venerdì 20 luglio 2012

Il cigno nero di Darren Aronofsky. 2010

"La perfezione non deriva solo dal controllo, bisogna lasciarsi andare".
Nina ( la bellissima Natalie Portman) è solo un cigno bianco, ma per interpretare anche il cigno nero nel balletto di Cajkovskij deve far emergere la parta oscura di sè. Va in scena la discesa negli inferi di una ballerina tecnicamente perfetta, troppo perfetta e quindi senza il graffio nell'anima che occorre per emozionare. Ma brutale e rozzo l'approccio alla psicanalisi, come se il nostro Doppio, la nostra parte nera sia solo qualcosa di brutto da mettere fuori, da sputare. Una narrazione ineccepibile, meno la parte nera di Nina che viene fuori. I tutù s'insozzano di sangue e di umori maschili e femminili, le unghie diventano purulente per esercizi ripetuti ai limiti dell'umano nella speranza di trovare quel movimento perfetto che non è solo fatto di testa ma anche di vagina. Carnalità che Nina fatica a trovare. E che cerca nei lembi di pelle strappati, nei piedi martoriati e gonfi, un po'come accadeva per Mickey Rourke in The Wrestler. Il balletto è in realtà una guerra, una battaglia, una competizione sessuale, primordiale e selvaggia. Aronofsky tira la corda parecchio e ce lo presenta come una lotta alla sopravvivenza. E Nina più che distorcere e piegare i suoi muscoli, mette a dura prova la sua testa che in effetti non reggerà. La colpa del suo crollo psicologico è Thomas, il "cigno nero" direttore-coreografo della compagnia (Vincent Cassel), sultano del corpo di ballo-harem, la prima ballerina viene scelta in base alla donna che più lo seduce in sala prova (e fuori) per poi diventare una sorta di sua concubina, per poi buttarla via e passare a un’altra, sia sulla scena che a letto: la ballerina sull'ormai viale del tramonto è qui Winona Ryder, patetica e straziante. Si avete capito bene, un film fortemente sessista, con l'uomo al vertice e la donna molti scalini più in basso. Femministe ed ex sessantottine non guardatelo. Un film perverso come un voyeur e malato come la madre di Nina, ballerina mancata che riversa su di lei tutta l'ansia della riuscita come riscatto. Nina soffre di manie di perfezionismo da prima della classe a tutti i costi, solo se si è perfetti si merita l'amore degli altri. La sua ossessione-pericolo diventa quindi la sua sostituta: una ragazza sessualmente libera tanto quanto Nina è repressa. Perchè Nina "è un cigno bianco perfetto, ma non riesce ad essere cigno nero", rinfaccia continuamente Thomas umiliandola pubblicamente. E Nina diventerà una psicotica-schizofrenica non più in grado di distinguere tra realtà e immaginazione, è malata di auolesionismo e paranoica all'ennesima potenza: si fatica a capire se quella che spesso vede come sua clone sia proprio lei, il suo doppio o quello che vorrebbe essere cioè la sua nera rivale: "Guarda come si muove, imprecisa ma senza sforzo, lei è il sesso!" Insostenibile il vecchio che si tocca la patta in metrò e ammicca umettandosi le labbra con la lingua a Nina un po'schifata (e come darle torto). Molto forti anche le scene in cui Nina si strappa lembi di pelle e si tagliuzza le dita e si ferisce la schiena. Stupenda invece la Portman che si masturba e la scena lesbo parecchio esplicita con Lily, la sua rivale. "L'unico vero ostacolo al tuo successo sei tu: liberati da te stessa. Perditi, Nina". Ma liberarsi dagli istinti porta poi all'inferno? Perchè non c'è il riscatto tanto agognato da Jung e Freud?

sabato 14 luglio 2012

Lolita di Adrian Lyne. 1997

Stati Uniti, anni ’50. Humbert Humbert è un maturo professore europeo che prende in affitto una camera nella casa di una giovane vedova (Melanie Griffith). La donna sposa l'affascinante professore, interessato in realtà alla figlia dodicenne, Lolita, che diventerà una vera ossessione per l’uomo. Il film è lo snocciolarsi di questa passione. La Lolita di Stanley Kubrick ha recentemente spento sessantasei candeline, ma per me Lolita ha lo sguardo della ragazzina rossa di Adrian Lyne, meno dotata di buon senso e buon gusto (anche se molte sono le parti purtroppo poi censurate in questa pellicola). On ogni caso maggiore è qui la fedeltà all'omonimo romanzo di Vladimir Nabokov(bellissimo) da cui le pellicole sono tratte. Infatti, il film di Lyne comincia narrando brevemente un episodio significativo dell’adolescenza di Humbert, ossia quello del suo profondo ma mai consumato amore per la coetanea Annabella, morta prematuramente di tifo a soli 14 anni; episodio al quale Nabokov riconduce la passione dell’uomo per le ragazzine acerbe, le cosiddette “ninfette”. E poi ci viene presentata lei, la protagonista, la splendida e maliziosa bambina-seduttrice, molto esuberante e sfrontata, consapevole da subito del fascino esercitato sull'uomo. Padroneggia, beffa e sottomette Humbert a suo piacimento, un innamorato troppo arrendevole e, quindi come da copione, per questo incapace di esercitare un vero ascendente, neppure di carattere sentimentale, su di lei. Stuzzicante la barby rivestita di tulle bianco con cui Lolita volutamente infastidisce e affascina Humbert, e che esprime il suo lato sia infantile che precoce; l'esibizione sfrontata del suo apparecchio ai denti, che toglie nei momenti più caldi, le caramelle con le quali gioca sempre in modo infantile; l’insolenza costante e le lacrime con cui si sfoga soprattutto quando pensa di non essere vista da Humbert. Fedelissima anche l'ultima sequenza del film: voci di bambini che giocano nella vallata e il colpevole struggimento di Humbert per aver impedito a Lolita di avere una vita altrettanto innocente, con brevi stralci di una voce fuori.campo della bellissima prosa di Nabokov. Tuttavia mancano a mio parere alcuni tratti psicologici fondamentali dei personaggi di Nabokov: Humbert è un manipolatore e solo successivamente s'innamora di Lolita, nel film invece da subito ne appare stregato, manca quell'attrazione puramente erotica che rende viscido il suo personaggio. E'un rapace che qui fa la parte di una vittima, è il sedotto invece che il seduttore, ha il cuore spezzato ma in realtà è colui che spezza adolescenza e infanzia a Lolita, nel romanzo si rende conto gradualmente di "aver spezzato qualcosa dentro di lei". Questa presa di coscienza è affascinante ma manca del tutto nel film. Mentre nella versione di Kubrick questo rendere amabili tutti i personaggi manca, sono in effetti come devono essere: sgradevoli. E poi Charlotte, la mamma di Lolita, è grassa, sciocca, Melania Griffith è una bomba sexy, Lolita scompare al suo confronto, nessun uomo preferirebbe la figlia alla madre. Lui le dà della mucca, ma qui Melanie è stupendamente bella!! E Quilty? Il vero pedofilo, l'uomo che strappa Lolita da Humbert fa una morte splatter, si è vero lui è il più disgustoso della storia, ma la classe di Kubrick nel rendere la scena della sua morte? Kubrick recupera tutto e pareggia! Insomma la classe non è acqua e si vede tutta.

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