sabato 21 novembre 2015

La classe di Laurent Cantet. 2009

professore, io penso di non aver imparato nulla quest’anno: perché non capisco perchè studiamo quel che studiamo”.
Palma d'Oro al 61° Festival di Cannes (la prima francese 21 anni dopo “Sotto il sole di Satana” di Maurice Pialat), questa pellicola mette in scena la realtà del melting pot francese. Tra le mura della scuola si arriva con la propria rabbia, le proprie frustazioni, la propria storia. Ma di nessuno dei ragazzi -quasi- si sa nulla. E nemmeno dei professori. Soprattutto del protagonista, interpretato dallo stesso François Bégaudeau che ha scritto il libro da cui il film è tratto e ne ha anche scritto la sceneggiatura. François Bégaudeau recita il suo modo di insegnare, in cui ogni frase, ogni termine, ogni forma verbale è oggetto di confronto e discussione, ma in cui, in un’impostazione pedagogica ultrademocratica, Bégaudeau impone delle regole: l’alzarsi in piedi all’arrivo del professore, il dargli del lei, l’atteggiamento composto… tutte regole di disciplina necessarie per poter stabilire chiaramente, senza confusioni, i ruoli e per poter lavorare – anche se faticosamente.

venerdì 20 novembre 2015

Departures di Yojiro Takita. 2009

Si può parlare della morte senza creare inevitabilmente un'atmosfera decadente e disperata? La vicinanza con la morte e il rapporto rimosso con la figura paterna sono i temi portanti di questo gioiellino. La sequenza iniziale ci mostra il giovane Daigo Kobayashi, il protagonista, a un bivio esistenziale, a un crocevia dell'umano viaggio: alla guida di un'automobile riflette su quant'era vuota la sua vita a Tokyo, e su quella che sta conducendo adesso, in una sperduta provincia nipponica oppressa dall'inverno. Dopo aver messo da parte il violoncello, perchè la sua orchestra chiude i battenti, finisce col diventare un "thanatos-estetista", ma Daigo capita solo per ragioni economiche in quell'agenzia dal nome ambiguo: N.K. (= Nekro-Kosmesis). Per un po', riesce a nascondere la natura della sua nuova attività a Mika, l'innamoratissima mogliettina, tutti odiano e si vergognano di questo mestiere, ma perchè? Mika addirittura lo abbandona. Un film per riscoprire l'importanza dell'ultimo viaggio. Necessario.

giovedì 19 novembre 2015

About Elly di Asghar Farhadi. 2009

"Meglio un finale amaro che un'amarezza senza fine"
Quattro coppie di amici e tre bambini della middle-class iraniana decidono di passare tre giorni insieme in una casa sulla spiaggia del mar Caspio. Sepideh invita la giovane maestra dei propri figli, Elly, convinta che possa piacere al separato Ahmad, un giovane che vive in Germania, può sfruttare solo quei giorni per incontrarlo e conoscerlo. La camera a mano e le inquadrature concitate mi hanno provocato tensione e stizza, il realismo è palpabilissimo in molti punti. Tutto è giocato sul peso della verità e quello delle convenzioni della società iraniana, dei rapporti tra marito e moglie, uomo e donna, i loro equivoci nei rapporti sono tutti generati dalla loro cultura: colpe da spartirsi, detto e non detto, onore e vergogna, il decidere la cosa giusta da fare. Suona subito chiaro che la casa fatiscente, con i vetri rotti, è l’Iran nella sua attuale condizione (“Possiamo sistemarla”, dice, infatti, uno dei giovani). Elly - che vuole lasciare il fidanzato, ma scompare - è la liberazione che fallisce; d’altronde la ragazza manovra un aquilone come simbolo di emancipazione (del singolo, del popolo), così i personaggi in apertura “urlano al vento” dalle auto in corsa.

domenica 15 novembre 2015

La bicicletta verde di Haifaa Al-Mansour. 2012

Haifaa Al-Mansour è la prima regista donna dell’Arabia Saudita e, in generale, una delle figure di spicco della cinematografia nazionale.
Questo lungometraggio è ambientato a Riyāḍ e protagonista è Wadjda,una piccola ribelle non incline ad abbassare il capo di fronte a nessuno, veste Converse All Stars sotto la tunica nera, dimentica frequentemente di coprirsi col velo, vende trecce colorate alle compagne per avere sepre soldi in tasca. Per questi motivi è spesso in difficoltà con la preside della sua scuola, la fondamentalista Hussa e con la madre, nonostante sia più flessibile. Un sogno: comprare una bicicletta verde e gareggiare (per battere) l'amico del cuore, ma non è tollerato che le donne vadano in bicicletta (se vogliono sperare di sposarsi, un giorno), in più la bicicletta costa 800 riyāl, circa 165 €. Fin quando un giorno a scuola passa tra i banchi il modulo per l'iscrizione di una gara di canto del Corano con un montepremi di 1.000 riyāl. E’ l’occasione che stava aspettando. Ora però deve farsi riammettere alla classe di religione da cui era stata espulsa, imparare a leggere e a cantare il Corano, superare un quiz a domande strettamente religiose.
Il film di Haifaa Al Mansour non grida alla vergogna, o a qualche forma di vendetta. Né rivendica giustizia. Non è un film femminista, quanto piuttosto un film femminile, un atto d'amore verso il suo popolo. Sceglie l'ironia e la poesia per raccontare come possa essere difficile e umiliante la vita quotidiana di una donna o di una bambina in Arabia Saudita. Considera l'integralismo parte di un sistema che non è tutto da buttare, si fa portavoce della modalità più intelligente per realizzare i propri sogni, ovvero crederci e servirsi di ogni mezzo, compresi quelli che il tiranno mette a disposizione, senza mai cercare lo scontro. Il verde è il colore sacro del paradiso. Come scritto nel Dizionario dei simboli islamici di Malek Chebel, il verde è il “colore dell’Islam, del Paradiso musulmano, il verde era inoltre il colore preferito del Profeta Maometto e dei suoi compagni. Da ciò, il suo carattere sacro”. E la madre, proprio nel giorno delle nozze del marito con la seconda moglie, le fa trovare la famosa bicicletta verde, la quale diventa così un simbolo di tramandata ribellione e speranza per un futuro più libero. Wadjda fa la sua gara con la bici, seminando l’amico e volgendo verso un litorale marino che simboleggia il suo futuro. Un particolare significativo: sarà il ragazzino a toglierle il velo per gioco. Un gesto che, nella sua bellezza e nella semplicità del bambino, ci dice che basterebbe una scelta di solidarietà maschile, una liberatoria complicità per ristabilire armonia e felicità. Pessimo il doppiaggio italiano, adatto a un cineforum a tema.

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