“Mi accorgevo di avere la pelle d’oca. Senza una ragione, dato che non avevo freddo. Era forse passato un fantasma su di noi? No, era stata la poesia. Una scintilla si era staccata dal poeta e mi aveva dato una scossa gelida. Avevo voglia di piangere; mi sentivo molto strana.Avevo scoperto un nuovo modo di essere felice.” (Sylvia Plath)
giovedì 17 ottobre 2013
L'imbalsamatore di Matteo Garrone. 2002
Peppino Profeta è un nano di mezza età che imbalsama animali, con l'aggiunta di qualche "lavoretto sporco" per la camorra, per avere dei soldi per i suoi "vizi", uno in particolare su cui ruota l'intera vicenda del film. Valerio è un ragazzo prestante, pettorali scolpiti, sguardo accattivante. Un po' troppo giovane per i miei gusti, ma da dieci e lode comunque il ragazzo. Peppino gli offre lavoro come aiutante nella sua bottega, insegnandogli tutti i trucchi del mestiere e averlo vicino. Sa come attrarre il ragazzo: stipendio raddoppiato rispetto a quello da cameriere, vita mondana con annesse donne e festini privati. Fino addirittura ad ospitarlo, quando il fratello si lamenta dei suoi orari. Peppino segue un copione per allontanare il ragazzo da parenti e fidanzata. Tutta questa amicizia comincerà a puzzarvi e dopo un po', insieme a Valerio, e forse anche dopo, capirete le reali intenzioni di Peppino.
A rompere l'equilibrio la svampita ragazza dalle labbra rifatte, per la quale Valerio prova una forte passione, tanto da convincere Peppino ad ospitarla sotto il loro tetto e scatenando la sua gelosia. Difenderà ad ogni costo il suo pupillo.
Mai si capirà se in realtà la relazione tra i due si consumi, nonostante la ragazza di Valerio costantemente lo chieda.
Qualcosa vi lascerà presagire che la fine sarà tragica. Esisteva veramente "un nanetto della Stazione Termini", Peppino qui romanza il tutto e con estrema bravura direi, un uomo dai tratti di showman che ben si presta alla personalità richiesta dal personaggio.
Tutto è sottotono, ma affascinante e intrigante. Degno di nota l'inconsueto punto di vista del tacchino chiuso in gabbia allo zoo che assiste all'adescaggio di Peppino nei confronti di Valerio, attutito sia nella vista che nell'udito. Geniale. Primi piano improbabili, frequente alzarsi e abbassarsi della telecamera per seguire il nano Peppino e il gigante Valerio, stacchi improvvisi nella ripresa. Dialetto campano. Va verso questa strada il cinema italiano contemporaneo. Improvvisazione, realtà. Mi piace.
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