“Mi accorgevo di avere la pelle d’oca. Senza una ragione, dato che non avevo freddo. Era forse passato un fantasma su di noi? No, era stata la poesia. Una scintilla si era staccata dal poeta e mi aveva dato una scossa gelida. Avevo voglia di piangere; mi sentivo molto strana.Avevo scoperto un nuovo modo di essere felice.” (Sylvia Plath)
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sabato 3 ottobre 2015
Una Tomba Per Lucciole di Isao Takahata. 1988
"la sera del 21 Settembre 1945 io morii!"
Giappone, 1945, la tragedia atomica porterà definitivamente a conclusione il secondo conflitto mondiale.
Seita e Setsuko, figli d'un ufficiale della marina, hanno trascorso questo orrendo periodo con la madre, donna piena di bontà, ma malata di cuore. La situazione per loro volge al peggio quando, in uno dei tanti bombardamenti, perisce anche lei, lasciandoli senza un parente prossimo da cui rifugiarsi, oltre che senza un tetto dove vivere ( in quella stessa occasione viene infatti distrutta anche la loro casa). I due bambini andranno temporaneamente a vivere dalla loro zia, che però, trattatili bene finché potesse strappargli qualche risparmio, li induce poco dopo ad andarsene e con cattiveria rivela alla piccola la morte della madre, fino a quel momento nascosta dal fratello maggiore. Le poche settimane che mancano alla fine del conflitto e dei patimenti saranno però fatali.
Il fantasma del 14enne ripercorre la tragedia con un lungo flashback.
E' arrivato in Italia nel 1995 sotto etichetta Yamato e non Buena Vista, e questo perchè è un film dello Studio Ghibli che non è rientrato nell'accordo Disney/Takuma con cui la Disney si assicurava i diritti di tutti i lungometraggio Ghibli per il resto del mondo (Italia compresa) (il tema della storia ha spinto la Disney a escludere il titolo dall'accordo!).
venerdì 15 novembre 2013
Un affare di donne di Claude Chabrol. 1988
"Ave maria piena di merda, marcio è il frutto del ventre tuo..."
Marie-Louise Giraud. Forse, l'ultima donna condannata a morte per ghigliottina in Francia nel 1943. Procurava gli aborti a donne del suo paese rimaste incinta dai gendarmi tedeschi e affittava camere alle sue amiche prostitute. Questa l'accusa, da parte del vile generale venduto-collaborazionista Petain. E la condanna verrà ovviamente da un tribunale di soli uomini, gli stessi che inguaiavano le sue "clienti". Francia, sconfitta dai tedeschi che vuole mostrare pugno di ferro nella difesa della moralità pubblica. Sarà quindi la fine, l'avvocato lo capisce subito. Non c'è scampo.
Tu credi che hanno un'anima i bambini in pancia alla madre? - è il dubbio che ad un certo punto assale la protagonista. -Bisognerebbe che prima ce l'avessero le madri. risponde l'amica prostituta. Marie viene descritta come fredda e solo legata al dio denaro: È facile non fare stronzate quando si è ricchi, ma il dubbio è che l'immagine che ne viene data sia quella di una donna cattiva, solo per giustificare la sua condotta troppo libera.
Tanti i segnali nel film di quella che sarà la punizione finale della donna: il figlio che dice di voler fare il boia da grande, l’oca decapitata alla festa paesana che il suo amante le regala, l'uomo sparato in pubblica piazza che raggiunge Marie e la guarda fissa negli occhi prima di morire.
Impeccabile Isabelle Huppert, la sua interpretazione è l'unica nota positiva che salverei del film. Bocciata sia la libera interpretazione, i fatti non sono documentati, - perchè quindi infangare così una donna- sia il messaggio veicolato. Si legge, infatti, alla fine: "ayez pitié des enfants de ceux que l'on condamne", "abbiate pietà dei figli di coloro che condanniamo". Roba da non crederci!! Di Marie condanniamo solo la visione intima che il regista ne dà, una visione sua, personale, e che nulla a che fare con il ruolo sociale che la donna rappresenta.
Questo lo rende dunque un importante documento da far vdere a tutti coloro che, ancora oggi, si oppongono all’aborto legalizzato, dimenticando che in un passato per niente remoto abortire per una donna significava rischiare la propria vita.
domenica 9 ottobre 2011
Decalogo 5 - Non uccidere - Dekalog piec' di Krzysztof Kieslowski. 1988
‘’La legge non dovrebbe imitare la natura, dovrebbe correggerla. La legge è stata creata dagli uomini per regolare i rapporti sociali: ciò che noi siamo e come viviamo dipende dalle leggi, che noi osserviamo o infrangiamo. Fino a quando la sua libertà non lede quella di un altro uomo.
La pena è una forma di vendetta, specialmente se mira a recare il male e non a prevenire il delitto. Ma in nome di chi si vendica la legge? Veramente lo fa in nome degli innocenti? E sono i veri innocenti che fanno la legge?’’
Camminate per le vie oscure e opache di Varsavia e incontrerete un ventenne inquieto e disoccupato, Jacek. Inizialmente commette solo atti di vandalismo ma arriverà in un crescendo di non-sense ad uccidere un tassista. Arrestato, Jacek viene difeso d'ufficio da Piotr, un giovane avvocato che è al proprio debutto davanti al tribunale, quindi un "puro", ancora in linea con le idee da sempre professate: cerca di evitargli la pena di morte prevista dall'ordinamento giudiziario dello Stato. Ma non ci sarà clemenza e il giovane verrà impiccato. In un toccante dialogo con l'avvocato, prima dell'esecuzione, si scoprirà che Jacek era un giovane traumatizzato a causa della tragica morte della piccola sorella perchè investita da un trattorista ubriaco e al giovane avvocato non resta che manifestare la sua furiosa protesta contro questo modo violento e crudele, incapace di applicare una giustizia punitiva da parte degli uomini.
Una protesta contro la pena di morte che io sottoscrivo e approvo. Memorabile e significativa la scena dell'esecuzione di Jacek, il ragazzo tenta di ribellarsi all'impiccagione scalciando e cercando di fuggire (un po'come il taxista sotto l'istinto omicida del ventenne), tutti gli sono addosso e verametne non sembra esserci alcuna differenza fra l'omicidio commesso da Jacek e quello commesso dallo Stato.
Nei dieci brevi film del decalogo (che riprendono i dieci comandamenti)non c’è traccia di colpa individuale né di giudizio morale: non vengono mai usate delle norme etiche fondamentali ebraico-cristiane, si fa più che altro un punto di vista sul mondo. Il comandamento-nodo – "Non uccidere" – è preso da Kieslowski nel suo significato letterale, materiale. È proprio la materialità dell’uccidere quel che racconta, ponendola al centro del film e lasciandole la parola. Non giudica l’assassino, né lo giustifica. Non commisera la vittima. Non spiega perchè il ragazzo uccide (se non alla fine, anzi indugiano molto su quel momento, dimostrando quanto in realtà sia difficile uccidere un uomo, quindi implicitamente scoraggiando un po'dal farlo). Il taxista non vuole morire, quindi è faticoso vincere la sua biologica, carnale volontà di vita e l’assassino alla fine ne è stremato. Eppure il carnefice è mostrato nel suo lato umano, mentre il boia è mostruoso: usa solo la tecnica per uccidere, non sentimenti, rabbia. Cura la simmetria della camera della morte:sistema sotto la forca una bacinella per raccogliere gli escrementi dell’uomo che sta per uccidere. Lo spaventa lo sporco, ma non l'assassinio, è disumano. La pena capitale non è dunque altro che una vendetta.
"Che tu sia uomo o Stato: non uccidere"
La pena è una forma di vendetta, specialmente se mira a recare il male e non a prevenire il delitto. Ma in nome di chi si vendica la legge? Veramente lo fa in nome degli innocenti? E sono i veri innocenti che fanno la legge?’’
Camminate per le vie oscure e opache di Varsavia e incontrerete un ventenne inquieto e disoccupato, Jacek. Inizialmente commette solo atti di vandalismo ma arriverà in un crescendo di non-sense ad uccidere un tassista. Arrestato, Jacek viene difeso d'ufficio da Piotr, un giovane avvocato che è al proprio debutto davanti al tribunale, quindi un "puro", ancora in linea con le idee da sempre professate: cerca di evitargli la pena di morte prevista dall'ordinamento giudiziario dello Stato. Ma non ci sarà clemenza e il giovane verrà impiccato. In un toccante dialogo con l'avvocato, prima dell'esecuzione, si scoprirà che Jacek era un giovane traumatizzato a causa della tragica morte della piccola sorella perchè investita da un trattorista ubriaco e al giovane avvocato non resta che manifestare la sua furiosa protesta contro questo modo violento e crudele, incapace di applicare una giustizia punitiva da parte degli uomini.
Una protesta contro la pena di morte che io sottoscrivo e approvo. Memorabile e significativa la scena dell'esecuzione di Jacek, il ragazzo tenta di ribellarsi all'impiccagione scalciando e cercando di fuggire (un po'come il taxista sotto l'istinto omicida del ventenne), tutti gli sono addosso e verametne non sembra esserci alcuna differenza fra l'omicidio commesso da Jacek e quello commesso dallo Stato.
Nei dieci brevi film del decalogo (che riprendono i dieci comandamenti)non c’è traccia di colpa individuale né di giudizio morale: non vengono mai usate delle norme etiche fondamentali ebraico-cristiane, si fa più che altro un punto di vista sul mondo. Il comandamento-nodo – "Non uccidere" – è preso da Kieslowski nel suo significato letterale, materiale. È proprio la materialità dell’uccidere quel che racconta, ponendola al centro del film e lasciandole la parola. Non giudica l’assassino, né lo giustifica. Non commisera la vittima. Non spiega perchè il ragazzo uccide (se non alla fine, anzi indugiano molto su quel momento, dimostrando quanto in realtà sia difficile uccidere un uomo, quindi implicitamente scoraggiando un po'dal farlo). Il taxista non vuole morire, quindi è faticoso vincere la sua biologica, carnale volontà di vita e l’assassino alla fine ne è stremato. Eppure il carnefice è mostrato nel suo lato umano, mentre il boia è mostruoso: usa solo la tecnica per uccidere, non sentimenti, rabbia. Cura la simmetria della camera della morte:sistema sotto la forca una bacinella per raccogliere gli escrementi dell’uomo che sta per uccidere. Lo spaventa lo sporco, ma non l'assassinio, è disumano. La pena capitale non è dunque altro che una vendetta.
"Che tu sia uomo o Stato: non uccidere"
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1988,
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