“Mi accorgevo di avere la pelle d’oca. Senza una ragione, dato che non avevo freddo. Era forse passato un fantasma su di noi? No, era stata la poesia. Una scintilla si era staccata dal poeta e mi aveva dato una scossa gelida. Avevo voglia di piangere; mi sentivo molto strana.Avevo scoperto un nuovo modo di essere felice.” (Sylvia Plath)
giovedì 9 luglio 2015
La madre di Angelo Maresca. 2014
Tratto da un romanzo di Grazia Deledda, di una Sardegna in cui, nei piccoli centri, il rigore dei principi e la repressione sono ancora dominanti, ma ambientato a Roma, nel quartiere Eur e allocando la chiesa nel Colosseo Quadrato.
Tanti i campi lunghi che permettono di seguire negli spostamenti, anzitutto della madre, che va avanti e indietro ostinata e rabbiosa nella sua lotta di dissuasione sugli amanti. Maddalena è stata prima un’orfana, poi una serva, poi una ragazza madre, infine una giovane vedova. Don Paolo è figlio di una violenza, confessa i suoi parrocchiani guardandoli negli occhi, come un marito fedifrago, lui che è avvinto da carnale passione alla bella borghese Agnese.
Amore materno ossessivo, pedina il prete mentre si reca dall'amante, con gli stessi diritti di una moglie tradita. Lei, gambe tornite e corpo appesantito, da quella vetrata osserva il loro peccato.
Don Paolo si lava e profuma prima dell'appuntamento e il regista non è avaro nemmeno nel mostrare tutti i suoi amplessi, i due consumano un frettoloso rapporto persino in Chiesa. Una canonica spoglia, ma piena di luce, così come la casa che il prete divide con la madre: con enormi quadri alle pareti con scene angoscianti a rappresentare il senso del peccato, statue ricoperte da teli, vetri offuscati che, anziché far trasparire, nascondono.
Carmen (la madre) è spagnola e di umili origini, la donna che Paolo sceglie è bionda, alta, sofisticata, altera, quasi glaciale, ricca, vestita spesso di bianco e nero come l’ambiente intorno. Una donna viziata, di quelle incapaci di perdere. Questo è limite del film: troppe spiegazioni causa-effetto, l’origine della vita dei personaggi andrebbe intuita dalla scrittura, perché il determinismo in psicologia e nella vita è sempre riduttivo e pericoloso. Brutto anche il flashback gratuito, dove Carmen lava il figlio ormai adolescente, mentre gli chiede se è contento della sua vita in seminario e lui non può che rispondere di sì.Un incestuoso dramma edipico svenduto senza sentimento.Tanto da non capire, per tutta la durata del film, se Paolo soffre di più per la disubbidienza a Dio o per il sacrilegio di dover disubbidire alla Madre.
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