giovedì 2 ottobre 2014

Blue Valentine di Derek Cianfrance. 2010

è stato meglio lasciarci che non esserci mai incontrati”. (De Andrè)
Cindy e Dean sono una coppia sposata. Lei è un’infermiera, lui un imbianchino. Hanno una figlia, Frankie, e un cane. Sono una famiglia ordinaria: ma tutto sta andando a rotoli, e l’armonia si è spenta da un po’. Ripercorriamo la nascita della loro storia d’amore, quando i due erano giovani: lei studiava per diventare medico, mentre si prendeva cura della nonna in Pennsylvania; lui lavorava in una ditta di traslochi a New York. S’incontrano per caso, lui la corteggia, s’innamorano. Passato e presente s'intrecciano con due fotografie diverse e due rapporti diversi: se prima Cindy è solare e innamorata, dopo non basterà la notte di sesso e alcol programmata da lui in un motel squallido e kitsch (nella “stanza del futuro”…) per cambiare o distendere la situazione. Il titolo è quello di un album del 1978 di Tom Waits, in cui il cantautore americano cantava la fine di un amore ancora forte nei suoi ricordi. Anche qui è così. Autopsia di un amore. Radiografia di una coppia implosa. Blue Valentine è un film indie molto intimo che racconta una storia piccola di una coppia come tante che affronta una crisi di quelle potenti. Ispirato al divorzio dei genitori del regista Derek Cianfrance, interrotto a causa della scomparsa di Heath Ledger (ex-compagno della protagonista Michelle Williams), Blue Valentine sembra essersi nutrito di un dolore che non appartiene al mondo della finzione e riproduce un’aspra verità a cui spesso il cinema americano preferisce una versione più patinata. Dean è alcolizzato, fallito, tenta di essere quel buon padre di famiglia che ha sempre promesso a Cindy, e lei è insoddisfatta di lui, della famiglia che hanno creato assieme (e che tanto assomiglia alla sua…), e forse anche del suo lavoro. Film depressivo fino al midollo, dove la routine del quotidiano logora ogni passione, e ogni frase può essere usata come un’arma contro l’altro, è invece emotivamente più complesso. Piace tanto, Blue Valentine, perché, nonostante tutta la parte finale sia una discesa in un incubo realista, ci fa comunque vedere cose bellissime, rese ancora più preziose dal rapporto che hanno con gli orrori della vita che non ci vengono risparmiati. Perché affiancato all’immagine di un uomo che piange disperato, c’è un tip tap improvvisato sulle note di un ukulele nel cuore della notte. Anche l'amore vero può finire: se lui dorme sul divano e porta perennemente gli occhiali scuri, disfatto da Bacco e tabacco, ma ancora innamorato della sua distante Venere. Più che dissoluto, è un uomo in dissolvenza: un talento sprecato per orizzonti troppo angusti, nei quali, però, esercita con tenerezza e devozione il magistero paterno con la piccola Frankie, che stravede per lui. Lei, Cindy, precocemente incinta, in un’età in cui sognare era ancora lecito, è una moglie sull’orlo di una crisi di nervi ed una lavoratrice insoddisfatta. Un potenziale pittore che fa l’imbianchino, una potenziale dottoressa che fa l’infermiera: a volte la vita non va come si vorrebbe. Specie quella di coppia. Lui tenta un cunnilingus sotto la doccia di Dean: “come up”, le impone la moglie nuda, allontanando il non più riamato amante. La vagina di Michelle Williams è letteralmente il luogo dell’inviolabilità, il rifugio che resta a Cindy dopo l’organo un po’ più up, il cuore, è stato in qualche modo tradito. Il mancato aborto, con il dottore che infila la mano nell’utero e Cindy che cambia idea, è il primo sintomo di u-turn, di uno spazio intimo che comincia a rigettare il maschio. Che si riappropria dei suoi spazi intimi. Il dottore esce fuori dalla stanza. E anche Dean farà quella fine. Emozionante e autentico: da non perdere.

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