giovedì 27 giugno 2013

Quando la notte di Cristina Comencini. 2011

"I figli si fanno per un uomo. Si fa tutto per un uomo."
La fischiatissima pellicola alla mostra di Venezia. La depressione post-parto sembra sia un argomento non amato. Sembra. Ma non è solo quello. Paesaggi di alta montagna, una Claudia Pandolfi con alle prese un infante dalle non ottime condizioni di salute. Filippo Timi è una guida alpina molto schiva, burbera, silenziosa ma che osserva e ascolta. Un passato con le donne molto conflittuale. Marina questa maternità non l'ha mai voluta, la subisce. L'amore è responsabilità, una responsabilità che va scelta e mai imposta sembra suggerire la Comencini, come non essere in pieno accordo con lei? Perchè questi due individui si attraggono così tanto? Molte le inadeguatezze nel film, che è vero, non convince. Timi da storpio corre, anche lui costretto e abbassato a un livello mediocre. La Pandolfi era proprio necessario cantasse? Film insalvabile. Provaci ancora Comencini. E non rivolgerti solo alle donne. Quando la noia.

giovedì 20 giugno 2013

Romanzo di una strage di Marcotullio Giordana. 2012

Io so. Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969 [...] Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero (Pier Paolo Pasolini, Corriere della Sera, 14 novembre 1974)
Una verità che esiste. Come non potrebbe esistere? Ma nessuna condanna definitiva c'è mai stata e ogni accusato è stato assolto. E la giustizia? "Insabbiare gli escrementi come fanno i gatti". Questo sembrano fare gli uomini di Stato. Autunno caldo, rivolte studentesche, i lavoratori in tumulto. Così si apre il film. Ricostruita impeccabilmente la storia tragica del compagno Pinelli (un Favino che sbalordisce per la perfezione. Recita perfettamente in qualsiasi dialetto), spiegati con minuzia di particolari i movimenti di Valpreda e del suo sosia Sottosanti. Un connubio tra Stato e terrorismo, con il ruolo vano ma salvifico di Moro. Un'opera didattica in cui manca però la voce sociale di chi all'epoca già capiì perfettamente tutto quello che veniva taciuto. Chi uccise il commissario Calabresi? Il regista descrive, ma non va alla ricerca della verità come invece ci si aspetta da un film di argomento civile. Non aspettatevi dunque una pellicola d'inchiesta (anche io sono rimasta delusa), quella che va in scena è solo la descrizione del dramma. Ruba la scena la magistrale interpretazione della moglie di Pinelli, degna moglie di un uomo del genere, fiera, combattiva. Mi sono molto rivista in lei, è il personaggio che più ha catturato la mia attenzione e affascinato.

mercoledì 19 giugno 2013

Diaz. Non pulire questo sangue di Daniele Vicari . 2012

“...io i miei non li reggo più
Molta più violenza di quella immaginata. Un mattatoio di giovani giornalisti, anziani della CGIL, uomini d'affari. Silenzi e gli assordanti tonfi dei manganelli che picchiano, a caso, senza senso. Corpi arresi, tremanti di paura, con le braccia in alto in senso di resa che vengono barbaramente trucidati. In tal modo la polizia vigila sulla nostra sicurezza? La morte di Carlo Giuliani è solo l'incipit del film. Poi ricordi sconnessi, frastagliati, che si ripetono. Un po' come i ricordi confusi di chi a fatica ricorda un trauma o non vuole ricordarlo. Ma testimoniare quest'ennesima brutta pagina italiana è d'obbligo. Una bottiglia più volte volteggerà nell'aria infrangendosi a terra, a sottolineare come un gesto così innocuo diventi il motivo scatenante e giustifiante quella insana e animalesca rabbia perpetrata su quei poveri malcapitati. Un intemperanza giovanile che nulla c’entra con una protesta contro la globalizzazione capitalistica. Il giornalista Luca è Elio Germano, penna della Gazzetta di Bologna, un giornale di centro destra, che vuole vedere coi suoi occhi quello che sta succedendo e il poliziotto dotato di un barlume di coscienza il rasato per l'occasione Claudio Santamaria. E quello che meglio il film documenta è la parte finale, ovvero la beffa dopo il danno: i soprusi continuano anche in commissariato e in carcere e sicuramente, intimamente, anche dopo e ora nella vita di ogni singolo ragazzo. Ad un ragazzo viene chiesto di mettersi a quattro zampe e abbaiare, ad una ragazza, Alma, anarchica arrivata dalla Germania che aiuta insieme ad un avvocato i familiari preoccupati a trovare i propri cari dispersi nella folla, alcuni arrestai, di spogliarsi inutilmente solo per essere guardata, addirittura anche quando è in bagno. "Togliti tutti i vestiti e comincia a girare su te stessa". E quando vede la madre che è fuori dal carcere per supportarla vorrebbe ridere ma le cicatrici per le botte al labbro non glielo permettono. E vi sentirete anche voi così: inermi, con la bocca serrata che vorrebbe urlare ma tira per il dolore, perchè quelle manganellate a fine film le sentirete tutte anche voi. Il reato di tortura deve essere inserito all'interno del nostro codice penale, dopo il film, se ancora non ne siete convinti, non ne avrete più dubbi. Stupende le inquadrature aeree del film, cercate i particolari significativi, il film ne è pieno.

giovedì 13 giugno 2013

L'amore che resta di Gus Van Sant, 2011

“Io canto ogni mattina da quando ti conosco”
Malinconia allo stato puro.Irrequietezza. Senso perenne di incompiutezza inspiegabile. Due giovani anime solinghe che cercano un motivo valido per tornare a vivere o per morire serenamente. E ci riusciranno. Restless, titolo originario, inquieto è stato del tutto (come spesso accade) deturpato nell'italiano L'amore che resta (che non c'azzecca nulla). Perchè inquieto è appunto quel ragazzo che non ha potuto partecipare al funerale di entrambi i genitori perchè in coma e per riscattarsi s'inbuca a qualsiasi funerale, per risanare quel dolore partecipando al dolore altrui, sebbene a lui estraneo. Annabel è un sorriso di vita che fa capolino tra quei riti funebri: affascinata da Darwin e dagli uccelli, ha un tumore maligno al cervello che non lascia speranze. Mentre lei disegna uccelli, ed impara a memoria i loro nomi, lui dialoga con un amico immaginario (?), il fantasma di un soldato giapponese morto kamikaze, durante la seconda Guerra Mondiale. Atmosfera dark, dolcemente lugubre, una storia drammatica raccontata senza farne un dramma. Sarete voi, infatti, a scegliere se piangere o meno, se farvi male o no. “Perché gli uccelli fluviali cantano al mattino?” – chiede Annabel ad Enoch – che le risponde: “perché sono felici“.“Io canto ogni mattina da quando ti conosco".

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