domenica 1 gennaio 2012

La Femme d'à côté di François Truffaut, 1981

Né con te, né senza di te

L'anno si è chiuso e questo è l'ultimo film che ho scelto di guardare nel 2011. Il 27 dicembre Depardie ha spento le sue candeline. Qui più biondo e smagrito, vive serenamente con la giovane moglie Arlette e il loro bambino Thomas in una villa sperduta in una campagna francese; tranquillo e felice, fin quando non arrivano i loro nuovi vicini di casa, Philippe, ma soprattutto "la donna" Mathilde. Ben presto si scoprirà che Bernard e Mathilde, in realtà, non sono sconosciuti l'un per l'altra, in passato erano stati amanti. E'davvero così casuale che diventino vicini di casa? La passione si riaccende. E con vigore.
E' questo il penultimo film della carriera di François Truffaut, qui concentrato nel tema dell’amour fou, dell’incontrollabilità della passione amorosa e del potere (auto)distruttivo dell’Eros che danza con Thanathos. Fanny Ardant qui debutta sul grande schermo e all’epoca era la compagna di Truffaut anche nella vita, una passione che bruciava nelle sue vene e che quindi ben conosceva.
L’intera storia del film è raccontata in flashback attraverso la voce narrante di uno dei personaggi chiave della pellicola, madame Jouve, la confidente e proprietaria di un club di tennis, testimone impotente degli eventi riguardanti i due protagonisti. Una voce narrante che però ben conosce l'assoluta dedizione alla persona amata, quella forza prorompetente e autodistruttiva, che preannuncia la tragedia che vivranno i due amanti protagonisti.
Lei dapprima finirà ricoverata in un clinica psichiatrica, poi lo ammazzerà a colpi di pistola e ammazzerà se stessa. Come già Ovidio, Catullo e Marziale avevano scritto, molti secoli fa, il fine si conclude con una chiara sentenza: “Nec sine te nec tecum vivere possum”, un tema conosciuto e abbondante trattato quindi, ma Truffaut evita sia il punto di vista del narratore impersonale, sia il racconto interno ad un protagonista, sceglie di non farci parteggiare per alcuno evitando così di poter non comprendere il dramma che quasi tutti i protagonisti si trovano a vivere per colpa o grazie all'amore: sceglie quindi lo sguardo di Odile. Una sopravvissuta, si è infatti gettata dalla finestra per un amore non natoe anche lei, la narratrice diventa attrice: verrà, infatti, raggiunta dal suo amante d’un tempo che vuole rivederla. Partirà per Parigi per non incontralo, lui non sa del suo folle gesto, ha perso l'uso di una gamba, come giustificarlo?
Inquadrature strettissime, per un'attenzione sempre concentrata sugli sguardi dei protagonisti e su altri oggetti e rumori apparentemente banali che fanno da cornice a questo dramma: si sentono di notte i terribili versi dei gatti: "fanno l’amore come dei selvaggi”. Poetica fino all'eccesso la scena in cui i due amanti si cercano più volte simultaneamente al telefono e ovviamente lo trovano entrambi occupato, metafora dell'incomunicabilità verbale del loro amore, di una felicità irraggiungibile proprio perché cercata troppo razionalmente.
La voce di un medico che stila il loro referto di morte chiude questa storia, raccontandola in maniera asettica, come se non fosse stata la dirompente forza dell'amore ad uccidere, quell'estremo tentativo di avere l'altro per sempre e fermare l'attimo in cui i due erano una sola cosa.Je me retrouve cômme Edith Piaf,Vous savez ?! Rien de rien, je ne regrette rien!

2 commenti:

  1. Un altro bel film, anche se il mio preferito, tra gli ultimi di Truffaut, è Finalmente Domenica, sempre con l'Ardant.

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