“Mi accorgevo di avere la pelle d’oca. Senza una ragione, dato che non avevo freddo. Era forse passato un fantasma su di noi? No, era stata la poesia. Una scintilla si era staccata dal poeta e mi aveva dato una scossa gelida. Avevo voglia di piangere; mi sentivo molto strana.Avevo scoperto un nuovo modo di essere felice.” (Sylvia Plath)
venerdì 26 settembre 2014
Pollock di Ed Harris. 2000
Jackson Pollock era un genio depresso, alcolizzato, con un travagliato rapporto con sua moglie Lee, ma capace al tempo stesso di diventare uno dei migliori pittori della sua epoca, essendo capace di creare una nuova forma di pittura grazie alla tecnica per ‘sgocciolamento’. Harris è qui regista e Pollock, aiutato anche da una somiglianza fisica incredibile, riesce ad assumere di Pollock ogni tic, ogni movenza, ogni atteggiamento. Al suo fianco la moglie Lee, interpretata splendidamente da Marcia Gay Harden, capace di sopportare ogni pazzia del marito e giustamente premiata con l’Oscar del 2001 quale miglior attrice non protagonista.
Pollock: tormentato dalla necessità di esprimere se stesso e il desiderio di escludere il mondo intero dalla sua opera. Poi una giovane donna cammina portando con sé una rivista: è una copia di “Life” del 8 agosto 1949 e la presenta aperta ad un uomo che, con le mani sporche, vi pone la propria firma. E’ Jackson Pollock, al culmine della fama, mentre espone i suoi quadri ed alza lo sguardo, fissa lontano, oltre ad una qualche frontiera, come nella sua arte. Si lamenta del genio di Picasso perchè "lui aveva fatto già tutto" e viene riformato dall’esercito per problemi psichiatrici, comincia a dipingere dopo aver seguito all’Art Student Ligue i corsi di Thomas Hart Benton, pittore regionalista molto influente in quegli anni. Pollock cerca uno stile e proprio la Krasner lo introduce negli ambienti dell’avanguardia di New York. Conosce Peggy Guggenheim, interpretata da Amy Madigan che, stupita dal lavoro del pittore, organizza la prima esposizione personale (novembre 1843) e gli offre un contratto quinquennale. Gli commissiona inoltre un dipinto di grandi dimensioni che, nel film, Pollock dipinge in una sola notte, dopo settimane di indugio davanti all’enorme tela bianca. “Mural” è il titolo dell’opera e si presenta come un groviglio di linee ritmicamente ripetute, alludenti ad un caos primigenio. Nell’eseguire il lavoro Pollock esaurisce anche se stesso, ritrovandosi senza vitalità e ricadendo sempre nel vizio dell’alcol.A Long Island, il giovane Hans Namuth fotografa e filma l'artista al lavoro: le continue riprese sono una sofferenza ed infine Jackson, sentendosi "finto", ricomincia a bere, presenti tanti suoi "amici", compreso un'arrogante Harold Rosemberg, è l'ennesimo crollo.
Follia e fragilità. Un film un po'sottovalutato, non eccezionale, ma importante.
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