sabato 28 gennaio 2012

E ora dove andiamo? di Nadine Labaki. 2012

Questa e' la storia che racconto per chi la vuole ascoltare

Un gruppo di donne vestite di nero, in stile tragedia greca, danzano, si battono le mani al petto e urlano il loro dolore. Ma siamo in Libano e in un paesaggio western- mediorientale. Comincia così questa favola-musical ambientata in un paesino dove cristiani e musulmani convivono in una serenità precaria, tenuta viva e ferma solo per merito delle donne. Queste mogli, madri, figlie, amiche e sorelle, si spendono, infatti, per l'intera durata del film onde evitare ogni motivo di scontro. E riuscendoci.
Un villaggio surreale il loro, isolato, perchè completamente circondato da mine pronte ad esplodere. Gli uomini hanno meno fantasia delle donne, si annoiano e sono pronti a sfogare tra loro la rabbia. Confonderli. Distrarli. Questa l'arma vincente. Le donne del villaggio ingaggiano quindi delle compiacenti spogliarelliste russe infiltrandole come agenti segreti nella comunità maschile. Un film imperfetto, anche nei volti delle donne scelte nel cast. Ma divino nei suoi limiti. Chi non ama il difetto ha, infatti snobbato del tutto questa gemma preziosa ai Golden Globes come Miglior Film Straniero.
Non un banale film sulla guerra bensì un film su come evitare che scoppino le guerre: un "fate l’amore e non la guerra" di sessantottiana memoria. E infine le cristiane indosseranno il velo: "sono musulmana, adesso provateci a farmi fuori se ne avete il coraggio". E lo stesso faranno le musulmane, occidentalizzandosi e indossando la croce sul petto. Una farsa, in realtà se una musulmana si convertisse al cristianesimo non potrebbe avere tutta questa voce in capitolo che qui in realtà le donne hanno, perchè sono le protagoniste indiscusse. Ma il messaggio che si vuole lanciare è chiaro: prima di prendervela con chi non è della vostra religione, provate a mettervi nei suoi panni. Un film troppo buonista e un po'femminista (in fondo sono solo gli uomini a volere la guerra)? Si, forse. Ma in luoghi in cui "Le donne sono peccato. La voce è peccato. Ridere è peccato..." una piccola rivincita ci sta. In fondo, come la voce fuori campo ci informa all'inizio: 'Questa e' la storia che racconto per chi la vuole ascoltare'.
Buona visione a chi vorrà ascoltarla.

venerdì 20 gennaio 2012

Biutiful di Alejandro González Iñárritu. 2010

"Mi ha detto che dentro era come un mare di fango, che i suoi occhi erano come di gelatina e i suoi capelli bruciavano".

Un violento pugno nello stomaco. Vi accoglie così questo film. Violento, come i loschi traffici in cui è impegnato Uxbal, il protagonista. Un apparente brutto ceffo che cerca di guadagnare di che mangiare per i suoi due bambini di cui ha l'affidamento. Sfrutta la manodopera clandestina cinese e i venditori ambulanti senegalesi. Non ha grossi scopi nella vita, nè glorie e onori di cui andare fiero, ma un grande dono: una donna bipolare che però a modo suo egli ama lo fà diventare papà di due gioielli.
Molto conflittuale il rapporto con la donna, protegge se stesso e i due bambini dagli strani circuiti del suo sistema nervoso. Uxbal sa farlo, lui sa capire le difficoltà della vita e ha anche un dono: ascolta gli ultimi pensieri di chi sta per passare all'altra vita, non sapendo ancora che presto il loro mondo sarà anche il suo.
Solo due i mesi di vita che gli rimangono da vivere. Un cancro alla prostata. Deve sistemare ogni cosa. Deve rendere tutto Biutiful agli occhi dei suoi figli. Perchè la vita distoglie quell'incanto e storpia la bellezza non solo nel suo significato, ama anche nel suo significante. Da sfondo un irriconoscibile Barcellona, non quella da turismo a cui siamo abituati, ma quella dei borghi malfamati, quella dei poveri, quella dell'immondizia, quella che sfrutta i clandestini e che li considera meno di nulla.
Lui è un padre senza padre, è morto prima che lui nascesse, la pellicola sembra essere una discesa negli Inferi da parte del protagonista per ricongiungersi con la figura paterna, imparando, allo stesso tempo, ad essere un padre impeccabile. E alla fine anche voi sentirete il peso di questa ricerca, sia fisicamente che psicologicamente.
Un mondo malato quello che va in scena guardato con gli occhi di un uomo malato, che forse si ammala proprio per questo? Accativante la personalità di quest'uomo:è un padre devoto ma allo stesso tempo uno sfruttatore incosciente, sa ascoltare le anime dei morti e la morte diventa la maschera che s'insidia sul suo volto della vita, deturpandolo, insozzandolo con il suo squallore.
E in uno spazio onirico con cui il film si apre e si chiude, re-incontra suo padre, vi condivide l'aneddoto della civetta, perchè lui non si "aggrappa alla vita come fa la gente sciocca", ma si abbandona a quel viaggio con tutte le umane paure che questo comporta.
Un vagito di dolore in quell'ultimo abbraccio alla figlia e in quella promessa, l'ultima, strappata: "Guardami negli occhi: non dimenticarmi mai".

sabato 14 gennaio 2012

The artist di Michel Hazanavicius. 2011


- “Perfetto! Ne facciamo un altro?”
- “Si, con piacere”



Sono emozionata. E' il mio primo film muto guardato al cinema. Io che muta lo sono stata per scelta di vita, mi sono sentita la protagonista, insieme all'attore principale, muto, artista degli anni '20, letteralmente scalzato dalle scene dall'avvento del sonoro e ostacolato nella nascita dell'amore da un orgoglio che sembra umanizzarsi, impossessarsi della sua anima e vivere la sua vita per lui. Fritz Lang. Ernst Lubitsch. Murnau. Si, vi verranno in mente tutti, tranne che per la storia d'amore che si snocciola tra un sorriso e un silenzio, moderna, vera sentita sebbene vissuta senza le parole.
Un bianco e nero che muta d'intensità a seconda dello stato delle cose:lucido e splendente nei momenti lieti, grigio e opaco nei momenti più cupi.
Siamo ad HollywoodLand George Valentin è un divo del cinema muto nei suoi tempi migliori: richiesto, amato, seguito. Un omaggio a Clark Gable il suo: baffetti e sguardo magnetico ed anche a Rodolfo Valentino.
Ma gli anni '30 a seguito del crollo delle borse, saranno caratterizzati dalla grande depressione. C'è bisogno di freschezza, novità: arriva il sonoro, un pericolo grosso per chi ha fatto del muto la sua gloria e la sua potenza. Peppy Miller è una giovane e sciroccata ragazza che Valentin conosce per caso ad una prima, era tra le ragazze che lo attendevano all'uscita, da principio quindi innamorata di lui. Da giovane esordiente spiccherà il volo, cavalcando l'onda del sonoro e diventando una star. Prenderà per uno strano gioco del destino il posto dell'amato Valentin, nel cuore dei fan e nella casa di produzione. Per una star in declino, eccone una in ascesa, così come in E'nata una stella.
Se all'inizio Valentin non si lascia andare alle lusinghe, se pur tentato, di quella che all'epoca era ancora una "soubrette" da comparsa nei suoi film, dopo quando cadrà in disgrazia, preso dal suo orgoglio inzialmente non si farà aiutare da quella graziosa ragazza a cui disegna un neo "per farle avere un qualcosa di diverso rispetto alle altre attrici" .
In realtà quello che il film magistralmente mette in scena è il dolore che a volte comporta "essere un artista", dove il successo è subordinato a mode e logiche di mercato e non al talento. Da qui la depressione del protagonista e il suo esiliarsi in una sorta di torre d'avorio, una prigionia dorata come in Viale del tramonto. Valentin rifiuta proprio la parola, sarà questa la causa della rottura del suo matrimonio, il silenzio con Peppy invece è un vero e proprio sentimento, fatto di sguardi, sorrisi, gesti, emozioni, le parole possono essere sostituite, sono superflue.
E la risalita avverrà proprio grazie all'amore ostinato dell'incantevole Peppy Miller, omaggio ad un altro film di Wilder: Giorni perduti. Sarà , infatti, proprio Peppy a favorire la rinascita artistica di George: lo sceglierà come partner in un film sonoro e ballato.
L'illusionista di Chomet vagava tra Parigi e la Scozia assieme alla sua bambina amica, ricordando il più tardo Leon, alla ricerca di un nuovo sé stesso, qui Valentin è sempre in compagnia di un fido cagnolino che gli salverà la vita. Raffinatezza sempre e comunque, un ogni singolo respiro di questa pellicola. Tante le citazioni che vi ho scorto: oltre che alla vicenda personale di Charlie Chaplin, il bellissimo tip-tap finale ricorda tanto Cantando sotto la pioggia.
- “Perfetto! Ne facciamo un altro?”
- “Si, con piacere”

Un film muto ma che parla. Al cuore e alla vostra anima. Saziatevene.

venerdì 6 gennaio 2012

Zabriskie point di Michelangelo Antonioni, 1970

"Il luogo dove si possono isolare allo stato puro alcune verità essenziali sulle contraddizioni del nostro tempo. In mezzo a quel caos di prodotti e consumi, di spreco e di povertà, di accettazione e di rivolta, di innocenza e violenza, scorre un tumultuoso, continuo cambiamento” (6 aprile 1969 Espresso).

Zabriskie point. Ovvero il punto di massima depressione geologica negli Stati uniti. Siamo nella Valle della Morte, ed è qui che s’incrociano i destini dei due giovani protagonisti: quello di Mark, giovane in fuga con un aereo rubato dopo una rivolta studentesca e quello di Daria, segretaria in viaggio-fuga con la sua auto. S'incontrano, fanno l'amore e poi si dicono addio, Mark da quell'incontro ne esce rinato: infatti, porta indietro l’aereo rubato, ma la polizia lo uccide, mentre Daria, apprendendo della notizia dalla radio, si allontanerà dalla casa dell’imprenditore immaginandone l’esplosione.
La società dei consumi viene qui sconfitta: il deserto in cui si gioca gran parte del film, è infatti la metafora del vuoto e la città che apre e chiude il film è rappresentata solo quasi esclusivamente tramite le inquadrature d’insegne pubblicitarie, a simboleggiare il predominio della merce.
Poche le battute, grande spazio è lasciato alla fotografia, all’immagine ed alla sua metafora, ai simboli.
Seconda pellicola straniera dopo Blow-Up, Antonioni si era intanto trasferito negli Stati Uniti per studiare la rivolta giovanile e studentesca del ’68.La pellicola è infatti fortemente anti-Americana. In contrapposizione al frastuono e alla confusione della città, Mark trova nel cielo il suo habitat naturale, nel silenzio e nella quiete del cielo e del deserto. Solo qui può nascere l'amore. Quello vero. Quello che ti riempie e cambia la vita.
La Death Valley è,infatti, l'antitesi della città, del consumo, del frastuono e con l’esplosione finale della villa del datore di Daria, così potente da sembrare nucleare, il regista esprime la sua visione del mondo: l'uomo che si autodistrugge, alienandosi da se stesso.
Antonioni poi, grande precursore della società contemporanea, ci mostra una polizia serva di un ordine fantomatico che reprime senza mezzi termini: spara Mark prima ancora che scenda dall'aereo, quando in realtà il ragazzo voleva solo restituirlo.

domenica 1 gennaio 2012

La Femme d'à côté di François Truffaut, 1981

Né con te, né senza di te

L'anno si è chiuso e questo è l'ultimo film che ho scelto di guardare nel 2011. Il 27 dicembre Depardie ha spento le sue candeline. Qui più biondo e smagrito, vive serenamente con la giovane moglie Arlette e il loro bambino Thomas in una villa sperduta in una campagna francese; tranquillo e felice, fin quando non arrivano i loro nuovi vicini di casa, Philippe, ma soprattutto "la donna" Mathilde. Ben presto si scoprirà che Bernard e Mathilde, in realtà, non sono sconosciuti l'un per l'altra, in passato erano stati amanti. E'davvero così casuale che diventino vicini di casa? La passione si riaccende. E con vigore.
E' questo il penultimo film della carriera di François Truffaut, qui concentrato nel tema dell’amour fou, dell’incontrollabilità della passione amorosa e del potere (auto)distruttivo dell’Eros che danza con Thanathos. Fanny Ardant qui debutta sul grande schermo e all’epoca era la compagna di Truffaut anche nella vita, una passione che bruciava nelle sue vene e che quindi ben conosceva.
L’intera storia del film è raccontata in flashback attraverso la voce narrante di uno dei personaggi chiave della pellicola, madame Jouve, la confidente e proprietaria di un club di tennis, testimone impotente degli eventi riguardanti i due protagonisti. Una voce narrante che però ben conosce l'assoluta dedizione alla persona amata, quella forza prorompetente e autodistruttiva, che preannuncia la tragedia che vivranno i due amanti protagonisti.
Lei dapprima finirà ricoverata in un clinica psichiatrica, poi lo ammazzerà a colpi di pistola e ammazzerà se stessa. Come già Ovidio, Catullo e Marziale avevano scritto, molti secoli fa, il fine si conclude con una chiara sentenza: “Nec sine te nec tecum vivere possum”, un tema conosciuto e abbondante trattato quindi, ma Truffaut evita sia il punto di vista del narratore impersonale, sia il racconto interno ad un protagonista, sceglie di non farci parteggiare per alcuno evitando così di poter non comprendere il dramma che quasi tutti i protagonisti si trovano a vivere per colpa o grazie all'amore: sceglie quindi lo sguardo di Odile. Una sopravvissuta, si è infatti gettata dalla finestra per un amore non natoe anche lei, la narratrice diventa attrice: verrà, infatti, raggiunta dal suo amante d’un tempo che vuole rivederla. Partirà per Parigi per non incontralo, lui non sa del suo folle gesto, ha perso l'uso di una gamba, come giustificarlo?
Inquadrature strettissime, per un'attenzione sempre concentrata sugli sguardi dei protagonisti e su altri oggetti e rumori apparentemente banali che fanno da cornice a questo dramma: si sentono di notte i terribili versi dei gatti: "fanno l’amore come dei selvaggi”. Poetica fino all'eccesso la scena in cui i due amanti si cercano più volte simultaneamente al telefono e ovviamente lo trovano entrambi occupato, metafora dell'incomunicabilità verbale del loro amore, di una felicità irraggiungibile proprio perché cercata troppo razionalmente.
La voce di un medico che stila il loro referto di morte chiude questa storia, raccontandola in maniera asettica, come se non fosse stata la dirompente forza dell'amore ad uccidere, quell'estremo tentativo di avere l'altro per sempre e fermare l'attimo in cui i due erano una sola cosa.Je me retrouve cômme Edith Piaf,Vous savez ?! Rien de rien, je ne regrette rien!

Coming Soon