domenica 28 febbraio 2010

Il figlio più piccolo

Ultimo film di Pupi Avati fresco fresco di sala.
La trama:
Bologna, L'immobiliarista romano, Baietti, sposa Fiamma, che gli ha già dato due figli - Paolo e Baldo - e gli intesta degli appartamenti. Luciano(Baietti), però, proprio nel giorno delle nozze abbandona compagna e figli e sparisce insieme al suo socio, Sergio Bollino. Anni dopo, Luciano inizia ad avere delle difficoltà economiche e deve trovare un prestanome su cui scaricare la responsabilità delle situazioni più gravi. La scelta cadrà su Baldo, il figlio più piccolo avuto da Fiamma..

La storia sarebbe interessante e molto attuale ma non diventa mai avvicente.
E' uno spaccato di una società corrotta ma che secondo me non è raccontata a dovere.
Il film non mi ha entusiasmato, e ancora meno mi ha entusiasmato il finale ( che evito di raccontare ).

Se i protagonisti, De Sica e Zingaretti interpretano personalità abbastanza forti e decise, gli altri sono troppo deboli per creare un minimo di dialogo tra i ruoli.
La madre, dopo molti anni è ancora innamorata follemente di un uomo che l'ha truffata e abbandonata. E' una donna abbastanza esaurita, ed è sempre accondiscendente verso l'ex marito. La Morante, in questo ruolo è sempre all'altezza ma è il personaggio che interpreta che non mi piace.

Baldo, il figlio più piccolo, è il classico "bamboccione" ingenuo ed imbranato che anche davanti all'evidente truffa (e al piccolo debito contratto di 55 milioni di euro) continua, in modo infantile, a sperare di poter realizzare il suo sogno di fare un film ed a credere a tutto quello che gli dicono.
Addirittura anche la sua ragazza alla fine ringrazia il padre per il Cinema Regalato!!!!!
L'unico personaggio che potrebbe creare un po di dibattito è il primo figlio, che invece odia il padre ma che ha un ruolo marginale nel film e comunque è male interpretato.
Nulla da dire comunque sugli altri attori.
Zingaretti riesce sempre a cucirsi addosso ogni tipo di ruolo, facendo sempre dimenticare il suo personaggio storico "Montalbano"
De sica rende benissimo l'idea del ricco venditore di fumo,corrotto ed intrallazzato in mille situazioni.

Una scena carina è quando il Consiglio di amministrazione comunica al nuovo preseidente(truffato) la realtà della situazione economica in presenza anche del vecchio presidente(truffatore) e si vedono inquadrati padre e figlio che prendono atto, ognuno a proprio modo, di come stanno le cose.

Una cosa che mi è piaciuta:
ogni tanto durante il film si sentono delle musichette...che assomigliano quasi a delle suonerie di qualche cellulare.
Non so perchè ma mi son sembrate piacevoli.
altra nota negativa : possibile che il budget sia stato così basso da non potersi permettere delle scene in automobile?!?!?? ...è fastidiosissimo come in tutte le riprese in macchina si noti perfettamente che l'esterno è montato.
Curiosità :Lo dico perchè sono un fan di capa.
Nel video di Caparezza, "Io diventerò qualcuno"..nicola nocella, il figlio più piccolo, è uno de personaggi della fantomatica giuria.
Altra curiosità: alle persone della mia generazione non sarà di certo sfuggito l'avvocato Sainati interpretato dal Chicco de "I ragazzi della Terza C"...
..ed ora..lasciatemi dire con soddisfazione che finalmente ...si ritorna...sui bei filmoni americani!!!
alla prox.

Il quarto tipo.....(ma quarto sta per quarta categoria??)


Il quarto tipo è uscito già da un po ...ma già il cuore mi diceva che non sarebbe valsa la pena andare a vederlo al cinema..

La storia : Alaska, giorni nostri. Dagli anni 60 si sono verificati tantissimi casi di sparizioni misteriose ma nonostante le molteplici investigazioni dell'FBI, nessun caso è mai stato risolto. La dottoressa Tyler, psicologa, comincia a videoregistrare le sedute con pazienti traumatizzati e comincia a scoprire le più inquietanti prove di rapimenti alieni mai documentate...

Il film non mi è piaciuto. Solita storia, solito videocamera digitale che riprende le scene pseudo reali (molto usata ultimamente ma non per questo, sempre di buon gusto).
Cast non certo eccezionale a parte la Jovovich.
musiche ..... non ricordo se le musiche ci sono o meno...(riguarderò e annoterò poi...)

Forse se invece di tentare la via del "ci credo"/"non ci credo" , si fosse pensato maggiormente a scrittura e fotografia evitando quegli innesti con pseudo riprese repertorio e video pesudo amatoriali, e magari a chiudere una storia che poteva essere anche avvincente, forse si sarebbe creato un lavoro migliore.

La storia potrebbe avere spunti interessanti ma per rimanere nell'ambito del documentario/film e per sembrare almeno un pò "vera", non ha risovolti eccezionali.
Tutti i temi , su ognuno dei quali si potrebbe girare una collezione di film, (alieni, sumeri, incontri ravvicinati, psiche umana, paure, ecc ecc) sono sempre sfiorati e mai raccolti appieno nel film.

Le ambientazioni quasi sempre uguali e se qualcuno si aspetta di vedere scene da brivido ... rimarrà deluso.

Alla fine lo spettatore dovrebbe rimanere con il dubbio che quel che ha visto sia vero o meno , ma almeno per me, questo dubbio non mi è mai neanche nato...( e per uno che ha visto tutta la serie xfiles non è positivo :-p )...
attenzione ai gufi....

Promettilo. Emir Kusturica. 2007

Tsane, il giovane protagonista di dodici anni, vive in campagna col nonno e viene mandato in città con tre richieste d'acquisto sulla lista della spesa e una promessa: vendere la sua mucca Cvetka, prendere un’icona di San Nicola per buon auspicio, comprare un ricordo della città, ma, soprattutto, trovare moglie.
Ma la città è profondamente diversa dalla campagna. Crimini, mafia, brutti ceffi lo attendono. Ma Jasna pedalando in bicicletta scanzonata, gli ruba il cuore. Tsane, con l’aiuto dei nipoti di un amico del nonno, manterrà le sue promesse e salverà la pelle? Conquisterà la bella Jasna?
Ci sono dei momenti riuscitissimi. Brillanti, travolgenti. E poi delle cadute rovinose di totale mancanza di stile. Credo non sia casuale quest'accostamento. Una parodia sulla gente dell'Est, ingegnosa, ma anche un po'retrò, con una scarsissima (grave!) considerazione del ruolo della donna, considerata merce. (Il nonno chiede a Tsane di "comprare" moglie). E alla fine l'Happy end che campeggia prima dei titoli di coda, ti lascia l'amaro in bocca, perchè di happy in questo film c'è davvero poco. Una critica poi (anche se più velata) agli americani, buoni solo a demolire e agli italiani, con scarso senso dell'humour sulla scia di "candid camera". La parte più sporca del film è, tuttavia, quella dedicata alla criminalità serba, che cerca di acquisire consensi e potere, volendo riprodurre il simbolo della potenza americana (abbattuta): le torri gemelle. Il resto è tutto un non-sense surrealistico e umoristico, una serie infinita di gag, ma solo alcune riuscite, le restanti del tutto demenziali. Ma a Kusturica si può rimproverare poco e gli si può perdonare tanto. La bellissima fotografia risolleva le scene più imbarazzanti, angolazioni e colori superlativi, la scena della cesta di mele rovesciata dove Tsane fa il bagno è degna dei migliori quadri di Caravaggio. E nonostante queste piccole note geniali sparse qua e là, resta confermato che il film manca del tutto di spessore, così come l'evoluzione dei personaggi, maschere che sfilano in una parata carnevalesca onirica e delirante. Pellicola godibile. Ma solo perchè del tutto folle. Promesso!

lunedì 22 febbraio 2010

Lourdes. Jessica Hausner. 2010

Un pellegrinaggio a Lourdes. Cui partecipano gruppi di fedeli (ma soprattutto non fedeli a mio avviso) con problemi fisici. E' la storia di un miracolo o presunto tale. (Sono una cattolica. Per moltissimi anni anche praticante. Ma non credo nei miracoli).
La protagonista è affetta da sclerosi multipla. Non muove nè gli arti inferiori, nè quelli superiori, riceve quindi un'assistenza totale. Ed è proprio la giovane volontaria che dovrebbe prendersi cura di lei una delle personalità più interessanti di questa toccante pellicola austriaca. Flirta con i ragazzi in vero e vanifica quello che di solito è l'effetto, che il malato dà, su chi si prende cura di lui, e non viceversa. (Esperienza personale). Inizia il tour del pellegrinaggio, scandito da tappe obbligate, quindi come da copione: passeggiata nella grotta dell'apparizione, dove è rito toccare durante il passaggio quei luoghi sacri, poi la messa e la benedizione comune. Le odiosissime foto di gruppo per ricordo. La mensa dove si consumano i pasti tutti insieme (allegramente!) e la festa conclusiva.
Si tenta di dare armonia e gioia, dove invece regna sovrana la disperazione. I preti ti dicono che ciò che conta è purificare l'anima (non credono nemmeno loro alle cazzate che raccontano) ma in realtà in questa vita è di un corpo ciò di cui necessitiamo. Di un corpo, a Dio piacendo, sano. E quindi si attende il miracolo, sperando di essere buoni al punto giusto da meritarlo. (??)
Una narrazione secca ed essenziale. Quadri immobili, quasi dei dipinti. Staticità. Mancano le emozioni. Forse volutamente. Ognuno pensa per sè. E l'amore filiale, per la serie: "amiamoci tutti come se fossimo fratelli"? Assente. I malati invidiano chi è stato guarito. E credo sia normale e giusto così. Difficile indagare la spiritualità. Ok. Ma la Hausner nemmeno ci prova.
Da cattolica ho trovato tutto un pò troppo riduttivo. Non si va a Lourdes solo per la disperazione di ricevere una guarigione. Esiste la preghiera. Non un ripetere meccanicamente delle parole imparate a memoria. Ma la VERA preghiera, quel difficile mezzo di comunicazione (che esiste) e che ti porta per amore a cercare la salvezza per coloro che amiamo. Che per un ateo può essere anche un gesto inutile, ma che se fatto con sentimento, acquisisce ugualmente la sua dignità.
Non sono mai stata a Lourdes. Non ho mai avuto una fede così forte da cercare Dio in posti sperduti. Ma la Lourdes del film, è lontana da come me l'ero immaginata, mi è sembrata quasi Las Vegas. Insegne luminose ovunque. Tante madoninne in vari formati. Tristi budini da mandare giù. Il “premio al miglior pellegrino” assegnato proprio alla miracolata protagonista. Barzellette sulla Madonna. Quello della protagonista è davvero un miracolo o semplicemente una temporanea fase regressiva della malattia? Il film non dà risposte. Christine inciampa mentre è intenta a ballare durante la festa conclusiva. Si rialza, reggendosi al muro, e si rimette seduta sulla sedia a rotelle con lo sguardo perso nel vuoto. La felicità, come ripete a chiusura del film la famosa canzone di Al Bano e Romina Power, dura solo brevi momenti ed è fatta di piccole cose. Quelle più semplici e apparentemente banali.

venerdì 19 febbraio 2010

Dieci Inverni. Valerio Mieli. 2009

Venezia. Dicembre 1999 (primo inverno). Protagonisti due studenti: Camilla e Silvestro. Si vedono per la prima volta su un vaporetto. Camilla è angelica, timida, delicata. Lui più sfrontato e sicuro di sè, fa lo scemo per farsi notare da lei (le ruba libro e occhiali e la imita. Silvestro: Scusa, volevo solo farmi notare da te.Camilla: Ti avevo già notato, c'eri solo tu! ). La segue con il suo alberello di cachi e trascorre una casta notte nel suo letto. Sguardi, respiri e frasi spezzate per dieci anni e dieci inverni fino ad arrivare alla tanto attesa primavera.
Per vivere un vero amore non è detto che occorra cedere all'attrazione del primo incontro. L'amore non è sempre e solo istinto, colpo di fulmine, ci si può legare a qualcuno col tempo, trascorrendo dieci inverni, non nell'immediato. Scoprirsi innamorati quando l'amore non lo cerchiamo. Una favola moderna, anti-moccia, senza grosse magie e sogni. Concreta ma profonda, vissuta solo nei freddi inverni. (N.B. anche il film è arrivato nelle sale a dicembre)
In due occasioni la scena si sposta a Mosca: Angelica per studiare ha bisogno di una città fredda e in cui non conosca anima viva. E qui, al matrimonio dell'amica russa la straordinaria partecipazione di Vinicio Capossela con Parla Piano. Questa nenia di Capossela mi ha dato modo di pensare. Che si matura, si cresce proprio durante l'inverno (come i cachi di Silvestro). Quando i muscoli s'irrigidiscono, la pelle trema, i denti battono. E i ritmi sono lenti. Lenti come le lumache di Camilla (che poi in vero durante il film fanno una brutta fine).

giovedì 18 febbraio 2010

Il concerto. Radu Mihaileanu. 2010

Mosca. Diversità etniche in concerto. Ancora una volta, come già in Train de Vie, zingari, rumeni, ebrei, russi, francesi e comunisti. Tanta ironia grottesca di fondo. E poi la musica, quella classica, da Mozart, fino al concerto in re maggiore n° 35 per violino ed orchestra di Cajkovskij. In gioco personalità tra loro diversissime, accomunate dal suono di uno strumento musicale. La musica guarisce, unisce, dà pace, sazia. Una pellicola surreale e folle, giocata sul multilinguismo e sulle tante storpiature linguistiche: francese, russo, romeno, inglese e vari dialetti accozzati insieme. (- Anne Marie: Buongiorno...- Andrei: È una vera erezione conoscerla...- Anne Marie: Famoso temperamento slavo dico bene?)
Andreï Filipov è il più grande direttore d'orchestra dell'Unione Sovietica, dirige l'Orchestra del Bolshoi quando viene licenziato, proprio all'apice della sua carriera. Si rifiuta di lasciare i suoi musicisti ebrei, tra cui il suo migliore amico Sacha (un grassone riccio, capelluto e simpatico). Il film comincia trent'anni dopo questo triste epilogo. Filipov lavora ancora al Bolshoi. Ma solo per tenerlo lindo e splendente. Fa l'uomo delle pulizie. Scopa e paletta hanno preso il posto della bacchetta. Quando una sera, mentre è nell'ufficio del direttore, legge un fax indirizzato alla direzione del Bolshoi: è del Théâtre du Châtelet che invita l'orchestra a suonare a Parigi. Da qui ha inzio la parte più folle della sceneggiatura: riunisce i suoi vecchi amici musicisti (tutti hanno smesso di suonare e si arrangiano come possono), e li porta a Parigi, spacciandoli per l'orchestra del Bolshoi. L'orologio segna l'ora della rivincita. Catartico e liberatorio il concerto finale, simbolo della dignità rubata e ritrovata e della rivalsa su Brezniev e sul suo regime liberticida.
Un film leggero, ma di grande eleganza e maestria. E ve lo garantisco, assistere alla messa in scena...sarà una vera erezione!

domenica 7 febbraio 2010

L'uomo che verrà. Giorgio Diritti. 2010

Dicembre 1943. Un paesino non precisato, poco distante da Bologna, piccolo, abitato da famiglie di contadini. Verde, spazi aperti, montagne. Poi i tedeschi e le loro bombe. Martina ha solo otto anni, il fratellino gli è morto tra le braccia e lei ha smesso di parlare. Poi la madre le regala un nuovo fratellino e lei torna a sorridere. Ma per poco. Le SS scatenano un rastrellamento uccidendo tutti, donne, infermi, bambini. E'la strage di Marzabotto.
Verismo verghiano. I dialoghi sono completamente recitati nell'antico dialetto locale, incomprensibile, i sottotitoli scorrono sotto le immagini in simultanea. Splendida la fotografia degli spazi aperti. Stupendi gli occhi espressivi di Martina, intensi. Occhi che urlano (anche se Martina è muta) gli orrori della guerra. Tutto è filtrato attraverso la sua semplicità di bambina, paura e angosce di un'Italia in guerra, ritmi lenti, cadenzati, come i passi dei pargoli, staticità e una crudezza dura a digerire, sopportare. Ma vera.
E l'uomo alla fine verrà, anzi diverrà. L’Uomo del titolo, infatti, non è altro che fratellino tanto atteso da Martina (simbolo di un'innocenza rubata). La piccola si prende cura di lui con occhi sognanti, impauriti, da donna. Grazie a lei sarà uomo. Grazie a lei lo diverrà. Lo riporta con sé al casale ormai vuoto, lei, unica sopravvissuta insieme al neonato. Poi rompe il silenzio di morte che regna sovrano. Con voce flebile, cullando il fratellino, ri-comincerà a cantare.

lunedì 1 febbraio 2010

La prima cosa bella. Paolo Virzì. 2010

Anna (Stefania Sandrelli) è una malata terminale in balia delle cure palliative. Bruno Michelucci (Valerio Mastandrea) suo figlio, professore di lettere depresso, si accosterà al suo capezzale. Da qui una serie interminabile di ricordi made anni ‘70. Il piccolo Bruno insieme alla sorellina Valeria (Claudia Pandolfi) assistono alle sventure della madre prima cacciata di casa nel cuore della notte da un marito geloso, poi costretta ad un lungo peregrinare per trovare una sistemazione degna. Un tuffo nei litigi tra mamma e papà, la zia cattiva che si riprende il papà e i compagni di classe che sostenevano di essere andati a letto con mamma. I drammi dell'infanzia di Bruno e Valeria, affrontati con l'ironia della loro età ormai adulta.
Nella perenne infelicità di Bruno ci ho visto la mia. Anche nelle sue passioni: scrive poesie, non festeggia il suo compleanno, lo trascorre dormendo al parco, fa uso "occasionale" di droghe e prova senza riuscirci a lasciare la sua compagna (perchè sarebbe meglio per lei). Un lungo viaggio per tornare a Livorno e un viaggio a ritroso nella sua infanzia. L'esuberanza della madre Anna, domestica, segretaria, ragioniera, comparsa a fianco di Mastroianni. Una donna forte, coraggiosa, col sorriso sempre sulla labbra, che qualche minuto prima della sua dipartita dal mondo sposa Loredano, colui che sapeva tutto di lei, che sempre l'aveva sostenuta ed aiutata nonostante tutti i suoi limiti. Anna, in fondo, è solo la vittima di una chiusa Livorno anni Settanta e del sessismo maschile. Ed anche Bruno soccombe. Ma alla fine troverà la pace interiore, sia nei confronti di se stesso, che nel rapporto con l'esuberante madre ("A me ha rovinato la vita, a lei anche, se magari vieni a conoscerla la rovina anche a te... non si sa mai!"). Anna e Bruno sono le personalità più interessanti in questo film di Paolo Virzì, uno l'antitesi dell'altro: Anna libera e priva di pregiudizi, sempre disponibile nei confronti della vita, degli uomini e dei figli, Bruno schiavo dei suoi vuoti interiori, burbero, muto, chiuso.
La tipica commedia all’italiana insomma, con qualche tocco malinconico e amaro in più forse. Un film godibile nel complesso, nonostante Claudia Pandolfi e Micaela Ramazzotti (Anna da giovane). Inadeguate al contesto. Ma il messaggio che lancia il film ruota proprio sulle inadeguatezze: è nell'imperfezione della vita il senso dell'equilibrio e della felicità. Anna morente sul letto, ride come una pazza quando scopre che il nome di battesimo dell'uomo che sta sposando è Loredano, "a saperlo non lo sposavo". E Bruno lo capirà?

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