domenica 9 ottobre 2011

Decalogo 5 - Non uccidere - Dekalog piec' di Krzysztof Kieslowski. 1988

‘’La legge non dovrebbe imitare la natura, dovrebbe correggerla. La legge è stata creata dagli uomini per regolare i rapporti sociali: ciò che noi siamo e come viviamo dipende dalle leggi, che noi osserviamo o infrangiamo. Fino a quando la sua libertà non lede quella di un altro uomo.
La pena è una forma di vendetta, specialmente se mira a recare il male e non a prevenire il delitto. Ma in nome di chi si vendica la legge? Veramente lo fa in nome degli innocenti? E sono i veri innocenti che fanno la legge?’’


Camminate per le vie oscure e opache di Varsavia e incontrerete un ventenne inquieto e disoccupato, Jacek. Inizialmente commette solo atti di vandalismo ma arriverà in un crescendo di non-sense ad uccidere un tassista. Arrestato, Jacek viene difeso d'ufficio da Piotr, un giovane avvocato che è al proprio debutto davanti al tribunale, quindi un "puro", ancora in linea con le idee da sempre professate: cerca di evitargli la pena di morte prevista dall'ordinamento giudiziario dello Stato. Ma non ci sarà clemenza e il giovane verrà impiccato. In un toccante dialogo con l'avvocato, prima dell'esecuzione, si scoprirà che Jacek era un giovane traumatizzato a causa della tragica morte della piccola sorella perchè investita da un trattorista ubriaco e al giovane avvocato non resta che manifestare la sua furiosa protesta contro questo modo violento e crudele, incapace di applicare una giustizia punitiva da parte degli uomini.
Una protesta contro la pena di morte che io sottoscrivo e approvo. Memorabile e significativa la scena dell'esecuzione di Jacek, il ragazzo tenta di ribellarsi all'impiccagione scalciando e cercando di fuggire (un po'come il taxista sotto l'istinto omicida del ventenne), tutti gli sono addosso e verametne non sembra esserci alcuna differenza fra l'omicidio commesso da Jacek e quello commesso dallo Stato.
Nei dieci brevi film del decalogo (che riprendono i dieci comandamenti)non c’è traccia di colpa individuale né di giudizio morale: non vengono mai usate delle norme etiche fondamentali ebraico-cristiane, si fa più che altro un punto di vista sul mondo. Il comandamento-nodo – "Non uccidere" – è preso da Kieslowski nel suo significato letterale, materiale. È proprio la materialità dell’uccidere quel che racconta, ponendola al centro del film e lasciandole la parola. Non giudica l’assassino, né lo giustifica. Non commisera la vittima. Non spiega perchè il ragazzo uccide (se non alla fine, anzi indugiano molto su quel momento, dimostrando quanto in realtà sia difficile uccidere un uomo, quindi implicitamente scoraggiando un po'dal farlo). Il taxista non vuole morire, quindi è faticoso vincere la sua biologica, carnale volontà di vita e l’assassino alla fine ne è stremato. Eppure il carnefice è mostrato nel suo lato umano, mentre il boia è mostruoso: usa solo la tecnica per uccidere, non sentimenti, rabbia. Cura la simmetria della camera della morte:sistema sotto la forca una bacinella per raccogliere gli escrementi dell’uomo che sta per uccidere. Lo spaventa lo sporco, ma non l'assassinio, è disumano. La pena capitale non è dunque altro che una vendetta.
"Che tu sia uomo o Stato: non uccidere"

1 commento:

  1. Ho tutto il decalogo in VHS. Mi ero riproposta di comprarlo anche in DVD.
    Peccato lui non ci sia più. Un grande regista.
    Ciao

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