tag:blogger.com,1999:blog-57253957375955941092024-02-19T12:28:22.043+00:0024 Fotogrammi al secondo“Mi accorgevo di avere la pelle d’oca. Senza una ragione, dato che non avevo freddo. Era forse passato un fantasma su di noi? No, era stata la poesia. Una scintilla si era staccata dal poeta e mi aveva dato una scossa gelida. Avevo voglia di piangere; mi sentivo molto strana.Avevo scoperto un nuovo modo di essere felice.”
(Sylvia Plath)Mauro De Filippishttp://www.blogger.com/profile/09131361974495097691noreply@blogger.comBlogger438125tag:blogger.com,1999:blog-5725395737595594109.post-38575361598011640412020-02-14T19:52:00.000+00:002020-02-14T19:52:33.749+00:00 For Sama di Waad al-Kateab, Edward Watts. 2019"Strano come il rombo degli aerei da caccia un tempo, stonasse con il ritmo delle piante al sole" (Franco Battiato. Il Re del mondo)
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj-ss9HJjsIPdrCk3p8TXMbAfoV96KCCdZQxhsmgiDaB5ZrVzPwZiDdiBuBaxtzSQGBe0BR4kchjqJ9iTXLmzTMV5CExM5v8RWnys8n8hfeKuFcKrRnYnCCGoCyaM_zAiP9Ayg0dBSGw3k/s1600/174458915-1184c807-4d31-4b13-a147-d6821ca952e5.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj-ss9HJjsIPdrCk3p8TXMbAfoV96KCCdZQxhsmgiDaB5ZrVzPwZiDdiBuBaxtzSQGBe0BR4kchjqJ9iTXLmzTMV5CExM5v8RWnys8n8hfeKuFcKrRnYnCCGoCyaM_zAiP9Ayg0dBSGw3k/s400/174458915-1184c807-4d31-4b13-a147-d6821ca952e5.jpg" width="400" height="225" data-original-width="560" data-original-height="315" /></a></div>
Waad al-Kateab è una giovane filmmaker siriana che registra una videolettera alla figlia Sama, nata durante la guerra civile soto il regime di Bashar Al Assad. Forse come non è mai accaduto per nessun’altra guerra, parecchi cittadini – che non sono registi di professione – hanno affidato all’immagine il racconto di quello che stava capitando a loro e al loro paese
Per resistere (e sopravvivere) con telecamera alla mano la ex studentessa di Economia, racconta la rivolta di Aleppo, dal 2012 fino al 2016, per darsi uno scopo: quello continuare a documentare per rendere l’incubo più sopportabile.
Sama in arabo significa cielo: il nome della primogenita è un augurio, quello che il cielo sopra Aleppo sia come lei, pulito, luminoso, senza l'odore di morte. La sua venuta al mondo è documentata fin dal primo test di gravidanza: Waad si riprende allo specchio, scegliendo le giuste parole da dire per annunciare il lieto evento al padre, medico di Aleppo di cui si innamora.
Ad Aleppo non c'è tempo per portare il lutto, il sangue si cristallizza e tutto assume i vari toni del rosso, “usa i tuoi occhi, non riprendere” le grida un amico- ma questo dolore nudo, crudo, esibito, che terrorizza non poteva fuggire via. Essere solo traslato e raccontato.
Waad ottiene poi una sorta di legittimazione morale: la madre di un bambino ferito la esorta urlante, rivolta verso l’obiettivo della sua camera, di continuare, invece, a filmare affinché tutti sappiano che cosa stanno patendo i siriani e quale sia il loro carico di dolore.
Una chiamata alle armi, un sentirci partigiani in streaming. Ma il linguaggio cinematografico, anche quando documenta e denuncia, dovrebbe forse fare un passo successivo: essere lucido e meno istintivo, meno instant movie. La Siria merita di essere raccontata meglio, forse col tempo e con la giusta distanza, con meno esasperata soggettività. Che ancora ovviamente non c'èUnknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5725395737595594109.post-75072192101003680342020-01-21T21:01:00.001+00:002020-01-21T21:01:14.817+00:00Jojo Rabbit di Taika Waititi. 2020Taika Waititi è un genio. Di quegli uomini di cui diresti - descrivendoli ad un'amica per promuoverli " vai tranquilla, ci sa davvero fare", talmente tanto che in un flm su Hitler, lui sarebbe ( e lo è ) il führer.
Alla stregua di Tarantino, Wes Anderson (cito solo a caso alcuni dei registi che il suo stile mi ha ricordato)
Come gà in Bastardi senza gloria, l'orrre del nazismo non viene qui raccontato, banalmente denunciato, ma strapazzato, denigrato, ridotto a macchietta. Una beffarda ed esilarante presa in giro del regime, con battute memorabili e taglienti come lame con cui fare a pezzi il Terzo Reich.
Che ci sia una perfetta sintonia tra montaggio visivo e sonoro è da subito fin troppo chiaro: i titoli di testa scorrono a ritmo della versione tedesca di “I want to hold your hand” dei Beatles, con cittadini tedeschi urlanti in preda a isterismo compulsivo da Hitler-filia.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgD_h9Xsdec3fBSgrQstLbKabrdEOIRuCPPTGuF8NJLAw1YESjBwFzw4AUTIvvye-6ht3XDNuOIpn_CXEclnPtOQ91QjvAUMJXaRsXhNnTvaYh-vwCqahGn0k7nfH5qx2AWUu2u3bmzAe0/s1600/jojo-rabbit.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgD_h9Xsdec3fBSgrQstLbKabrdEOIRuCPPTGuF8NJLAw1YESjBwFzw4AUTIvvye-6ht3XDNuOIpn_CXEclnPtOQ91QjvAUMJXaRsXhNnTvaYh-vwCqahGn0k7nfH5qx2AWUu2u3bmzAe0/s400/jojo-rabbit.jpg" width="400" height="267" data-original-width="696" data-original-height="464" /></a></div>
Nelle ambientazioni vi tornerà alla mente "Moonrise Kingdom" - dalle sequenze campestri in cui si raduna la gioventù hitleriana, agli strampalati membri della Gestapo.
Elsa è l'ebrea da nascondere, salvare, la sua mano sulla cornice della porta dietro la quale si nasconde vi ricorderà “Alien”, citazione che allude anche al condizionamento della dottrina di regime impartita: Elsa, in quanto ebrea, è un’aliena inquietante, con le corna e la coda.
Vive nella soffitta del decenne protagonista Jojo Betzer (soprannominato per codardia Rabbit), ma a insaputa del ragazzo, è la madre ( Scarlett Johansson), in realtà, che cerca di proteggerla.
Lui, come la madre stessa ci tiene a precisare, è un "nazista che vuole solo far parte di un gruppo", ossessionato dalle svastiche ma senza consapevolezza del loro significato.
Con Hitler che diventa il suo migliore amico (immaginario) che lo consiglia con una serie di gag davvero esilaranti, in un caledoscopio di emozioni, riflessioni e risate.Sberleffi contro un uomo incapace «pure di farsi crescere i baffi».
Indolenza fiabesca, surreale, magica attraverso cui metabolizzare il messaggio da lanciare: l’importanza della gentilezza, l’empatia, il saper scegliere da che parte stare.
Superlativa la chiosa, con “Heroes" di David Bowie - ancora una volta in tedesco- liberatoria. La guerra è finita, si può tornare a ballare.
Quello che a noi rimane, invece, la ferma consapevolezza che questo non è affatto il momento ideale per tornare a sentirsi nazisti.
Unknownnoreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-5725395737595594109.post-18256476078518631292020-01-14T20:07:00.001+00:002020-01-14T20:07:26.504+00:00Hammamet di Gianni Amelio. 2020Ad Hammamet per scappare dalla giustizia italiana, da Mani Pulite e da se stesso, dal suo corpo malato, stanco, senza più fulgore. Perchè una volta c'erano i garofani rossi da lanciare da un palco, le vacche grasse, una politica italiana che vantava un Pil superiore a quello inglese. Ma ora non più.
Il fascino della storia che ci racconta Gianni Amelio non risiede però tanto nella ricostruzione degli ultimi giorni di vita di Craxi, quelli tristi, duri, cupi, ma nel percorso ibrido, poco chiaro, a metà strada tra il surrealista, il metaforico e il biopic che sceglie di percorrere. Che si rivela disastroso, ma che ha il fascino di tutto ciò che è imperfetto.
Una barca lenta, troppo, che si lascia trasportare dalle onde, con un capitano che ammalia con il suo carisma e l'inquietudine sprezzante, può bastare?<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEihwcJCI-sqPhHznoayUoy0W9yVcTG8Z5Q6vEagWQ7nkkzBdF0vDhGhRqHiK1CLyY5QzW1Lb9Yp-63sbPYUe6voTzPIVDO0oCxrnVbXsf3RAxgz6mCvf3E7FbUJJ4MlxDkhVmFlEgYbQl8/s1600/Hammamet-CraxiDC.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEihwcJCI-sqPhHznoayUoy0W9yVcTG8Z5Q6vEagWQ7nkkzBdF0vDhGhRqHiK1CLyY5QzW1Lb9Yp-63sbPYUe6voTzPIVDO0oCxrnVbXsf3RAxgz6mCvf3E7FbUJJ4MlxDkhVmFlEgYbQl8/s1600/Hammamet-CraxiDC.jpg" data-original-width="1024" data-original-height="512" /></a></div>
Claudia Gerini non è un’amante ma L’Amante, la pupa del boss, fedele e innamorata, che dormirebbe ancora con un Craxi senza fascino, piegato dal diabete, da un tumore, dalla sconfitta. "Solo una donna ti fa sentire un drago" - dice ad un certo punto il socialista, pensandola. Stupenda nell'incarnare quella corte di nani e ballerine che circondava il segretario all’apice del suo potere. Ma che a lui ancora si prostrerebbe, nonostante non conti più nulla.
Un’intera classe politica aveva confuso finanziamento pubblico con interesse privato, ma Amelio finge che quell’uomo chiuso nella sua villa ad Hammamet non sia Craxi, la figlia, infatti, si chiama Anita e non Stefania, Bobo non viene mai menzionato, i militari, i medici lo chiamano Presidente. Perchè questa finzione, nonostante Favino sia il suo clone? Perchè non si dice mai chiaramente la parola "tangenti"?
Tutti facevano così, "ho aiutato il partito, ho dato i soldi a chi era in fuga da dittature", taglia spesso corto Craxi senza mai addentrarsi, senza che gli amici democristiani che lo vanno a trovare dettaglino o facciano dei resoconti chiari.
Si sente la mancanza di un sano contraddittorio. Un po' di rispetto ossequioso nei confronti della storia politica vera?
Un'occasione mancata per fare una giusta denuncia e rendere davvero omaggio a questo periodo storico in cui ancora esistevano i discorsi altisonanti di chi avvertiva la responsabilità di essere, per cultura e per competenza il portavoce di ideali condivisi.
A salvare il film da molti momenti di puro nonsense (ad esempio il personaggio di Fausto figlio del segretario amministrativo suicidatosi per la vergogna di aver fatto parte di quel sistema) il divino Favino, con la sua mimica, tic, passi, espressioni, da cui si è completamente rapiti, vi chiederete spesso in una sorta di estasi mistica contemplativa dove finisca lui e dove inizi Craxi. (0 viceversa)Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5725395737595594109.post-67638448732856926532020-01-04T21:46:00.001+00:002020-01-04T21:46:36.953+00:00Sorry We Missed You di Ken Loach.2020«Sorry we missed you». Come campeggia in alto sull'avviso che i corrieri a domicilio lasciano quando non trovano i clienti cui cosegnare il loro ordine. “Non pensare, guida” recita un foglio affisso alle pareti dell’azienda.
Un corriere. Ovvero un lavoratore -in questo caso- autonomo, che non può ammalarsi, fermarsi o pagherebbe pegno perchè costantememte sotto controllo elettronico.
Che non ha finito di pagare il furgone, che paga a rate impegnando l'auto della moglie ( unico mezzo con cui era solita recarsi al lavoro), in costante gara con se stesso, con i suoi ritmi, con i suoi affetti, con la sua umanità: a che cosa giornalmente è disposto a rinunciare per ben 14 ore consecutive?
Al tempo da dedicare al figlio maggiore, writer scontroso in piena crisi di crescita, alla minore di undici anni che si organizza sulle indicazioni che la mamma le detta al cellulare tra un bus e l'altro mentre si reca a fare assistenza domiciliare.
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiTV6Obh6jFJNnrbu7i9DHyN7I5EEpkYtnA2eMfA28kivwxXxsVTV1rNJ1w29KXSxFmoQZFp_ALLSzBnDzQUbbUrgayMF2lEsfVithnKgGvXywFDOcZsW4w_W1rIiMImSbNhgHHtDhdW5E/s1600/sorry-we-missed-you-v1-619683.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiTV6Obh6jFJNnrbu7i9DHyN7I5EEpkYtnA2eMfA28kivwxXxsVTV1rNJ1w29KXSxFmoQZFp_ALLSzBnDzQUbbUrgayMF2lEsfVithnKgGvXywFDOcZsW4w_W1rIiMImSbNhgHHtDhdW5E/s640/sorry-we-missed-you-v1-619683.jpg" width="640" height="427" data-original-width="1600" data-original-height="1067" /></a></div>
Flm altamente ansiogeno, ma fottutamente credibile, autentico. Nessuno tra cento anni potrà non capire, grazie ai film denuncia di Loach, come il lavoro sia ad un certo punto dell'esistenza umana diventato un ingranaggio distruttivo. Come la comodità dell'acquistare sempre tutto online con un clic, un tap abbiano annebbiato il resto: lo sfruttamento, la denuncia, il mondo oscuto dell'e-commerce.
Propositi per il 2020: migliorare il mio inglese. Sono convinta che questo film vada assolutamente più di altri guardato in lingua originale.
Snobbare per una vita intera le grandi platee e i compromessi per raggiungerle: solo Ken Loach, avercene sant’Iddio!Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5725395737595594109.post-63341800417891355172019-12-30T20:58:00.000+00:002019-12-30T20:58:06.156+00:00The Meyerowitz Stories di Noah Baumbach. 2017Ora posso affermarlo con certezza: dopo Allen, Baumbach scrive i migliori dialoghi dell’attuale cinema americano, acuti, umani, dinamici, folgoranti.
Memorabile in tal senso la scena in cui Danny (tra i tre figli l'unico aspirante musicista e anche il membro della famiglia che ha avuto meno successo) recita, al padre che sta abbandonando, le formule imparate all’ospedale per riconciliarsi coi morenti. Danny zoppica vistosamente, acciacco cronico da cui non si vuole liberare, somatizzazione simbolica della sua condizione di subalternità, da cui non riesce a liberarsi.
Le storie della famiglia Meyerowitz riguardano poi Matthew (Ben Stiller) un ricco e impegnatissimo uomo d’affari che comunica con il figlio solo via smartphone e Jean, alla ricerca della sua femminilità. Le loro storie erompono frammentate in episodi intervallati da quadri alla Wes Anderson.
I tre Meyerowitz – ognuno emblema di nevrosi metropolitane tipicamente americane – hanno scelto vite diverse, ma nessuno dei tre è felice.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjIUKYaX61jENGqxzDRfXYaSiPya_nMPkWrQ4R2uLrnSLB9HVV6bQfRnTGNf4YtEpv9knrc_HC9qteKHr32NWbOKyXC__P8UcHeqHJw1gdgZGvuOX6AqUkkbfwBciNYkoj5cfkBzcueEbc/s1600/meyerowitz-1.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjIUKYaX61jENGqxzDRfXYaSiPya_nMPkWrQ4R2uLrnSLB9HVV6bQfRnTGNf4YtEpv9knrc_HC9qteKHr32NWbOKyXC__P8UcHeqHJw1gdgZGvuOX6AqUkkbfwBciNYkoj5cfkBzcueEbc/s640/meyerowitz-1.jpg" width="640" height="298" data-original-width="734" data-original-height="342" /></a></div>
Il padre, perno su cui tutto si muove, è Harold (che ha avuto i due fratelli con due donne diverse) interpretato da Dustin Hoffman, scultore molto eccentrico che non è riuscito a diventare famoso quanto avrebbe voluto e che quindi spera nel successo dei figli.
La trama anche qui è semplice, lineare: una famiglia che non comunica e che avrebbe bisogno di varie sedute di psicanalisi.
In The Meyerowitz Stories non succede nulla e succede tutto, come in ogni film di Baumbach.
C'è il bisogno di sentirsi accettati -verrebbe, infatti, da dire che non c’è niente di male ad essere mediocri, il tentativo continuo di annullarsi per diventare ciò che l’altro vuole;
le conversazioni tra i personaggi sono in realtà monologhi in cui i capricci di uno trovano risposta nello scarso interesse dell’altro. La resa di questo aspetto caratteristico, presente in tutto il film è davvero fenomenale: spesso le scene vengono interrotte bruscamente da uno stacco di montaggio perchè non c'è l'interesse e la pazienza di ascoltarsi.
E funziona, perchè dannatamente reale.Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5725395737595594109.post-67370539827710958262019-12-25T20:10:00.001+00:002019-12-25T20:10:29.869+00:00Pinocchio di Matteo Garrone. 2019Una lezione filologica su Pinocchio e su Collodi, sul realismo crudo di un autore che aveva scelto di dipingere il fuoco nella casa di Geppetto perchè era così povero da non avere nemmeno legna da ardere, che aveva reso così bene la fame di Pinocchio da fargli mangiare anche le bucce delle pere che il padre aveva conservato per sè. Di questo romanzo abbiamo amato il viaggio di crescita impervio, che ha suggerito ai piccoli quanto fosse pericoloso non ascoltare e seguire gli insegnamenti dei grandi. La pedagogia di fine Ottocento del ribelle burattino senza fili, che è così buono da meritare di diventare un bambino vero.
Questi particolari non si ritrovano nel film di Garrone, ma la povertà è presenza persistente, nella sua asciuttezza di poche parole e pochi vezzi estetici. È nei panni malconci e ingialliti di un Geppetto trasandato e spettinato, interpretato da Roberto Benigni, nei mezzucci e nello "spizzicare" del Gatto e la Volpe.
In un padre che genera non con il sangue - come San Giuseppe con il Cristo (il riferimento ci sta, oggi è pur sempre Natale) sta la mostruosa prova attoriale di Roberto Benigni, padre per eccellenza, sofferente e buffo, con un forte richiamo ai classici maestri della povertà cinematografica: Charlie Chaplin e Buster Keaton.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj0-DfsrWSYxKft8oMFuWbA3PV83vyPxKtEcyuldJfRW-AdeiRYG0aOwMaE7kmSf8k_g5JB6lkprAnIF9UAeKOBrUc2_m69Nqo2tWG2A-4tHDm7dFPb25mOoRBKdbD6BeGeX3gsO6pw6H0/s1600/foto-pinocchio-5-1030x615.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj0-DfsrWSYxKft8oMFuWbA3PV83vyPxKtEcyuldJfRW-AdeiRYG0aOwMaE7kmSf8k_g5JB6lkprAnIF9UAeKOBrUc2_m69Nqo2tWG2A-4tHDm7dFPb25mOoRBKdbD6BeGeX3gsO6pw6H0/s1600/foto-pinocchio-5-1030x615.jpg" data-original-width="1030" data-original-height="615" /></a></div>
Pare che lo stesso Collodi avesse, appunto, scritto Le avventure di Pinocchio per sbarcare il lunario, senza rendersi quindi conto che, invece, avrebbe per sempre cambiato la nostra cultura con l'incredibile potere iconografico delle sue scelte: l’immagine del naso che si allunga con le bugie, quella dell’asino come sinonimo di bambino svogliato, e quella del Paese dei Balocchi come luogo illusoriamente meraviglioso, l’etichetta de “il Gatto e la Volpe” per definire chi traffica affari loschi, e quella di “Grillo Parlante” per chi dispensa saggi consigli non richiesti. Collodi in realtà non crea, attinge molto dalla letteratura francese e inglese, da Fedro ed Esopo, le sue avventure sono imprecise, le cose accadono senza il minimo nesso logico, nella fiaba non c’è mai stata l’ombra di una coerenza interna. Non è richiesta, noi lettori non la vogliamo.
Non si poteva chiederla a Garrone, l'opera è imperfetta in partenza, ma è diventata comunque un capolavoro mondiale. Sono dalla parte del regista, un testo sacro non va stravolto, cambiato, ho apprezzato e compreso la sua fedeltà, trovandovi tuttavia anche un tocco più visionario rispetto all' originale. No, non sono dalla parte dei detrattori, di chi bolla un'opera come la meno riuscita di un regista perchè sa tanto di "critico esperto"
Noi alla fine abbiamo tutti applaudito e nell'abbraccio di Pinocchio diventato bambino e Geppetto sentito la magia del Natale.Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5725395737595594109.post-91679600532607129012019-12-01T19:11:00.000+00:002019-12-01T19:11:12.701+00:00Un giorno di pioggia a New York. Woody Allen. 2019“Capitolo primo. Adorava New York, la idolatrava smisuratamente… No fammi cominciare da capo…
Capitolo primo. Era duro e romantico come la città che amava. Dietro i suoi occhiali dalla montatura nera acquattata ma pronta al balzo la potenza sessuale di una tigre… No aspetta ci sono: New York era la sua città, e lo sarebbe sempre stata.”
(Woody Allen, Manhattan – 1979)
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh_YcDVonge-5mzOpp2afmqENY6tCVx85OCujNbRxFikOmj7bPOJpmAE_Jpf683AEaT5GdCU0gcVIL-XqJQZHHfZK0AYB4AGuB8HSpVwdUXHlfW_3Cepd0pf0DbTRtcdY9OkmF7sGfeWbI/s1600/481ec72342f6f44b8c590615583a6fc0.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh_YcDVonge-5mzOpp2afmqENY6tCVx85OCujNbRxFikOmj7bPOJpmAE_Jpf683AEaT5GdCU0gcVIL-XqJQZHHfZK0AYB4AGuB8HSpVwdUXHlfW_3Cepd0pf0DbTRtcdY9OkmF7sGfeWbI/s1600/481ec72342f6f44b8c590615583a6fc0.jpg" data-original-width="1000" data-original-height="500" /></a></div>
Raccontare e celebrare ancora Manhattan, signor Allen?
Ancora pioggia e financo nel titolo? Ancora registi depressi e psicoanalisi?
Ancora una critica al perbenismo della ricca borghesia cittadina, alla sua falsità, all’arrivismo di provincia, ai rapporti umani che nascono dal profitto? Sono trascorsi 40 anni esatti.
La risposta è solo: Si, Si, SI e come nei migliori amplessi: "Ancora, ancora e la preghiamo, non smetta!"
Vogliamo per tutta la vita vedere in scena la malinconia e le nevrosi di un ipocondriaco, che ama smisuratamente le donne.
La scelta migliore di sempre: la freschezza del protagonista Timothée Chalamet (il ragazzo con il volto più bello sulla faccia della terra) che ad un certo punto si mette a cantare Everything Happens to Me di Chet Baker al pianoforte. Impossibile non urlargli: “suonala ancora, Sam”
Sguardo malinconico, figlio dei cieli grigi di New York, colto, tormentato, si innamora di Ashley così diversa da lui, più interessata alle luci della ribalta, senza una vera cultura e talento: si lascia scappare che Kurosawa è un grande maestro europeo. (!!!)
Sceglie di chiamarlo Gatsby, perché sembra uscito proprio dal libro di Fitzgerald che raccontava che una donna la si può aspettare per sempre. Gatsby avrà il talento di saper, infatti, riconoscere e aspettare (sotto la pioggia) quella giusta.
Ho letto molti commenti negativi sulla trama, considerata banale, scontata, il plot di Allen è, in fondo, sempre stato semplice e poco pretenzioso, ma perchè è solo la base su cui incastonareil resto: il piano bar, il fumo delle bische da poker, il jazz, l'umorismo tagliente, New York. E non è certo cosa da poco.
E poi sul serio siete riusciti a seguire la storia in maniera lucida e critica senza perdervi sotto la pioggia scrosciante, sentendola addosso o guardandola attraverso l'ombrello trasparente di Gatsby?
Se non siete irriverenti, pieni di tic e romantici, forse si, ci avrete badato.
E poi lo dice lo stesso Allen verso la fine del film: “La vita reale è per chi non sa fare di meglio… “
<3 <3 <3 Buon compleanno, maestro!Unknownnoreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-5725395737595594109.post-87276260477716283492019-11-15T20:43:00.001+00:002019-11-15T20:43:29.691+00:00La belle époque di Nicolas Bedos. 2019Il cinema è meglio della vita vera. Ne siamo tutti ossessionati per questo.
Perchè ogni buon sceneggiatore o regista, ( Nicolas Bedos in questo caso specifico) è maniaco del controllo assoluto, nevrotico, insicuro, un tiranno sul set e in amore, ma dal cuore d’oro, come tutti i finti tiranni che in passato hanno conosciuto da vicino la sofferenza e scelgono di utilizzarla per fare arte e allo stesso tempo terapia.
Victor è un uomo all’antica che odia la tecnologia, il digitale, il presente, l’innovazione.
Sua moglie, Marianne (la bellissima Fanny Ardant), non potrebbe essere ovviamente più diversa. Questo e la monotonia di un rapporto lungo quarant'anni li allontana.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgucrE8bsM0B1K4bY8QnKas1HZD5zLfdLNIE_1RCsHq-EJuJIUIEKpCcfaxbI39A8oXJJWLEtclm-edpSONIExMNizhI3XwTo7Omg6IejEO-q7TJ_pjdIVSaIltP70SC9nSZQDdCSpHxcI/s1600/fr-belle-epoque-film02.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgucrE8bsM0B1K4bY8QnKas1HZD5zLfdLNIE_1RCsHq-EJuJIUIEKpCcfaxbI39A8oXJJWLEtclm-edpSONIExMNizhI3XwTo7Omg6IejEO-q7TJ_pjdIVSaIltP70SC9nSZQDdCSpHxcI/s640/fr-belle-epoque-film02.jpg" width="640" height="322" data-original-width="850" data-original-height="427" /></a></div>
Victor sceglie allora di rivivere un giorno del passato: il giorno in cui ha conosciuto la donna della sua vita Marianne. Una troupe cinematografica mette in scena quel 16 maggio 1974 e La Belle epoque, quel cafè di Lione. Memorabile la scena in cui Victor “incontra” per la prima volta Marianne, dando indicazioni per ricreare alla perfezione il suo giorno più bello.
L'amore che attraversa il tempo è il fiore all'occhiello di questo regista, che credo abbia una paura quasi patologica nei confronti dell’erosione dei sentimenti e la distruzione dei ricordi. Il film insiste in maniera maniacale su questo aspetto.
Sua musa e compagna anche nella vita (la Marianne giovane) è la talentuosissima e figa da paura Doria Tillier, un carisma femminile e vitale intorno al quale si muovono tutti gli umori della storia.
Un romanticismo vintage e di grande classe.
La commedia francese! Ahh! Che gran sospiro di emozioni. Non ce n'è proprio per nessuno.Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5725395737595594109.post-29745329767798009912019-11-10T20:52:00.001+00:002019-11-10T20:52:19.997+00:00Gisaengchung di Joon-ho Bong. 2019La prima parte di Parasite mi ha eccitato: la furbizia proletaria ai danni dei ricchi solletica il mio sottopancia. Dalla seconda parte in poi arriva il capolavoro assoluto.
Patriarcato, arrivismo, competizione e darwinismo sociale, le perversioni sociologiche del capitalismo, in un gioco al massacro senza fine.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiG_4OFMQab7tqXQiMHeMgkGWD4XQjLvJ9UVphAYe_u-ojliChJ4Lry4proB8rvqpGP5Q4HsFgiYLNKBsS-ytumUiaWH7Gmw85rPHekA0WhXW8Ts4RQCzqGnR3CG4b98yj6-ZSJUJlk-Bk/s1600/parasite-2.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiG_4OFMQab7tqXQiMHeMgkGWD4XQjLvJ9UVphAYe_u-ojliChJ4Lry4proB8rvqpGP5Q4HsFgiYLNKBsS-ytumUiaWH7Gmw85rPHekA0WhXW8Ts4RQCzqGnR3CG4b98yj6-ZSJUJlk-Bk/s640/parasite-2.jpg" width="640" height="320" data-original-width="1200" data-original-height="600" /></a></div>
Due famiglie: una povera e una ricca, due volti della Corea del Sud come dell’intero occidente capitalista. I poveri sono più furbi, ma hanno un odore che i ricchi imparano a riconoscere fin da piccoli. Il nucleo povero vive alle spalle del ricco - o almeno ci prova- quasi come fossero dei parassiti, degli intrusi (nella locandina, infatti, c’è proprio scritto “cerca l’intruso”). Ma le cose non vanno proprio così, nel senso che ad un certo punto quello che nasce tra le due famiglie sembrerebbe una possibilità di mescolanza vera, ma ciò che renderà le due parti distanti è che i ricchi “non hanno conflitti perché la vita è sempre lineare, dritta, ben stirata” come dice la madre di Ki-woo (il protagonista). Nelle loro mancate interazioni i personaggi diventano quasi dei fantasmi, delle presenze latenti che non riescono a vedersi e a riconoscersi anche quando si trovano a pochi metri di distanza, in uno scantinato, sotto il letto o nel buio di una stanza.
Per parlare fra loro utilizzeranno il linguaggio morse, attraverso l’accendere e lo spegnere delle luci, esattamente come comunicano le famiglie e gli amici divisi tra le trincee di nord e sud Corea.
Questa visione binoculare è rappresentata nella dicotomia dei due mondi che vanno in scena: i ricchi vivono in un gioiello architettonico, nella parte sopraelevata, nella zona ricca, alta della città, mentre quella dei poveri è una specie di baracca, sprofondata sotto il livello della strada. Gli uni hanno di fronte alla sala da pranzo una bella vetrata da dove si vede il loro bel giardino, gli altri una finestra rotta da dove puntualmente tutte le sere osservano un uomo ubriaco che fa la pipì.
Unica la lezione, quella vale per tutti: se percepiamo solo il “disgusto” dell’ombra (riferimento Junghiano alla vita psichica), della parte oscura che tutti noi abbiamo, allora sarà lei che prima o poi, come uno spettro, come un fantasma, irromperà nella nostra vita e si impadronirà di noi in modo violento.
Il male (di vivere) è intriso nell’animo umano e le condizioni economiche sono solo un pretesto per tirare fuori ciò che di malvagio in maniera naturale alberga in noi e scalpita per uscire.
Così vero e autentico da mettere i brividi.Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5725395737595594109.post-27935719324168879672019-10-17T21:31:00.000+01:002019-10-17T21:31:16.660+01:00Grâce à dieu di François Ozon. 2019Spotlight alla francese.
Il clichè anticattolico dell'anziano prete che si trascina a fatica ormai stanco, ma con un passato di abusi sui chirichetti in sagrestia, o al camp estivo con gli scouts, con le voci bianche del coro è in questi casi sempre in agguato.
François Ozon sceglie coraggiosamente di inoltrarsi in questo scivolosissimo e impervio terreno, firmando, però, la migliore opera possibile, oggi, sulla pedofilia, mai scritta per il cinema.
Tratto dai fatti realmente accaduti nella diocesi di Lione, con padre Bernard Peyrat, abusatore per decenni di ragazzini a lui affidati. E contro Barbarin, il suo superiore, accusato di avere coperto i misfatti del sacredote pedofilo senza rimuoverlo.
Due ore e venti di ricostruzione minuziosa dei fatti, delle storie intrecciate dei tre protagonisti principali: una staffetta che alla fine confluisce in un affresco plurale. Saranno tanti purtroppo i casi registrati!
Tutto comincia con l'indignazione di Alexandre, quarantenne, banchiere, cattolico credente e praticante, sposato con cinque figli, che apprende che père Peyrat, il prete che lo ha abusato, non è ancora stato estromesso dalla Chiesa, anzi non è mai stato sanzionato né condannato e continua a lavorare con i più piccoli come catechista.
Da lui si origina un effetto-valanga che culmina nella fondazione di un gruppo, "La parola liberata" con lo scopo di fare pressione sulla Chiesa e le istituzioni.
Ozon constata e descrive: entra nel narcisismo di François, nell’incomunicabilità tra Emmanuel e il padre e nelle relazioni tossiche che ne derivano.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiqUviOQboknC0QPrTXdc-WCKldnIv79o078P6doQUKtuwR9B6gItwB3hYxrdF6_qP7OCyN5dKBMcy88n1G5H5PcuA9MObgxrFDwYz-cIutMKx6JrHXAl-RJGslt_rM_FFbFEXNKydsMeg/s1600/fa2ed53ea3763aae22c6690420dc3.jpeg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiqUviOQboknC0QPrTXdc-WCKldnIv79o078P6doQUKtuwR9B6gItwB3hYxrdF6_qP7OCyN5dKBMcy88n1G5H5PcuA9MObgxrFDwYz-cIutMKx6JrHXAl-RJGslt_rM_FFbFEXNKydsMeg/s640/fa2ed53ea3763aae22c6690420dc3.jpeg" width="640" height="384" data-original-width="1000" data-original-height="600" /></a></div>
Affascinante la ricostruzione delle personalità e dei loro doppi- fiore all'occhiello nel cinema di Ozon.
Il realismo è davvero tagliente e soffocante, soprattutto nella descrizione della Lione altoborghese e di quel cattolicesimo francese colto, riservato, trattenuto e intransigente. Fatto di grandi corridoio da percorrere con passo felpato, in silenzio, in cui nessuno urla quel segreto noto a tutti ma sottaciuto.
Davvero - come sempre- un grande cinema.Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5725395737595594109.post-59680949002381240012019-10-03T18:55:00.001+01:002019-10-03T18:55:20.068+01:00Joker di Todd Phillips. 2019L’idolatria di questo ultimo mese- a seguito delle proiezioni in anteprima tra Venezia e Stati Uniti, ha generato un po'di confusione tra le performance del suo protagonista, un Joaquin Phoenix davvero davvero spaventoso e il resto del film.
Quando un'opera è attesa in maniera spasmodica il rischio delusione delle aspettative è altissimo, soprattutto se il film è strutturalmente esile e con una trama fin troppo lineare.
Arthur piange quando ride e lo fa in modo incontrollato, soprattutto quando un'ingiustizia lo sta opprimendo tanto da strozzargli il respiro.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhvnAeoOX1DB1hvg8_ie_-LpEW-XqA48xQRYnRYXfIIpoC99tG7KzQ_OOgZSlgloQ_tIFoyIW6tWF0TCaqdcc-MT-vELobRJaDJ3qhyphenhyphenGJqpyJzTdrLPBtLEA9MC_t4BFMhKE3F92iNRXKA/s1600/joker-warner-bros-51743.1920x1080.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhvnAeoOX1DB1hvg8_ie_-LpEW-XqA48xQRYnRYXfIIpoC99tG7KzQ_OOgZSlgloQ_tIFoyIW6tWF0TCaqdcc-MT-vELobRJaDJ3qhyphenhyphenGJqpyJzTdrLPBtLEA9MC_t4BFMhKE3F92iNRXKA/s640/joker-warner-bros-51743.1920x1080.jpg" width="640" height="427" data-original-width="1600" data-original-height="1067" /></a></div>
Vive ai margini di Gotham City (chiaramente la New York violenta dei primissimi anni ‘80) invasa dalla spazzatura, una depressione economica ha mandato allo sbando la città, i tagli ai servizi e all’assistenza ai più deboli hanno prodotto un diffuso malessere sociale e un sentimento di odio nei confronti della politica e della borghesia, bersagli dell’odio degli emarginati. Arthur è un ex paziente psichiatrico che tenta un reinserimento in società, ma ogni tentativo risulta più duro del previsto.
Vorrebbe far ridere, sogna, infatti, di fare il comico, ma alla fine è la gente che ride di lui. Diventa allora Joker.
Gotham City è la quintessenza della società dello spettacolo, della falsità, prova ne è il narcisismo esibizionistico di Joker che trasforma strade e scalinate nel palcoscenico su cui ballare le note degli adorati musical.
Ho trovato davvero banale la rappresentazione del "male" e della violenza annidati nel clichè dell’emarginazione, nell’assenza di empatia e nel mancato sostegno ai più bisognosi.
Phoenix polarizza letteralmente tutto il film, è corrosivo e patetico e annebbia del tutto tutte le prove attoriali precedenti su Joker: da Nicholson a Ledger.
Joker è sarà per sempre il caos e l'anarchia di Phoenix, della sua risata isterica, improvvisa e strozzata, delle sue unghie rosicchiate fino alle stremo, delle sue mani nervose passate nei capelli, della sua andatura trasognata, traballante e danzante.
E' già un cult.Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5725395737595594109.post-47243267917669484642019-09-18T20:34:00.001+01:002019-09-18T20:34:38.163+01:00C’era una volta a… Hollywood di Quentin Tarantino. 2019Mi sono ritrovata in sala con una schiera di adolescenti e - spiazzata dalla loro presenza- ho cominciato a chiedermi se si fossero dati appuntamento lì per caso, o se avessero, ad esempio, mai visto Pulp Fiction, (recuperandolo - ovviamente) innamorandosene.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjEId48eQRBIMMx1p_KzSBh8TMh7Pknt3SF7ok2z0P2jkpvm7CAR2QMFv0ZBNCOmr8g4D-iaT9eGPZfoui4cEFmtoWiYLOa2ZEICM0ZxLagP3rfdJSFsmQMQ5cN3JpTjD4wt2sM8jy-AMQ/s1600/schermata-2019-05-14-alle-17-26-25-1557847607.png" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjEId48eQRBIMMx1p_KzSBh8TMh7Pknt3SF7ok2z0P2jkpvm7CAR2QMFv0ZBNCOmr8g4D-iaT9eGPZfoui4cEFmtoWiYLOa2ZEICM0ZxLagP3rfdJSFsmQMQ5cN3JpTjD4wt2sM8jy-AMQ/s640/schermata-2019-05-14-alle-17-26-25-1557847607.png" width="640" height="451" data-original-width="480" data-original-height="338" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjF5NYUZXIg65LNIsdl8RJFL5xyMHxsAVqx2KJ5rpmsj1COwTDgOWftWgefSgmg20Pg_l5RU0KSBt79DahFiLc2qLZHqgdVn55QxTrRa-ZrdO2ZdiJUEYIFNPzkbzVfXt-4xu8YdwcxZW0/s1600/c-era-hollywood-v1-584180.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjF5NYUZXIg65LNIsdl8RJFL5xyMHxsAVqx2KJ5rpmsj1COwTDgOWftWgefSgmg20Pg_l5RU0KSBt79DahFiLc2qLZHqgdVn55QxTrRa-ZrdO2ZdiJUEYIFNPzkbzVfXt-4xu8YdwcxZW0/s640/c-era-hollywood-v1-584180.jpg" width="640" height="482" data-original-width="1063" data-original-height="800" /></a></div>
Se fossero pronti ai quarti d'ora al cardiopalma tarantiniani, per non ritrovarmeli a urlare al primo schizzo di sangue.
Ma soprattutto se fossero a conoscenza del fatto che grazie a pellicole come Bastardi senza Gloria, la Seconda Guerra Mondiale ha guadagnato un epilogo ben diverso da quello che conosciamo.
Perchè cambiare il corso degli eventi attraverso il cinema è una specie di missione.
E quando a Cielo Drive, la strada privata dove vive l'attore Dalton (il protagonista, Leonardo Di Caprio) e la sua inseparabile controfigura Cliff Booth (Brad Pitt) arrivano Roman Polanski e la sua nuova compagna Sharon Tate sarà chiaro che la redenzione - questa volta- riguarderà la tragica storia biografica del regista.
Sharon Tate è bellissima e pura come una bambina, un angelo che merita redenzione: significativa la scena in cui si ritrova in sala, con le piante dei piedi annerite poggiate sulla poltrona antistante, ad autocompiacersi e ad osservare le reazioni in sala nella sua prova attoriale al fianco di Dean Martin.
L'aggancio con la riscrittura salvifica del noto fatto di cronaca è rappresentato dall'entrata in scena dei «fucking hippies» della Manson Family, presentati con una sequenza ricca di tensione allo Spahn Movie Ranch, landa californiana dove la comune "alloggia". Charles Manson si intravede per un attimo a inizio film compiere una specie di sopralluogo in casa Polanski: viene messo in luce il lato oscuro e selvaggio, istintuale, distruttivo e omicida della subcultura hippie in quei tempi ambigui di radicale trasformazione collettiva.
Tutto viene impacchettato a regola d'arte per arrivare all'ultima mezz'ora del film, quella cruenta, quella a marchio Taratino che tutti ci aspettiamo.
A chi si sia chiesto se sia lecito affrontare con leggerezza un fatto di sangue così scioccante per l'America e per una serie di persone che ancora ne portano le ferite, suggerirei di guardare la storia sotto un'altra ottica, quella tarantiniana, quella che non documenta, dà giudizi o assolve, presentata e resa agevole -affinchè ogni spettatore vi si possa apprestare- attraverso, la ricostruzione filologica della Hollywood degli anni Sessanta con i suoi prediletti film di serie B, con quel cinema italiano da sempre nel profondo della sua cultura.
Tutto volto ad affermare con assoluta certezza che solo la settima arte con il suo potere taumaturgico può davvero salvare, redimere, perchè la sola entità suprema al mondo giusta e compassionevole.
P.S. Iñárritu non se ne dolga per qualche battuta di troppo sui messicani.
Brad Pitt illegale. Non sarà il sangue a farvi salire l'adrenalina, sono pronta a scommetterci!
(Anche i tredicenni alla fine hanno applaudito)
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5725395737595594109.post-69042334475724594972019-09-08T21:07:00.001+01:002019-09-08T21:17:38.043+01:00Martin Eden di Pietro Marcello. 2019Sconquasso narrativo, fotografia in filigrana e mistificazioni storiche sul il primissimo novecento, il post guerra, gli anni del boom e gli anni ottanta. Basato su un libro noto ma spesso tradito: a cominciare dal raggio d’azione che si sposta dalla California ai vicoli di Napoli, classico nell’impianto ma modernissimo nella realizzazione.
Inquadrature veramente efficaci e di rara bellezza. Si apre “ideologicamente” in maniera molto forte: con un filmato di repertorio dell’anarchico Errico Malatesta durante la manifestazione a Savona del 1° maggio 1920 per mettere in risalto le contraddizioni cruciali che hanno accompagnato il secolo scorso: dal ruolo della cultura di massa al rapporto tra individuo e società, tra socialismo e individualismo, fino alla lotta di classe.
Martin non è istruito ma vuole arrivare a sapere e conoscere, si innamora di Elena che appartiene ad mondo diverso dal suo: ‘bello e lineare’, di una borghesia pulita. Il successo e il riscatto arriveranno alla fine, ma il tardivo apprezzamento di chi prima lo disprezzava, senza che lui sia cambiato di una virgola, lo farà impazzire di rabbia.
Martin ha le spalle larghe e le unghie nere. Appare stralunato, assente, scostante e intenso, incarnando alla perfezione la figura dell'anti-eroe, con la passione per la scrittura quale mezzo di riscatto personale e veicolo necessario per comunicare lo stato d’animo di angoscia esistenziale e denuncia sociale. <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgMdPE5OJA1SmQT_mBezbNhp9xns_wXtwH-7wL-WSTShSH0fxAoQwkCLX2xOJ1av5D_j_qrvAZOBStLlK7N1jXesuqZboteS7E_Io_ChtpylAhgdzglefyAowZromege2WTBkCdUyTKU4Y/s1600/martineden_01.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgMdPE5OJA1SmQT_mBezbNhp9xns_wXtwH-7wL-WSTShSH0fxAoQwkCLX2xOJ1av5D_j_qrvAZOBStLlK7N1jXesuqZboteS7E_Io_ChtpylAhgdzglefyAowZromege2WTBkCdUyTKU4Y/s1600/martineden_01.jpg" data-original-width="600" data-original-height="400" /></a></div>
Martin Eden, il marinaio che non sa pronunciare il nome di Baudelaire, ma che finirà per tenere lezioni nelle più importanti università incarna il prototipo dell’uomo umile che si eleva dal suo rango con dedizione e resistenza, purconservando un malessere vitale che spesso sfocerà nella delusione e nell' auto-distruzione.
E se anche il film non dovesse convincervi gli occhi di Luca Marinelli valgono da soli il prezzo del biglietto!Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5725395737595594109.post-16410023295991675792019-05-23T22:16:00.000+01:002019-05-23T22:16:06.195+01:00Dolor y Gloria di Pedro Almodovar. 2019<b>“Si scrive per dimenticare il contenuto di ciò che si è scritto”</b>.
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi51j6g7LiGxOqOp_3moluKi7Cl-rjBEv1Al7bj90_5N22iQ_WRE9_JNrE8xE84AuavwpJeC0RhR2ppBqeBP12LXgy2BpAnv4nbJZO2OqFaQQUsYyWKr4Nh59GwS8VmG-cpbl_ZykWDwnM/s1600/duy-anh-nhan-duc-flowers-portraits-8-600x400.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi51j6g7LiGxOqOp_3moluKi7Cl-rjBEv1Al7bj90_5N22iQ_WRE9_JNrE8xE84AuavwpJeC0RhR2ppBqeBP12LXgy2BpAnv4nbJZO2OqFaQQUsYyWKr4Nh59GwS8VmG-cpbl_ZykWDwnM/s640/duy-anh-nhan-duc-flowers-portraits-8-600x400.jpg" width="640" height="427" data-original-width="1600" data-original-height="1067" /></a></div>
Motiva così Almodovar questa pellicola, che è la sublimazione di una crisi personale e creativa, la mancanza di desiderio e spinta vitale, in riferimento a quel vecchio cinema irriverente e libertino che l’autore non realizza più da tempo.
Ma non si dimentica mai come dirigere, si perde solo la voglia, lo stimolo o la forza di farlo. E in questa condizione il protagonista (regista e scrittore) scrive una sceneggiatura per un monologo teatrale (tratto da un fatto della sua vita) e, come spesso accade, la scrittura porta a ricordare e a confrontarsi con il passato.
Antonio Banderas è il suo alter-ego: con i capelli sparati in aria -come li porta Almodovar, che vive come lui, in preda ai dolori e ai colori accesi.
La scoperta dell'omosessualità, l'eroina aspirata e poi ovviamente il sogno umido, quello fatto di umori - le tante scene in acqua- di chi è innamorato del cinema: la coincidenza di vita e arte. Sono i suoi soliti intrecci incredibili, coincidenze pazzesche e implausibili. Quell'eccesso che - nonostante lui ormai "si senta vecchio" o giochi con la paura e la nuova ossessione (che ha preso il posto del sesso) del decadimento fisico, non perde, si fa più elegante, ma permane,
Il resto è nelle mani di Banderas, attore ormai fatto e compiuto, Almodovar lo ha plasmato e questo è di sicuro suo miglior ruolo di sempre, clamoroso.
Quiete e passione sono possibili -non solo nella penna di uno scrittore- e quello che emoziona è proprio che questo film oltre a metterlo in scena, ce lo comunica come speranza.
Vi rimarrà tutto impresso, come quell' acquarello su un pezzo di carta. Che ricongiunge e rinfranca.
Lacrime a mille.
Tu ami il cinema, ma noi amiamo te, Almodovar!Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5725395737595594109.post-59720620157343353902019-05-09T21:15:00.002+01:002019-05-09T21:15:42.839+01:00Stanlio e Ollio, di Jon S. Baird. 2019Questa è la storia di una parabola discendente, incentrata, infatti, sulla fase crepuscolare della carriera del duo comico.
È un giovane bigliettaio inglese a rendere chiare le strade che il film desidera esplorare: quando un’anziana signora gli chiederà “chi interpreta Stanlio e Ollio in questo teatro?”, lui risponderà: “loro interpretano se stessi!”
Tratto dal libro di A.J. Marriot sull’ultima tournée inglese e ambientato quasi interamente nel 1953. Il successo è un ricordo lontano e i due vecchi re della commedia hollywoodiana sono stati soppiantati da altri comici. Accettano di esibirsi in teatri semivuoti e di alloggiare in hotel fatiscenti.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiRXwCV3q6Ua9UHcp-me4jMPDZsBhpJuT0rz9IuhYKy7prXGWW0a3aoqfkf0Pk2m78vahW0C0kHk7xljI7kcvm3wDxLBd5f4JVDomPOB6jj6hzVq8CYAVbuBGB8OiphPz0I97sQrspMHBQ/s1600/stanlio-e-ollio.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiRXwCV3q6Ua9UHcp-me4jMPDZsBhpJuT0rz9IuhYKy7prXGWW0a3aoqfkf0Pk2m78vahW0C0kHk7xljI7kcvm3wDxLBd5f4JVDomPOB6jj6hzVq8CYAVbuBGB8OiphPz0I97sQrspMHBQ/s1600/stanlio-e-ollio.jpg" data-original-width="1200" data-original-height="600" /></a></div>
Di vita vera dei due non c’è moltissimo, tranne la debolezza di Ollio riguardo le donne, il noto fattaccio del tentativo di diventare indipendenti sul quale non erano affatto concordi e che ha accelerato la fine della loro carriera.
Di tanta gente che li ama, ma non capisce o ricorda le loro battute, eppure continua a ridere per quel che fanno.
Di grande impatto le ferite personali del più riflessivo Stanlio, costantemente insoddisfatto, creatore infaticabile, che cattura e paralizza smorfie di tristezza, perfettamente complementari a quelle più rozze del frettoloso e approssimativo Ollio. Eppure mentre ballano e si esibiscono vivono sulla scena come un corpo solo.
Storia di un'amicizia ma anche di una vera storia d'amore con un'acuta disamina del processo creativo e un' ode malinconica a un tipo di cinema che non esisterà più.
Magia. Tanta magia.Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5725395737595594109.post-83716503214646952192019-04-18T20:40:00.001+01:002019-04-18T20:46:48.642+01:00Capharnaüm di Nadine Labaki. 2019Premio speciale della Giuria al 71° Festival di Cannes. Cafarnao. Nella tradizione cristiana Caphernaum è il villaggio della Galilea dove Cristo ha compiuto i suoi miracoli.
Zaim ha 12 anni e di miracoli non sa compierne. Sa solo sopravvvere, fin quando non si ribella ai suoi genitori scappando di casa, dopo che questi hanno costretto la sorella a sposarsi pur essendo ancora una bambina.
Macchina a spalla e finto approccio documentaristico su Beirut, spesso vista dall'alto, dalla ruota di un luna-park.
Il film inizia con il piccolo Zain che denuncia i suoi genitori per "averlo messo al mondo", costringendolo ad un'esistenza di stenti e dolore.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjM3WNVUTv6G3m2KNISkYlo-wfRPZgyUJThcgNMc5yq0F77wcHb6Ay3zLjZhAEu-mTXjhrrCf4bJAJFUCNkJH61AojCqefnWcWemi9H_fRo8xv8eU7GYWyRGbDKHfccosoWv8_0IZm5yPk/s1600/cafarnao.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjM3WNVUTv6G3m2KNISkYlo-wfRPZgyUJThcgNMc5yq0F77wcHb6Ay3zLjZhAEu-mTXjhrrCf4bJAJFUCNkJH61AojCqefnWcWemi9H_fRo8xv8eU7GYWyRGbDKHfccosoWv8_0IZm5yPk/s640/cafarnao.jpg" width="640" height="412" data-original-width="1200" data-original-height="772" /></a></div>
Zain sa tutto della vita, anche che quel sangue che ha perso per la prima volta la sorella significa l'inizio della fine, significa che da da quel momento in poi lei può finire in sposa secondo le inumane leggi del suo Paese, che rendono possibile sposare una bimba di 11 anni.
In una scena terribile e bellissima -la migliore di una lunga serie- proverà in tutti i modi a farla andare via per salvarla a quel destino. Lotta come un leone insieme a lei, lei che grida "non farmi andare!" La sua storia incontra quella di Rahil, una ragazza etiope che lavora in un ristorante e nasconde il suo bambino piccolissimo per non essere espulsa. Quando verrà messa in carcere, sarà Zain a prendersi cura del suo piccolo Yonas,in una casa di lamiera, mangiando del ghiaccio e zucchero, l'unico cibo ormai rimasto.
I detrattori non hanno risparmiato la regista dalle critiche- che nel film si ritaglia il ruolo dell'avvocatessa che assiste il protagonista- accusandola di avere spettacolarizzato la miseria delle famiglie spesso provenienti dalla vicina Siria, ma il coinvolgimento emotivo non è forse necessario perchè il messaggio di denuncia venga recepito? L'impegno della regista è più etico che emotivo.
Zain (Zain al-Rafeea) è davvero un profugo siriano che all’età di 12 anni si è rifugiato in Libano, a Beirut. E appena l’anno scorso è riuscito a trasferirsi stabilmente con la sua famiglia in Norvegia, dove ora gode del diritto d’asilo e frequenta la prima scuola della sua vita.
Nella chiosa Zain, finalmente, sorriderà. Per la foto della carta d'identità, della libertà, del sentirsi finalmente "esistente", del sentirsi finalmente vivo.
Una vera bomba emotiva.Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5725395737595594109.post-36597780370531729392019-03-26T21:14:00.000+00:002019-03-26T21:14:50.331+00:00Momenti di trascurabile felicità di Daniele Luccetti 2019.Non basta Pif - che non è un attore e si vede lontano un miglio- a renedere Momenti di Trascurabile Felicità (dal romanzo di Francesco Piccolo) un buon prodotto, nè le sue domande non-sense: perché lo strumento frangi vetro da utilizzare in caso di emergenza sul tram è custodito dentro una membrana di vetro? come possiamo essere certi che la luce del frigorifero si spenga quando chiudiamo il frigo? Perché il primo taxi disponibile non è mai il primo della coda, ma quasi sempre l'ultimo?
Questo panegirico che non fa ridere, dopo dieci minuti stanca.
E anche le sue idiosincrasie, non supportate da un impianto visivo all'altezza o almeno coerente. Insomma, sono tutte frasi che sentiamo dire al protagonista, ma che non ci convincono, non risuonano nella nostra testa e che speriamo si concludano presto.
Poi lo scontro - unica scena degna di nota- davvero impressionante per il realismo sconcertante, seguita da una visione dal basso di un abisso, o di una estranea dimensione, rivolta verso l'alto, una scena alla Nolan, molto forte e straniante, per nulla scontata in un contesto sin troppo tipico da commedia italiana leggera e malinconica.
Paolo, il protagonista, è piuttosto narcisista e spesso incurante degli effetti delle proprie azioni, il quale si rende conto solo di fronte all'ineluttabile (la manovra azzardata all'incrocio) di cosa vuol dire eseguire una manovra sbagliata.
L'unica parte onesta, sincera è il resoconto della storia d'amore dei protagonisti, normale, fatta di tradimenti, ripensamenti, scelte sbagliate, concreta. L'apologia del padre e marito assente che si pente non funziona, o almeno oscura il resto, non ci si rivede, non ci si commuove. Non c'è proiezione. Troppa insistita tenerezza, ruffianeria nel rendere un ritratto assolutorio del peggior uomo medio. E nient'altro.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhw80ETw909052KgJ4I16I1RMP8Rsl5YPSXoSu_56Z1NcMTQyNUQTMmGWIi4aF5h3LiXss6WI2gSLw0YR1fnF1PeVPvkmOq4GCEMH84iXNSm_b5oDzGoyV_-R3ixayleHRqLcbmPJM3YmU/s1600/1552498633_momentiditrascurabilefelicita_1551452866.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhw80ETw909052KgJ4I16I1RMP8Rsl5YPSXoSu_56Z1NcMTQyNUQTMmGWIi4aF5h3LiXss6WI2gSLw0YR1fnF1PeVPvkmOq4GCEMH84iXNSm_b5oDzGoyV_-R3ixayleHRqLcbmPJM3YmU/s640/1552498633_momentiditrascurabilefelicita_1551452866.jpg" width="640" height="427" data-original-width="1500" data-original-height="1000" /></a></div>
Bocciato completamente il finale, banale, scontato.Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5725395737595594109.post-14152293277340408952019-02-21T21:29:00.001+00:002019-02-21T21:29:58.512+00:00La paranza dei bambini di Claudio Giovannesi. 2019Orso d'argento per la miglior sceneggiatura al Festival di Berlino.
Rione Sanità a Napoli, una gang di quindicenni vuole entrare nei locali esclusivi, comprare vestiti firmati e motorini nuovi, ma soprattutto liberare i propri cari e se stessi dai capi camorra che controllano i diversi quartieri. Solo a quindici anni si può avere l’illusione di portare giustizia nel quartiere inseguondo il bene attraverso il male. E mentre corrono in scooter alla conquista del potere si innamorano, vivono amicizie fraterne, sgranocchiano crostatine, giocano alla playstation.
Non si parla di politica, ma di sopravvivenza quotidiana,di adolescenti senza futuro, costretti a sopportare la vista di genitori che pagano il pizzo per una protezione costruita ad arte da una malavita che ti avvolge come un rampicante invasivo e soffocante.
Regista e sceneggiatori vogliono raccontare di come la camorra sia tornata a chiedere il pizzo ovunque, denunciare l'utilizzo spropositato di cocaina con le scuole pressoché inesistenti.
La dimensione in cui si gioca il fim non è uno spazio temporale, geografico, fisico, è una condizione.Napoli, da particolare, si fa generale: diventa una regola, un modo di vivere universale a determinate condizioni, un’equazione mortale.
Il finale chiude improvvisamente una storia che ancora non è finita, perchè la vicenda di Nicola (protagonsta capo del clan di ragazzini) non conosce vie d’uscita.
Non vedo nè pessimismo, nè retorica in Saviano. Mai. Vedo piuttosto l'abilità di chi sa cogliere e raccontare lo smarrimentodi chi vive tra una società in continuo mutamento e in quartier difficili in cui il sistema mafioso è impossibile da arginare. Con un'educazione criminale, ma anche profondamente sentimentale. Urgenza di denuncia, passione nel raccontare. Roberto Saviano è un grande giornalista. Nei suoi libri il suo talento nella scrittura da reportage si vede tutto. Che vi piaccia o meno come individuo, siete dei folli se non riconoscete il suo valore professionale.
A differenza dei protagonisti di Gomorra questi ragazzini non sono nati in famiglie camorriste. Saviano denuncia un vuoto di cultura.
Qualcuno può forse dargli torto?<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgdKrpLGwKgCpCYyMms_DABXo3002jpl6xqYE8KczU4wndXRKLcVwmb-Yfm4VQh6yCnsi-spVSWjrtUERWu1ck92p3w6BnONOWr1uwb8z8VJiwfY4o0oHsOJaR2ykwHaokaSjkprP1ox0U/s1600/la-paranza-dei-bambini-v1-579755.jpg" imageanchor="1" ><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgdKrpLGwKgCpCYyMms_DABXo3002jpl6xqYE8KczU4wndXRKLcVwmb-Yfm4VQh6yCnsi-spVSWjrtUERWu1ck92p3w6BnONOWr1uwb8z8VJiwfY4o0oHsOJaR2ykwHaokaSjkprP1ox0U/s640/la-paranza-dei-bambini-v1-579755.jpg" width="640" height="360" data-original-width="1600" data-original-height="900" /></a>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5725395737595594109.post-69346336883236211022019-02-14T21:02:00.001+00:002019-02-14T21:02:12.236+00:00Green Book, di Peter Farrelly. 2019<b>"Tu eri l’unico a poter scegliere se stare fuori o dentro”</b>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEikiQQPs076_9CljZXeJyF6dSkDWAS15fgzEh5Ejd09r_oNOIWfc07EFfnt7HacJ9ytrGyOUFoVOE-xvwkSvrMsriyKvNggCVuF-RzDVmYn2nBoO7gdwPfADpBlr_DUCkxIpLGmd8siSqw/s1600/REV-GreenBook-1A.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEikiQQPs076_9CljZXeJyF6dSkDWAS15fgzEh5Ejd09r_oNOIWfc07EFfnt7HacJ9ytrGyOUFoVOE-xvwkSvrMsriyKvNggCVuF-RzDVmYn2nBoO7gdwPfADpBlr_DUCkxIpLGmd8siSqw/s640/REV-GreenBook-1A.jpg" width="640" height="360" data-original-width="700" data-original-height="394" /></a></div>
Probabilmente non vincerà gli Oscar giusti, forse non esistono le categorie adatte, perchè il grande merito di Green Book è di saper creare un’alchimia rara e di farla vivere attraverso i due protagonisti, i due outsider, i due pesci fuori d’acqua, quelle persone di cui il giorno di San Valentino senti la mancanza.
Le persone giuste, quelle speciali. Quelle che non ti mollano, che non ti tradiscono, che ci sono sempre per te. Don Shirley è un uomo di grande cultura e riservatezza, quasi (e forse senza quasi) snob; Tony è il tipico macho di strada, estroverso, chiassoso, duro, di pancia che a volte vorresti strozzare. Ma anche abbracciare.
Il Negro Motorist Green Book è una sorta di guida turistica pubblicata annualmente dal 1936 al 1966, che elencava le strutture che ammettevano e servivano clienti di colore. "African-American friendly”, in modo tale da proteggere il più possibile coloro che decidevano di mettersi sulla strada in posti estremamente razzisti.
In questo viaggio non c’è bisogno di scavare per ottenere una morale; è sempre presente, nelle battute, in quelle amare, in quelle apparentemente leggere, intrinseca nella sceneggiatura e nelle interpretazioni dei personaggi.
Si trova nel razzista Sud del Paese, in un road movie consapevole di territori non facili per un uomo con la pelle scura.
Lontano dal voler a tutti i costi catalogarsi come film d'autore, ma di leggera ed elegante (e quindi pungente il doppio) denuncia sociale.
C'è tutto. Mahershala_Ali bellissimo e portentoso, un automobile, un pianoforte e la musica.
Irresistibile.
Questo film fa stare bene. Consigliato sotto ogni punto di vista.Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5725395737595594109.post-70701206889094554192019-02-11T19:27:00.001+00:002019-02-11T19:27:14.570+00:00Il colore nascosto delle cose di Silvio Soldini.2017Se sei indeciso e non sai che direzione prendere i film di Silvio Soldini ti faranno sentire meno solo.
Anime divise in due in cerca di una guida: uno è il prubblicitario Teo, con tablet e cellulare perennemente in funzione, l'altra è Emma, un’osteopata che ha perso la vista a diciassette anni.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiX6r76dezHA7jxySsGhuie55cxIvPavbLwZoBBxGErEeVKyeW66Ao-HbBj6pKAx338W_qilPDS95LQ2SU0lDMUju3uZHcaPjSZ8mY8bB0iW5i_z3z-FYlA7F2Yj-hnmpCsP6gBY_ebIM4/s1600/59a3cbc8b1b2a.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiX6r76dezHA7jxySsGhuie55cxIvPavbLwZoBBxGErEeVKyeW66Ao-HbBj6pKAx338W_qilPDS95LQ2SU0lDMUju3uZHcaPjSZ8mY8bB0iW5i_z3z-FYlA7F2Yj-hnmpCsP6gBY_ebIM4/s1600/59a3cbc8b1b2a.jpg" data-original-width="1200" data-original-height="800" /></a></div>
Bastone bianco in mano e la scelta stilistica di non mettere mai perfettamente a fuoco le immagini.
Piccole cose che avvengono in spazi metropolitani e dialogano coi personaggi alla ricerca di un’armonia impossibile.
La narrazione è intrigante, ma abbastanza scontata. Da vedere solo in giorni in cui si è a letto con l'influenza e ci si annoia.
Bellissima la schiena della Golino.Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5725395737595594109.post-29861574305090554182019-02-03T20:35:00.001+00:002019-02-03T20:35:28.360+00:00The lobster di Yorgos Lanthimos. 2015Non un è mondo fantastico, piuttosto un universo kafkiano, dove non è la realtà ad essere assurda, ma è l’assurdo che diviene reale. Nella società di The lobster la solitudine non è ammessa, per una strana legge, infatti, chi è single viene arrestato: le persone che non amano vengono condotte in un albergo, dove hanno qualche settimana per poter trovare l'anima gemella e tornare nel mondo, se questo non avviene verranno trasformati in un animale a loro scelta.
Colin Farrel sceglie l'aragosta (the lobster) perchè è fertile e sopravvive al secolo di vita."Bene - gli viene risposto - di norma tutti pensano ai cani, ed è per questo che ce ne sono così tanti. Pochi pensano agli animali esotici, ed è per questo che rischiano l'estinzione".<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhcAUlyx-ws-5iB-8qdbRGN-26iw5ziApcrAzRtCx6JyOxitlvv0aGHlr7xhSyFTpMEE0I_tOy2U-n7s7wQJ5mGn1Ow9U8NYq4zJiHrJYSjuHPgwXK66FT-LCeVDWGYYp5K9_3EcwTgv9I/s1600/medicina-online-dott-emilio-alessio-loiacono-medico-chirurgo-roma-the-lobster-2015-trama-spiegazione-riabilitazione-nutrizionista-medicina-estetica-cavitazione-radiofrequenza-ecografia-p.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhcAUlyx-ws-5iB-8qdbRGN-26iw5ziApcrAzRtCx6JyOxitlvv0aGHlr7xhSyFTpMEE0I_tOy2U-n7s7wQJ5mGn1Ow9U8NYq4zJiHrJYSjuHPgwXK66FT-LCeVDWGYYp5K9_3EcwTgv9I/s1600/medicina-online-dott-emilio-alessio-loiacono-medico-chirurgo-roma-the-lobster-2015-trama-spiegazione-riabilitazione-nutrizionista-medicina-estetica-cavitazione-radiofrequenza-ecografia-p.jpg" data-original-width="640" data-original-height="412" /></a></div>
Una voce over racconta il banale, ciò che già va in scena e non ha bisogno di essere riproposto, ma copre l'essenziale, anticipa gli eventi, li segue, vi si sovrappone.
Non vi sono ammesse vie di mezzo: sei eterosessuale o omosessuale, solo o in coppia, perchè - sembra suggerire il regista- in una società commerciale e normativa come la nostra definire bene le categorie è assolutamente necessario, schedare gli altri, renderli prodotti. Non esiste il vero amore, non esiste il vero affetto, i sentimenti sono ricondotti all’avere cose in comune ed esserne razionalmente consapevoli. Tutti i personaggi di Lanthimos sono noncuranti, privi di personalità e slanci di vita, espropriati del più minimo barlume di intelligenza, semplici automi, individualisti, completamente anaffettivi: c’è chi prova a sedurre puntando esclusivamente sull’abilità sessuale, chi rinuncia ad accoppiarsi perché non ha mai trovato un compagno con i capelli belli come i suoi, c’è chi simula lo stesso disturbo fisico per fare colpo sulla futura partner.
David allora fugge e si rifugia fra i “solitari”, ribelli al sistema che rifiutano l’accoppiamento, si impongono anzi di non avere legami. Vivono nel bosco circostante l’albergo come guerriglieri. Ma se diverso è il credo, altrettanto rigide e castranti sono le regole. E il protagonista sceglie, contro ogni regola, in cambio di un prezzo altissimo, l’amore, unico mezzo per giungere alla libertà.
La conclusione - in pieno stile Lanthimos- sarà nichilista: scegliere il cuore, anteporlo alla ragione, porterà inevitabilmente ad un mondo senza luce.Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5725395737595594109.post-14680568354826709782019-01-31T20:58:00.001+00:002019-01-31T20:58:36.098+00:00La favorita di Yorgos Lanthimos. 2018Il narcisisimo acceso è spesso il grosso limite di Lanthimos. In The favourite i grandangoli e i ralenti rimangono, ma finalmente i protagonisti sono davvero padroni di ciò che va in scena, aiutati da una sceneggiatura perfetta.
Potere e sesso senza uomini a corte. Apoteosi per tutte le femministe, ho fatto un applauso quando la regina Anna, con il suo corpo mastodontico, tormentato dalla gotta, minato da ben diciassette gravidanze fallite (tante quanti sono i coniglietti che vivono con lei),esclama alla sua favorita: “Scopami!”
Non sappiamo con esattezza l’entità del rapporto che univa Anna e Lady Sarah, ma conosciamo la sua inclinazione alla devozione femminile e la sua profonda solitudine (magistralmente sottolineata da Lanthimos grazie all’uso del grandangolo)
Fin quando non arriva Abigail, un triangolo reale, che non è dato sapere quanto sia stato sessuale e quanto semplicemente amichevole.
Per il resto, si sa, quando si ha a che fare con Lanthimos si deve mettere in conto sempre una buona dose di eccentricità e provocazioni.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhyBs15C8UjYt9knw_OVeeCLZZA1YwEQF5oYKdu-pL9qry4JVxm_RdaXmIQm5Yz-WsLf3aORGWQwA29_HjICV8kc0pVrZCUMdMqJV831URUrZmZHLk3a46GSostrcW2kjDy8u1kno9EpJ8/s1600/31178873488_3884e19ac4_o.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhyBs15C8UjYt9knw_OVeeCLZZA1YwEQF5oYKdu-pL9qry4JVxm_RdaXmIQm5Yz-WsLf3aORGWQwA29_HjICV8kc0pVrZCUMdMqJV831URUrZmZHLk3a46GSostrcW2kjDy8u1kno9EpJ8/s400/31178873488_3884e19ac4_o.jpg" width="400" height="255" data-original-width="1600" data-original-height="1020" /></a></div>
Non è del tutto chiaro chi sia La favorita. Tanto che nella lotta tra Tories e Whigs per conquistare il potere, ci sarà anche quella tra Sarah e Abigaill per diventare la “favorita” della regina. Tutti però perderanno.
E alla fine, su tutto, rimane il volto della regina Anna mentre viene masturbata da una “favorita” -vera e propria ossessione del regista greco, quella della sollecitazione manuale degli organi sessuali- che prima dei titoli di coda, si dissolve nell’immagine dei diciassette conigli. Emblema della lotta al potere (femminile) che va in scena: venerati ma prigionieri di chi sempre può schiacciarli. In ogni istante, (come ricorda Elton John nei titoli di coda. Fly away, skyline pigeon fly)
La signora accanto a me, infatti, ha commentato: " e questo finale? che che cosa significa?"
Significa che la regina capisce che la sua "favorita" è solo una cortigiana da cui ricavare piacere sessuale. La regina si accorge che Abigail schiaccia un coniglio sotto il tacco, che urla e urina sul pavimento, comprende che la sua “amica” sia solo un mostro. La chiama per massaggiarle le gambe - come al solito- ma quello che è sempre stato un atto sensuale e spesso erotico diventa solo un gioco di potere - tirandole i capelli, gesto che umilia e sottolinea la sottomissione completa.
E la dinastia Stuart finisce così. E anche il film. Nei secondi successivi ai titoli di coda vi sentirete un po'confusi e depressi. Tutto normale. Effetto Lanthimos.Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5725395737595594109.post-17548260577443437272019-01-24T20:48:00.001+00:002019-01-24T20:48:28.505+00:00Youtopia di Berardo Carboni. 2018Opera di estrema attualità, soprattutto per i millenials, la generazione connessa per eccellenza.
Youtopia è la storia di una ragazza che si spoglia online per racimolare i soldi. L’unico modo per evadere dalla sua cruda realtà è rappresentato sempre dal web, un videogioco, dal nome “Landing”, dove, Matilda si trasforma in un avatar, libera mondi dai mostri insieme al compagno Hiro; qui riesce a vivere emozioni vere, reali nonostante sia solo un’“utopia”.
Deciderà di mettere all’asta la sua verginità per non dover vendere invece la casa. Un farmacista ricco ed eccitato, in cerca di sesso a pagamento, accetterà di pagare. Botanico mancato, è ossessionato dalla bellezza e dalla gioventù, a caccia di primavere proibite.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjPKhtSZ4g5TBOfCeId0GbHrXAWWWE4U9c4GtoDyEL-su7UrQbG7YlaIos0i-bH0P6kFInpnHk9xYDFSeLCaBuOxJLq13Lt4cQbq9_4RZeQXDJDwsAmcYCCGpq8CyRL83_6eF6JnyuF2jw/s1600/De-Angeli-2-300x201.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjPKhtSZ4g5TBOfCeId0GbHrXAWWWE4U9c4GtoDyEL-su7UrQbG7YlaIos0i-bH0P6kFInpnHk9xYDFSeLCaBuOxJLq13Lt4cQbq9_4RZeQXDJDwsAmcYCCGpq8CyRL83_6eF6JnyuF2jw/s1600/De-Angeli-2-300x201.jpg" data-original-width="1120" data-original-height="360" /></a></div>
La legge del mercato farà il resto: domanda e offerta si incontreranno.
Tutti i personaggi vivono una sorta di straniamento e un allontanamento dalla percezione della realtà: per Matilde è risultato del digitale, la nonna è vittima di un delirio senile,l’acquirente caduto in una dipendenza da desiderio insoddisfatto tipicamente alto borghese.
Perchè abbiamo tutti una doppia vita. Per scelta, per disperazione, o anche solo per sopravvivere alla prima.
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5725395737595594109.post-25455683333772361222019-01-22T22:38:00.001+00:002019-01-22T22:38:50.260+00:00Moonlight di Barry Jenkins. 2017Moonlight ha vinto tre Oscar, tra cui il premio come miglior film, era necessario recuperarlo.
Ambiemtato in uno dei luoghi di subalternità più eclatanti degli Stati Uniti contemporanei: i ghetti urbani abitati da afro-americani e ispanici, pieni di case popolari, con un fiorente mercato di droga e armi.
Il quartiere di Liberty City a Miami in particolare (dove è nato e cresciuto il regista)
La trama è divisa in tre atti, ognuno dei quali corrispondenti a una diversa fase della vita del protagonista: infanzia, adolescenza ed età adulta. La locandina originale di Moonlight, infatti, è dominata da una faccia tripartita: una per ogni attore che interpreta le diverse fasi della vita del protagonista.
Da ragazzino lo chiamano Little, Chiron, “Black”, la preside lo chiama “boy” (“I ain't boy” le risponde lui) si trova a combattere con una madre tossicodipendente, compagni di scuola bulli che lo picchiano perchè è diverso, perchè non è conforme alla società.
Barry Jenkins è tra i registi su cui contare.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEio646uO1aWofP7BE59ZdTzsyJpzTKJu_OCEPUjQGwi0XwKtxHmW22ClbadpuP4_8bqrOw72LXQn3ZMTdzelEohxJgbZRx3SzCJ6piLmpElhWlbsDFzBGC4P2jGm9sYCse8f2OB7IsGJaI/s1600/Moonlight_-300x225.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEio646uO1aWofP7BE59ZdTzsyJpzTKJu_OCEPUjQGwi0XwKtxHmW22ClbadpuP4_8bqrOw72LXQn3ZMTdzelEohxJgbZRx3SzCJ6piLmpElhWlbsDFzBGC4P2jGm9sYCse8f2OB7IsGJaI/s640/Moonlight_-300x225.jpg" width="640" height="480" data-original-width="300" data-original-height="225" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhCsIlqEOhVWIOw_4howJbToiaTSQtuOXsPkmYfJRmA0CieVdmPcsihv-rcA7c520UIv4xqzAZZX9Gm4Q-ILbK0w-8sra9AMv87IcinGYk9D3_vUxoIf8fDA09-YzIVgbFrsrSw8fvnqLQ/s1600/o-moonlight-barry-jenkins-facebook.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhCsIlqEOhVWIOw_4howJbToiaTSQtuOXsPkmYfJRmA0CieVdmPcsihv-rcA7c520UIv4xqzAZZX9Gm4Q-ILbK0w-8sra9AMv87IcinGYk9D3_vUxoIf8fDA09-YzIVgbFrsrSw8fvnqLQ/s640/o-moonlight-barry-jenkins-facebook.jpg" width="640" height="320" data-original-width="600" data-original-height="300" /></a></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5725395737595594109.post-84633847617530452492019-01-20T21:51:00.000+00:002019-01-20T21:54:05.047+00:00Mother! di Darren Aronofsky. 2017Non guardate mai Madre! per nessun motivo.
-In fondo è un thriller di un regista autoriale, c’è la famosissima attrice Jennifer Lawrence e l’affascinante Javier Bardem, sarà alla Hitchcock/Polanski maniera- ti ripeti, incredulo, sperando le cose acquistino senso.
Invece, più ci si addentra nel film più si è spiazzati.
Poeta/scrittore acclamato dalle masse Lui, giovane musa indulgente Lei.
Lei, paziente, lo ama alla follia. Lui è preso da se stesso e dalla sua fama, vive per essere idolatrato.
Sarà la metafora della frustrazione di una donna costretta a convivere con un artista famoso, una cui parte della vita sarà sempre condivisa con i suoi tormenti di ispirazione e soprattutto i suoi fans? Spiegazione scontata e banale.
Forse è la storia di Dio in chiave contemporanea: il sacrifico della Madre! del titolo è quello di Maria, il sacrificio del figlio quello di Cristo? (più plausibile)
La casa in cui vivono i due protagonisti poi, letteralmente prende vita, respira (e sanguina da vagine apertesi nel parquet!)
Poi ad un certo punto le cose sembrano andare anche dal verso giusto: Bardem ha scritto una nuova opera, Lawrence aspetta un agognato erede e proprio allora, invece, la Casa viene invasa dai barbari.
Finale splatter.
Irritante, un incubo!
Gli occhi increduli di Jennifer Lawrence dicono tutto.
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiy_xhnWjuqH1K8vOcNxaq4lDxx_zZpFT6wV9DzEEdt-ytxKQnSlHY3KsiK-AcB9f87m0vKNjO8-XxrcKwT7CiQwAXRc4C7FU-OsuRi40bThkGhAR3VDwsb2zVzsqCEonzPX4bPspxvyFc/s1600/madre-trailer-1024x512.png" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiy_xhnWjuqH1K8vOcNxaq4lDxx_zZpFT6wV9DzEEdt-ytxKQnSlHY3KsiK-AcB9f87m0vKNjO8-XxrcKwT7CiQwAXRc4C7FU-OsuRi40bThkGhAR3VDwsb2zVzsqCEonzPX4bPspxvyFc/s640/madre-trailer-1024x512.png" width="640" height="320" data-original-width="1024" data-original-height="512" /></a></div>Unknownnoreply@blogger.com0