domenica 27 marzo 2011

Hong Kong Express. Wong Kar-Wai. 1994


"Non sapevo nulla di lei. Cinquantasette ore più tardi, mi sarei innamorato di quella donna".

Strazianti frasi d'amore pronunciate da una voce fuori campo maschile, per due storie che forse si incontrano e forse no, ma che di certo hanno in comune l'epilogo, non inziano mai o nella migliore delle ipotesi rimangono inconcluse. Protagonisti due poliziotti: il primo, abbandonato dalla sua donna, s'innamorerà di una spacciatrice di droga, del secondo s'innamorerà una cameriera, che dovrà faticare non poco affinchè lui se ne accorga. Ciò che affascina da subito è la forte incomunicabilità, ciascun personaggio sfiora l’altro anche se per qualche secondo,train d'union il proprietario di una specie di fast food ambulante che ascolta e consiglia i due poliziotti. Una reificazione dei protagonisti a cui corrisponde un'umanizzazione degli oggetti, per scene dall'impatto fortemente emotivo, che t'inchiodano gli occhi fissi allo schermo: strofinacci che piangono, scatolette di ananas che stanno per scadere (perchè Abu ha deciso che smetterà di pensare alla donna che l’ha lasciato, quando scadranno tutte le sue scatolette di ananas il giorno del suo compleanno), infradito che galleggiano per la casa, peluche dalla faccia triste da quando la donna amata è andata via.
Il primo poliziotto Abu, fa indigestione di scatolette di ananas nell’intento di dimenticare la sua ex-fidanzata, incontrerà una donna dalla parrucca bionda con la quale passerà una notte in hotel: ma attenzione, non è come credete, lei dormirà tutto il tempo, mentre lui si ingozzerà di cibo guardando la tv. La finta bionda è in realtà immischiata in affari loschi, ma Abu deciderà di smettere di soffrire grazie a lei.
Il secondo poliziotto è l’agente 633, abbandonato dalla sua amante, per la quale comprava sempre da mangiare al fast food ambulante, galeotto fu il luogo: qui incontrerà Amei, la cugina del bonario proprietario, due occhioni espressivi stile Amelie versione "a mandorla", che canta anche le canzoni della colonna sonora (divertente la versione cinese dei Cramberries). Amei ha per agente 633 un colpo di fulmine, trasognanti tutte le scene in cui lei si intrufola nel suo appartamento per renderlo più vivibile, mettendolo in ordine. Ma l'uomo non si accorgerà mai di tutti i cambiamenti ad opera di Amei, troppo assorbito nel suo dolore.
Mentre i protagonisti sono ripresi in ralenti, tutta Hong Kong, alle loro spalle, si muove a velocità accelerata, straordinario l'effetto! Una Hong Kong stupenda, commistione di nazioni e culture, occidentalizzazione, raccontata tramite una stupenda colonna sonora incentrata su California Dreamin’ dei Mamas and Papas, o Dreams dei Cranberries o What a difference a day makes di Dinah Washington,che si alternano ossessivamente uno dopo l'altro. Tutto ineccepibile, fin troppo. Emozioni assicurate.

giovedì 17 marzo 2011

Gianni e le donne. Gianni Di Gregorio.2010



"E' scabroso le donne studiar, son dell'uomo la disperazion, bionde o brune, mister sempre son, donne, donne eterni dei. Cherubin dal visin tutto ciel, dallo sguardo soave e seren, rosse o brune, oppure biondine che fan,l'uomo sempre burlato sarà."

"La vedova allegra" Franz Lehár

Gianni è un baby pensionato, ha 60 anni ben portati, semialcolizzato, di Trastevere, con moltissimo tempo libero che spende in buona parte portando a spasso il suo cane e quello dell'inquilina del piano di sotto e rispondendo alle chiamate "urgentissime" della sua troppo vispa madre.
La gioventù è ormai solo un ricordo e lui Gianni (Gianni Di Gregorio, protagonista e regista del film) si guarda allo specchio sistemandosi le borse sotto gli occhi, indossa abiti nuovi e con naturale classe nell’incedere cerca di venirne a capo nei suoi rapporti così problematici con le donne in una una lontana reminiscenza dei tempi lontani.
Gianni, delle donne è solo uno schiavo: della moglie che lavora e non ha mai tempo da dedicare a lui, dormono anche in camere separate; della figlia ad un passo dagli esami di maturità, impelagata in una non-storia con un nullafacente che si è piazzato giorno e notte in casa; della ragazza che abita al piano di sotto, giovanissima, sensuale e prorompente, con cui vive un reciproco amore platonico; della madre novantenne, nobildonna decaduta, delusa da un figlio troppo passivo con badanti superpagate e amiche-compagne di poker trattate come regine.
Il suo migliore amico è Alfonso, rozzo e panciuto, in antitesi con la sua eleganza e la sua linea snella, avvocato dalla “lingua biforcuta”, dedito a puttane e viagra, che con Gianni trova attimi di purezza e che per contraccambiare cerca di regalargli attimi di trasgressione (non riuscendoci). La sua vita, insomma, scorre monotona fra commissioni, passeggiate con il cane e faccende domestiche, ma poi si accorge che tutti i suoi coetanei, ma anche quelli ben più vecchi di lui, hanno l’amante. Il film riceve così un piccolo scossone e Gianni cerca di porre rimedio alla sua troppo piatta vita. L'unico incontro riuscito apparentemente quello con la sua compagna di scuola, sessantenne anche lei quindi, ma in formissima per via dei suoi cibi macrobiotici, "ma perchè non ho sposato te" si lascerà sfuggire, ma andrà in bianco anche con lei che si addormenterà sul divano, mentre lui cerca di "liberarsi" dall'ennesima telefonata materna.Ma Gianni non perde mai il sorriso, che a volte amaro, a volte sinceramente sereno, ha sempre stampato sul volto. E alla fine strappa il sorriso di chi lo segue e guarda, perchè non è una commedia che regala grosse risate, ma dei sorrisi sì, si entra in empatia con quest'uomo senza grosse qualità, vittima della frenesia che lo circonda, perchè lui uomo d'altri tempi sa difendersi bene, asseconda, non urla mai e accetta che il mondo beffardo si beffi di lui. Autoironico e malinconico, un mix tra Allen e Moretti.

domenica 13 marzo 2011

Lola corre. Tom Tykwer. 1998


Lola ha i capelli rosso fuoco, tatuaggi bene in vista, canotta e anfibi ai piedi per correre. E'una ribelle, una di quelle che amano, talmente tanto da essere disposta a tutto. I suoi genitori la ignorano e s'ignorano tra di loro e per trovare senso alla sua vita, il ritmo con cui sceglie di viverla diventa frenetico, vorticoso, senza pause, una lunga maratona a fiato corto. Corre su e giu'in una severa Berlino, accompagnata da note ossessive, luci, suoni techonpunk e colori.
La sua corsa è in realtà contro il tempo: un telefono rosso fuoco come i suoi capelli squilla, Manni, il suo ragazzo, quello per cui Lola corre tanto, per arrivare sempre in tempo, si è messo nei guai, ha bisogno di 100.000 marchi in venti minuti o non avrà salva la vita. La trama non esiste, composta solo da questa breve telefonata e poi tutto si scompone, un puzzle fatto di momenti noir, di cartone animato, commedia, dramma sentimentale in un rave-party di 81 minuti esatti.
Ci si sente frastornati, come la musica ad alto volume che ovatta le orecchie e il cervello, senza mete, senza punti certi: "la palla è tonda e la partita dura novanta minuti"- dice uno dei suoi personaggi- "cosa sarebbe se io non fossi io e tu non fossi tu, ma io sono veramente io e tu sei veramente tu?"
Un padre a cui chiedere aiuto e i tanti personaggi con cui Lola si scontra in questa sulla folle corsa: una donna con carrozzina, un ragazzo in biciletta, una macchina che esce da un garage, un'impiegata di banca, un barbone (che non è un personaggio da snobbare come tutti gli altri, perchè è lui ad avere i 100.000 marchi andati perduti) un autista di ambulanza. Al suo passaggio, ognuno vede per una frazione di secondo materializzarsi il proprio futuro sotto forma di una serie di velocissime istantanee... e poi come in una sorta di sliding doors, ci si chiede: ma se, una volta terminata la telefonata iniziale, la giornata di Lola fosse andata diversamente? Se scendendo le scale di corsa qualcuno le avesse fatto lo sgambetto? E se non si fosse frapposta sul cammino dell'uomo che usciva dal garage? Se il barbone avesse comprato la bicicletta? Se l'ambulanza avesse rotto la lastra di vetro?... I venti minuti che separano Lola dal suo Manni saranno così ripercorsi per tre volte, mostrandoci altre possibilità di epilogo della vicenda e puntando l'attenzione su come basti un secondo, alle volte, per cambiare tutto. O di come alle volte basti un urlo!
Non finiremo mai di esplorare, e dopo tanto esplorare saremo di nuovo al punto di partenza e conosceremo finalmente il posto per la prima volta

venerdì 11 marzo 2011

20 sigarette. Aureliano Amadei. 2010


Presentato alla 67esima mostra del cinema di Venezia, questa splendida pellicola ha la forza di trattare di un tema logoro come quello della strage da guerra senza retorica e ipocrisia, ha per protagonista, infatti, un giovane ventottenne anarchico e antimilitarista e aspirante filmmaker: Aureliano, che parte come coaiutante del regista Stefano Rolla per girare un film sulla “missione di pace” italiana in Iraq. In fondo il governo, la Farnesina e i mezzi d’informazione assicuravano che la situazione in Iraq fosse tranquilla...ma basta poco per rendersi conto che in realtà ci si trovi in un far west, dove occorre girare armati per vincere sul tempo cecchini e caw boy.
La durata del film? Il tempo di fumare venti sigarette, anzi, ancora prima di terminarle sarà coinvolto nell’attentato alla caserma dei carabinieri di Nassiriya (da cui si salva per miracolo). Magistrale e la migliore dell'intera pellicola la scena dell'attentato, dove viene usato il piano sequenza con un effetto "reality", con le grida di Aureliano così vere e stridenti da creare un riuscito effetto-immedesimazione.
La seconda parte del film è incentrata sulla sua lenta convalescenza, un dolore fisico, ma soprattutto morale perchè nessuno comprende la crudeltà di quella guerra. Tutto molto sentito, vero, Aureliano Amadei è stato davvero in quel cortile a Nassiriya nel novembre 2003 (dove furono ben 19 gli italiani a perdere la vita) e lo si percepisce appieno, esperienza poi mimeticamente riportata in questo lungometraggio. E claudicante, sordo da un orecchio, vittima di perenni attacchi di panico, ferito psicologicamente, adesso Aureliano è una persona diversa e ha deciso di voler raccontare la sua storia: di come un ragazzo dedito a canne, birra e centri sociali sia diventato un eroe.

giovedì 3 marzo 2011

Little Miss Sunshine. Valerie Faris, Jonathan Dayton. 2006


In una società ingorda, superficiale, dedita solo alle apparenze, tra miti televisivi, ideologie alienanti: essere bellissimi, magrissimi, vincenti, diventare qualcuno, una commedia on the road con protagonista la divertente famiglia Hoover che viaggia a bordo di un pulmino giallo anni '70 e rivendica il suo diritto alla "non eccezionalità". Dove sono diretti i sei protagonisti?! E dove, se non alla finale del concorso che dà poi il titolo al film (“Piccola Miss California” anche se la traduzione è pessima), al quale la dolcissima Olive, fortuita vincitrice delle selezioni regionali, è chiamata a partecipare.
Il capofamiglia è il teorico dei “nove passi” per essere un vincente quando è lui stesso, in realtà, un perdente. Il fratello di sua moglie, studioso di Proust, è reduce da un tentato suicidio per amore di un suo studente che gli ha preferito il suo antagonista; e l’immancabile nonnetto arzillo erotomane ed eroinomane (che non fa una bella fine). I più piccoli a bordo, i due fratelli: lui un quindicenne misantropo che coltiva studi nietzschiani, non parla da nove mesi perchè vuole diventare un pilota, lei, la forza motrice dell'intero narrato. Riuscitissima la gag della partenza a spinta del furgoncino, che si presta proprio per la sua efficacia anche a manifesto del film e divertente l'intero film, perchè quest'epopea dei perdenti conquista.
Un viaggio nel viaggio, durante il quale ognuno dovrà scontrarsi con la propria coscienza e il proprio io, tanti gli spunti di riflessione e tutti accompagnati dalle divine colonne sonore dei Devotchka.
Sai una cosa? Vaffanc**o ai concorsi di bellezza… In fondo, la vita è tutta un fottuto concorso di bellezza dopo l'altro… Il liceo, l'università, poi il lavoro… vaffanc**o! E vaffanc**o l'accademia aeronautica… se voglio volare, il modo di volare lo troverò… fa' la cosa che ami e vaffanc**o il resto!

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