“Mi accorgevo di avere la pelle d’oca. Senza una ragione, dato che non avevo freddo. Era forse passato un fantasma su di noi? No, era stata la poesia. Una scintilla si era staccata dal poeta e mi aveva dato una scossa gelida. Avevo voglia di piangere; mi sentivo molto strana.Avevo scoperto un nuovo modo di essere felice.” (Sylvia Plath)
venerdì 19 ottobre 2012
Primavera, estate, autunno, inverno... e ancora primavera di Kim Ki-Duk. 2003
“Finché dura lo spazio, finché permangono gli esseri senzienti, che io possa vivere per scacciare la sofferenza dal mondo”
Un monaco buddista e il suo giovane discepolo vivono in una casetta galleggiante su un lago in Corea, simbolo del distacco dal mondo. Il film è diviso nella rappresentazione delle quattro stagioni, più una che rappresentano l'iniziazione alla vita e all'illuminazione. Fin quando l'arrivo di una ragazza scombina i sentimenti del discepolo..."Il desiderio crea dipendenza, e la dipendenza porta pensieri di morte”, dichiara, infatti, il maestro al suo giovane allievo innamorato in uno dei pochissimi dialoghi della pellicola. Il mondo esterno ha fatto dei desideri la sua unica ragione di vita. Questa la critica del maestro. Ma "non è colpa tua" consola la voce del maestro, ogni stagione ha le sue tentazioni ed è umano cedervi, compito del maestro sarà proprio mostrare al suo allievo ogni volta la strada per la redenzione, tramite anche il dialogo con cui accoglie il ragazzo appena tornato: “Dunque sei tornato. Sembri sconvolto, per quale motivo?” – “Io la odio, quella puttana!!! Ha detto di amare solo me, e poi ha trovato un altro uomo!!!” – “E tu che diritto hai di considerarla tua? Non può forse qualcun altro provare per lei quello che provi tu? La vita è trovare, e imparare a rinunciare a ciò che si è trovato.”
Fin quando il lago si ghiaccia e arriva l'inverno. La poesia delle porte che dividono ambienti già aperti: non esistono infatti pareti. Il bello di Kim Ki-Duk che piace e convince anche quando non lo si capisce. Anche quando è semimuto come in questo caso. Perchè è bello.
Il primo quadro è la Primavera, l'età della scoperta, dell'innocenza, che nel caso dell'allievo è però crudele: lega con un sasso un pesce, una rana e un serpente. Il monaco lo segue ed osserva e il mattino dopo lega a sua volta un sasso alla schiena del ragazzo, per liberarsene dovrà ripercorrere a ritroso il cammino fatto nel giorno precedente e liberare gli animali, avrà la libertà quando l'avrà restituita: “Se anche una delle creature che hai torturato muore, porterai nel cuore un peso per tutta la vita”. Sarà questa la sua prima lezione in assoluto. Poi verrà l'Estate con il tormento della carne: l'adolescenza. Una ragazza giunge al monastero perchè malata: “Quando la sua anima raggiungerà la pace, solo allora il suo fisico ritroverà la vita”. E la ritrova tra le braccia del giovane che poi la seguirà quando lei una volta guarita andrà via. E quel microcosmo protettivo che aveva fino a quel momento fatto da casa all'allievo verrà oltrepassato. L'autunno sarà la stagione della violenza: “Non sapevi che fosse così?” sembra rimproverarlo il monaco che per espiare le sue colpe lo percuote, lo lega e lo obbliga ad incidere sul pontile del tempio il Sutra, seguendo i suoi gesti: scrive a sua volta utilizzando la coda di un gatto. Fin quando non sopraggiungono i due poliziotti per arrestarlo ma finiranno per colorare le incisioni del giovane che intanto continua a scrivere per tutta la notte. L'allievo verrà condotto via. E sopraggiunge così l'Inverno, stagione dell'espiazione, stagione in cui una giovane madre si recherà al tempio per lasciare il suo giovane figlio lì e far si che il ciclo della vita si ri.compia, per questo "sarà di nuovo Primavera": un nuovo bambino sarà pronto ad affrontare il percorso.
“Finché dura lo spazio, finché permangono gli esseri senzienti, che io possa vivere per scacciare la sofferenza dal mondo”
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento