“Mi accorgevo di avere la pelle d’oca. Senza una ragione, dato che non avevo freddo. Era forse passato un fantasma su di noi? No, era stata la poesia. Una scintilla si era staccata dal poeta e mi aveva dato una scossa gelida. Avevo voglia di piangere; mi sentivo molto strana.Avevo scoperto un nuovo modo di essere felice.” (Sylvia Plath)
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giovedì 14 febbraio 2019
Green Book, di Peter Farrelly. 2019
"Tu eri l’unico a poter scegliere se stare fuori o dentro”
Probabilmente non vincerà gli Oscar giusti, forse non esistono le categorie adatte, perchè il grande merito di Green Book è di saper creare un’alchimia rara e di farla vivere attraverso i due protagonisti, i due outsider, i due pesci fuori d’acqua, quelle persone di cui il giorno di San Valentino senti la mancanza.
Le persone giuste, quelle speciali. Quelle che non ti mollano, che non ti tradiscono, che ci sono sempre per te. Don Shirley è un uomo di grande cultura e riservatezza, quasi (e forse senza quasi) snob; Tony è il tipico macho di strada, estroverso, chiassoso, duro, di pancia che a volte vorresti strozzare. Ma anche abbracciare.
Il Negro Motorist Green Book è una sorta di guida turistica pubblicata annualmente dal 1936 al 1966, che elencava le strutture che ammettevano e servivano clienti di colore. "African-American friendly”, in modo tale da proteggere il più possibile coloro che decidevano di mettersi sulla strada in posti estremamente razzisti.
In questo viaggio non c’è bisogno di scavare per ottenere una morale; è sempre presente, nelle battute, in quelle amare, in quelle apparentemente leggere, intrinseca nella sceneggiatura e nelle interpretazioni dei personaggi.
Si trova nel razzista Sud del Paese, in un road movie consapevole di territori non facili per un uomo con la pelle scura.
Lontano dal voler a tutti i costi catalogarsi come film d'autore, ma di leggera ed elegante (e quindi pungente il doppio) denuncia sociale.
C'è tutto. Mahershala_Ali bellissimo e portentoso, un automobile, un pianoforte e la musica.
Irresistibile.
Questo film fa stare bene. Consigliato sotto ogni punto di vista.
lunedì 15 maggio 2017
The Light Between Oceans di Derek Cianfrance. 2017
"Lei è nostra, non facciamo niente di sbagliato"
Già coppia nella vita reale, Michael Fassbender e Alicia Vikander si innamorano di nuovo nel terzo lungometraggio del regista/sceneggiatore Derek Cianfrance.
L’isola di Janus, dove il guardiano del faro Tom (Michael Fassbender) prova a costruirsi una vita decente dopo aver servito il suo paese nella prima guerra mondiale, fa parte di una civilizzatissima comunità di cui il faro è una specie di fiore all’occhiello, una luce che guida l’umanità fuori dalle tenebre. Tom sposa Isabel (Alicia Vikander) e se la porta a Janus dove vivono una specie di idillio, finché la povera Isabel perde non uno, ma due figli in gravidanza. Un giorno trovano una barca, portata dalle onde. Dentro c’è un uomo (morto) e una neonata avvolta in un maglione.Può fare tanto il desiderio di un figlio? L’amore di un marito per la moglie arriva a rompere il senso di dovere di un uomo onesto?La coscienza è meno facile da convincere della gente. La bambina crescerà come loro figlia. Decidono di chiamarla Lucy, in onore della loro vita al faro. L’amore che provano per quella bambina non ha niente di diverso da quello che potrebbero provare per un figlio naturale, con una sola differenza: sono tormentati dal pensiero che possa esistere una mamma che piange credendola morta in mare, o almeno ne è tormentato Tom.Lui che si sente in colpa di essere tornato integro dalla guerra, di non aver potuto salvare tutti i suoi uomini rivive la possibilità di salvare qualcuno ogni volta che accende il faro.
Chi non lo vorrebbe un figlio da Fassbender?!
Ho guardato il film solo per lui.
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martedì 30 agosto 2016
Le Regole del Caos di Alan Rickman. 2015
La differenza tra il mondo di Sabine e quello delle piante sta tutto nella consapevolezza; lei è consapevole di morire dentro, una pianta no.
Al palazzo di Versailles fervono nuovi preparativi: il re Sole vuole un nuovo giardino che celebri la bellezza ed il fascino della sua corte. Viene così indetto un bando per trovare l’architetto/paesaggista che affiancherà André Le Notre il “giardiniere di corte”. E’ lo stesso André Le Notre a condurre la scelta ed inaspettatamente si vede presentare una persona che non si aspettava: un architetto e paesaggista donna. Madame Sabine De Barra è una donna forte, orgogliosa amante della natura, dei fiori e dei giardini poco amante invero delle regole e dei canoni. André Le Notre decide inizialmente di scartare il lavoro di Sabine, ma ne è rimasto talmente impressionato da rifletterci sopra e tornare sulla sua decisione.Un film indipendente dal budget ridotto, eppure 'ricco' nei costumi e nelle scenografie, riadattate in Inghilterra e non in Francia proprio per una questione di 'risparmio'.Tutti alla corte francese, per scoprire con stupore che la principessa Elizabeth Charlotte accetta che il marito, il principe Filippo (un delizioso Stanley Tucci) intrattenga una relazione con il duca Antoine, purché si occupi di lei e dei loro figli.
mercoledì 20 giugno 2012
Eternal sunshine of the spotless mind di Michel Gondry, 2004
"San Valentino è una festa inventata dai fabbricanti di cartoline di auguri per far sentire di merda le persone."
E' possibile privarsi di un ricordo? Spazzare via un'emozione come se non fosse mai stata provata, come se non ci avesse mai fatto tremare?
Qui è Clementine a fare il primo passo recandosi presso l'azienda specializzata nella rimozione dei ricordi, e farsi cancellare la storia con Joel. Anche se questo passaggio in realtà sullo schermo non verrà mai esplicitato.
Venuto a conoscenza della cosa Joel decide di fare altrettanto, ma durante l'operazione se ne pente. Geniali le scene in cui combatte con la sua mente, i ricordi cominciano così ad interagire con la loro cancellazione, sfidandola in un duello che apparentemente è perso in partenza. Accattivanti le personalità dei due protagonisti: Lui, (Jim Carrey) introverso e schivo, Lei (Kate Winslet) chiaccherona e impulsiva all'ennesima potenza. Struggente la fuga nell'infanzia di Jim Carrey che cerca di proteggere l'immagine della sua amata sperando che la sua mente non scovi il loro nascondiglio, un impatto cerebrale struggente che mi ha convinto sempre più. Ovviamente il macchinario alla fine compie la sua missione, ma quando il "paziente" si sveglia decide però di saltare il lavoro e recarsi a Montauk, luogo dove aveva incontrato Clementine la prima volta. Non sa perchè lo sta facendo, assistiamo solo alla sua voce che comunica l'assenza da lavoro: "Non sono andato a lavoro oggi. Ho preso il treno per Montauk. Non so perché. Non sono un tipo impulsivo. Forse mi sono solo svegliato un po' depresso".
Lì la ritrova con i suoi capelli blu e i due si innamorano una seconda volta. E'il loro ritrovarsi ad aprire il film, venti minuti in cui penserete di aver capito già tutto, ma poi partono i titoli di testa e verrete schizzati in un nuovo mondo. Non meno affascinante del primo, un mondo cancellato che viene riportato a galla.
Parallelamente va in scena la vicenda dei cancellatori: la bionda Mary,la segretaria del medico, durante la cancellazione dei ricordi di Joel, bacia il suo vate. La moglie mossa a compassione la informa che lo stesso medico della quale si sta per reinnamorare ha in realtà rimosso la loro relazione, perchè clandestina. Mary ne è sconvolta e decide di licenziarsi e spedire una lettera a tutti i clienti vittime di cancellazione con la cassetta registrata dei loro ricordi. Eccezionale Kate Winslet, per me la migliore attrice vivente, Clementine capirà che il suo "nuovo" amore non è altro che l'ex appena "dimenticato".
Tramite il personaggio di Joel, il regista muove una critica romantica alla società ormai padrona dell'esistenza di ogni singolo individuo tanto da deciderne la sua interiorità e i sentimenti. Joel non comunica infatti, annota tutto su un'agenda: "Parlare in continuazione non significa comunicare; (...) le persone devono poter condividere le cose, è tutta qui l'intimità; voglio leggere quel diario su cui scarabocchi in continuazione... che scrivi se non hai nessun pensiero, nessuna passione, amore?" In realtà i due amanti non si odiano, odiano la società in cui vivono che esaspera le loro diversità tanto da farla diventare motivo della loro rottura.
Unico grosso punto di demerito è la resa italiana del titolo: senza poesia e assolutamente anti-artistico. "Eternal sunshine of the spotless mind"", L'infinita letizia della mente candida ci piace di più. Verso di una poesia scritta da Alexander Pope: "Eloise to Abelard"; titolo bellissimo che i traduttori avendo la stessa cultura di Mary che nel film scambia il poeta per Papa Alessandro, hanno storpiato nell'osceno "Se mi lasci, ti cancello".
Un film che ha la potenza di stravolgere e farci quasi accettare ciò che apparentemente all'inizio della pellicola sembra mostruoso: Perché è sbagliato dimenticare tutto, e così necessario ricordare? Secondo il regista si: in fondo Joel si pente, la segretaria è sconvolta quando prende coscienza di cosa sia accaduto alla sua anima. Mary citando Nietzsche dirà: "Beati gli smemorati perché avranno la meglio anche sui loro errori". Interessante è il fatto che Mary tenga un booklet: un quadernetto di citazioni, un surrogato per conoscere se stessi, come il block notes di Joel. Come diceva Dostoevskij, all'uomo "piace soffrire", e Mary e Joel ne sono l'esempio vivente. Esseri asociali che odiano gli smemorati e annotano tutto, imparano a memoria le citazioni per nascondere il loro disagio esistenziale, l'incapacità ad amare ma la voglia di farlo. "Siamo come quelle povere coppie per cui si prova compassione nei ristoranti, siamo morti che mangiano. Io non riesco sopportare l'idea che pensino questo di noi." Annota infatti Joel sull'agenda.
Film struggente, bello e pieno di speranza e per dirla in stile baci Perugina: cancellare qualcuno dalla sola mente basta sul serio?
"Joel! E se tu rimanessi questa volta? Se ne sono andati via tutti. Non c'è più nessun ricordo. Almeno torna indietro e inventati un addio. Facciamo finta che ci sia stato. Addio Joel. Ti amo. Ci vediamo a Montauk".

giovedì 7 aprile 2011
Miral di Julian Schabel. 2010

Miral. Come il fiore che nasce sui cigli delle strade e dal quale germogliano altri fiori:due donne, la sua insegnante Hind, fondatrice di un orfanotrofio, e la madre Nadia. Tre trame al femminile intrecciate alle voci di chiunque abbia esercitato un’influenza su di loro, e a alle voci delle innumerevoli storie simili a quella di Miral, la bellissima palestinese che vive in Israele nel collegio-orfanotrofio fondato da Hind Husseini. Nadia, che si lascia annegare tra le onde del mare, e la zia di Miral che ha compiuto un grave attentato, costringono quello che lei crede essere il suo vero padre a cambiarle identità e ad allontanarla dalla famiglia, ma non si sfugge al destino e nel collegio la giovane seguirà attivamente le vicende che condurranno agli accordi di Camp David e manifesterà, facendone le spese, a favore della causa palestinese. Miral rappresenta la generazione allevata nel pieno dell’occupazione e solo chi ha coltivato nonostante tutto un sogno di pace attraverso l’amore, l’istruzione e la speranza, è riuscito alla fine a vincere. E'la storia di una vittoria al femminile, velata, timida, zoppicante, umiliante: bellissima la scenza della violenza consumata su una donna espressa nel dettaglio di una macchina da presa, che per il pudore di un gesto così vile e oltraggioso indugia, sgrana, sfoca l'immagine, l'azzittisce, ammutolisce, per poi rivelarla solo alla fine, quando tutto è compiuto. Una storia un po'disordinata, difficile e a tratti noiosa da seguire, poco pathos, un generico appello alla pace, ma che ha la pecca di non diventare mai un vero e proprio grido.
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