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venerdì 12 giugno 2015

Berlin Calling di Hannes Stoehr. 2008

Ci sono dipendenze buone e dipendenze cattive, e se quella da droga può distruggerti, la fame di vita, di amore, di musica e in definitiva di Arte, può salvarti la pelle. E salverà Ickarus, il dj protagonista, figlio un po'della ribellione punk, un po' del cinismo dei bambini tossici dello zoo di Berlino. Ickarus, come molti, rifiuta la realtà e punta disperatamente all’estasi componendo la colonna sonora di un paradiso marcio per regalare ore di trance mistica a te stesso e a migliaia di ragazzi, ma poi rimangono gli effetti degli acidi e le convulsioni sul ciglio del marciapiede. Assonanza al celebre album dei Clash (London Calling)perchè la musica è la vera padrona indiscussa del film, anche se il sound con cui si muove la Berlino post-muro è solo elettronico. Martin non ha veri amici, la sua ragazza-manager preferirà a lui la sensibilità meno tormentata di una donna, forse perchè interessata più alla sua produzione che a lui; la famiglia è distante nonostante i buoni rapporti: il fratello ha scelto un'altra vita e il padre è un predicatore. Anche gli addetti al “recupero” in fondo lo vorrebbero solo dipendente in un modo istituzionalizzato.

venerdì 26 dicembre 2014

Lecce. Festival del cinema invisibile: Zavorra di Vincenzo Mineo. 2012. Piccola storia di mare di Dario Di Viesto. 2013. L'amore necessario di Alessandro Tamburini.2012

Un documentario che ascolta le parole di un gruppo di anziani trapanesi ospiti in una struttura geriatrica, nel momento della loro esistenza più brutto. Malattia, troppa solitudine, ricordi. Chi prega, chi non sa più in chi o in cosa credere in un susseguirsi di giorni tutti uguali. Nel 1800 le navi che arrivavano nel porto di Trapani scaricavano la “zavorra” nei pressi delle saline. La “zavorra” è la terra, cioè i sacchi di terra che le navi usavano per tenersi in equilibrio. Su quella terra un secolo più tardi è stato costruito un ospizio per anziani. Il documentario ha vinto il Miglior Film Sezione "Human Rights Doc" al V Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli / Rassegna Nazionale ed è ora in concorso al Festival del cinema del reale di Lecce
Un anziano pescatore malato non esce di casa da molto tempo e mentre sta pulendo il pesce trova fra le viscere un pesciolino ancora vivo. Nella vita dell’anziano si risveglia qualcosa: la sua vita che sta per finire ritrova vigore nel dimenarsi di quel piccolo pesce finito nelle viscere di quel pesce più grande. Un narrato essenziale snocciolato nell'ultimo tragitto del pescatore verso il mare
L'amore necessario è il più breve dei tre cortometraggi: solo 7 minuti. Protagonista una coppia romagnola di 71 anni lui e 61 lei. Lui è un pittore un po'sregolato, lei un'infermiera con un bellissimo e accomodante sorriso. Il regista vuole cogliere il loro vivere a mille, nonostante l'età non giovanissima. Il sesso due o tre volte a settimana "fatto a volte con il cervello e a volte con l'uccello", sembra suggerire la paura del non vivere tutto pienamente, la paura della morte, la speranza di essere accudito dalla moglie e di morire prima di lei. Una docufiction semplicistica, ma simpatica.

domenica 19 gennaio 2014

Schiavi di Stefano Mencherini, 2013

Stefano Mencherini è un giornalista indipendente, autore e regista Rai. Schiavi è il suo nuovo film.documentario presentato ieri sera alle 18.00 presso le Officine Culturali Ergot di Lecce. Ena, emergenza Nord. Africa, uno dei tanti pretesti per dirottare denari pubblici e calpestare i diritti umani e civili, e così rifugiati, richiedenti asilo e irregolari finiscono nella rete dei nuovi schiavi. Sono 26.490 gli immi­grati iden­ti­fi­cati e sbar­cati sulle nostre coste a par­tire dallo scop­pio delle primavere arabe nel 2011, fino al marzo 2013 quando è stata dichia­rata chiusa l’«emergenza Nord Africa». A Napoli la protezione civile ha dato 45 euro al giorno a migrante agli albergatori, ma gli “ospiti”, di fronte alla tele­ca­mera, hanno rac­con­tato di giri di droga e di pro­sti­tu­zione, d’infiltrazioni mafiose, di assenza totale di poli­ti­che d’integrazione. Il regista ricorda come qui nel nostro Salento molte sponde altro non siano che fosse comuni per immigrati senza nome annegati insieme alla loro speranza di un futuro migliore. E grida allo scandalo dei 22 tra caporali e imprenditori di Nardò che dopo il processo in corso a Lecce per riduzione in schiavitù, ora reiterano il reato. In scena la disperazione e la rabbia dei migranti, l'assenza totale dell'unione europea, l'attenzione poi sul circa 1 milione e 300 mila euro affidato alla Protezione Civile come se l’immigrazione sia un disastro ambientale; e tutto questo senza risparmiare alcuno: dal ghetto di Foggia a Rosarno in Calabria, passando per la Campania e poi fino nel Nord Italia. La voce narrante è quella di Ibra­him che racconta la sua storia di spalle, attraverso due continenti: fuggito dalla Costa d’Avorio e costretto in schiavitù in Libia, viene caricato a forza su una carretta verso Lampedusa prima del crollo del regime di Gheddafi e una volta in Italia finisce a raccogliere angurie in Puglia. Un regista che lavora in Rai, ma che non vedrà andare in onda nemmeno questo suo secondo lavoro, dopo Mare nostrum del 2003. La bella Rai, il nostro servizio pubblico, quella che paghiamo per disinformarci. Il regista ha quindi autoprodotto e autodistribuito il film in dvd.

giovedì 3 ottobre 2013

Love, Marilyn di Liz Garbus.2012

«Voglio diventare un’attrice, non mi interessano i soldi, né gli uomini»
Tutti abbiamo un vecchio baule nel quale nascondere, per non disfarcene via del tutto, il nostro passato. Lee Strasberg non è un uomo qualunque. Era l'uomo di cui Marilyn, forse, di più si fidava, con un sospettoso tempismo da cinquantenario, sono sbucate dal suo personale baule di famiglia, nel 2012 centinaia di pagine autografe di Marilyn, la diva morta nel 1962, pubblicate poi in Italia, per Feltrinelli, col titolo Fragments. Poesie, appunti, lettere. In questo documentario in suo onore celebrità al femminile, monologano, interpretando le missive scritte dalla Monroe di suo pugno, tantissimi i frammenti in cui alle spalle delle attrici viene proiettata la sua grafia. Marilyn voleva a tutti i costi essere un'attrice, sentirsi nati per fare qualcosa e non sentirsi mai degni di farlo. Tralascerei l'immagine della bellissima bambina vittima di uomini e studios, capro espiatorio dei registi che non ce la fanno, la biondina martire della sua stessa fama: da fan di Marilyn quello che a me interessa è scoprire lei, cercare di percepirla tra i suoi sguardi, le sue parole. Con questo intento mi appresto sempre a studiare il materiale che la riguarda, perchè è un grande mistero dedicare la propria vita ad un'arte versa la quale non ci sentiamo degni. Marylin era un continuo cercare di fare l'attrice, tanto da recitare anche nella vita, perdersi e non ritrovarsi più. E anche le attrici cui è spettato il compito ingrato di impersonare le sue parole cercano di imitarla: ricalcandone il make.up e il platino dove possibile. Si sa che il potente capo della Twentieth Century-Fox: Zanuck la considerasse soltanto una bambola senza cervello e tutta sesso,ho apprezzato molto di più l'anzianissima ormai Jane Russell che con le sue poche parole e con i suoi tanti ammiccamenti di sopracciglia cercava di ricordare la normalità di questa donna disinvolta e sfrontata, di questo sex symbol immortale, che così ci era nata e che per tutta la sua vita ne ha dovuto portare il peso; Norma Jeane Baker, sapeva quando indossare la maschera di Marilyn Monroe per un suo fine, sia quando poteva toglierla. Questo suo sdoppiamento in alcuni momenti era troppo per lei, la sua insicurezza cresceva. Il suo senso di disagio anche. Lo ripete più e più volte nel documentario che essere felici era più difficile che essere una brava attrice. E che male c'è a sposare un uomo solo perchè bravo a letto? Anche se umilmente ho sempre pensato che fosse proprio Joe Di Maggio ad amarla veramente. Ma per lei, neonata disconosciuta dal padre e con una madre internata per problemi psichiatrici, l'amore vero non poteva essere possibile, dare amore a tutti: questa l'unica, grande e potente forma d'amore. Il suo nudo sulla rivista Playboy fu sfruttato senza essere pagato, "il sesso è come mangiare un gelato" in fondo. Puro gusto. Ma solo tu potevi capirlo, Marilyn. Mi ha commosso la sua liste di "cose da fare per migliorarsi", il suo parlare durante le interviste e coprirsi sugli uomini che le erano a fianco, un gesto di sottomissione totale a loro. Non un omaggio, ma l'ennesima autopsia su quel corpo stupendo che ogni volta mi rapisce e ipnotizza.Nulla di nuovo: santa, puttana, tutto già risaputo, anzi qui si glissa del tutto sui Kennedy. Trattare Marilyn non è facile, scoraggiamo altri a provarci. Grosso punto di demerito: la colonna sonora ultra glamour e moderna. Pollice giu'. Ma molto giu'. Attendo che qualcuno faccia un remake di un suo film, un retroscena lucido sulla sua carriera d'attrice. Un'analisi vera, critica. Lo vogliamo noi suoi fan e lo avrebbe voluto anche lei. Ti amo Marilyn.

venerdì 27 settembre 2013

Sacro GRA di Gianfranco Rosi, 2013

“Il mondo finisce sul Grande Raccordo Anulare” (Guzzanti)
GRA, nome in codice per Grande Raccordo Anulare è la più estesa autostrada urbana d’Italia. Rosi percorre questi 70 km lavorando e scoprendone il contenuto. Ma non solo esterni, qui si "violano" i domicili e le intimità di chi vive ai margini non solo metaforicamente ma concretamente. Attori che recitano la loro parte ogni giorno nella vita, ma che qui non sanno di recitare. Il primo a muovere i passi per studiare il "fenomeno" e il paesaggista Nicolò Bassetti, il documentarista ci ha poi confezionato questo film reale, accostamento che suona paradossale, ma non saprei come altro definire questo suo lavoro. Eccentrico, complicato, rumoroso, fastidioso. Personaggi ripresi mentre raccontano le loro storie: il nobile del Piemonte che vive con la giovane figlia che è sempre al pc, tenera la conversazione in cui lui si dichiara vecchio e vorrebbe quindi che la figlia trovasse un amore, con un aereo che sorvola su questo condominio come se vi dovesse atterrare. Un palmologo ogni giorno cerca di scovare le larve che si nutrono delle sue piante con un'insistenza ed una precisione ossessiva, da voyeur.Il cacciatore di anguille sul Tevere, indignato perchè i giornalisti scrivono corbellerie: “ma si informassero ‘sti ignoranti!”. Tributo alla Roma cinematografica: con degli attori (brutti) che posano e che forse per fare carriera sarebbero anche scesi a compromessi, perchè apparire è importante, sebbene non si sappia parlare senza azzeccare almeno una volta un congiuntivo. Ammaliata dalla prostituta che vive e mangia la mozzarella in un camper e che nei suoi momenti più alti di poesia canta la Nannini, dignitosa: "non siamo mai nude” Realtà o finzione? Non c'è distinzione, la potenza del film sta in questo connubio malefico, che mai potrebbe concretizzarsi come in questa pellicola: la realtà ha bisogno di essere finta e la finzione di basarsi sulla realtà per esistere. Pasoliniano. O vorebbe esserlo. Non esprimo giudizi, è un progetto ambizioso e rispettabile: autentico ed essenziale il messaggio. Sono perplessa sul premio a Venezia, azzardato, ma di sicuro il film convince anche se non conquista. Adatto al questo periodo autunnale perchè decadente come i personaggi di Gozzano. Ma, ormai, si sa, il cinema è ovunque. E in casi come questo anche quando non è eccezionale, sorprende e vince.

giovedì 24 maggio 2012

In un altro paese di Marco Turco. 2005

"Il nostro è un paese senza memoria e verità, ed io per questo cerco di non dimenticare". (Sciascia)
Un giornalista americano, Alexander Stille e il titolo di un suo libro: "Cadaveri eccellenti" e la nascita di questo attento documentario cinematografico sulla nostra, italianisssima, Mafia. Al resto ci pensa Marco Turco ricostruendo gli stretti rapporti tra Cosa Nostra e lo Stato italiano della prima repubblica. Tanta, forse troppa televisione, così il regista ruba agli amanti del cinema solo 92 minuti per ripercorrere gli ultimi 40 anni di storia italiana, in cooproduzione con la BBC e France2 e disponibile anche in dvd con una versione più lunga. Tanti i nomi e il sangue in questa lunga storia, concentrandosi in maniera più importante su Falcone e Borsellino, partendo dalle dichiarazioni sconsolate dell'ex presidente del Tribunale di Palermo Antonino Caponnetto da poco giunto sul luogo in cui anche Borsellino aveva perso la vita: "E' tutto finito!". Poi un grosso salto indietro, per ripercorrere a ritroso con interviste e filmati d'epoca cosa aveva portato alla tragedia, soffermandosi soprattutto sull' isolamento politico vergognoso in cui fuorno lasciati i due giudici,passando dalla cattura di Tommaso Buscetta, il maxiprocesso dell'Ucciardone e l'omicidio Lima, perchè "La battaglia contro la Mafia si fa in Sicilia ma si vince a Roma". Stona, dopo tanto rigore e serietà, un finale che affronta semplicisticamente e superficialmente la stretta attualità con il faccione sorridente di Berlusconi, avrei preferito riferimenti più precisi (perchè ci sono!!) e nel 2005 ancora non c'era la legge bavaglio. Un documentario alla Piero Angela che tratta di questo animale che è la Politica concentrata solo sulla conservazione della sua specie. Questo il mio omaggio per un uomo che non ha fatto altro che amare il suo paese e volerlo rispettare a costo della propria vita. Infinitamente Grazie.

giovedì 14 luglio 2011

Carlo Giuliani, Ragazzo di Francesca Comencini. 2002

(immagine di Carlo Giuliani bambino tratta dall'album della famiglia Giuliani)

Uno e un solo punto di vista con cui si snoda la ricostruzione della Comencini sull'ultimo giorno di vita di Carlo Giuliani: quello di sua madre.“Vivamus, mea mater, atque amemus”. Con questo classico verso catulliano Carlo Giuliani si rivolge, infatti, in apertura proprio alla madre in una delle poesie scritte nell’adolescenza.
Un documento straordinario per la forza e la lucidità con cui minuto per minuto la donna fa rivivere quei momenti, di una donna straziata che ha avuto come ultimo sollievo quello di ripercorrere quegli ultimi istanti tante volte col pensiero, per essere virtualmente vicina a quel figlio morto da solo. Per strada.
Una ricostruzione assai coerente dei fatti, convincente, esatta. Che fa tremendamente rabbia, ma che fa sperare. Che un'Italia civile, coraggiosa, davvero diversa e orgogliosa di esserlo esista, nonostante tutto.
"Carlo uscì con il costume da bagno sotto i pantaloni, non aveva ancora deciso se andare con un amico al mare oppure alla manifestazione...Mi hanno colpito subito queste parole iniziali di Heidi Gaggio Giuliani. Ho pensato a che sciocche fatalitè fanno fare le scelte sbagliate. Ma poi andando avanti con il filmato ho capito che a sbagliarmi ero io. Che io, come tanti, ero stata vittima delle "scelte comuni, popolari, vigliacche". Scappare di fronte al pericolo.
Quel 20 luglio del 2001, Carlo fa una scelta oculata, come quando sei al bivio della tua vita: decide di sacrificare una giornata di sole e di mare per scendere in una piazza già annebbiata dai gas lacrimogeni, le cariche della polizia sui manifestanti pacifisti erano già cominciate e Carlo che passa da lì vi assiste. Nelle immagini si vedono dei “misteriosi” Black Block cacciati dagli stessi manifestanti (“Andate via, venduti, noi non siamo violenti” gridano loro) ma che,invece, lasciati indisturbati, mettono a ferro e fuoco molte zone della città ligure. Voi cosa avreste fatto trovandovi lì? Avreste girato le spalle e sareste andati al mare?
"Colpito in faccia, rimase subito paralizzato nel lato sinistro del corpo e cadde a terra... La camionetta dei carabinieri in retromarcia gli passò sul corpo due volte, sul bacino e sulle gambe, poi sparì dalla scena senza prestare soccorso... Prima che morisse, lo presero a calci in faccia". Parole terribili, pronunciate con calma, pacatezza, pazienza, intelligenza, da parte di una donna che ha scandagliato ogni minimo frangente potesse parlargli ancora di Carlo. Le immagini parlano chiaro: quando Carlo si china a prendere l'estintore, la pistola è già puntata: legittima difesa quindi? Verso un gesto che ancora non si è compiuto?
Cosa vuoi fare con quella pistola? Ma mettila via!”. La madre cerca di ricostruire l'ultimo pensiero che balena nella testa di un Carlo per qualche secondo ancora vivente. Chissà quante volte ha riguardato quegli ultimi frammenti di vita di Carlo. “E’ stato condannato a morte e prima dell’esecuzione è stato anche torturato” e poi ricorda il valore storico della Resistenza.
La toccante intervista, che vi consiglio di recuperare, è intramezzata da testi e poesie del ragazzo (anche in inglese, o in latino nella traduzione di Erri De Luca), da ricordi di famiglia e naturalmente dalle immagini scelte tra quelle girate a Genova e quelle più intime in bianco e nere riprese dall'album di famiglia.
Ho voluto ricordare Carlo così. Andando a cercare materiale degno che lo riguardasse, per rendergli tributo, memoria. Non ho grosse parole da spendere, solo tristezza, amarezza, preferisco quindi far mie le parole della madre in un passaggio dell'intervista: "E'diversa la violenza di chi attacca, da quella di chi si difende" Carlo si è difeso. Fino a rimetterci la vita stessa. Ciao Carlo.

giovedì 2 settembre 2010

Draquila . L'Italia che trema. Sabina Guzzanti. 2010

(Fuori, attendendo di entrare)

Anche io ho visto Draquilia finalmente, direttamente all'Otranto Film Fund Festival. (e nella prima tornata, nonostante fossi la duecentunesima e la sala contenesse duecento persone, la mia solita fortuna!)
Draquila affronta il rapporto tra cinema e territori e lo fa senza finzioni narrattive. E questa seconda edizione del festival ha istituito proprio quest'anno il premio speciale Cinema e territorio decidendo di assegnarlo proprio al documentario della Guzzanti, perchè bene ha messo in evidenza la criticità nel rapporto tra politica e governo del terriorio, in riferimento alla gestione dell'emergenza del terremoto in Abruzzo (anche se poi qualcuno in Provincia non ha gradito granchè: molti i volantini, con il naso di Nichi lungo come quello di Pinocchio, roba già vista in vero, ma la destra ricicla, riutilizza e non spreca).
Ho gustato giusto da poche ore quindi questo omaggio alla nostra efficientissima Protezione civile (che secondo la legge 225 agisce per ordine diretto della presidenza del consiglio) che, ho appreso, può muoversi, per legge, per casi di emergenza (?), al di fuori delle regole (?). Tutto questo aggiungendo due paroline alla legge che garantisce tutto ciò: “grandi eventi”, che assicurerebbe quindi l'assenza di controllo. (ma wauuu, che trovata)Nel pentolone quindi, senza distinzione alcuna: mondiali di nuoto, la new town a L’aquila a qualche chilometro dall’originale piuttosto che restaurare l’esistente.
Di tutti i recenti disastri nazionali, quello dell’Aquila è stato sicuramente il più nascosto e camuffato a livello mediatico, ma fortunatamente anche uno dei più documentati, in molti hanno seguito e filmato quello che avvenne da quella notte tra il 5 e il 6 aprile 2009 a seguire. Il documentario si apre proprio con una carrellata di vip che prima della Guzzanti hanno varcato la terra d'Abruzzo. L'intento della regista era diverso, in realtà, rispetto a quello che poi si evince in pellicola: "Volevo fare qualcosa di fantascientifico" ha confessato ieri sera, anche se poi vedendolo si vorrebbe fosse fantascienza. Un "dolente" (così lo ha definito Nichi Vendola prima di premiare la regista) diario pubblico sul dopo-terremoto: le visite ufficiali delle autorità con i commenti dei terremotati, i pro-Governo e quelli critici sui metodi polizieschi messi in campo e le interviste agli esperti che scavano dietro le dichiarazioni ufficiali e gli atti pubblici. Tutto incisivo e credibile, la Guzzanti è solo una voce fuoricampo che lascia parlare gli "attori".
La parte più "guzzantiana" si ha solo nelle prima battute, le prime scene ricalcano Fahrenheit 9/11 (2004) di Michael Moore:"George Bush era stato da poco eletto (truccando la carte), ma non sapeva cosa fare. Aveva escogitato l’unica strategia possibile: starsene in vacanza in Florida. I sondaggi sul suo operato erano talmente bassi da far paura. Poi arrivò un colpo di fortuna insperato: l’attentato alle Torri Gemelle, che lo foce governare (con l’imbroglio e la menzogna) per altri otto anni". Silvio Berlusconi fu vittima delo stesso trattamento privilegiato:"Siamo nella primavera del 2009, e non ne azzecca una. I sondaggi lo danno in caduta libera. D’un tratto la “mano di Dio”, nel buio pesto della notte, viene in suo soccorso, scuotendo violentemente la terra d’Abruzzo. L’Aquila si sbriciola. Alle 3,30 del 6 aprile anche gli ospiti della casa del Grande Fratello, a Roma, sono spaventati dalla scossa. Scendono dal letto sgomenti: fuori tutti. Le porte dell’Inferno si aprono nella splendida città d’arte, ricca di chiese e monumenti, fra le vie aquilane sempre battute dal vento e pullulanti di studenti. È una tragedia immane. Ma non per Berlusconi. Si cala in testa il caschetto giallo di protezione, si avvolge nel mantello di Dracula, e comincia a volteggiare sulle rovine. Trasformare un disastro colossale in un grande spot? È riuscito a Bush, riuscirà pure a lui"
Questo è l'Aquila: una prigione, gestita dal volto sorridente ed energico della Protezione Civile e Guido Bertolaso, allo scopo di sperimentare la momentanea sospensione dei diritti civili dei cittadini, e trasformare la macchina dei soccorsi in consenso elettorale. Copione già collaudato con lo smaltimento dei rifiuti in Campania (spostati dal centro alla periferia, per non essere visti e i giornalisti allontanati, occhio non vede, immondizia non puzza). Tutti Grandi eventi con noi contribuenti che ne paghiamo le Grandi spese.
Massimo Ciancimino, figlio di Vito, un tempo sindaco mafioso e democristiano di Palermo,investì danaro suo e di amici proprio a Milano 2, innanzitutto per guadagnare e poi per far nascere il partito del consenso: Forza Italia. L'esperto di sismologia ricorda che, lo stesso sciame del 2009 si presentò con gli stessi sintomi nel 1461 e poi nel 1703, ma chi doveva controllare e prevenire (la Protezione Civile, appunto) non fece nulla. I trecento morti (dei quali ben 55 studenti, perchè si sa "Berlusconi ama gli studenti e l'istruzione) si potevano dunque evitare.
Questa è la grande illusione,
che ciò che è vuoto e fasullo non possa durare. E invece dura
.”

venerdì 21 maggio 2010

Sotto il Celio Azzurro.E. Winspeare.2010

Sembra una favola....ma è una storia vera.

Celio Azzurro è una scuola materna, un centro interculturale di Roma, non molto lontano dal colosseo, che accoglie bambini provenienti da tutti i paesi del mondo, Italia compresa.

All'interno di questa scuola, Edoardo Winspeare trascorre 4 stagioni, un intero anno scolastico, ne condivide la quotidianità , le storie e alla fine racconta tutto in questo film/documentario.

Il punto di vista di Celio Azzuro va in controntendenza rispetto al sentimento comune di una società che ancora divide ed emargina.
A Celio Azzurro non ci sono muri ma spazi comuni, non ci sono classi ma un unica comunità multicolore, non ci sono lingue incomprensibili agli uni o agli altri ma persone (bambini) che imparano ad usare ogni forma di comunicazione per dialogare. E' un grande modello di educazione dei più piccoli in cui anche i genitori sono parte attiva e fondamentale.

Questo non è un vero e proprio film. Se andate a guardarlo cercando una storia, una trama, rimarrete delusi.
"Sotto il Celio Azzuro" è una testimonianza, su una realtà che c'è e che , come si evince dalle parole del protagonista, non si sa per quanto ancora potrà operare.

In 80 minuti sono condensate tante emozioni.
C'è la felicità di bambini ancora protetti dalla cattiveria della società che li vuole diversi, che trascorrono un periodo della loro vita che non dimenticheranno.
C'è la rabbia di chi, a dispetto del proprio ruolo essenziale di educatore, non vede riconosciuto il proprio lavoro e opera in stato precario.
C'è la battaglia quotidiana di chi "cerca dentro la propria infanzia l'ispirazione e la ragione della propria missione di educatore".
Proprio riguardo a questo punto va fatto, secondo me,un applauso a Winspeare per come, con flashback di musica e vecchie foto riesce a trasmettere allo spettatore il viaggio degli attutali educatori, attraverso la loro vita, a ritroso, sino all'infanzia.
Emozionante.

www.celioazzurro.org

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