione, compresa una vera e propria vestizione con gli abiti di “divisa” per essere riconosciuto come uno di loro. Poi musica ad alto volume, birra e tanti atti da teppista, l’equilibrio però si rompe quando un ex carcerato, dopo tre anni di prigionia rientra nel gruppo cercando di dare significati politici alle loro scelte. Tutta la seconda parte del film è quindi arroventata dalla violenza e dal razzismo, e inizialmente per Shaun quella sembra essere l’occasione per rivendicare il padre morto alle Falklands. Per dare sfogo al suo immenso dolore.
Ma poi qualcosa cambia, l'equilibrio si rompe, quando a farne le spese sarà Milky, skinhead di origini giamaicane, altra faccia di questo movimento, opposto in tutto, stile di vita, background e atteggiamento, infatti mentre Combo sta per scatenare su di lui la sua rabbia lui gli sorride con fare sfrontato. Shaun in quel momento diventa adulto.
Uno stile volutamente essenziale, quasi scarno, asciutto, la pellicola è breve, ma
la violenza che ne sgorba improvvisa e inaspettata sarà un pugno nello stomaco anche per lo spettatore e darà modo di riflettere su quanto la parabola del giovane Shaun sia, in realtà, metafora dell'intera nazione allo sbando in quegli anni drammatici, che cerca il gruppo e la violenza per sfogare la propria rabbia e indignazione.
Un cinema sociale che ritrae l'Inghilterra, Questa è l'Inghilterra, già nel titolo il messaggio bypassato è duplice, come nell'intero film: si rimarca il concetto razzista: questo è inglese, questo non è inglese, questo è posto è nostro, questo non è di voi immigrati e il secondo significato è quello che vuole legare lo"ieri" all'"oggi".
Ottima la resa delle scene:la suspance del primo incontro tra l'ex galeotto Combo e il gruppo di Milky è di eccezionale intensità, così come tutte le volte che Combo parla perchè ciò che i suoi occhi e silenzi esprimono, fa capire benissimo il preludio dei suoi atti di violenza sia verbali che fisici. Divine le colonne sonore del nostro Ludovico Einaudi.
"Non siamo razzisti, ma realisti".

venerdì 28 ottobre 2011

Blood Story, Matt Reeves , 2011

Blood Story è un film uscito nel 2011 ed arrivato in Italia con molto ritardo rispetto agli Stati Uniti. E' tratto da un romanzo svedese da cui era giò stato tratto il film "Lasciami entrare".
La trama è semplice.
Owen è un timido e solitario dodicenne che abita nel News Mexico. E' un ragazzino fragile ed insicuro, figlio di genitori divorziati e facile bersaglio di compagni di scuola bulli che gli rendono la vita impossibile.
Una notte conosce una bambina misteriosa di nome Abby, da poco trasferitasi nell' appartamento accanto al suo insieme a "suo padre".
Abby è strana, non teme il freddo, cammina a piedi nudi sulla neve e spesso si sentono strani rumori provenire dalla sua abitazione. I due iniziano a conoscersi e si legano l'uno all'altra.

This must be the place, Sorrentino 2011

Cheyenne è una rockstar cinquantenne  non più in attività da molti anni.
Vive in una casa enorme con piscina che usa per giocare a pelota ed una grande cucina in cui "cuisine" è scritto grande sulle pareti e ci vive insieme alla moglie, un vigile del fuoco sempre sorridente, e molto più attiva di lui.
E' un personaggio molto eccentrico: cerone in volto e rossetto rosso sulle labbra in pieno stile goth.
E' un ebreo che ha lasciato casa e famiglia per raggiungere il successo e molto tempo dopo averlo raggiunto scrivendo "canzoni gotiche quando andavano di moda" vive nell’agiatezza, una vita piena di noia  che spesso si confonde con depressione.
La notizia che il padre, che non vede da 30 anni,  sta morendo lo riporta a New York.
Attraverso la lettura di alcuni diari, cerca di riscoprire la vita del padre, un ebreo sopravvisuto ad Auschwitz di vui porta i segni sul corpo e che negli ultimi trent’anni ha cercato di scovare un criminale nazista rifugiatosi negli Stati Uniti.
Sfruttando alcune informazioni dei diari, Cheyenne decide di proseguire le ricerche del padre e, dunque, di mettersi alla ricerca di un ormai ultranovantenne nazista tedesco.

mercoledì 19 ottobre 2011

Baci e abbracci. Paolo Virzì. 1998


Mario è il comico televisivo Francesco Paolantoni, un uomo gentile, che tenta invano di suicidarsi perchè la moglie lo ha lasciato e gli affari nel suo ristorante non vanno più bene. Vive a Cecina, nella primordiale campagna toscana, è un salernitano sradicato dalle sue origini e impiantato nel livornese. A causa di un equivoco, giunge in un casale di campagna, adibito però ad allevamento di struzzi da un gruppo di ex-operai. Qui l'uomo con suo grande stupore si trova ad essere riverito e coccolato, ma poi scopre che tale attenzione nei suoi confronti nasce dall'essere stato scambiato con l'assessore che avrebbe dovuto accordare i finanziamenti agli imprenditori. Svelato l'arcano, quando Mario sta per andarsene, decide di tornare sui suoi passi. Si mette a preparare il pranzo di Natale, che tutti mostrano di apprezzare. Renato lancia l'idea di mettere su nel casale un ristorantino e intanto dalle uova nascono i piccoli struzzi.
A metà strada tra una fiaba natalizia e la farsa. Qualcosa decisamente non funziona, ma apprezzabile che degli operai disoccupati cerchino di reinventarsi un mestiere e la vita. Divertente la loro "arte d'arrangiarsi", ma è l'unica cosa che davvero risulta interessante nel film. Una banda di disgraziati, squattrinati che però ancora sa gioire della magia del Natale.

domenica 9 ottobre 2011

Decalogo 5 - Non uccidere - Dekalog piec' di Krzysztof Kieslowski. 1988

‘’La legge non dovrebbe imitare la natura, dovrebbe correggerla. La legge è stata creata dagli uomini per regolare i rapporti sociali: ciò che noi siamo e come viviamo dipende dalle leggi, che noi osserviamo o infrangiamo. Fino a quando la sua libertà non lede quella di un altro uomo.
La pena è una forma di vendetta, specialmente se mira a recare il male e non a prevenire il delitto. Ma in nome di chi si vendica la legge? Veramente lo fa in nome degli innocenti? E sono i veri innocenti che fanno la legge?’’


Camminate per le vie oscure e opache di Varsavia e incontrerete un ventenne inquieto e disoccupato, Jacek. Inizialmente commette solo atti di vandalismo ma arriverà in un crescendo di non-sense ad uccidere un tassista. Arrestato, Jacek viene difeso d'ufficio da Piotr, un giovane avvocato che è al proprio debutto davanti al tribunale, quindi un "puro", ancora in linea con le idee da sempre professate: cerca di evitargli la pena di morte prevista dall'ordinamento giudiziario dello Stato. Ma non ci sarà clemenza e il giovane verrà impiccato. In un toccante dialogo con l'avvocato, prima dell'esecuzione, si scoprirà che Jacek era un giovane traumatizzato a causa della tragica morte della piccola sorella perchè investita da un trattorista ubriaco e al giovane avvocato non resta che manifestare la sua furiosa protesta contro questo modo violento e crudele, incapace di applicare una giustizia punitiva da parte degli uomini.
Una protesta contro la pena di morte che io sottoscrivo e approvo. Memorabile e significativa la scena dell'esecuzione di Jacek, il ragazzo tenta di ribellarsi all'impiccagione scalciando e cercando di fuggire (un po'come il taxista sotto l'istinto omicida del ventenne), tutti gli sono addosso e verametne non sembra esserci alcuna differenza fra l'omicidio commesso da Jacek e quello commesso dallo Stato.
Nei dieci brevi film del decalogo (che riprendono i dieci comandamenti)non c’è traccia di colpa individuale né di giudizio morale: non vengono mai usate delle norme etiche fondamentali ebraico-cristiane, si fa più che altro un punto di vista sul mondo. Il comandamento-nodo – "Non uccidere" – è preso da Kieslowski nel suo significato letterale, materiale. È proprio la materialità dell’uccidere quel che racconta, ponendola al centro del film e lasciandole la parola. Non giudica l’assassino, né lo giustifica. Non commisera la vittima. Non spiega perchè il ragazzo uccide (se non alla fine, anzi indugiano molto su quel momento, dimostrando quanto in realtà sia difficile uccidere un uomo, quindi implicitamente scoraggiando un po'dal farlo). Il taxista non vuole morire, quindi è faticoso vincere la sua biologica, carnale volontà di vita e l’assassino alla fine ne è stremato. Eppure il carnefice è mostrato nel suo lato umano, mentre il boia è mostruoso: usa solo la tecnica per uccidere, non sentimenti, rabbia. Cura la simmetria della camera della morte:sistema sotto la forca una bacinella per raccogliere gli escrementi dell’uomo che sta per uccidere. Lo spaventa lo sporco, ma non l'assassinio, è disumano. La pena capitale non è dunque altro che una vendetta.
"Che tu sia uomo o Stato: non uccidere"

domenica 2 ottobre 2011

Good bye, Lenin di Wolfgang Becker. 2003

Ottobre 1989, data storica per la riunificazione della Germania. La DDR crolla dopo la caduta del muro di Berlino e non è certo il momento migliore per entrare in coma, come accade però invece a Christiane Kerner, orgogliosamente socialista e membro attivo del partito comunista. Quando si risveglia, il figlio Alex trasforma l'appartamento di famiglia in una specie di mausoleo dell'ex DDR e convince parenti ed amici a far finta che nulla sia cambiato...

Christiane Kerner (interpretata dalla bravissima Katrin Sass)è la madre di due figli. Subisce un trauma in seguito alla fuga del marito nella Germania dell'Ovest e reagisce decidendo di diventare un'attivista politica del partito socialista filosovietico. Una donna combattiva ma fragilissima, tanto che entrerà in coma proprio mentre la Germania si riunisce sotto una stessa bandiera. Cosa troverà quando si risveglierà dopo otto mesi?
In realtà il racconto è tutto vissuto dal punto di vista del figlio Alex nel suo passaggio dall'adolescenza alla maturità.Ma ad andare in scena sono una serie di trapassi: il trapasso storico (il muro di Berlino che nell'89 cade), il trapasso individuale (la madre si risveglia dal coma) e il trapasso cosmico (il cosmonauta scopre che oltre agli spazi in cui noi ci muoviamo esiste uno spazio infinito).
Alex per il grande amore che nutre verso la mamma la proteggerà dall'illusione di un socialismo che non sarebbe mai finito, e che invece senza la sua guida, mentre lei è in coma cessa di esistere. Quello che Alex vive tramite le lotte della madre è un socialismo però umano e non politico, infatti ad un certo punto c'è una mirabile allegoria di un Lenin di bronzo che vola verso il "sole dell'avvenire", una delle scene in assoluto più belle.
Alex è un ragazzo di circa ventanni, dalla faccia pulita, che vive con la madre e la sorella Arianne e una nipote, nel socialismo reale di un classico palazzone sovietico. Trova lavoro come tecnico in una Cooperativa di riparazioni elettriche ed ammira Siegmund Jähn, il primo astronauta tedesco ad aver viaggiato nello spazio.
Quando un giorno Christiane, che si sta recando ad una festa per ritirare un premio ufficiale conferitole dallo Stato socialista, scorge da lontano il figlio arrestato per aver preso parte alle manifestazioni pacifiche dell'Ottobre, per lo shock cade a terra, colpita da infarto, ed entra in coma. Alex viene rilasciato ma il socialismo della "sua" Germania, che lei credeva potesse rendere migliore il mondo, crolla sotto l'avanzata del capitalismo. Nè è simbolo l'astronauta-eroe, ora costretto a fare il tassista, perchè è come se d'improvviso tutti dovessero fare i conti con la realtà e chiudere per sempre nel cassetto i propri sogni. La stanza in cui è rintanata la madre diventa allora quel microglobo in cui tornare a sperare. Non ci si riconosce più in quel mondo: "Ah, guarda qui cosa ci siamo ridotti a fare", esclama continuamente a mho di cantilena un vicino di casa che, da un giorno all'altro, si ritrova costretto a rovistare nei cassonetti della spazzatura. E il sogno della madre grazie ad Alex comincia a prendere vita, grazie anche all'aiuto di Lara, la fidanzata venuta dall'Unione Sovietica e di Denis, un amico che sogna di fare il regista ma che invece monta con lui antenne paraboliche.
Paga dei bambini perchè si esibiscano in canzoni e spettacoli comunisti, recupera vecchi barattoli in cui travasare i famosi cetriolini che ora arrivano dall'Olanda e monta con l'aiuto di Denis finti telegiornali della Aktuelle Kamera che parlano della DDR e dei successi del compagno Honeker.
Il messaggio del film che a me è arrivato e ha commosso è stato quello della possibilità che la storia sia fatta dalle persone, tant'è che Alex "inventa" per la madre una storia che non c'è più, costruendo una prospettiva che è quella che tutti avrebbero desiderato: un mondo dove ognuno aiuti l'altro, solo perché ognuno è uguale all'altro. (Che poi è anche il mio sogno)
Un socialismo dell'anima, del cuore. Che magari prima o poi si realizzerà.Goodbye Lenin ma noi ti aspettiamo.

sabato 1 ottobre 2011

Mai più come prima. Giacomo Campiotti. 2005


Appena finiti gli esami di maturità, un gruppo di giovani decide di spendere le proprie vacanze estive in una baita di montagna, sulle Dolomiti. Sono sei ragazzi molto diversi tra loro, tra cui spicca il più pacato e saggio Enrico (Marco Casu) che cade da una roccia durante un’arrampicata, e non riesce a sopravvivere all’incidente. La tragedia lascerà un segno indelebile su tutti i membri del gruppo, ed anche dopo l’estate il ricordo e soprattutto gli insegnamenti dell’amico scomparso segneranno le decisioni di tutti riguardo la loro vita futura.
Ma le psicologie ed i comportamenti dei sei ragazzi protagonisti hanno tute lo sciapo sapore del già visto e sentito, quindi non riescono mai a dare al film quel senso di veridicità di cui tanto necessitava.
In scena un passaggio cruciale della vita di ognuno: quello dalla fase adolescenziale all'età matura, la presa di coscienza della durezza della vita, la sensazione di perdita della purezza (mentale e fisica), la paura di crescere e di assumersi responsabilità, la consapevolezza dell'esistenza della sofferenza e della morte. Un film ovvio, banale, superficiale, ma difficile non correre questo rischio affrontando una simile tematica.
La vicenda è tutta interamente fin troppo prevedibile, dove non accade mai nulla di veramente importante e tutto si snocciola in maniera meccanica.
Un film patetico, inutile, che ho recuperato e guardato solo per noia, senza interesse

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