“Mi accorgevo di avere la pelle d’oca. Senza una ragione, dato che non avevo freddo. Era forse passato un fantasma su di noi? No, era stata la poesia. Una scintilla si era staccata dal poeta e mi aveva dato una scossa gelida. Avevo voglia di piangere; mi sentivo molto strana.Avevo scoperto un nuovo modo di essere felice.” (Sylvia Plath)
mercoledì 6 giugno 2012
Sedotta e abbandonata di Pietro Germi. 1964
“Non siamo mica a Trieste, se la signorina ha detto no, vuol dire che forse è sì”
Sicilia. Dopo un sostanzioso pranzo, di quelli nutrienti alla sicialiana insomma, tutta la famiglia Ascalone è a riposo. La bellissima Stefania Sandrelli è qui Agnese un'adolescente silenziosa e sottomessa, sedicenne religiosa ma attraente. Studia Pascoli ed è l'unica della famiglia a non appisolarsi dopo pranzo. Peppino la osserva, ma è fidanzato con sua sorella,invitato anch'egli a pranzo si distrae a guardare Agnese studiare mentre la sua fidanzata si appisola russando sul divano. La seduce e l'obbediente ragazza per non gridare allo scandalo decide di subire. Ma scrivendo una lettera a Peppino, perchè la ragazza comincia a desiderarlo, viene scoperta dalla madre. Il padre allora la rinchiude nella sua camera da letto.
Tutta la restante parte del film ruota ovviamente su varie modalità per evitare lo scandalo e le chiacchiere e ricorrere a una giusta riparazione: il matrimonio. Siamo del resto in una retrogada Sicilia post boom economico, una Sicilia maschilista e patriarcale (perchè "l'uomo ha il diritto di chiedere, ma la donna ha il dovere di rifiutare") e la resa si stanzia a metà strada tra la satira sociale e la tragedia greca. La Sicilia è calda, arida, deserte e polverose le strade, panciuti gli uomini, sdentati gli antichi nobili caduti in rovina che si promettono in matrimonio più per fame che per amore, pettinature alte e varie imperfezioni e strabismi. Mistero, arsura, primordialità.
E su tutti una spanna ben più alta, la venere Sandrelli, adolescente imbronciata, scura come l'abito che è costretta ad indossare. L'unica a non avere difetti fisici o comportamentali e per questo sarà l'alienata della storia. Nel corso della narrazione la protagonista pronuncia pochissime parole, esprimendosi con sguardi, fughe, in tutta la sua eccezionale intensità espressiva.
Molto veloce il ritmo, come i passi sinuosi della bellissima Agnese, la sceneggiatura brilla per acume e intelligenza, battute e situazioni esilaranti: memorabile la scena in cui il padre della ragazza costringe tutta la famiglia, appena usciti dal commissariato dove la ragazza aveva denunciato la vendetta del fratello di lei (Lando Buzzanca) nei confronti del defloratore, a ridere per far credere alla gente che si era trattato di un malinteso, fotografia-montaggio-musica coinvolgente e azzeccati. Dieci e lode a tutto.
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