mercoledì 24 maggio 2017

Every Thing Will Be Fine di Wim Wenders. 2015

Una strada di campagna, in una sera d'inverno. Poca visibilità e molta neve, un bianco prepotente che annulla qualsiasi tipo di prospettiva. Un uomo stanco ed un motore che si avvia, la sicurezza di una strada vuota interrotta da un tonfo e poi quel secondo in cui la vita cambia per sempre ed il viaggio ha inizio Il protagonista è uno giovane scrittore in stasi d'ispirazione e in crisi sentimentale con la compagna, guida sotto la neve, non vede due adolescenti e li investe. Tomas tenterà il suicidio, ma più tardi, metabolizzerà il dolore in ispirazione letteraria, diventando uno scrittore di successo. Charlotte Gainsbourg è magnifica. Wenders spesso non ci piace, lavora per sottrazione. Si astiene dagli effetti di stupore: li relega alle prime sequenze - quelle con il pulviscolo e i fiocchi di neve. Tutta la narrazione si svolge attraverso un ricorso continuo alle ellissi, che accompagna la dilatazione dei tempi, i silenzi, l’attitudine contemplativa più che narrativa, la dimensione intimista e l’atmosfera sospesa. Centrale il rapporto sofferto con la paternità mancata, che si insinua nel senso di inadeguatezza di un maschio adulto nel mezzo della vita.
Sento sempre una forte empatia con il suo cinema. Anche questa volta è così

domenica 21 maggio 2017

Sils Maria di Olivier Assayas. 2014

«Per dieci anni sei venuto quassù alla mia caverna: saresti saturo della tua luce e di questo cammino senza di me, della mia aquila e del mio serpente. Noi però ti abbiamo atteso ogni mattino». Friedrich Nietzsche in Cosi parlò Zarathustra (1883).
Film elegante ma privo di grandi intuizioni, sostenuto soprattutto dall’ottima prova di una Juliette Binoche magnetica, come le suggestive vallate alpine della Svizzera tedesca in cui è ambientato. Questo lungometraggio è quasi interamente caratterizzato dall'annullamento del ritmo e dai dialoghi statici delle due protagoniste, Maria appunto, e Valentine, la sua giovane assistente che ha il volto e le fattezze di Kristen Stewart Brasil. Mediante un fin troppo spudorato gioco di specchi, attraverso cui il rapporto dialettico fra le due donne rivela un alto rischio di sovrapposizione sulla storia di finzione che la pièce teatrale in oggetto racconta. Da una parte il bilancio di "metà vita" affrontato da Maria e dall'altro una più leggera "meditazione" sull'essenza stessa dell'universo artistico, si tratti di teatro o di cinema. Questa confusione tra arte e vita si percepisce maggiormente nelle scene in cui le due donne provano l’opera teatrale Moloya Snake del drammaturgo Wilhelm Melchior.La disistima porta un atteggiamento ambivalente: da una parte la necessità di essere ancora adulata e considerata soggetto speciale, dall’altra la certezza che il tempo trascorso ha cambiato osservato e osservatore, oltre che lo sfondo e i rumori fuori scena. Questa non accettazione di sé è alla base della deriva esistenziale di Maria che, tutta concentrata sulla propria affermazione professionale, non si accorge dell’importanza del sentimento nascente per l’assistente Valentina, frustrata e castrata dall’indole tirannica di una diva che porta sempre una maschera come protezione.Vent’anni prima, la giovane Maria era stata la spregiudicata e bramosa Sigrid. Vent’anni dopo, Maria vorrebbe restare Sigrid, ma può essere soltanto Helena, la sua nemesi o la sua parte complementare. Il ruolo della carnefice spetta invece a Jo-Ann Ellis (Chloë Grace Moretz), starlette di Hollywood. In una sequenza soltanto Maria accenna una (patetica) ribellione. Nel prefinale di Sils Maria, Maria e Jo-Ann stanno provando una scena chiave dell’opera teatrale. È il momento in cui Helena viene umiliata da Sigrid, in cui viene sancito il dominio della mefistofelica ragazza. Lo spettatore non vede le prove della scena, che vengono lasciate intelligentemente fuori campo da Assayas, ma la discussione che segue tra Maria e Jo-Ann: “Hai presente quella scena all’inizio del terzo atto dove mi dici di volertene andare e io mi metto in ginocchio e ti supplico di rimanere? Te ne vai via senza nemmeno guardarmi, come se nemmeno esistessi. Non potresti fermarti un secondo di più?” È in questo momento che «tutto il gioco di rimandi collassa». Maria chiede «un secondo di più, o un semplice sguardo. Che non renderà lo scorrere del tempo e dell’invecchiamento meno crudele o inesorabile, ma che quanto meno lo marcherà simbolicamente.»

venerdì 19 maggio 2017

Holy Motors di Leos Carax. 2013

JP Sartre: Qual è lo scopo di questa vostra rivoluzione? E Guevara: Ampliare il campo del possibile
Oscar è un "personaggio" cinematografico che deve rispettare un dato programma, ovvero interpretare diverse identità, tante quante gli appuntamenti del giorno, che trova scritti su una cartellina all'interno della sua limousine, una vettura dotata anche di un "camerino" per truccarsi... Stralunato, surreale e con scenette al limite dell'idiozia. "Patinato" ma ipnotico, elegante ma mai snob, il film trova uno dei suoi punti più alti a livello tecnico nell'episodio della motion capture, con un Lavant (da premio) che si mette a far finta di combattere e a saltare al rallenti, prima di inscenare una scena di sesso con una ragazza. Sullo schermo si "trasformano" in due draghi in CGI che fanno l'amore! Il mostro di Merde rapisce Eva Mendes (!) che sta facendo un servizio fotografico travestita in modo simile ad una dea guerriera. La porta in una caverna, le strappa i vestiti e ci crea un burka (!!), poi si spoglia tutto nudo con il pene in erezione (!!!), si accende una sigaretta e le mangia i capelli (!!!!). Merde è il personaggio più affascinante: è la grande regressione post 11 Settembre (dei terroristi che credono a delle storie di vergini in Paradiso, di governanti che esultano per poter finalmente approfittare dei loro pieni poteri, come dei bambini onnipotenti. E dei popoli raggelati, come degli orfani soli al buio). Il Signor Merda é la paura, la fobia. Ma anche l’infanzia. Il Signor Merda é il colmo dello straniero: l’immigrato razzista. Il ritmo è lento, sonnambolico.

mercoledì 17 maggio 2017

Lucia y el Sexo di Julio Medem. 2001

Rappresentazione chiara e intrigante dei culti della fertlità mediterranei, soprattutto di quelli legati alla diade Demetra-Persefone. Lorenzo - lo scrittore protagonista- è il cielo (la luce solare) che feconda la terra (Helena-Demetra), in seguito Demetra, per rigenerarsi, deve perdere la propria figlia (Luna, chiara la simbologia in tal senso sia del nome che delle immagini che accompagnano il concepimento e l'apparire della bambina). Lucia è un'immagine di Persefone, tanto che il suo candore iniziale si tramuta in forza distruttrice, nel momento dell'abbandono di Lorenzo (che rischia la morte). L'insisitenza inoltre sul sottosuolo "vacìo" (vuoto) dell'isola di Formentera non allude ad altro che all'Ade in cui Helena è andata a cercare la propria figlia rapita dalla morte: essa ritorna, ma sotto le sembianze di Lucia (di fatto Elena si affeziona da subito a Lucia fino a dirle "Eres la creatura màs buena de este mundo") pur sapendo che la riperderà, al ritorno di Lorenzo (il quale rappresenta l'intera triade 'anziana' dell'Olimpo greco (Ade, in quest'ultimo frangente, ma anche Zeus e Poseidon, nel fecondare Helena).Nel finale Lorenzo riabbraccia Lucia (come Ade riabbraccia Kore prima dell'inverno) ed Helena si volge verso l'immagine della figlia Lucia-Luna nuovamente perduta (come Demetra si lancia alla cieca ricerca della Proserpina rapita)
La trama si divide tra Madrid e Formentera, isola in ogni senso, monade da riempire con personaggi e storie, tutte ossessive e incentrate sul sesso... e sulla nascita e morte di una bambina, concepita da due estranei che si fanno una splendida scopata sottomarina, entrambe legate allo scrittore: Lorenzo, che con un altro atto di sesso procura la morte della seienne a cui aveva dato la vita, scopando con Elena, riconvertita nel racconto nella gestore della pensione teatro di una delle ricomposizioni possibili Il sesso è ciò che rende il film memorabile. Il film sarebbe stato godibile comunque, ma una storia d'amore non è tale se non vi sono due che trombano come conigli. Coinvolgente e rilassante

lunedì 15 maggio 2017

The Light Between Oceans di Derek Cianfrance. 2017

"Lei è nostra, non facciamo niente di sbagliato"
Già coppia nella vita reale, Michael Fassbender e Alicia Vikander si innamorano di nuovo nel terzo lungometraggio del regista/sceneggiatore Derek Cianfrance. L’isola di Janus, dove il guardiano del faro Tom (Michael Fassbender) prova a costruirsi una vita decente dopo aver servito il suo paese nella prima guerra mondiale, fa parte di una civilizzatissima comunità di cui il faro è una specie di fiore all’occhiello, una luce che guida l’umanità fuori dalle tenebre. Tom sposa Isabel (Alicia Vikander) e se la porta a Janus dove vivono una specie di idillio, finché la povera Isabel perde non uno, ma due figli in gravidanza. Un giorno trovano una barca, portata dalle onde. Dentro c’è un uomo (morto) e una neonata avvolta in un maglione.Può fare tanto il desiderio di un figlio? L’amore di un marito per la moglie arriva a rompere il senso di dovere di un uomo onesto?La coscienza è meno facile da convincere della gente. La bambina crescerà come loro figlia. Decidono di chiamarla Lucy, in onore della loro vita al faro. L’amore che provano per quella bambina non ha niente di diverso da quello che potrebbero provare per un figlio naturale, con una sola differenza: sono tormentati dal pensiero che possa esistere una mamma che piange credendola morta in mare, o almeno ne è tormentato Tom.Lui che si sente in colpa di essere tornato integro dalla guerra, di non aver potuto salvare tutti i suoi uomini rivive la possibilità di salvare qualcuno ogni volta che accende il faro. Chi non lo vorrebbe un figlio da Fassbender?! Ho guardato il film solo per lui.

mercoledì 10 maggio 2017

Il caso Kerenes di Calin P. Netzer. 2013

Bucarest. E Cornelia, donna facoltosa dall'aria signorile, discute con trasporto circa il tradimento del proprio uomo. Trattasi sì di un tradimento, solo che l'uomo in questione altri non è che suo figlio: distante, pressoché assente, Cornelia non riesce a trattenere lo sgomento e lo sconforto per un figlio che non fa altro che punirla costantemente a suon di male parole e maledizioni.
Romania altolocata, quella che conta. Sulle note di Nino D'Angelo e Gianna Nannini, si consuma quel rito di facciata che è la festa di compleanno di Cornelia, alla quale, come in quei non più recenti romanzi che descrivono situazioni analoghe, gli intervenuti si danno più per convenzione che altro; per la festeggiata altro non è che un dovere verso i «parigrado», ai quali si debbono costanti ed ineludibili conferme. Ovviamente il centro emotivo del film è il rapporto tra una madre possessiva e manipolatrice, ossessionata dal prestare attenzioni al figlio, e un ragazzo ormai uomo che si sente intrappolato nella morsa materna. Infastidito, lui maltratta lei ma intanto la subisce. Quando Barbu si troverà coinvolto in un incidente stradale e sarà involontario colpevole di una tragedia, lei si prodigherà in ogni maniera per tirarlo fuori dai guai, molto al di là del lecito. Nell'abbraccio di questa madre, strabordante d'amore e soffocante, c'è il riflesso di tante relazioni madre-figlio.Meno intrigante e catalizzatore rispetto ad altri capolavori rumeni, ma buono. E'un film poco rumoroso, uscito in Italia a giugno, ma vincitore dell'Orso d'oro

Enemy di Denis Villeneuve. 2013

Enemy non coglie l'anima del libro di Saramago e appiattisce in modo quasi miserabile le figure, meravigliose, delle due donne protagoniste. E questa cosa non riesco a superarla. Non so se abbiate letto il libro, ma Enemy è la storia di un professore di Storia che scopre per caso di essere identico, assolutamente identico, ad un attore. La sua vita cambia drasticamente e la stessa cosa accadrà anche all'attore quando verrà a sapere di questo incredibile, anzi, impossibile, fenomeno.
Non c'è dolore, non c'è scavo psicologico, non c'è profondità in nessun rapporto. Del tutto senza senso quando Anthony va da Adam a comunicargli che passerà la notte, scoperà, con la sua ragazza. Nel libro il ricatto aveva un fortissimo senso (se Tertuliano non avesse acconsentito Antonio avrebbe detto tutta la verità a Maria da Paz) qua non c'è proprio alcun motivo per cui Adam non si opponga e accetti in due secondi la cosa.L'unica motivazione è che Anthony lo accusa di essere andato a letto con la propria moglie, motivazione ed accusa debolissima per giustificare tutto quello che verrà.Per non parlare della scena dell'anello, inverosimile come poche (di notte e durante il sesso selvaggio lei si accorgerebbe del piccolo cerchio di pelle più bianca al dito...)Villeneuve ha letteralmente distrutto i due personaggi femminili. Bocciato

lunedì 8 maggio 2017

È solo la fine del mondo di Xavier Dolan. 2016

Lingua mortal non dice quel ch'io sentiva in seno (G. Leopardi, "A Silvia") dedicato al costumista canadese François Barbeau
Tratto da una pièce del 1990 di Jean-Luc Lagarce, drammaturgo francese di successo morto di aids nel 1995, a cui il film è dedicato. Da qualche parte, poco tempo fa: con questa didascalia comincia il prologo. Louis sta tornando a casa dopo dodici anni, è in aereo, e la sua voce over dice quanto basta per presentarsi e comunicare lo scopo del suo viaggio, l’annuncio della propria morte: «Vediamo come andrà» e partono i titoli di testa. Ad accoglierlo due persone che conosce molto bene, la madre e il fratello maggiore, una che quasi non conosce, la sorella Suzanne che era piccola quando lui se n’è andato; e una che non conosce affatto, la moglie del fratello, dal momento che non è andato al matrimonio e non è stato presente alla nascita dei nipoti – il secondo porta il suo nome. Da subito Louis – e lo spettatore – viene scaraventato in un inferno domestico che si dipana come uno psicodramma. Un film breve. Solo 90 minuti. Il protagonista è malato, sta per morire. Tutti i personaggi non sanno bene cosa fare, cosa dire, tante le discussioni senza senso. Ed è soprattutto in un personaggio marginale, nella moglie del fratello maggiore, interpretata da Marion Cotillard che il film gioca gran parte della sua partita. “Dopo dodici anni di assenza, ho paura di tornare, di rivederli”, dice Louis, drammaturgo di successo. Quando Louis accarezza con dolce sensualità gli oggetti nella sua cameretta, ormai un museo in penombra di vestigia di una vita che fu, parte un flashback di un amore che fu. Proustiano e affascinantissimo, come questi pomeriggi di maggio.E allora, nel sontuoso universo neobarocco di Dolan, la morte può compiersi come accadere simbolico, sotto le sembianze di una metafora: un uccellino, rimasto prigioniero nella casa, cerca di scappare, poi muore sul tappeto appena Louis esce. Come canta nella colonna sonora la cantante parigina Camille, Home is where it hurts – e fa davvero male, molto male, anche allo spettatore

Coming Soon