“Mi accorgevo di avere la pelle d’oca. Senza una ragione, dato che non avevo freddo. Era forse passato un fantasma su di noi? No, era stata la poesia. Una scintilla si era staccata dal poeta e mi aveva dato una scossa gelida. Avevo voglia di piangere; mi sentivo molto strana.Avevo scoperto un nuovo modo di essere felice.” (Sylvia Plath)
martedì 6 novembre 2012
La doppia vita di Veronica di Krzysztof Kieslowski. 1991
L'identità di una persona è il composto di se stessa e della sua circostanza. Ma se la circostanza comprende un altro se stesso, come può agire il proprio sentimento?
(Ortega Y Gasset)
"Il 23 novembre 1966 è stato il giorno più importante della loro vita. E' in quel giorno, alle tre del mattino, che sono nate in due città diverse, in due diversi continenti... Quando tutte e due avevano due anni e sapevano già camminare, una si bruciò toccando il forno. Qualche giorno dopo anche l'altra avvicinò il dito al fuoco, ma all'ultimo momento lo ritirò e pertanto non poteva sapere che si sarebbe bruciata. Ti piace? Potrebbe intitolarsi 'la doppia vita di...' ma non so che nome da loro".
Le due Veroniche non s’incontreranno mai, solo una delle due però vedrà l'altra, privilegio che dura pochi istanti, e poi perderà la vita. Un intimo ed elegante dialogo con se stessi. Specchi, lenti e prismi, il trasparente che permette di vedere, la specularità e il doppio. Pellicola priva di un plot ma giocata tutta su accattivanti suggestioni poetiche. Perchè diciamocelo Kieslowski è un autore e non un semplice regista. E così l'eroina Veronica vive senza saperlo due vite differenti, il film si apre, infatti, con una sequenza che mette in mostra due neonate: Veronique e Weronika, la prima di nazionalità francese, la seconda polacca. Le vicende cominciano con Weronika, i suoi gesti semplici raccontano chi è la ragazza, parole essenziali e banali ma immagini potentissime: mentre tutte le sue colleghe coriste (Weronika è la voce solista in un coro)fuggono da un incessante pioggia, la ragazza rimane a bagnarsi. Weronika canta, è allegra e ama. Ma ha un'inquietudine interiore che da subito manifesta: è come se non fosse sola in quello che fa, come se ogni suo gesto fosse complentare a qualcos'altro. Ma a cosa esattamente? "Ho una strana sensazione. Mi sembra di non essere sola al mondo", confida al padre. "Non lo sei", risponde riferendosi a sé stesso, dimostrando quindi una natura diversa da quella della figlia, ignorando il significato vero delle parole di Weronika. Fin quando i nodi sembrano venire al pettine: vede su un bus una ragazza scattare delle foto, nella quale riconosce se stessa. E cosa succede quando appare il nostro se? Non siamo quindi univoci come fino a quel momento avevamo pensato. Quindi l'inquietudine di Weronika era il suo altro se? L'unità del suo ego fino a quel momento sostenuta si sgretola e questo ha effetti devastanti per il suo corpo: la ragazza già malata di cuore, mentre canta ha un attacco e cade a terra esamine. La crisi dell'identità è stata fatale per Weronika. Nell'immagine successiva la terra ricopre la sua bara e intanto Veronique fa l'amore con il suo ragazzo. La vicenda si sposta quindi in Francia. Veronique che ama il canto anche lei, abbandona tale passione: "Ho deciso di abbandonare... Non so perché, ma so che devo abbandonare adesso". La morte del suo doppio ha scosso Veronique e lo spettatore lo intuisce subito. Anche Veronique sente che "qualcosa non è più al suo posto" e anche lei è malata di cuore. S'innamora di un burattinaio che l'aiuta nella scoperta della verità: le fa notare che in una foto scattata a Varsavia è venuta particolarmente bene "Per tutta la vita ho avuto la sensazione di essere nello stesso tempo qui e altrove. E' difficile da spiegare. Ma io so, io sento sempre quello che debbo fare". Non una figura qualsiasi quindi quella del burattinaio, ma essenziale per rivelare a Veronique il motivo della sua inquietudine.
E cinque anni dopo questo film, il profeta-regista morirà d’infarto, come la sua protagonista.
O voi che siete in piccioletta barca,
desiderosi d’ascoltar, seguiti
dietro al mio legno che cantando varca,
tornate a riveder li vostri liti:
non vi mettete in pelago, ché forse,
perdendo me, rimarreste smarriti. [Dante, Paradiso, II]
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"...una foto scattata a Varsavia..."
RispondiEliminaEr, Cracovia?