mercoledì 28 settembre 2016

17 ragazze di Muriel Coulin, Delphine Coulin. 2011

Ispirato a una storia realmente accaduta negli Stati Uniti e riambientandolo in Bretagna, terra d’origine delle due registe, regione scelta per le similitudini geografiche e socio-economiche con il luogo originale, 17 filles racconta la storia di alcune liceali che decidono di restare incinte contemporaneamente, un movimento femminista adolescenziale che rivendica il proprio diritto di esistere, e di scegliere.
la giovane Camille resta incinta per caso, o meglio per colpa di un preservativo che si rompe. cerca sostegno nelle sue amiche, a tal punto da convincerle che la sua è una scelta di libertà che migliorerà e riempirà la sua vita. In questo preciso istante entra in gioco una seconda solitudine, quella di un’altra ragazza che fingerà di essere anch’essa in stato interessante per ottenere l’amicizia delle cinque protagoniste – di cui Camille è il capobranco indiscusso. Tutto carino. Peccato per il finale; non tanto per il modo in cui si conclude la vicenda, in grado di riportare tutti alla realtà delle cose, quanto piuttosto per la fastidiosa voce fuori campo che prova a tirare le somme di film in cui non è necessario farlo.

venerdì 23 settembre 2016

Amour di M. Haneke, 2012

"[...] per Frances Haslam, che chiese perdono ai suoi figli perché moriva così lentamente, per i minuti che precedono il sonno, per il sonno e la morte, quei due tesori occulti, per gli intimi doni che non elenco, per la musica, misteriosa forma del tempo." (J. L. Borges, "Altro poema dei doni")
Anne e Georges, ex insegnanti di musica, vivono la loro vecchiaia insieme a un pianoforte. Un ictus colpisce Anne. Lui la accompagna alla fine. Una storia di sofferenza, ma ciò che davvero mi ha colpita è la figlia dei due coniugi (in cui ovviamente per motivi personali mi sono rivista), che condivide coi genitori l’inflessibilità nel concedersi una reale apertura al dolore e all’espressività emotiva, in un quadro globale che richiama l’idea di un’austera e colta borghesia parigina. Sarò impopolare, ma per me Haneke bara, perché in ogni immagine vedo altro rispetto a quello che lui vorrebbe che io ci vedessi. Lui dice amore e io vedo odio, dice affetto e vedo rabbia, dice vicinanza e vedo infinita distanza. Ogni tanto mi chiedo se non è questo che vuole dire davvero: che ci odiamo, sempre. Titolo sbagliato: Haine.

lunedì 19 settembre 2016

Primo amore di Matteo Garrone. 2003

"Bisogna togliere tutto, finché si arriva al cuore delle cose"
un orafo costringe la sua fidanzata a dimagrire in maniera progressiva e instancabile, fino a renderla quasi uno scheletro umano. Girato a Vicenza con qualche location nel veronese, come l’antica vasca termale di Caldiero (struggente) la storia racconta molto più di un’ossessiva e patologica storia d’amore. magistrale da Vitaliano Trevisan (anche sceneggiatore), sono rimasta del tutto affascinata dalle sue pause e strascinamenti sonori, il suo italiano affaticato. Nelle pause e nei silenzi Trevisan sa infilare tutta l’austera solitudine di un uomo/testimone di un laborioso popolo che oscilla tra generose aperture multiculturali e chiusure indipendentiste, confuso tra un timido, ma impellente bisogno di necessaria condivisione affettiva e un impoverimento simbolico per eccesso di materialismo, oscillante tra la salubre apertura amorosa ed erotica all’altro da sé e la rigidità patologica del “paron a casa mia” che tutto e tutti controlla.Anche qui, come già ne L'imbalsamatore, ci si rifà ad una storia reale. La vicenda reale risale al ’97 ed e’, come molte tragedie di follia moderna, raccapricciante; la racconta il suo stesso autore, Marco Mariolini, in un libro-diario edito da Gruppo Edicom, "Il cacciatore di anoressiche" (ripreso in seguito anche dal programma di Rai3, ‘Storie maledette’).Il Mariolini, antiquario quarantenne del bresciano, ossessionato da quella che lui stesso definiva "una vera e propria perversione", non riusciva a concepire una relazione se non con una ragazza che fosse magrissima, e che finiva con l’indurre lentamente e subdolamente all’anoressia. Sulle prime, infatti, Sonia non piace a Vittorio: "ti facevo piu’ magra", ma la storia ha comunque inzio.Sonia non perde solo chili; perde via via identita’, proprieta’ della sua persona, affetti e luoghi identitari (il fratello, gli amici, il lavoro le diventano estranei). Il film mostra, secondo questa chiave di lettura, come una relazione anonimizzante e improntata al sadismo porti al totale sopruso dell’uno sull’altro, ma senza via di uscita ne’ vera vittoria per nessuno dei due.

sabato 17 settembre 2016

4 luni, 3 saptamini si 2 zile di Cristian Mungiu. 2007

In Romania, dal 1966 al 1989 l'aborto è stato illegale, e durante questo arco di tempo le sole cifre ufficiali offrono un quadro a dir poco allarmante: sono novemila le donne morte a causa di interruzioni di gravidanze clandestine La pellicola si pone proprio alla vigilia della caduta del regime Ceausescu, e sembra suggerire l'impossibilità di liberarsi del passato.Telecamera fissa, una stanza, il disordine è imperante, una ragazza seduta su un letto disfatto fuma nervosamente, lo sguardo intimorito, accanto una valigia aperta, di fronte a lei un'altra ragazza. Le due stanno dialogando, l'atmosfera appare soffocante; a contrastare questo grigiore da dietro una finestra in fondo alla stanza cadono lievi dei fiocchi di neve; la ragazza in piedi esce dalla stanza, ci troviamo in un istituto, precisamente nella casa dello studente. e anche in corridoio l'atmosfera non è migliore:docce e bagni in comune, stesso senso di oppressione.4 mesi, 3 settimane e 2 giorni è il tempo che separa la bellezza di una gioia naturale dall'angoscia di un dolore paralizzante, è un interludio tra la possibilità di una nascita e la certezza di una morte, perchè Gabita è incinta ed è fortemente intenzionata ad abortire, del suo fidanzato nessun accenno: durante tutto il film non viene mai nominato, è un dettaglio importante perchè dà il senso del dramma comune che molte ragazze rumene hanno dovuto affrontare in quegli anni senza l'aiuto di nessuno, Gabita il suo angelo custode lo trova in Otilia, la sua amica del cuore, assoluta protagonista del film, costretta ad una penosa umiliazione pur di aiutare l'amica; un ambiguo dottore di nome Bebe, l'unico che sembra in grado di risolvere il problema, rappresenta la loro discesa all'inferno.
Il #decreto770 emanato nel 1966 dalla delirante politica sanitaria di Ceausescu ha causato, nei ventitrè anni in cui è stato in vigore, più danni di una pestilenza; oltre al mezzo milione di donne morte in quel periodo a causa dei rudimentali mezzi usati e dell'incompetenza di numerosi sedicenti medici, si aggiunge il dramma dell'abbandono dei bambini; le donne, quasi indotte a concepirli (oltre a rendere illegale l'aborto, il decreto abolì l'uso degli anticoncezionali e l'educazione sessuale nella scuole, contestualmente aumentando in modo vertiginoso le tasse sui single e le coppie senza figli) erano costrette poi soprattutto da gravi problemi economici ad abbandonarli in strutture statali improvvisate ad orfanotrofi dalle condizioni sanitarie drammatiche, facendo salire il tasso di mortalità infantile a livelli elevatissimi. Anche il regista fa parte del boom di nascite di quella generazione; è quindi cresciuto circondato da storie come questa, ed una in particolare, che gli è stata raccontata da una persona cara, gli ha dato lo spunto per la stesura della trama del film.Ho avuto i brividi con quel "non parliamone più" sussurrato dalla voce strozzata di Otilia all'amica Gabita nella scena che chiude il film.Quasi un capolavoro.

martedì 6 settembre 2016

Non essere cattivo di Claudio Caligari. 2015

È l’ultimo film del regista Claudio Caligari, morto a 67 anni nel 2015. “La vita è dura e se non sei duro come la vita non vai avanti”, dice Cesare, il più mosso, nevrotico, aggressivo dei due amici protagonisti. “I sòrdi ce vonno”, e di conseguenza lo spaccio, perché “tanta gente ce campa”. I cattivi non sono solo cattivi, e non sempre è colpa loro se lo sono. Ostia di metà anni 90, sul lungomare autunnale, un non luogo per eccellenza: il lido della Capitale ripreso allo spegnersi delle luci estive. Lì, tra il nulla e il vuoto, c'è la storia di Cesare e Vittorio, amici per la pelle da quando erano ragazzini, che tentano strenuamente di dare un senso alle loro giornate sballandosi in continuazione e inframmezzando il rito del "farsi" con piccole attività illecite, utili giusto per comprare la prossima dose da "spararsi". Qualche spaccio al molo, qualche truffa facile facile, magari qualche scippo o rapina non troppo rischiosi. Questa è la loro vita, costellata di presenze simili a loro: giovani e meno giovani emarginati da un progresso che li ha relegati ai margini della società, scarti umani che provano a sopravvivere all'ombra della Roma ripulita dei primi anni 90.
"Non essere cattivo", il titolo, è stampato a caratteri cubitali su una maglietta che la piccola Debora infila al suo orsacchiotto. Un invito, una raccomandazione, una speranza. Ma il fatto è che nessuno è davvero cattivo.Soprattutto Linda che trascina Vittorio fuori dalla merda, ma poi chiede secca «te basta quello che avemo?»; Viviana, che crede contro ogni evidenza al futuro costruitole da Cesare dentro una catapecchia pericolante. Forse, a essere cattiva, è Ostia: quella spiaggia infinita battuta dal vento che coltiva siringhe tra gli ombrelloni, quei quartieri popolari che sulla fine del millennio vanno imborghesendosi, tranciando fuori chi non s’adegua o non sa adeguarsi, quel mare da non guardare «che sinnò te vengono i pensieri». Di un altrove che non c’è. Ma se vi è capitato di essere più o meno giovani in una qualsiasi periferia degli anni 90, Non essere cattivo vi sembrerà familiare: stesso paesaggio urbano squallido, stesse facce tese, stessi occhi sul punto di schizzare dalle orbite, stesso drammatico deserto di alternative, di prospettive, di senso.

domenica 4 settembre 2016

Second Chance di Susanne Bier. 2014

E' un errore guardarlo a settembre, quando il tempo anvcora permette una passeggiata. E'un mattone, ma una menzione speciale va fatta alla coppia di tossicodipendenti interpretati da Nikolaj Lie Kaas (Tristan) e Lykke May Andersen (Sanne), quest’ultima, modella al suo debutto cinematografico, è stata selezionata dalla Bier senza provino. La madre aveva dall'inizio uno sguardo da pazza e poi: serve fare un giro in macchina ad un neonato per addormentarlo?

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