martedì 26 settembre 2017

L'ultima ruota del carro di Giovanni Veronesi. 2013

Quando Veronesi ha deciso di abbandonare i film commerciali di DeLaurentis ha fatto la scelta giusta.In "L'ultima ruota del carro" si è affidato alla Fandango di Domenico Procacci, il più delle volte sinonimo di qualità, e alla Warner Bros, non solo in ambito distributivo ma anche partner produttivo. Il prodotto risulta, a mio avviso, troppo "televisivo", alto, ma pur sempre televisivo. La storia è quella del suo autista: Ernesto, nel cuore di una Roma santa e un po' puttana, politicamente corrotta e calcisticamente esaltata dalle prodezze sulla fascia di Bruno Conti.
Affidatosi alle verità sviscerate dal 'vero' Ernesto, Veronesi ha provato a ripercorrere un pezzo di storia recente del nostro Paese: dai brigatisti anni 70 devastati dal ritrovamento di Aldo Moro passando per il mondiale del 1982, la Tangentopoli di inizio anni 90 e la discesa in campo del Cavaliere nel 1994 con Forza Italia, fino agli anni della crisi di questi giorni. Ok, la storia è banale, ma è tutto molto semplice e umano. E a volte, va bene così.

domenica 24 settembre 2017

Magnifica presenza di Ferzan Ozpetek. 2012

"Non so essere gay, figurati se riesco ad essere eterosessuale!".
Una ghost story ambientata a Monteverde Vecchio. Pietro acquista una casa per andare a vivere da solo, ma in realtà l'abitazione è infestata da strane presenze: una compagnia di attori anni 40. La compagnia faceva parte della Resistenza e compiva azioni di spionaggio. Pirandello (i sei personaggi in cerca di autore) e Anna Frank. Ho spesso pensato a loro. Imbarazzante la sartoria-harem di trans capeggiata da Platinette al maschile. Il gay protagonista c'è. Ovviamente. Ma questa volta è pazzo, sfigato, solo e anche un po'imbecille. La sua natura omosessuale non influisce minimamente sulla vicenda, sarebbe anche potuto essere etero. Così come la sua passione per i dolci. Del tutto inutile all'interno della trama Ho sentito la paura del regista. L'orrore per la solitudine e la morte, le ho sentite tanto perchè anche io, soprattutto in autunno, le sento riaffiorare.

lunedì 18 settembre 2017

La nostra vita di Daniele Luchetti. 2009

"all'Italia e agli italiani che fanno di tutto per rendere l'Italia un paese migliore, nonostante la loro classe dirigente".Me le ricordo nitidamente le parole di Elio Germano alla premiazione. Questa è la storia di una tragedia familiare, tra solitudini e precariato. Quella di Claudio ed Elena, una storia fatta di grande complicità e sensualità. con cura 'pesano' i prezzi dei mobili di Ikea, in modo da riuscire a far tornare i conti mensili, e si circondano di amici e parenti che rendono il tutto una grande, proletaria e felice famiglia 'allargata'. Tra le note di Vasco Rossi, simbolo di una generazione adolescenziale e post-adolescenziale con mille problemi, si grida tutta la propria rabbia e si inneggia a una nuova rinascita. La vita continua. Soprattutto per i figli che dovranno lottare su questo mondo senza l'appoggio di una figura materna.
può una vita improntata sulla mondanità, sull'inganno, sul materialismo, riuscire a sostenere la perdita di una persona cara? Si può barattare ciò che è stato perso con la smania, d'oggi in poi, di ottenere tutto e subito dalla vita? (la stessa smania con cui Claudio attende impaziente il refrain della canzone di Vasco per poterla scagliare con veemenza contro il mondo). A rispondergli un adolescente rumeno, anche lui vittima dello stesso dolore per aver perduto una persona cara. Attuale, emozionante e bellissimo.

lunedì 11 settembre 2017

Pericle il nero di Stefano Mordini. 2016

"Io sono Pericle Scalzone. Di lavoro faccio il culo alla gente"
Noir. Pericle è lo scagnozzo del boss, a cui si piega e obbedisce non per soldi, ma perchè questo rapporto è l'unico affetto che ha. Colpisce le sue vittime in testa con un sacchetto di plastica riempito di sabbia per intorpidirle, dopodiché, quando sono a terra senza sensi, si abbassa i pantaloni e dà loro una lezione che non potranno mai dimenticare.Come un cane segue gli ordini di quell’uomo che per lui è tutta la sua famiglia, senza curarsi se sia giusto o sbagliato, anche se a volte ha degli scatti nel cervello e ha paura di fare una pazzia.Tra sodomie punitive e violenze ai danni delle povere vittime, il giovane orfano che lavora per il boss don Luigi, capisce che l'unico modo per trovare la pace con sé stesso è una semplice bottiglietta d'acqua allungata da droghe sintetiche. Un elisir da bere tutto d'un fiato per cancellare, anche solo per poche ore, tutte le sofferenze e tutte le inadeguatezze della sua esistenza. A un certo punto sbaglia, ed è costretto all'esilio. Qui ha una storia d’amore con una donna sconosciuta, che risveglia un desiderio di normalità, e questo è il vero cuore del film, la parte migliore. P.S. Scamarcio è bello anche con i capelli sporchi e acconciati a samurai, stupendi i capezzoli come chiodi di Marina Foïs

domenica 10 settembre 2017

Frantz François Ozon. 2016

Sia caldo, sia freddo. Sia poetico, sia analitico. Sia molto classico, sia sperimentale. Adrien mente, espressione di un desiderio delicatamente omosessuale verso Franz, il protagonista, com lievi suggestioni omoerotiche. Le cicatrici di guerra nel basso ventre di Adrien sdraiato a petto nudo dopo un bagno nel lago: vita e morte quasi si equivalgono. Adrien (uno stupendo Pierre Niney) ha tanti segreti, tra questi le sue pulsioni sessuali, infatti, preferisce tornare all’illusione ipocrita altoborghese, lasciando Anna sola ad affrontare fino in fondo la cruda realtà. Anna è capace di perdonare l’imperdonabile e di limitare l’illusione a chi non potrebbe sopravviverle (cioè gli anziani genitori di Franz): “Bisogna vivere anche per gli altri”, dice.
Ipnotiche le sequenze nel cimitero, si respira l’oltretomba, di Poe o della poesia dei Rimbaud, dei Baudelaire o dei Verlaine. L’oltretomba di Ozon ha il suo momento chiave in quella sequenza al cimitero di notte dove si recita Chanson d’automne, celebre poesia di Paul Verlaine usata anche da Radio Londra come messaggio codificato per lo sbarco in Normandia: splendido momento di cinema dove si respira in tutta la sua forza il freddo della morte di un’intera generazione, un freddo che vale ieri come oggi. Lei perdona, lui ringrazia, abbandonandola nel vuoto, perfetta rappresentazione della spietatezza del vigliacco. Come al solito Ozon non porta premi a casa, fatta eccezione per il Mastroianni per il miglior attore giovane assegnato alla sua protagonista Paula Beer

mercoledì 6 settembre 2017

Pasolini di Abel Ferrara. 2014

Il Pasolini di Abel Ferrara non convince,ma ne riporterò ciò che di buono vi ho trovato,in primis l'atmosfera di serenità. Si parte dall'intervista rilasciata in Francia all'emittente Antenne 2, diventata celebre per l'affermazione riguardo al piacere dello scandalizzare nell'arte, si passa attraverso la tesa e provocatoria ultima intervista concessa a Furio Colombo per la Stampa, in cui si scaglia contro la società borghese dell'epoca, così occupata in futili faccende da non accorgersi dei rischi di esplosione di violenza che restano soffocati nell'ombra ma che sono continuamente pronti ad esplodere. E tra un pranzo conviviale e l'altro e una partita di pallone con i "ragazzi di vita" delle borgate, c'è il tempo per mostrare spesso Pasolini/Dafoe seduto a "creare": è alla sua scrivania, davanti a una macchina per scrivere, dove stanno prendendo corpo le sue due ultime opere. Il romanzo "Petrolio", che uscirà postumo e incompiuto soltanto nel 1992, e la sceneggiatura di "Porno-Teo-Kolossal", il lungometraggio che doveva seguire "Salò" e che il suo autore voleva affidare prima nuovamente alla coppia Totò/Ninetto Davoli, dopo il successo di "Uccellacci e uccellini" e poi ad Eduardo De Filippo in sostituzione del principe De Curtis prematuramente scomparso. E proprio la messa in scena di Petrolio chiuderà la pellicola, come un supplente Ferrara rende omaggio al nostro amato, montando cinematograficamente ciò che Pasolini non fece in tempo ad ultimare.
E noi che amiamo Pasolini apprezziamo giusto questo. Willem Dafoe fisicamente somigliantissimo ma abissalmente distante, nella sua coolness mewyorkese, ma senza l'anima del nostro PPP. Per non parlare di questa babele di suoni, il labiale dell'attore che pronuncia sempre tutto in francese o inglese. straniamento tardobrechtiano. Ferrara punta tutto sulla parte corporale, esibizionista e provocatoria di Pasolini, dimenticando che era anche l’autore che ha rivoluzionato l’idea di cinema e letteratura, il primo che ha denunciato il pericolo del consumismo sfrenato e del conformismo televisivo.

martedì 5 settembre 2017

E la chiamano estate di Paolo Franchi. 2012

Il film è molto brutto. La produttrice Nicoletta Mantovani avrebbe dovuto pensarci. Ho scelto divederlo perchè la canzone con lo stesso titolo è di una bellezza struggente e mi sembrava in tema con la fine dell'estate. Ma l'accezione romantico-nostalgica contenuta nel pezzo, il film non la riesce nemmeno a sfiorare, calato com'è nel mero esibizionismo di corpi e di un amore ‘malato' mai realmente esplorato. E lo si capisce dalla vagina in bella mostra in apertura del film.
Se è vero che (come si sostiene nel film) "una scopata non si nega a nessuno", a questo punto la domanda sorge spontanea: "Vale lo stesso anche per i film?".

Coming Soon