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martedì 25 settembre 2018

A Bigger Splash di Luca Guadagnino. 2015

Che Luca Guadagnino sia un egocentrico ce lo dicono i suoi film, soprattutto "A bigger splash". Potrei annoverare questa sua pellicola tra le peggiori del regista, il difetto è soprattutto della sceneggiatura di David Kajganich, rarefatta, troppo inconcludente, troppo grossolana, con battute veramente infantili ("siamo tutti osceni"). Il film deve il suo titolo ad un quadro di David Hockney, che raffigura appunto uno spruzzo in piscina, dovuto ad un tuffo appena avvenuto, un gesto impetuoso. Ed è questa la chiave della storia: gesti impetuosi, di pancia, istintivi. La trama è ispirata, invece, ad un film piuttosto simile, ma qualitativamente migliore: “La piscina”, film francese del 1969 firmato da Jacques Deray e interpretato da Alain Delon, Romy Schneider, Maurice Ronet e Jane Birkin. Una processione religiosa, in cucina del cibo di voluttuosa bellezza. Questo è quello che funziona. Per il resto c'è una piscina, un morto e quattro snob: una cantante rock famosissima, il suo ragazzo fotografo toyboy, il suo produttore e la figlia di questo (l’unica che risulta convincente, Dakota Johnson nei panni di una Lolita con un’indole fragile e sensibile) in una villa a Pantelleria in estate.
L’intesa erotica tra la protagonista Marianne e il fidanzato è fortissima: passano le intere giornate praticamente nudi nel giardino della loro villetta, presi da un sano e dolce far niente. Riesce a far peggio il maresciallo Guzzanti. Quando Marianne, la rockstar protagonista, gli fa intendere: forse l'autore del delitto è uno dei clandestini dell'isola, lui le risponde "li abbiamo già offesi molto, questo non potrà offenderli di più", goffo tentativo di voler strizzare miseramente l'occhio alla problematica "clandestini". Ma non bastano questi accenni per fare di te un intellettuale impegnato, caro Guadagnino. Regia mediocre, patinata e finta

sabato 25 febbraio 2017

L'attesa di Piero Messina.2015

Con troppe lacrime piangi, Maria, solo l’immagine d’un’agonia: sai che alla vita, nel terzo giorno, il figlio tuo farà ritorno: lascia noi piangere, un po’ più forte, chi non risorgerà più dalla morte. (Fabrizio De André, Tre Madri, La Buona Novella)
Piero Messina, regista de L'attesa è il collaboratore di Paolo Sorrentino. Dall’alto, la macchina da presa scende su un Cristo morente. No, Magritte ci direbbe che quello non è un Cristo morente ma solo la sua rappresentazione, quindi dall’alto, la macchina da presa scende sulla rappresentazione di un Cristo morente.Lì ferma Juliette Binoche, che non riesce a trattenersi e lascia bagnare da rivoli di urina scappata per il troppo dolore le gambe. Sulle pendici dell’Etna si celebra un funerale, non è difficile intuirlo. Ma di chi? Quando la fidanzata di Giuseppe torna dalla Francia e chiede del ragazzo «È fuori, ma tornerà», si sentirà dire dalla madre. materassini sgonfiati lentamente, abbracciandoli, solo per sentire l’aria che ne esce (aria che, si intuisce è stata soffiata dentro dal figlio defunto) Tanta Sicilia nella processione della Madonna con stile semidocumentaristico e l’apparizione fantasmatica del morto! Un film acerbo, salottiero, aristocratico, drappi di velluto sugli specchi. Brava la Binoche, ma che sorpresa Lou de Laâge! notevole la fotografia firmata da Francesco Di Giacomo, ma questo rapimento estetico di fronte alle belle immagini che L’attesa contiene non è sufficiente però a farne un buon film, e anche l’ottima Juliette Binoche avrebbe meritato di essere meglio diretta, anziché lasciarle fare quegli intensi primi piani di cui tutti già la sappiamo capace. Manierismo e accaddemismo, vogliamo più pancia.

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