“Mi accorgevo di avere la pelle d’oca. Senza una ragione, dato che non avevo freddo. Era forse passato un fantasma su di noi? No, era stata la poesia. Una scintilla si era staccata dal poeta e mi aveva dato una scossa gelida. Avevo voglia di piangere; mi sentivo molto strana.Avevo scoperto un nuovo modo di essere felice.” (Sylvia Plath)
lunedì 28 settembre 2015
Inside out di Pete Docter.2015
L’ultimo film della casa di produzione californiana Inside Out conclude la propria parabola con una sola morale: nella vita non c’è gioia senza tristezza.
Riley è una bambina del Minnesota che si trasferisce a San Francisco con la famiglia, e lo fa dal punto di vista della sua mente: cioè, protagonisti sono le emozioni del suo cervello, Gioia, Tristezza, Paura, Disgusto e Rabbia. Da una plancia di comando in questo momento così critico gestiscono le sue reazioni, fin quando Gioia e Tristezza finiscono da un'altra parte e la seconda parte del film racconta i loro tentativi di ritornare al quartier generale,mentre Riley cerca di tornare felice com’era nel Minnesota, sentendosi sperduta a San Francisco.
La Pixar il suo mestiere lo fa bene: da un lato c’è la rilettura “post-moderna” dell’immaginario collettivo (i supereroi, la fiaba…), e dell’altro c’è la rielaborazione fantastica dei processi educativi, comportamentali ed emotivi che fanno parte del nostro vissuto quotidiano, come il rapporto con il gioco (Toy Story), le paure infantili (Monsters & Co.), il piacere sensoriale (Ratatouille) e il trauma della perdita (Up).
Attraverso l’esplorazione matura e autocosciente delle emozioni umane, il film delinea un percorso formativo delicatissimo che porta Riley (e le sue emozioni primarie) ad acquisire una nuova consapevolezza di sé, accettando l’idea che sia sempre necessario sacrificare qualcosa del proprio passato per sopravvivere alle ingerenze del futuro.
La collaborazione tra Gioia e Tristezza – in passato considerate antitetiche – è l’emblema di questo cambiamento, Riley sta crescendo.
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