venerdì 29 agosto 2014

La fine è il mio inizio (Das Ende ist mein Anfang) di Jo Baier. 2011

"L'immagine che mi viene in mente quasi ogni giorno è quella di un monaco zen che si siede nella sua cella, prende un bel pennello, lo intinge nel mortaio dove ha sparso la china e con grande concentrazione fa un cerchio che si chiude. Ma un cerchio non fatto con il compasso. Un cerchio fatto con l'ultimo gesto della mano su questa terra. La vita si conclude... è questo il cerchio che ora io cerco di chiudere." Tiziano Terzani
La biografia di Tiziano Terzani raccontata non da un cineasta italiano, ma tedesco, italiani che invece ci propinano storie di chiunque in televisione. Nato nel 1938 in una famiglia povera della periferia di Firenze, Tiziano Terzani è stato un giornalista, pensatore e viaggiatore degli anni Sessanta e Settanta, in luoghi - come la Cina- che erano ancora più inaccessibili e lontani di come li conosciamo oggi. Il suo sguardo attento e smaliziato ha contribuito a far conoscere al pubblico italiano, ma non solo, la realtà di conflitti come la guerra del Vietnam, o di stati chiusi come la Cina che sembravano irraggiungibili e inafferrabili. La fine della sua carriera giornalistica è poi coincisa con la scoperta di un cancro, il film si concentra sulla lenta e consapevole accettazione dell’avvicinarsi inesorabile della morte e del disfacimento del suo essere corporale. Nei panni del figlio Fosco il nostro Elio Germano, difficile avere un padre come Tiziano Terzani; Fosco registra gli ultimi dialoghi col padre in un racconto che assomiglia a una confessione pronta per diventare un libro (che poi sarà il suo ultimo bestseller). Pochissime scene e tantissimi dialoghi come c'è da immaginarsi, girato nelle campagne toscane, nei veri luoghi di Terzani. Eppure, riconoscendo il coraggio e i buoni propositi di un tributo a Terzani, il film ha qualcosa che non funziona e risulta confuso e superficiale. Forse sarebbe stato meglio un documentario con inediti veri su Terzani, perché offrirne un quadro così confuso, superficiale e scollegato?Se sulla lapide di Terzani è incisa la parola “Viaggiatore”, perché relegare il tema del viaggio a qualche accenno? Perché non riproporre una struttura a capitoli come nel libro, che rende accessibile il pensiero dell’autore, ma presentare i contenuti in flusso disordinato? Scene inutili: la scena della patata bollita che lui non riesce a mangiare, il finto litigio col figlio, l’arrivo in paese in macchina e il suo fingere di dormire. Salviamo la scoperta finale di questo suo viaggio, cioè che la cura non esiste, la morte è la naturale conseguenza della nascita e bisogna quindi accettarla come tale. "Perché il morire ci deve fare così tanta paura? Ma come, è la cosa che hanno fatto tutti prima di noi!". Per udire parte della cose dette in questo film e molte altre direttamente dalla voce di Tiziano, è consigliabile la visione del film-documentario "Anam, il senzanome" di Mario Zanot, che riporta l'ultima intervista a Tiziano ormai ritiratosi ad Orsigna. "L'inizio è la mia fine e la fine è il mio inizio. Perché sono sempre più convinto che è un'illusione tipicamente occidentale che il tempo è diritto e che si va avanti, che c'è progresso. Non c'è. Il tempo non è direzionale, non va avanti, sempre avanti. Si ripete, gira intorno a sé. Il tempo è circolare. Lo vedi anche nei fatti, nella banalità dei fatti, nelle guerre che si ripetono." Tiziano Terzani

martedì 5 agosto 2014

Nella casa (Dans la maison ) di François Ozon. 2012

- Perché sei passato al presente? - Per me è un modo per restare nella casa.
Ispirato all'opera teatrale Il ragazzo dell'ultimo banco di Juan Mayorga. Siamo in una scuola. In un liceo. Qui si è deciso di adottare le uniformi perché queste annullano le differenze sociali:divisa per uniformare gli studenti, le scene iniziali sono un'accellerazione panoramica che mostra tutti gli studenti del liceo, Claude e Rapha sono gli ultimi della serie, è come se una mano superiore avesse fermato la ruota e avesse estratto, tra tutte quelle unità, due studenti a caso, designandoli come protagonisti della vicenda che si è deciso di raccontare. Nella casa è quindi la casa di quel compagno di classe banale ma socievole che ti accoglie in famiglia, nella casa borghese che regala un’infanzia bucolica e tempo libero immerso nel verde, quella casa dove ci si annoia e s’infrangono i sogni di gioventù, la casa dove prende vita una storia, la narrazione di un racconto che è l’inizio di un percorso di crescita, personale e del proprio lato creativo. Ma quanti segni ci sono in questo film? Incalcolabile. Qualche esempio: Claude insegna all’amico la matematica dei numeri immaginari. La moglie del professore parla di quadri vuoti che si riempiono con le parole del pittore attraverso una cuffia. Il significato delle divise, che rende gli studenti di differenti classi sociali tutti uguali, ma neutri (e permette a Claude di entrare, come una telecamera, all’interno della casa). Claude è povero ma è bello, si insinua per invidia, competizione, ansia di rivincita sociale, nella casa (e nella vita) del benestante compagno di classe Rapha. Ma veramente solo per scrivere? Scrivere per aizzare il voyeurismo del suo professore di lettere (e della moglie, di riflesso: i loro battibecchi rappresentano la dialettica costante tra Estetica ed Etica)German, che diviene complice del ragazzo-autore dei temi. L'argomento principe della penna di Claude è Rapha, uno studente non particolarmente brillante, dopo aver tenuto d’occhio la sua abitazione, dalla quale era particolarmente attratto, e di come, attraverso un sottile gioco di seduzione, facendo leva su argomenti banali ma di presa sicura, se ne sia guadagnato la fiducia e l’amicizia. La casa diventa un reality, rifugio, porto sicuro per sfuggire dalle depressioni e dalle insidie della quotidianità, l’oggetto di un’invenzione nella quale Claude vuole costruire uno spazio nel quale collocarsi. Claude, l'ammiccante studente-Lolita, protagonista de L’enfant de l’orage, il romanzo scritto anni prima dal professore, che non ha mai avuto successo. Claude è lui, quello che lui non è mai stato "tu hai talento", è il figlio che non ha mai avuto, è ciò che gli rimane quando perde tutto: moglie e lavoro. Vederlo una volta non basta: il film crea assuefazione. “Continua…”

lunedì 4 agosto 2014

Revolutionary Road di Sam Mendes. 2008

"Siete una coppia fantastica, lo dicono tutti".
’Speciali’e diversi da tutti gli altri. Ma non sanno di esserlo, non sono prede di quella società consumistica che li circonda. Quando s'cinontrano lui fa lo scaricatore di porto e lei studia per diventare attrice. Con un lungo salto temporale qualche minuto dopo li ritroveremo a litigare in automobile a causa di uno spettacolo teatrale della donna andato non troppo bene. Sono sempre loro, i bellissimi protagonisti di Titanic, la coppia Winslet-Di Caprio, che ancora una volta funziona. Una pellicola sottovalutata forse per via del logoro tema: solitudine e insoddisfazione nel rapporto di coppia che porta a compromessi. All'abbandonare i propri sogni. Tutto condito da eleganza e messa in scena maniacale. Perfetti e borghesi giardinetti americani che dovrebbero celare le case di coppie perfette e felici. Lei saprebbe volare, lui non ne ha il coraggio: Frank e’ un ometto meschino, un pusillanime che ci viene mostrato subito alle prese con l’arte piu’ antica del mondo: fare il cascamorto bellimbusto con la segretaria oca. Figli forse non voluti e colazione perfetta da preparare a quel marito fallito che sa "usare i coglioni solo per fare figli". Meglio vivere all'ombra di un padre fallito, lavorare nella sua stessa azienda, ma dove nessuno si ricorda di lui. La 194 è un diritto acquisito e va tutelato. Era il 22 maggio 1978 quando il Parlamento italiano approvò la legge 194, depenalizzando quello che, in termini asettici, viene chiamato interruzione volontaria di gravidanza. Cioè l’aborto. A venticinque anni di distanza ci si è accorti che questo diritto, dato per acquisito, è un miraggio per molte donne italiane. Perché mancano i medici, gli anestesisti e anche i ginecologi. Dal 2005 al 2010 c’è stato in Italia un vero e proprio boom degli obiettori di coscienza: i ginecologi sono passati dal 59,7 al 70,3 per cento, i medici in alcune regione raggiungono picchi dell’85. Praticamente 9 su 10. Assolutamente interessente e di grande valore narrativo, la figura del “matto” (il piu’ saggio per antonomasia), John Givings, figlio di amici, che si costituisce come involontaria voce narrante atta a mantenere le fila della sostanza di quanto stiamo vedendo. Il romanzo di Richard Yates arriva al cinema dopo più di quarant’anni, ma è valsa la pena aspettare. Winslet sei stratosferica, alle prese con un marito che non meriti nella finzione e con un regista che non meritavi nella realtà. Sei speciale.

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