“Mi accorgevo di avere la pelle d’oca. Senza una ragione, dato che non avevo freddo. Era forse passato un fantasma su di noi? No, era stata la poesia. Una scintilla si era staccata dal poeta e mi aveva dato una scossa gelida. Avevo voglia di piangere; mi sentivo molto strana.Avevo scoperto un nuovo modo di essere felice.” (Sylvia Plath)
venerdì 4 dicembre 2015
Domicile conjugal di François Truffaut. 1969
Il film si apre con una insistenza quasi voyeristica sulle gambe di Claude Jade (ai tempi, la compagna di Truffaut) che recita la parte di Christine Darbon/Léaud. La ragazza ha un violino in mano perchè si scoprirà poi essere una musicista, e corregge i suoi interlocutori che la chiamano "mademoiselle", perché lei è sposata "No, pas mademoiselle, madame".
Antoine, il novello marito, per lavoro tinge fiori e li vende nel suo negozio, nel cortile del caseggiato in cui vive con la moglie, aiutandola con clienti insolventi. Le tinture di Antoine a volte non riescono, così il ragazzo decide di cambiare lavoro. Viene assunto per un malinteso (uno scambio di lettera di presentazione) in una grande impresa americana, non sarebbe mai stato assunto, si cerca uno che conosca bene l'inglese, mentre il suo inglese è piuttosto maldestro, proprio come ai tempi di "I 400 colpi" quando René non riusciva a pronunciare "Where is the father".
Il suo nuovo lavoro consiste nel manovrare battelli in miniatura che galleggiano in una vasca del parco (come un gioco per bambini). Nasce il primo figlio della coppia. Christine vuole chiamarlo Ghislain, ma Antoine lo registra come Alphonse. (da cui: prime liti).
L'oggetto del desiderio, per essere tale, deve necessariamente essere "altrove" e s'innamora di una giapponese, tradito ancora una volta dai fiori, nei quali la sua amante aveva incastrato messaggi d'amore che fuoriescono dai fiori quando questi si schiudono, Doinel è scoperto dalla moglie e si separano. Deve così abbandonare il domicilio coniugale, ma Antoine si stanca presto dell'avventura esotica, così torna dalla moglie.
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