“Mi accorgevo di avere la pelle d’oca. Senza una ragione, dato che non avevo freddo. Era forse passato un fantasma su di noi? No, era stata la poesia. Una scintilla si era staccata dal poeta e mi aveva dato una scossa gelida. Avevo voglia di piangere; mi sentivo molto strana.Avevo scoperto un nuovo modo di essere felice.” (Sylvia Plath)
venerdì 3 aprile 2015
Le dernier loup di Jean-Jacques Annaud. 2015
"Non si cattura un dio per farne uno schiavo"
1969 e piena rivoluzione culturale, Chen Zhen, un giovane studente di Pechino viene inviato nelle zone interne della Mongolia per insegnare a una tribù nomade di pastori a leggere e scrivere.
Ma sarà Chen ad imparare: conoscerà, fino ad innamorarsene, la steppa e il dio della steppa, il lupo . Sedotto dal complesso e quasi mistico legame che i pastori hanno con il lupo e affascinato dall'astuzia e dalla forza dell'animale, Chen ne cattura un cucciolo per studiarlo e addomesticarlo. Ma qui, i lupi della regione, quando non hanno gazzelle a sufficienza per sfamarsi, vengono eliminati...e sarà incontro/scontro tra uomo e natura.
Il lupo per i mongoli è un Dio, parte da questo preupposto Lü Jiamin. lo scrittore cinese che sfidò il comunismo, guardia rossa eretica che scelse di esser mandato lì in rieducazione per salvare dal rogo i suoi amati libri (nel film questo particolare è appena accennato).
Chen Zhen (alias di Lü Jiamin), testimonia la storia di un’epoca di grandi mistificazioni, di modelli culturali imposti con la forza e di indicibili sofferenze procurate al popolo.
Seppur WWF (il salotto bene dell’ambientalismo) affianchi alla promozione del film il progetto “Adotta un lupo” (un nome tremendamente discordante col filo conduttore del film), i predatori di Annaud sembrano il lupo cattivo di Cappuccetto Rosso. Troppo sempliciotti e favolistici i dialoghi.
Il film narra anche dello scontro tra una civiltà fondata solo sulle dottrine e sui libri e una barbarie libera e feroce che basa le proprie conoscenze sull’esperienza vissuta, sulla forza forgiata proprio nell’affrontare e provare sulla propria pelle le difficoltà più estreme, sulla saggezza popolare fondata sulle cose più semplici e che spesso ridicolizza le convinzioni più moderne ed “evolute”. Scontro che si trasformerà ben presto in astio tra il popolo cinese, mercante e mangiatore di riso, verso il popolo mongolo, cacciatore e mangiatore di carne, ritenuto rozzo ed analfabeta ma che proprio per la sua superiorità spirituale e fisica era riuscito a piegare i propri nemici fondando l’Impero più vasto del mondo, fatto per cui i cinesi ancora provano rancore. E quest’astio si concretizzerà nell’odio irrazionale e brutale da parte dei cittadini, dei contadini, dei cinesi e del governo comunista verso la figura del Lupo, il totem del popolo delle steppe. Da qui l'ordine dello sterminio: il Lupo rappresenta la vita, mentre i poveri piccoli animali erbivori che i cinesi vogliono salvare dai cattivi predatori carnivori, sono i più dannosi perché divorano l’erba.
P.S. Per chi non lo sapesse in bocca al lupo è un bell’augurio perché la mamma lupa tiene i suoi cuccioli in bocca per proteggerli.
P.S.S. I lupi non si suicidano
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