“Mi accorgevo di avere la pelle d’oca. Senza una ragione, dato che non avevo freddo. Era forse passato un fantasma su di noi? No, era stata la poesia. Una scintilla si era staccata dal poeta e mi aveva dato una scossa gelida. Avevo voglia di piangere; mi sentivo molto strana.Avevo scoperto un nuovo modo di essere felice.” (Sylvia Plath)
sabato 29 marzo 2014
In grazia di Dio di Edoardo Winspeare. 2014
Petra petra azza parite
(Alla mia nuova amica Irma)
Unico lavoro italiano ad essere selezionato per il Festival di Berlino, 64a edizione, nella sezione Panorama.
Fratello e sorella sono costretti a chiudere il loro laboratorio tessile. Impossibile essere competitivi senza rimetterci con i prezzi del mercato cinese. Un prestito il cui tasso sale sempre di più. Vendere la casa, dove ci abitano quattro donne: l'ex imprenditrice tessile, vera moglie di Winspeare (Celeste Casciaro) con la figlia adolescente e inquieta, la madre vedova, la sorella aspirante attrice laureata ma disoccupata, Madonna part-time nella recita parrocchiale. Equitalia e paure vere, tangibili che tutti ci troviamo a fronteggiare. Credibile questo regista innamorato del nostro Salento e sempre più convincente, lui che trova la nostra Terra madre così bella e salvifica, la propone come una possibile soluzione. Tornare alla terra, un parto al contrario, rientrare in quell'utero materno che solo protegge e aiuta. Una scelta luddista quella che ci propone Winspeare, rinnegare il progresso e i soldi ( non vendono la casa in campagna nemmeno per una somma altissima), arare, piantare, potare: i frutti non richiedono con gli interessi ciò che danno.
Un film corale e femminile, che diventa meno interessante quando entra in scena "Stefano" (l'uomo), aspro come la terra da coltivare. Nulla di nuovo rispetto al suo cinema e la sensazione è che manchi qualcosa, qualche rifinitura che avrebbe potuto migliorare qualcosa che non funziona: forse il tendente al soap di certi intrallazzi amorosi delle donne.
Sobrio. Minimalista. A Rossellini sarebbe piaciuto.
domenica 23 marzo 2014
Jeune et jolie di Francois Ozon. 2013
Non si può essere seri a 17 anni. (Rimbaud)
Isabel è di famiglia borghese, parigina, un po' come la Denevue di Luis Buñuel che si prostituiva non per denaro, infatti qui Isabel incassa si i soldi, ma li nasconde in una borsetta senza mai spenderli. Isabel non è sposata, come potrebbe? Ha solo diciassette anni. Perde la verginità durante le vacanze estive e al ritorno in città diventa Lea, tutto questo fin quando il suo cliente più affezionato, un cardiopatico, muore. Quattro i capitoli del film scanditi dalle quattro stagioni accompagnati da quattro meravigliosi brani di Françoise Hardy. Inizia un lento percorso di risalita simboleggiato da flebili cambiamenti: Lea che si fa scopare da chiunque la cerchi per trecento euro, si sottrae con dolcezza ed eleganza a quel coetaneo che comincia a frequentare perchè non "starebbe bene far l’amore la prima volta che ci s’incontra". Bella la conclusione che strizza l'occhio a chi della morale se ne frega, l'ho molto apprezzata.
Non si sconfina mai nel pornografico, è solo l'esaltazione di una personalità sessuale, una donna che ama fare sesso: gracile si contorce su un cuscino simulando un amplesso ancor prima di avere il suo primo rapporto sessuale. Pregevole l’interpretazione di Marine Vacth, di una bellezza senza paragoni.
P.S. Nessuna bussa prima di aprire le porte, nè del bagno, nè della camera da letto. Si usa così in Francia?
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domenica 16 marzo 2014
Lei di Spike Jonze. 2014
Visto da vicino, nessuno è normale (Basaglia)
Theodore (il protagonista) si muove in una Los Angeles futuristica, tecnologica, con gente che corre e non si guarda. Tutto meccanico e malinconico. Samantha è un sistema operativo donna, (cui da la voce Scarlett Johansson, in Italia la Ramazzotti)molto intuitivo. Completamente rapiti dagli occhi del bravissimo Joaquin Phoenix, romantici, tristi. Profondi. Scrive lettere per gli altri, ormai è uno dei pochi esseri umani in grado di provare ancora dei sentimenti. Vi sembra poi un futuro così lontano? Guardiamoci intorno: chi non ha gli occhi sempre sullo smartphone o un auricolare nell'orecchio? Antidoti per la nostra solitudine o un isolamento già definitivo? Se lo chiede il regista.
Ve lo chiederete anche voi in sala. Oltre a sognare e a sentirvi battere il cuore. Capolavoro. Voto:10. Pura gioia cinematografica
giovedì 13 marzo 2014
Il treno per il Darjeeling di Wes Anderson. 2007

lunedì 10 marzo 2014
Treno di notte per Lisbona di Bille August. 2013
"When dictator is a fact, revolution is a duty".
Fuori concorso al festival Berlino 63. Passare da una piovosa Berna, solitaria,grigia ma di cultura a una solare e passionale Lisbona. Impermeabile rosso, una donna fradicia che si vuole suicidare, un libro che cattura e un treno notturno trans-europeo.
Gli elementi ci sarebbero tutti, ma la storia è fragile e poco convincente. Giocare a scacchi contro se stessi l'ho trovata una scelta vincente per descrivere la solitudine del protagonista, mi aveva convinto la penombra del suo appartamento, i suoi gesti rituali, meccanici, di chi vive trascinandosi nella sua routine. Poi nella sua vita entra un medico.autore: Amedeu de Prado, per lui prenderà il treno di notte per Lisbona del titolo. Il dittatore Salazar, Amedeu è nella resistenza. Ma il film è freddo e noioso e perde l'occasione di poter battere un selciato cinematograficamente alquanto vergine: la dittatura portoghese. Tutto banale e scontato.
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