“Mi accorgevo di avere la pelle d’oca. Senza una ragione, dato che non avevo freddo. Era forse passato un fantasma su di noi? No, era stata la poesia. Una scintilla si era staccata dal poeta e mi aveva dato una scossa gelida. Avevo voglia di piangere; mi sentivo molto strana.Avevo scoperto un nuovo modo di essere felice.” (Sylvia Plath)
venerdì 15 novembre 2013
Un affare di donne di Claude Chabrol. 1988
"Ave maria piena di merda, marcio è il frutto del ventre tuo..."
Marie-Louise Giraud. Forse, l'ultima donna condannata a morte per ghigliottina in Francia nel 1943. Procurava gli aborti a donne del suo paese rimaste incinta dai gendarmi tedeschi e affittava camere alle sue amiche prostitute. Questa l'accusa, da parte del vile generale venduto-collaborazionista Petain. E la condanna verrà ovviamente da un tribunale di soli uomini, gli stessi che inguaiavano le sue "clienti". Francia, sconfitta dai tedeschi che vuole mostrare pugno di ferro nella difesa della moralità pubblica. Sarà quindi la fine, l'avvocato lo capisce subito. Non c'è scampo.
Tu credi che hanno un'anima i bambini in pancia alla madre? - è il dubbio che ad un certo punto assale la protagonista. -Bisognerebbe che prima ce l'avessero le madri. risponde l'amica prostituta. Marie viene descritta come fredda e solo legata al dio denaro: È facile non fare stronzate quando si è ricchi, ma il dubbio è che l'immagine che ne viene data sia quella di una donna cattiva, solo per giustificare la sua condotta troppo libera.
Tanti i segnali nel film di quella che sarà la punizione finale della donna: il figlio che dice di voler fare il boia da grande, l’oca decapitata alla festa paesana che il suo amante le regala, l'uomo sparato in pubblica piazza che raggiunge Marie e la guarda fissa negli occhi prima di morire.
Impeccabile Isabelle Huppert, la sua interpretazione è l'unica nota positiva che salverei del film. Bocciata sia la libera interpretazione, i fatti non sono documentati, - perchè quindi infangare così una donna- sia il messaggio veicolato. Si legge, infatti, alla fine: "ayez pitié des enfants de ceux que l'on condamne", "abbiate pietà dei figli di coloro che condanniamo". Roba da non crederci!! Di Marie condanniamo solo la visione intima che il regista ne dà, una visione sua, personale, e che nulla a che fare con il ruolo sociale che la donna rappresenta.
Questo lo rende dunque un importante documento da far vdere a tutti coloro che, ancora oggi, si oppongono all’aborto legalizzato, dimenticando che in un passato per niente remoto abortire per una donna significava rischiare la propria vita.
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