“Mi accorgevo di avere la pelle d’oca. Senza una ragione, dato che non avevo freddo. Era forse passato un fantasma su di noi? No, era stata la poesia. Una scintilla si era staccata dal poeta e mi aveva dato una scossa gelida. Avevo voglia di piangere; mi sentivo molto strana.Avevo scoperto un nuovo modo di essere felice.” (Sylvia Plath)
giovedì 17 maggio 2012
Brutti, sporchi e cattivi di Ettore Scola, 1976
"Tutti devono essere sapitori della splendosità di Giacinto!"
Questo il premio per la miglior regia al 29° Festival di Cannes. Ambientato in una squallida periferia romana negli anna Settanta, una famiglia "allargata" vive in una baracca. I componenti di questa numerosissima famiglia sono ovviamente brutti, sporchi e cattivi e vivono condannati in pochi centimetri quadrati di autonomia, spesso spinti all'autoriproduzione. I figli del capo famiglia: Nino Manfredi qui nei panni del vecchio Giacinto sono veri o presunti tali per garantirsi un tetto dove dormire. Tanta la strada che Nino Manfredi percorre da quando io lo ricordo ubriaco nel film "Grandi Magazzini"fino ad arrivare a questo film, che brilla solo per la sua impeccabile interpretazione e per la patina di realtà che si respira. Assenti i colori, solo sporcizia e immondizia delle quali quasi si arriva a sentire il puzzo. Una latrina senza fondo in cui annegare i topi. Questa l'umanità descritta da Scola, tanto che io spesso mi chiedevo: ma davvero esisteva o esiste quest'Italia? Forse Scola è uno dei pochi registi a mettercela così brutalmente sotto il naso.
Certo mi viene in mente Pasolini e la volontà primordiale di migliorare a tutti i costi la propria condizione sociale di nascita. Un film volgare: corpi mutilati, grasse puttane, incesti, tentativi di avvelenamento col veleno dei topi.
Iside: ma com'è tu moje?
Giacinto: Comprensiva.... basta menaje
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