“Mi accorgevo di avere la pelle d’oca. Senza una ragione, dato che non avevo freddo. Era forse passato un fantasma su di noi? No, era stata la poesia. Una scintilla si era staccata dal poeta e mi aveva dato una scossa gelida. Avevo voglia di piangere; mi sentivo molto strana.Avevo scoperto un nuovo modo di essere felice.” (Sylvia Plath)
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lunedì 11 febbraio 2019
Il colore nascosto delle cose di Silvio Soldini.2017
Se sei indeciso e non sai che direzione prendere i film di Silvio Soldini ti faranno sentire meno solo.
Anime divise in due in cerca di una guida: uno è il prubblicitario Teo, con tablet e cellulare perennemente in funzione, l'altra è Emma, un’osteopata che ha perso la vista a diciassette anni.
Bastone bianco in mano e la scelta stilistica di non mettere mai perfettamente a fuoco le immagini.
Piccole cose che avvengono in spazi metropolitani e dialogano coi personaggi alla ricerca di un’armonia impossibile.
La narrazione è intrigante, ma abbastanza scontata. Da vedere solo in giorni in cui si è a letto con l'influenza e ci si annoia.
Bellissima la schiena della Golino.
domenica 20 gennaio 2019
Mother! di Darren Aronofsky. 2017
Non guardate mai Madre! per nessun motivo.
-In fondo è un thriller di un regista autoriale, c’è la famosissima attrice Jennifer Lawrence e l’affascinante Javier Bardem, sarà alla Hitchcock/Polanski maniera- ti ripeti, incredulo, sperando le cose acquistino senso.
Invece, più ci si addentra nel film più si è spiazzati.
Poeta/scrittore acclamato dalle masse Lui, giovane musa indulgente Lei.
Lei, paziente, lo ama alla follia. Lui è preso da se stesso e dalla sua fama, vive per essere idolatrato.
Sarà la metafora della frustrazione di una donna costretta a convivere con un artista famoso, una cui parte della vita sarà sempre condivisa con i suoi tormenti di ispirazione e soprattutto i suoi fans? Spiegazione scontata e banale.
Forse è la storia di Dio in chiave contemporanea: il sacrifico della Madre! del titolo è quello di Maria, il sacrificio del figlio quello di Cristo? (più plausibile)
La casa in cui vivono i due protagonisti poi, letteralmente prende vita, respira (e sanguina da vagine apertesi nel parquet!)
Poi ad un certo punto le cose sembrano andare anche dal verso giusto: Bardem ha scritto una nuova opera, Lawrence aspetta un agognato erede e proprio allora, invece, la Casa viene invasa dai barbari.
Finale splatter.
Irritante, un incubo!
Gli occhi increduli di Jennifer Lawrence dicono tutto.
sabato 29 settembre 2018
Battle of the Sexes di Jonathan Dayton, Valerie Faris. 2017
Ho adorato Little Miss Sunshine, così ho recuperato La battaglia dei sessi (degli stessi registi), che ha avuto l'ambizioso compito di riportare alla luce la celebre partita di tennis avvenuta il 20 settembre 1973 tra Bobby Riggs e Billie Jean King
Il film ricostruisce l'atmosfera tagliente di quegli anni in campo sportivo, scandendone tutte le tappe, fino ad arrivare al famoso match conclusivo: novanta milioni di telespettatori sintonizzati davanti alla tv per vedere un cinquantenne ex campione di tennis, autodefinitosi 'porco maschilista', sfidare una 29enne campionessa in attività, da mesi in guerra con la federazione tennistica americana per riconoscere a lei e alle sue colleghe un compenso pari a quello maschile.
Billie Jean in seguito, infatti, ruppe con la federazione tennistica per fondare la Women’s Tennis Association, inizialmente considerata illegale, diventando la prima tennista a guadagnare oltre 100,000 dollari all’anno.
Negli anni settanta erano già nati negli Stati Uniti, sull'onda del famoso 68' europeo e mondiale, il movimento femminista e la rivoluzione sessuale. In questo contesto nacque negli anni settanta nell'ambiente tennistico statunitense l'idea di fronteggiare queste richieste per avere una retribuzione equa tra uomo e donna ed i movimenti femministi correlati con delle sfide dimostrative sul campo da tennis .
Settantatre. Anno epocale per noi femministe: venne approvato il Titolo IX della Costituzione, che ratificò la parità dei diritti fra uomo e donna, e la Corte Suprema emise una storica sentenza sul diritto all’aborto.
Il resto è storia, il resto è Billie Jean King. Femminista convinta, lesbica, vorace sportiva, interpretata da un'ineccepibile Emma Stone. Contro l'egocentrico e narciso Bobby Riggs, uno scommettitore seriale mantenuto dalla ricca moglie, che attacca le tenniste, perchè "umorali e inadatte a reggere emotivamente una gara contro un uomo" e che sfida col fine di dichiarare la sua presunta superiorità ( ma a fior di sponsor ovviamente)
Entrambi indossano una maschera di fronte al mondo e agli altri, che calano solo quando scendono con una racchetta in mano nel rettangolo da gioco. Lì, in quell’istante, sono liberi, e si rivelano per ciò che sono: in fondo un po'uguali. Entrambi incostanti nei rapporti umani, soli perché incapaci di legarsi veramente a qualcuno.
Impossibile non pensarre a Serena Williams e all'unicità delle tenniste, icone assolute di femminismo.
Vi adoro.
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mercoledì 5 settembre 2018
Logan di James Mangold. 2017
Non ho mai guardato film sugli X-men.
E già l'esordio mi predispone male a scrivere qualche riga su Logan. Ma ci provo. E'il canto del cigno di Logan, il suo estremo saluto. Si sta per scrivere la parola The end.
Anno 2029: Logan è malconcio, invecchiato, non veste più i panni dell'eroe da molto tempo. Il mutante ora fa l'autista di limousine e accudisce il novantenne Xavier in una cittadina messicana. Il suo vecchio mentore soffre di una non precisata malattia degenerativa del cervello e, con i suoi poteri, sarebbe rischioso tenerlo all'aria aperta, così Logan lo ha confinato in una cisterna.
I Reavers, scagnozzi che lavorano per la multinazionale Transigen, intenzionata a controllare la mutazione per usarla come arma, bussano alla loro porta. Una donna messicana segue Logan, vuole il suo aiuto: apparentemente un passaggio per il North Dakota, del resto lui è un autista ormai. Ma la morte della donna lascia presagire dell'altro.
Ma la vera protagonista è X-23, una bambina mutante di nome Laura che ha gli stessi poteri rigenerativi di Wolverine, con tanto di artigli. Come altri bambini "speciali" è nata e cresciuta in un centro genetico.
Questa ragazzina ha uno sguardo che buca lo schermo e sembra fatta, o meglio “creata” apposta per questo ruolo.
Una piccola e feroce perfetta “Wolvi” in miniatura che sogna la libertà e brama più di ogni altra cosa l’amore che le è stato negato sin dalla nascita.
Lotta al razzismo e alla paura del diverso. Un film che mi ha spiazzato perchè da questo genere non mi aspettavo una grande anima. Che, invece, troverete.
Da oscar il montaggio sonoro.
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venerdì 20 aprile 2018
L'ordine delle cose di Andrea Segre. 2017
Un funzionario ministeriale e la questione libica degli sbarchi di migranti, provenienti dalle coste del territorio nord africano, con tutte le attività politico-diplomatiche con le quali il nostro governo sta cercando di convincere le autorità della Libia a collaborare per arrestare il flusso di persone che ogni giorno si imbarca in direzione del nostro paese. Con l'aggiunta della complicità di chi lucra sul traffico illegale di vite umane nel Mediterraneo.
Più denaro europeo ai libici per migliorare l’accoglienza e ampliare la ricettività, frenare il loro stesso affarismo nel traffico di disperati, bloccare gli imbarchi già nelle loro acque territoriali riportando indietro i migranti. In uno status di accoglienza da leggersi però come detenzione.
Corrado bada all'"ordine delle cose" però: piega perfettamente le camicie sul letto,colleziona ampolle con la sabbia delle spiagge visitate nel mondo. Perchè lui sa come difendersi e quando attaccare, ha praticato la scherma in dimensione olimpionica.
Poi però incrocia Swada, una giovane somala cui là dentro le guardie hanno ammazzato il fratello, che lo scongiura di aiutarla a raggiungere il marito in Finlandia. Tentenna, ma poi non cambia le cose.
Quello che rimane, nella fissità di un breve piano sequenza è l’indifferenza, il cinismo e i nostri occhi volontariamente chiusi.
Poca poesia, molta realtà
giovedì 22 marzo 2018
Maria Maddalena di Garth Davis. 2018
Maria Maddalena è uno dei personaggi ancora più discussi, di quelli su cui si pensa di saper tutto, quella su cui tantissimo si è detto. E non sempre a ragione.
Poi la Pasqua si avvicina e, come ogni anno, sentiremo il suo nome durante i brani della Passione. Come voi, di lei so poco, ma da questa sera ho una certezza, tutte le volte che penserò a lei, penserò a Rooney Mara Daily perchè la incarna in maniera esemplare, con il suo corpo esile, i suoi occhi intensi che dicono "No" ad una convenzionale vita terrena per dirigersi verso il profondo, l’essenziale, la verità cristiana.
Maria Maddalena rifiuta il matrimonio combinato dalla sua famiglia, contrae mani e polsi durante la festa di fidanzamento, senza capire ancora perfettamente quello che desidera. Fu proprio questo suo spirito indipendente e la confusione evangelica con altre Maria fecero pensare a San Leone Magno che si trattasse di una prostituta. Oggi l'immagine di questa donna così importante nella vita del Cristo è stata ampliamente rivalutata, non solo dalla chiesa ma anche dalla storia che ne vede una femminista ante litteram, capace di ribellarsi ai ruoli precostituiti, ed intraprendere un cammino di conoscenza religiosa, intimistica e psicologica.
Joaquin Phoenix è bellissimo anche in sovrappeso, ma sembra in realtà più un barbone ubriaco, abituati come siamo alla bellezza perfetta del Gesù di Zeffirelli. Qui Gesù ha la pancetta, è cupo, poco rassicurante e solitario, ha un'insicurezza disarmante e affascinante, vera.
Che la religione ad oggi non possa essere raccontata al cinema aderendo alle dottrine istituzionali è quasi un dato di fatto, animismo spiritualista, moderno. Questo ci troveremo. Con Maria Maddalena che irride quasi i discepoli, boccaloni illusi che credono al regno dei cieli come un grande effetto speciale che deve materializzarsi da un momento all’altro pronunciando le parole magiche.
Ci piace anche Pietro che ha la pelle scurissima.
Se c'è qualcosa da ribaltare, insomma, questo film lo fa.
E se a Pasqua dobbiamo davvero rinascere, va bene così.
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giovedì 8 marzo 2018
La signora dello zoo di Varsavia di Niki Caro. 2017
Il film che ho scelto per l'8 marzo è scritto e diretto da donne, interpretato dalla seducente Jessica Chastain prima tra tutte, racconta la storia di un’eroina poco nota alla grande storia durante la brutale invasione nazista della Polonia nel 1939 a Varsavia.
La signora dello zoo di Varsavia nasce però, in realtà, da un’affiatata collaborazione tutta al femminile: nel 2007 la produttrice Diane Miller Levin legge il libro di Diane Ackerman, The Zookeeper's Wife, che riporta i diari di Antonina Żabińska e rimane così affascinata dalla vera e poco nota storia di questa eroina da coinvolgere la collega Robbie Rowe Tollin per farne un adattamento cinematografico.
La produzione ha coinvolto anche la figlia di Antonina e Jan, Teresa Żabińska, (che vedremo nel film piccolissima di appena un anno)ed è grazie a lei che si è potuta delineare così approfonditamente la figura di Antonina, l'importanza per la cultura e la musica, con cui poteva curare e alleviare i traumi psicologici do quel periodo.
Ogni mattina Antonina attraversa il suo zoo in stile liberty in bicicletta, salutando affettuosamente gli animali presenti.Siamo nel 1939 e a breve nella stessa città, migliaia di persone innocenti verranno rinchiuse in un ghetto, intrappolate come animali in uno zoo, ma in condizioni di vita pietose, con poche speranze di sopravvivenza. Un arca di Noè su cui saliranno e verranno portati in salvo ben 300 ebrei.Antonina Zabinski. Una donna complessa e in anticipo sui tempi: moglie, madre, lavoratrice, studiosa, musicista appassionata d’arte, dotata di una straordinaria sensibilità per gli animali, come per le persone
Antonina suona il piano e se ne serve per suonare il segnale d’allarme in caso di pericolo, l'ho trovato un importante richiamo al valore salvifico dell'arte:il brano è quello di un’operetta di Offenbach, avviso in codice nel momento in cui tutti gli ospiti dovevano tornare nei loro nascondigli.
Nella pellicola emerge inoltre la volontà dello zoologo di riportare in vita bestie ormai estinte, in un sempre ambiguo oscillare tra l’amore per gli animali e il disprezzo per la vita umana. Possibile che uno scienziato amante degli animali possa essere anche un attivo esecutore dello sterminio nazista? Il dubbio e (la rabbia) rimangono.
Buon 8 Marzo
mercoledì 7 marzo 2018
Lady Bird di Greta Gerwig. 2017
Come François Truffaut nei suoi “I 400 colpi”, o come Bergman che ha realizzato film che erano diari della sua esistenza, anche Greta Gerwig esordice in questo suo primissimo lavoro con una storia autobiografica, tornando nella natia Sacramento, dove racconta la storia di una ragazza (se stessa) di 18 anni, ambientandola nel 2002 (quando appunto la regista aveva 18 anni). "Chiunque parli dell’edonismo della California non ha mai passato un Natale a Sacramento”. L’incipit del film già ci dice tutto, preannunciando quella voglia di fuga che tutti conosciamo nei nostri paesi natii, il tutto accompagnato dalle note avvolgenti di Jon Brion.
Lady Bird è Christine,sedicenne che ha bisogno di spiccare il volo, di uscire dai confini della periferia di Sacramento; la sua priorità è quella di sprovincializzarsi e frequentare un college della East Coast.
Vi innamorerete follemente di lei: è ormonale, scostante e sognatrice. In equilibrio precario. Come quando, in una delle scene più riuscite, quella iniziale in macchina con la madre, apre lo sportello e si lancia dall'auto in corsa, esibendo poi quindi nella prima parte del film un gesso rosa shock.
In bilico tra ciò che è e ciò che, invece, la società impone, cercherà quella vena un po'cool che però non le appartiene, sia in amiciia, sia in amore. Timothy Chalamet è il personaggio più riuscito in questa sua ricerca: sofferto adolescente borghese, con idee complottiste e anti-governative, naif anche lui, ma nel senso più profondo, senza via di scampo, già annoiato dalla vita.
Lady Bird è cinema indie a 360° gradi, dove si parla della scoperta della sessualità, di omosessualità e depressione con un linguaggio esplicito e diretto. Se questo è il film d’esordio di questa reista che mi è coetanea, non vedo l'ora di vedere i prossimi.
giovedì 22 febbraio 2018
The Shape of Water di Guillermo del Toro. 2017
Film politico e femminista. Vi avviso. Quindi adatto a me.
Baltimora. Anni Sessanta, durante la Guerra fredda,un uomo-pesce viene portato in un segretissimo laboratorio governativo guidato dal cattivo di turno.
La protagonista è una donna delle pulizie muta che si innamora dell’uomo-pesce, tenuto prigioniero. Qui gli scienziati americani stanno ricercando nuove forme di tecnologia per portare i propri astronauti nello spazio prima di ricevere ulteriori umiliazioni dai sovietici.
Elisa piace subito, è semplice,mangia uova sode e si masturba ogni mattina nella vasca da bagno.
Bizzarro, ma in assoluto il film più poetico guardato in questa stagione. Una favola gotica che il 4 marzo concorrerà a ben tredici nomination, ed è importante per i temi trattati: il razzismo segregazionista verso le persone di colore, la sottomissione della donna e la repressione dell’omosessualità.
Ad andare in scena personaggi incompleti: Elisa è zitella oltre che muta- viene definita bruttina,ma ditemi voi se guardarete i suoi tanti nudi integrali se non abbia un corpo perfetto, ricorda Charlotte Gainsbourg- la collega Zelda è vessata da un marito che la schiavizza e il vicino di casa Giles è un artista brillante col difetto di essere gay quando ancora non si poteva.
Ipnotizzante la malinconia proprio di questo vicino paterno disegnatore di locandine che vede la sua arte messa in secondo piano dall’avvento dei poster fotografici, un sognatore amante dei vecchi musical in tv che si riempie la casa di torte che non gli piacciono solo perché segretamente innamorato del commesso del negozio di dolci. Il personaggio in assoluto più complesso e affascinante.
Un grande talento visionario questo regista. E un cuore tenero, in almeno un paio di scene mi sono commossa. Faccio il tifo per lui.
lunedì 8 gennaio 2018
On Body and Soul di Ildikó Enyedi. 2017
Un film assolutamente cerebrale, dove psicanalisi, surrealismo, animalismo diventano un unicum. Un po'dark commedy
Due cervi nella neve. Tutto bianco. E il sangue rosso vivo del mattatoio.
Endre e Mária. Lui è il direttore finanziario, lei la responsabile alla qualità. Nella vita reale sono goffi e impediti, quindi si incontrano nei loro sogni. Lui ha un problema a un braccio, lei invece è incerta ad ogni passo. Parla poco, ha una memoria incredibile e poi da sola, a casa, con dei giocattoli ricrea quello che ha vissuto durante il giorno o quello che vorrebbe vivere.
Difficile stabilirne un contatto e così la regista ungherese si dimostra interessata alla rappresentazione naturalistica del sentire, soffermandosi sulla masticazione dei cervi, sul rumore della neve scossa al loro passaggio, sul respiro.
Premiato, un po' generosamente, con l'Orso d'oro al Festival di Berlino.
venerdì 29 dicembre 2017
Wonder Wheel di Woody Allen. 2017
Woody Allen ci aspetta, ogni anno, al varco di dicembre. Non si può che chiudere l'anno con lui e quindi sono salita sulla sua "ruota delle meraviglie". Vi diranno che questo regista ormai è vecchio, stanco e non ha più nulla da dire. Non credeteci!
Campo lungo sulla spiaggia di Coney Island, con la ruota panoramica e le insegne colorate dei negozi, la folla di bagnanti e gli ombrelloni.
Ma è Justin Timberlake?! - mi chiedo ad un certo punto- Si! Lui.
Guarda in camera dall’alto della sua postazione da bagnino anni ‘40 e introduce il film parlando con gli spettatori, illustra i personaggi di questa tragedia greca che andrà in scena. Metateatro.
Inevitabile non pensare al tributo a Douglas Sirk, dove un’aspirante attrice con una figlia e senza marito, incontra una domestica di colore, anche lei con una figlia a carico, insieme alla quale avrebbe formato una strana famiglia di quattro donne. Anche Allen sceglie una ex attrice di teatro fallita, Ginny, madre di un ragazzino problematico e sposata in seconde nozze con un uomo che non ama; un ex alcolizzato, riciclatosi come giostraio.
L'uomo ha una figlia di primo letto: Carolina, antagonista di Ginny perchè giovane e bellissima, fuggita dal marito gangster e riappacificatasi col padre; e poi c'è Mickey, aspirante drammaturgo che per mantenersi d’estate fa il bagnino a Coney Island. Va prima a letto con Ginny e poi innamorandosi di Carolina, scatena la gelosia dell’ex amante.
Tutti hanno una gabbia sociale ben definita, tranne il giovane figlio della donna: Richie, che è il particolare che sfugge. Appicca incendi e nessuno ne capisce il motivo. Perchè la salvezza è fuori dal controllo razionale. Questo ci suggerisce Allen. "io non sono una cameriera, sto solo recitando una parte" dice spesso Ginny per sopravvivere.
E così nel finale Allen ci regala la scena madre, recitata dalla strepitosa Winslet tra vecchi vestiti di scena riesumati (solo questa scena vale tutto il film), Mickey esce per sempre dalla sua vita e di scena e la donna resta sola finché non rientra il povero marito.
La fotografia ipersaturata che segue gli stati d'animo della donna, si fa improvvisamente realistica, dalla wonder wheel non penetra più nessun riverbero. Il cinema spegne i riflettori e il reale continua.
martedì 17 ottobre 2017
Atomic Blonde di David Leitch. 2017
Charlize Theron immersa in una vasca da bagno piena di cubetti di ghiaccio a significare la rigidità del suo animo. Comincia così Atomica bionda.
Il concetto di freddo è la tematica principale, infatti: sia per le temperature climatiche degli spazi in cui è ambientato sia, soprattutto, per la stasi totale che si respira nel contesto storico di riferimento e nel cuore dei personaggi. Siamo nella Berlino del 1989, quando i fermenti mondiali stanno giungendo al culmine, poco prima del crollo del Muro. Occidente e Oriente sono ancora in conflitto e lo spionaggio è attivo in quella che ancora per poco sarà chiamata guerra fredda. L’MI6 spedisce a Berlino Charlize Theron, cioè Lorraine Broughton, la spia più spaccaculi che sia mai esistita, per recuperare una lista contenente le identità di tutti gli agenti segreti occidentali sotto copertura
L'estetica è fumettistica, anche un po'kitsch: neon e colori ipersaturati.Il punto di riferimento, stilistico e iconografico, sono ovviamente gli anni 80, o almeno una loro versione idealizzata e stilizzata, dove tutti i giovani sono punk, si ascoltano solo hit della New Wave, ogni cosa è illuminata coi neon e Berlino pare una città fantasma solo perché la gente è TUTTA nei club.
E comunque si capisce perché, anche da quelle parti, gli uomini preferiscano le bionde. E le donne pure.
lunedì 15 maggio 2017
The Light Between Oceans di Derek Cianfrance. 2017
"Lei è nostra, non facciamo niente di sbagliato"
Già coppia nella vita reale, Michael Fassbender e Alicia Vikander si innamorano di nuovo nel terzo lungometraggio del regista/sceneggiatore Derek Cianfrance.
L’isola di Janus, dove il guardiano del faro Tom (Michael Fassbender) prova a costruirsi una vita decente dopo aver servito il suo paese nella prima guerra mondiale, fa parte di una civilizzatissima comunità di cui il faro è una specie di fiore all’occhiello, una luce che guida l’umanità fuori dalle tenebre. Tom sposa Isabel (Alicia Vikander) e se la porta a Janus dove vivono una specie di idillio, finché la povera Isabel perde non uno, ma due figli in gravidanza. Un giorno trovano una barca, portata dalle onde. Dentro c’è un uomo (morto) e una neonata avvolta in un maglione.Può fare tanto il desiderio di un figlio? L’amore di un marito per la moglie arriva a rompere il senso di dovere di un uomo onesto?La coscienza è meno facile da convincere della gente. La bambina crescerà come loro figlia. Decidono di chiamarla Lucy, in onore della loro vita al faro. L’amore che provano per quella bambina non ha niente di diverso da quello che potrebbero provare per un figlio naturale, con una sola differenza: sono tormentati dal pensiero che possa esistere una mamma che piange credendola morta in mare, o almeno ne è tormentato Tom.Lui che si sente in colpa di essere tornato integro dalla guerra, di non aver potuto salvare tutti i suoi uomini rivive la possibilità di salvare qualcuno ogni volta che accende il faro.
Chi non lo vorrebbe un figlio da Fassbender?!
Ho guardato il film solo per lui.
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venerdì 3 marzo 2017
Beata ignoranza di Massimiliano Bruno. 2017
L'ennesimo film contro i social network, solo molto più noioso.
Storia banale, priva sia di tempi comici apprezzabili, sia di stratagemmi per creare una forte empatia con il pubblico. Non diverte, non emoziona, insomma una barca che fa acqua da tutte le parti dalla quale non si salvano neanche gli interpreti i quali, pur bravi e talentuosi, non riescono a dar consistenza ai loro ruoli e offrono prestazioni anonime e deludenti.
Ok, siamo facebookdipendenti. E allora?
Beata Ignoranza, in conclusione, rappresenta un enorme e significativo passo indietro per Massimiliano Bruno.
Non andate a vedere questo film.
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