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mercoledì 5 settembre 2018

Logan di James Mangold. 2017

Non ho mai guardato film sugli X-men. E già l'esordio mi predispone male a scrivere qualche riga su Logan. Ma ci provo. E'il canto del cigno di Logan, il suo estremo saluto. Si sta per scrivere la parola The end. Anno 2029: Logan è malconcio, invecchiato, non veste più i panni dell'eroe da molto tempo. Il mutante ora fa l'autista di limousine e accudisce il novantenne Xavier in una cittadina messicana. Il suo vecchio mentore soffre di una non precisata malattia degenerativa del cervello e, con i suoi poteri, sarebbe rischioso tenerlo all'aria aperta, così Logan lo ha confinato in una cisterna.
I Reavers, scagnozzi che lavorano per la multinazionale Transigen, intenzionata a controllare la mutazione per usarla come arma, bussano alla loro porta. Una donna messicana segue Logan, vuole il suo aiuto: apparentemente un passaggio per il North Dakota, del resto lui è un autista ormai. Ma la morte della donna lascia presagire dell'altro. Ma la vera protagonista è X-23, una bambina mutante di nome Laura che ha gli stessi poteri rigenerativi di Wolverine, con tanto di artigli. Come altri bambini "speciali" è nata e cresciuta in un centro genetico. Questa ragazzina ha uno sguardo che buca lo schermo e sembra fatta, o meglio “creata” apposta per questo ruolo. Una piccola e feroce perfetta “Wolvi” in miniatura che sogna la libertà e brama più di ogni altra cosa l’amore che le è stato negato sin dalla nascita. Lotta al razzismo e alla paura del diverso. Un film che mi ha spiazzato perchè da questo genere non mi aspettavo una grande anima. Che, invece, troverete. Da oscar il montaggio sonoro.

giovedì 31 dicembre 2015

Birdman (o l'imprevedibile virtù dell'ignoranza) di Alejandro González Iñárritu. 2014

"Perché non ho nessun rispetto per me stessa?" "Sei un'attrice, tesoro"
Un'ascetica meditazione in mutande con un uomo di spalle e sospeso in aria. La scena iniziale riassume tutto il film: un bilico continuo tra assurdo e sberleffo. Il film, che racconta la storia della morte del protagonista, apriva la 71esima Mostra del Cinema di Venezia. Ormai sessantenne,infatti, l'attore vuole un riscatto per scrollarsi di dosso il pesante ricordo dell'eroe piumato.Decide, così, di allestire a Broadway il rifacimento di "Di cosa parliamo quando parliamo d'amore" di Raymond Carver. Non esiste un'unica trama: esistono almeno tre storie che si intrecciano tra di loro in un sapiente puzzle che rimanda al gusto del racconto corale presente in altre precedenti opere, come in "Babel". Qui però tutto è amalgamato con la vicenda di Thompson, che diventa un viaggio nella mente dell'attore, nelle sue ossessioni, nei deliri di onnipotenza. Inàrritu gira con un unico piano sequenza, corretto dal digitale che gli permette di cambiare spazio e tempo con estrema fluidità. La colonna sonora è di sola batteria, dove anche lo stesso batterista viene "impallato" dal movimento di macchina. Preparatevi a un labirinto di cunicoli e corridoi, quinte e soppalchi teatrali in cui i protagonisti si inseguono, si prendono e si lasciano continuamente.Riggan ormai incapace di distinguere anche lui scena e vita, sceglie di non simulare il colpo di pistola finale da suicida con cui la piéce si conclude e finisce, vivo per miracolo, all’ospedale. Il pubblico però è in delirio: i giornali parlano solo di lui, i social media esplodono e la stessa arcigna critica del ‘New York Times’ ha cambiato bandiera e lo elogia a spada tratta. Memorabili la scena della conferenza stampa tenuta nel camerino con annessa satira della superficialità di molta critica e quella della corsa in mutande in Time Square. Ad assediare i protagonisti, proprio fuori dalle mura del teatro, una società che Iñárritu descrive nelle sue assurdità: ammalata di socialnetwork e tecnologia, capace ormai di osservare e vivere la vita solo attraverso lo schermo di un cellulare.

sabato 20 settembre 2014

C’era una volta un’estate di Nat Faxon e Jim Rash. 2013

Dedicato all'ultimo giorno di estate.
"Dimmi: tu cosa sei in una scala da 1 a 10?", "6", "No: sei un 3". Un non -luogo e un non-tempo:una lunga estate calda con biciclette vintage e pochi cellulari, che ammicca molto agli anni 80, un lavoro in un lunapark e ritrovarsi alla fine un po' più adulti, un coming of age, nulla di così eclatante, ma capace di emozionare con quella semplicità giusta e mai banale. Come da copione c'è l'arrivo, l'assunzione delle prime responsabilità, la scoperta di un rifugio in cui nascondersi dai drammi familiari e ritrovare a sorpresa una famiglia di lavoratori affiatata e un po' isolata dal mondo, per poi chissà imbattersi anche in un primo amore. La seconda fase, immancabile, è invece l'addio, la fine dell'estate, il momento in cui trasformare le esperienze vissute nel coraggio necessario ad abbandonare quella nuova casa, per ritornare nel mondo un po' più forti e cresciuti. Duncan ha quattordici anni, timido tanto da camminare ripigato su se stesso, genitori divorziati e in viaggio per l'estate con la madre Pam e il suo nuovo compagno, Trent - interpretato da un inedito Steve Carell, davvero grande nel restituire la sgradevolezza del suo personaggio ad ogni inquadratura. Non è il massimo fare da tappezzeria ai festini alcolici dei suoi genitori, persi in una movida estiva che mal nasconde i peccati di Trent e le debolezze di Pam. Accantonato dalla madre e troppo timido per fare nuove conoscenze, Duncan troverà la sua salvezza in Owen, l'infantile e goliardico manager di Water Wizz, che lo assumerà nel suo parco acquatico prendendolo in simpatia. Lui che aveva viaggiato assieme ai bagagli nel retro della macchina, quasi come se fosse un pacco, troverà la sua guida proprio nel proprietario del parco acquatico e da fratello maggiore riuscirà a convincerlo a provare a baciare la bella ragazza bionda che abita accanto a casa sua. Impeccabile la scrittura che compensa su tutto il resto, tra cui la regia.

giovedì 13 marzo 2014

Il treno per il Darjeeling di Wes Anderson. 2007

Naif. Colori pastello. Umorismo demenziale ma geniale. Tre protagonisti in viaggio con le valigie firmate Louis Vitton. Movimenti di macchina orizzontali, zoom improvvisi. E'un viaggio di formazione,trasformazione, un viaggio di tre fratelli per ritrovarsi. Non si parlano da un anno e decidono di partire per l'India. Antidolorifici senza prescrizione medica, sciroppi per la tosse con cui ubriacarsi. Uno scrittore che scrive su personaggi non inventati, ma Jack Whitman, uno dei fratelli prende coscienza di ciò che gli accade solo mettendolo nero su bianco.Preda della sua ex ragazza: la strabiliante Natalie Portman. Il treno per il Darjeeling ha una tratta lunghissima e si presta bene ai fratelli che avendo da poco perso il padre sono alla ricerca della madre che vive in India come missionaria cristiana, ma devono prima fare i conti con se stessi. Pregano, seguono dei riti, fin quando il treno imbocca un binario sbagliato e si perde. Francis ha da poco tentato di schiantarsi con la moto e ne è uscito con la testa fracassata. Organizza lui il viaggio, ma nessuno dei tre cambierà: questo treno gli servirà solo per conoscersi ed accettarsi forse. Elegantissimo Adrien Brody (in qualsiasi versione) spaventato dal suo dover diventare papà a breve, acquista un serpente velenoso ed è l'unico dei tre fratelli a non riuscire a mettere in salvo il giovane fratello indiano che tenta di attraversare il fiume. Mi rivolgo ancora una volta ai traduttori dei titoli: si potrebbe mai forse dire "il treno per il Milano?" Siete tristi.

giovedì 3 ottobre 2013

Non lasciarmi di Mark Romanek. 2010

"Non c'è parola, in nessun linguaggio umano, capace di consolare le cavie che non sanno il perchè della loro morte" (dall'incipit della "Storia" di Elsa Morante, citando a sua volta la testimonianza di un sopravissuto di Hiroschima)
Campagne inglesi autunnali e un romanzo: "Non lasciarmi" di Kazuo Ishiguro. Con voce narrante l' assistente Kathy H.. Un'atmosfera sospesa, irreale e annebbiata. Poi tutto man mano prende significato e forma sia nel film, sia addentrandovi nei capitoli di questo bellissimo romanzo. Chi sono questi donatori? Cosa donano? Un lungo flash-back: bambini in fila che giocano, studiano. Tutto ha una precisione geometrica, soprattutto gli edifici: quello di Hailsham fino ai Cottage e ai centri di completamento, architetture tutte uguali e spersonalizzanti. Tre bambini crescono e vanno verso un destino disumano: la libera clonazione sembra far passi da gigante in campo medico, ma a discapito di chi? Perchè i protagonisti non si oppongono? Perchè non scappano, perchè accettano questa "missione" così pacificamente? In fondo anche noi "normali" accettiamo il nostro destino crudele che ci porta a morire un giorno; quindi - come la protagonista suggerisce nella chiosa- forse le loro vite non sono poi così diverse dalle persone che salvano. Nessuno capisce fino in fondo cosa ha passato e ciascuno crede di non aver avuto abbastanza tempo. Eppure, è già tempo di morire. E le preghiere non servono. Come non servirà il appello ad una proroga. Era una bufala. Ed io questo l'avevo compreso sia nel film, sia nella vita. Per questo mi burlo di lei e cerco di godermela ogni istante. Ho percepito, da subito, questo film come una sentita metafora della vita, noi siamo le cavie, e dalla morte non si scappa, si urla - come uno dei protagonisti- ma poi si accetta. Possiamo solo sognare ed immaginare, sperare che oggi non sia il nostro turno, "ma non voglio che la fantasia prenda il sopravvento". Anche io voglio rimanere lucida. Devastante la conclusione. Ma tutto raffinatissimo.

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