sabato 30 giugno 2012

La casa degli spiriti di Bille August. 1993

Così come quando si viene al mondo, morendo abbiamo paura dell'ignoto. Ma la paura è qualcosa d'interiore che non ha nulla a che vedere con la realtà. Morire è come nascere: solo un cambiamento.
Esteban è un uomo insicuro. Spera di trovare l'oro nella miniera per poter sposare così Rosa, la bella aristocratica che però accidentalmente viene avvelenata (beve un bicchiere di vino destinato al padre) e muore. Sposa la sorella minore, Rosa che possiede straordinari poteri occulti: bellissima la scena in cui da bambina muove la zuccheriera sul tavolo solo guardandola, smette di parlare per anni solo perché “non aveva nulla di importante da dire”, vede gli eventi futuri e parla con gli spiriti. Anche voi diventerete degli spiriti che da un angolo della casa osservano ciò che vi accade, il film è un continuo rapimento. Tre le generazioni della famiglia che si succedono, tanti le grandi donne dagli occhi infuocati di passione e a sovrastarle tutte Clara, Marily Streep. Infatti, anche quando l’attenzione si sposta sulla figlia Blanca e poi sulla nipote Alba, Clara rimane sempre presente nella storia. Blanca, che si innamora però dell'uomo sbagliato: Pedro, il capo dei contadini in rivolta. Esteban appoggia il golpe dei militari non rendendosi conto che sua figlia finirà in carcere, nessun occhio di riguardo per lui che è ormai vecchio e deriso. Ma prima di morire la redenzione come uomo, padre e nonno. Il personaggio più interessante è proprio il suo: non un cattivo, nè un buono, semplicemente un uomo fuori dagli schemi e ogni qualvolta gli affibbierete un qualsiasi aggettivo avrete infatti da ricredervi. Responsabile: si spacca la schiena in miniera solo per poter sposare Rosa, ma quando si trasferisce nella vecchia tenuta della sua famiglia che era andata in rovina, in pochi anni riesce a diventare uno dei più grandi proprietari del territorio. Diventa violento: approfitta di tutte le contadine della zona, facendo nascere figli illegittimi ovunque. Tratta le donne semplicemente come oggetti utili a soddisfare le sue pulsazioni, le violenta e poi se ne dimentica. Siamo disorientati, non era forse lui l'eroe della storia? Ma poi, anche s eper breve, torna ad esserlo: decide di sposare Clara, la sorella minore di Rosa, quella un po'matta che da anni ormai non parla. Siamo nel Cile degli anni 40 e lui si presenta alla porta degli ex suoceri per chiedere se avessero altre figlie in età da marito: richiesta un po'triste ancora una volta per un eroe romantico. Ma avviene il miracolo: Clara riprende a parlare proprio dopo questo annuncio e come aveva già previsto in passato, sposa Esteban. La storia è, infatti, un ricordo a ritroso di Clara, che afferma di aver amato subito quell'uomo, quando già era promesso sposo della sorella maggiore e di aver sentito dentro di se che lo avrebbe sposato. (Ma nessuna dote di veggenza in questo, ognuno di noi sa riconoscere l'Amore vero quando lo incontra, credo) Nonostante l’ami profondamente Esteban non riesce ad entrare completamente nel mondo di Clara né tantomeno in quella della loro primogenita Blanca. La storia di Blanca invece è ben diversa da quella della madre. Si innamora infatti di Pedro Terzo Garcia, uno dei contadini che lavorano alla tenuta del padre, ma anche quello che Esteban odia di più per le idee rivoluzionarie che porta tra i suoi lavoratori. Esteban sta per entrare in politica e vorrebbe che Blanca sposasse un blasonato francese. La stora filmica si ferma a Blanca, ma in realtà nel bellissimo romanzo di Isabel Allende anche Alba si innamora di uno dei rivoluzionari pagando anche lei molto caro questo amore. E alla fine della storia si torna a fare il tifo per Esteban: un uomo solo orgoglioso e testardo che cercherà di farsi perdonare e di far ricredere lo spetattore che aveva ormai cominciato ad odiarlo. La storia non è fatta di eroi, ma solo di esseri umani. Questo il messaggio che veicola il film e il romanzo.

mercoledì 20 giugno 2012

Eternal sunshine of the spotless mind di Michel Gondry, 2004

"San Valentino è una festa inventata dai fabbricanti di cartoline di auguri per far sentire di merda le persone." E' possibile privarsi di un ricordo? Spazzare via un'emozione come se non fosse mai stata provata, come se non ci avesse mai fatto tremare? Qui è Clementine a fare il primo passo recandosi presso l'azienda specializzata nella rimozione dei ricordi, e farsi cancellare la storia con Joel. Anche se questo passaggio in realtà sullo schermo non verrà mai esplicitato. Venuto a conoscenza della cosa Joel decide di fare altrettanto, ma durante l'operazione se ne pente. Geniali le scene in cui combatte con la sua mente, i ricordi cominciano così ad interagire con la loro cancellazione, sfidandola in un duello che apparentemente è perso in partenza. Accattivanti le personalità dei due protagonisti: Lui, (Jim Carrey) introverso e schivo, Lei (Kate Winslet) chiaccherona e impulsiva all'ennesima potenza. Struggente la fuga nell'infanzia di Jim Carrey che cerca di proteggere l'immagine della sua amata sperando che la sua mente non scovi il loro nascondiglio, un impatto cerebrale struggente che mi ha convinto sempre più. Ovviamente il macchinario alla fine compie la sua missione, ma quando il "paziente" si sveglia decide però di saltare il lavoro e recarsi a Montauk, luogo dove aveva incontrato Clementine la prima volta. Non sa perchè lo sta facendo, assistiamo solo alla sua voce che comunica l'assenza da lavoro: "Non sono andato a lavoro oggi. Ho preso il treno per Montauk. Non so perché. Non sono un tipo impulsivo. Forse mi sono solo svegliato un po' depresso". Lì la ritrova con i suoi capelli blu e i due si innamorano una seconda volta. E'il loro ritrovarsi ad aprire il film, venti minuti in cui penserete di aver capito già tutto, ma poi partono i titoli di testa e verrete schizzati in un nuovo mondo. Non meno affascinante del primo, un mondo cancellato che viene riportato a galla. Parallelamente va in scena la vicenda dei cancellatori: la bionda Mary,la segretaria del medico, durante la cancellazione dei ricordi di Joel, bacia il suo vate. La moglie mossa a compassione la informa che lo stesso medico della quale si sta per reinnamorare ha in realtà rimosso la loro relazione, perchè clandestina. Mary ne è sconvolta e decide di licenziarsi e spedire una lettera a tutti i clienti vittime di cancellazione con la cassetta registrata dei loro ricordi. Eccezionale Kate Winslet, per me la migliore attrice vivente, Clementine capirà che il suo "nuovo" amore non è altro che l'ex appena "dimenticato". Tramite il personaggio di Joel, il regista muove una critica romantica alla società ormai padrona dell'esistenza di ogni singolo individuo tanto da deciderne la sua interiorità e i sentimenti. Joel non comunica infatti, annota tutto su un'agenda: "Parlare in continuazione non significa comunicare; (...) le persone devono poter condividere le cose, è tutta qui l'intimità; voglio leggere quel diario su cui scarabocchi in continuazione... che scrivi se non hai nessun pensiero, nessuna passione, amore?" In realtà i due amanti non si odiano, odiano la società in cui vivono che esaspera le loro diversità tanto da farla diventare motivo della loro rottura. Unico grosso punto di demerito è la resa italiana del titolo: senza poesia e assolutamente anti-artistico. "Eternal sunshine of the spotless mind"", L'infinita letizia della mente candida ci piace di più. Verso di una poesia scritta da Alexander Pope: "Eloise to Abelard"; titolo bellissimo che i traduttori avendo la stessa cultura di Mary che nel film scambia il poeta per Papa Alessandro, hanno storpiato nell'osceno "Se mi lasci, ti cancello". Un film che ha la potenza di stravolgere e farci quasi accettare ciò che apparentemente all'inizio della pellicola sembra mostruoso: Perché è sbagliato dimenticare tutto, e così necessario ricordare? Secondo il regista si: in fondo Joel si pente, la segretaria è sconvolta quando prende coscienza di cosa sia accaduto alla sua anima. Mary citando Nietzsche dirà: "Beati gli smemorati perché avranno la meglio anche sui loro errori". Interessante è il fatto che Mary tenga un booklet: un quadernetto di citazioni, un surrogato per conoscere se stessi, come il block notes di Joel. Come diceva Dostoevskij, all'uomo "piace soffrire", e Mary e Joel ne sono l'esempio vivente. Esseri asociali che odiano gli smemorati e annotano tutto, imparano a memoria le citazioni per nascondere il loro disagio esistenziale, l'incapacità ad amare ma la voglia di farlo. "Siamo come quelle povere coppie per cui si prova compassione nei ristoranti, siamo morti che mangiano. Io non riesco sopportare l'idea che pensino questo di noi." Annota infatti Joel sull'agenda. Film struggente, bello e pieno di speranza e per dirla in stile baci Perugina: cancellare qualcuno dalla sola mente basta sul serio? "Joel! E se tu rimanessi questa volta? Se ne sono andati via tutti. Non c'è più nessun ricordo. Almeno torna indietro e inventati un addio. Facciamo finta che ci sia stato. Addio Joel. Ti amo. Ci vediamo a Montauk".

mercoledì 13 giugno 2012

Fahrenheit 451 di Francois Truffaut. 1966

Dai retta a me, Montag: non c'è niente lì. I libri non hanno niente da dire. Guarda: queste sono opere di fantasia, e parlano di gente che non è mai esistita. I pazzi che li leggono diventano insoddisfatti, cominciano a desiderare di vivere in modi diversi il che non è mai possibile. [...] I romanzi non sono la vita. Che cosa speravi di ricavare da tutte queste parole stampate? La felicità? Che idiota devi essere stato! Questa immondizia può far diventare pazzo un uomo. Credevi di poter imparare sui libri il segreto per camminare sull'acqua, vero? Montag, devi imparare a pensare un po'! Tutti questi scritti, tutte queste ricette di felicità, sono in disaccordo tra loro. Quindi lasciamo pure bruciare questo mucchio di contraddizioni: siamo noi che in questo momento lavoriamo per la felicità dell'uomo. Ray Bradbury ci ha lasciato. Si, proprio lui, lo scrittore fantascientifico degli anni Cinquanta, più di tutti affine all'arte del cinema, sia attraverso la trasposizione diretta di qualche sua opera sia per la sua personale collaborazione alla ste­sura di pellicole. Fahrenheit 451 di Francois Truffaut nasce per merito suo. Eppure questo piccolo gioiellino alla Mostra Cinematografica di Venezia nel 1966 non era piaciuto per niente ai critici, troppo intelelttuali avevano bocciato il genere fantascientifico definendolo sciocco e fumettistico. E Stanley Kubrick allora?! Gli eventi sono trasportati in là nel tempo SOLO per poter meglio raccontare il presente. Infatti:quanto con questo film Truffant è riuscito ad essere profetico? Quello che infatti sta a cuore a Truffaut non è raccontare una storia fantasiosa sul nostro futuro, ma denunciare lo stupro che la società moderna compie nei confronti della cultura. Noi gente del 2000 che ogni sera viviamo di fronte "alla grande famiglia" delle soap o peggio del Grande Fratello, come fa Linda. Fahrenheit 451 (la tabella dice = 232,78 ° Celsius) è la temperatura media a cui bruciano i libri. I mariti sono assenti, le mogli non lavorano e si riuniscono per passare i pomeriggi insieme, davanti a mega schermi da parete. In un’epoca in cui la TV era una scatola che trasmetteva in bianco e nero, Ray sa già bene cosa siano gli schermi a plasma. Montag rompe gli schemi: giorno dopo giorno, incendio dopo incendio, comincia ad essere affascinato dai libri che brucia. Li nasconde, li legge, inizialmente con fatica per poi ingegnarsi in un piano che non riuscirà mai a portare a termine: nascondere libri in casa di ogni pompiere, per farli arrestare tutti. Senza incendiari, nessuno potrà più distruggere il sapere. “Devo mettermi in pari con i ricordi del passato” così dice Montag alla moglie: è il futuro ad essere indietro, a dover accelerare il passo per raggiungere il passato. E solo i libri possono aiutarci. Numerosissimi, infatti, i primi piani ai libri che vengono ammassati sul pavimento, mentre vengono bagnati con la benzina o mentre bruciano, la loro distruzione è un genocidio. “In ogni libro c’è dietro un uomo”. E voi che libro siete?

mercoledì 6 giugno 2012

Sedotta e abbandonata di Pietro Germi. 1964

“Non siamo mica a Trieste, se la signorina ha detto no, vuol dire che forse è sì” Sicilia. Dopo un sostanzioso pranzo, di quelli nutrienti alla sicialiana insomma, tutta la famiglia Ascalone è a riposo. La bellissima Stefania Sandrelli è qui Agnese un'adolescente silenziosa e sottomessa, sedicenne religiosa ma attraente. Studia Pascoli ed è l'unica della famiglia a non appisolarsi dopo pranzo. Peppino la osserva, ma è fidanzato con sua sorella,invitato anch'egli a pranzo si distrae a guardare Agnese studiare mentre la sua fidanzata si appisola russando sul divano. La seduce e l'obbediente ragazza per non gridare allo scandalo decide di subire. Ma scrivendo una lettera a Peppino, perchè la ragazza comincia a desiderarlo, viene scoperta dalla madre. Il padre allora la rinchiude nella sua camera da letto. Tutta la restante parte del film ruota ovviamente su varie modalità per evitare lo scandalo e le chiacchiere e ricorrere a una giusta riparazione: il matrimonio. Siamo del resto in una retrogada Sicilia post boom economico, una Sicilia maschilista e patriarcale (perchè "l'uomo ha il diritto di chiedere, ma la donna ha il dovere di rifiutare") e la resa si stanzia a metà strada tra la satira sociale e la tragedia greca. La Sicilia è calda, arida, deserte e polverose le strade, panciuti gli uomini, sdentati gli antichi nobili caduti in rovina che si promettono in matrimonio più per fame che per amore, pettinature alte e varie imperfezioni e strabismi. Mistero, arsura, primordialità. E su tutti una spanna ben più alta, la venere Sandrelli, adolescente imbronciata, scura come l'abito che è costretta ad indossare. L'unica a non avere difetti fisici o comportamentali e per questo sarà l'alienata della storia. Nel corso della narrazione la protagonista pronuncia pochissime parole, esprimendosi con sguardi, fughe, in tutta la sua eccezionale intensità espressiva. Molto veloce il ritmo, come i passi sinuosi della bellissima Agnese, la sceneggiatura brilla per acume e intelligenza, battute e situazioni esilaranti: memorabile la scena in cui il padre della ragazza costringe tutta la famiglia, appena usciti dal commissariato dove la ragazza aveva denunciato la vendetta del fratello di lei (Lando Buzzanca) nei confronti del defloratore, a ridere per far credere alla gente che si era trattato di un malinteso, fotografia-montaggio-musica coinvolgente e azzeccati. Dieci e lode a tutto.

martedì 5 giugno 2012

Macbeth di Roman Polanski. 1971

Ma oggi finirà sul serio il mondo? Per entrare in tema mi sono immersa in una tragedia shakespeariana, immaginando che questo stop alla vita terrestre, giri anch'esso attorno alla capacità corruttiva e distruttiva del potere e dell'adulazione: Macbeth a ritorno da una battaglia vittoriosa all'inizio della pellicola e noi perchè vittime della mercificazione televisiva. Nel Giulio Cesare Shakespeare afferma proprio che mentre "Gli unicorni possono essere indotti in inganno per mezzo degli alberi; gli orsi per mezzo degli specchi; gli elefanti per mezzo delle buche; i leoni per mezzo delle reti, e gli uomini, infine, per mezzo dell'adulazione". La prima parte del Macbeth polanskiano ruota, infatti, sul raggiungimento del potere a tutti i costi, dove per tutti i costi ovviamente s'intende tanto spargimento di sangue. Il potere è una malattia ad alto contagio e trasmissione, la lady di Macbeth è infatti più accanita di Macbeth stesso, che invece sembra quasi più essere una sorta di narciso, soddisfatto dell'adulazione totale del re e irritato semmai solo dai suoi pochi riconoscimenti materiali nei suoi confronti. La seconda parte è invece la più cupa, la più polanskiana: caratterizzata dalle visioni che perseguitano i due assassini, è il loro senso di colpa a prendere il sopravvento nella loro vita. Non è la profezia iniziale delle streghe quindi a compiersi, ma il desiderio umano di brama e potere, le parole di quelle donne sembrano solo prendersi burla della sua sete che lui persegue fino alla fine. Di tipica matrice post.sessantottina la coppia Macbeth, mediocre, quasi piccoloborghese, nessuno dei due coniugi è all'altezza del ruolo sia nel dramma che nella resa scenica. E lady Macbeth, persa del tutto la ragione, ossessionata dal sangue che crede imbrattarle le mani, e non venire mai via, si getta dalla finestra. Sarà la fine anche per Macbeth: Macduff, che era stato estratto coi ferri dal ventre di sua madre morta, gli mozza la testa e avverando "le profezie" dà un nuovo re alla Scozia. E'il primo film di Poalnsky dopo la strage di Bel Air, in cui sua moglie Sharon Tate fu uccisa, assieme al figlio che aveva in grembo. Lady Macbeth è in effetti bellissima: si aggira, nuda, per le stanze del castello, in preda alla follia e al sonnambulismo, ma benchè siamo negli anni settanta non c'è nulla di ostentato, la donna è nuda perchè fragile e indifesa. Macbeth è un uomo ormai senza sangue in vene, cinico, freddo tanto che nemmeno il folle gesto della moglie lo scompone. "Spegniti, spegniti, breve candela! La vita è solo un'ombra che cammina, un povero attorello, che si dimena, tutto tronfio sulla scena, durante la sua ora, e poi non se ne sa più nulla: è un racconto narrato da un idiota, pieno di clamore, e di furia, che non significa nulla " Buona fine del mondo a tutti.

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