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mercoledì 18 settembre 2019

C’era una volta a… Hollywood di Quentin Tarantino. 2019

Mi sono ritrovata in sala con una schiera di adolescenti e - spiazzata dalla loro presenza- ho cominciato a chiedermi se si fossero dati appuntamento lì per caso, o se avessero, ad esempio, mai visto Pulp Fiction, (recuperandolo - ovviamente) innamorandosene.
Se fossero pronti ai quarti d'ora al cardiopalma tarantiniani, per non ritrovarmeli a urlare al primo schizzo di sangue. Ma soprattutto se fossero a conoscenza del fatto che grazie a pellicole come Bastardi senza Gloria, la Seconda Guerra Mondiale ha guadagnato un epilogo ben diverso da quello che conosciamo. Perchè cambiare il corso degli eventi attraverso il cinema è una specie di missione. E quando a Cielo Drive, la strada privata dove vive l'attore Dalton (il protagonista, Leonardo Di Caprio) e la sua inseparabile controfigura Cliff Booth (Brad Pitt) arrivano Roman Polanski e la sua nuova compagna Sharon Tate sarà chiaro che la redenzione - questa volta- riguarderà la tragica storia biografica del regista. Sharon Tate è bellissima e pura come una bambina, un angelo che merita redenzione: significativa la scena in cui si ritrova in sala, con le piante dei piedi annerite poggiate sulla poltrona antistante, ad autocompiacersi e ad osservare le reazioni in sala nella sua prova attoriale al fianco di Dean Martin. L'aggancio con la riscrittura salvifica del noto fatto di cronaca è rappresentato dall'entrata in scena dei «fucking hippies» della Manson Family, presentati con una sequenza ricca di tensione allo Spahn Movie Ranch, landa californiana dove la comune "alloggia". Charles Manson si intravede per un attimo a inizio film compiere una specie di sopralluogo in casa Polanski: viene messo in luce il lato oscuro e selvaggio, istintuale, distruttivo e omicida della subcultura hippie in quei tempi ambigui di radicale trasformazione collettiva. Tutto viene impacchettato a regola d'arte per arrivare all'ultima mezz'ora del film, quella cruenta, quella a marchio Taratino che tutti ci aspettiamo. A chi si sia chiesto se sia lecito affrontare con leggerezza un fatto di sangue così scioccante per l'America e per una serie di persone che ancora ne portano le ferite, suggerirei di guardare la storia sotto un'altra ottica, quella tarantiniana, quella che non documenta, dà giudizi o assolve, presentata e resa agevole -affinchè ogni spettatore vi si possa apprestare- attraverso, la ricostruzione filologica della Hollywood degli anni Sessanta con i suoi prediletti film di serie B, con quel cinema italiano da sempre nel profondo della sua cultura. Tutto volto ad affermare con assoluta certezza che solo la settima arte con il suo potere taumaturgico può davvero salvare, redimere, perchè la sola entità suprema al mondo giusta e compassionevole. P.S. Iñárritu non se ne dolga per qualche battuta di troppo sui messicani. Brad Pitt illegale. Non sarà il sangue a farvi salire l'adrenalina, sono pronta a scommetterci! (Anche i tredicenni alla fine hanno applaudito)

lunedì 3 settembre 2018

Nocturnal Animals di Tom Ford. 2016

Ho guardato Animali notturni perchè in molti me lo avete consigliato, forse come tentativo di sabotaggio alla mia già precaria serenità mentale. Di Tom Ford avevo già visto- ben sette anni fa- Single Man. Come il suo film di esordio, anche questo è un film teso e complesso, ambientato per buona parte nell'oscura e minacciosa frontiera del sud del Texas, che si trova quasi in mezzo al nulla, una pianura selvaggia che si estende senza confini. Susan, la protagonista, è l’animale notturno, quella che non riesce a dormire, quella che si chiede chi mai avesse comprato il manifesto con su scritto "Revenge", per sentirsi rispondere che era stata lei stessa a volerlo. Verso di lei si snocciola la vendetta che è alla base del film. La pellicola si apre con l’inaugurazione di una mostra, dove sono esposte delle donne obese vestite da majorette, nell’ambiente magro, mondano e sterile di una galleria d’arte contemporanea californiana. Il contrasto tra la società bella e impassibile che la protagonista ha scelto di frequentare e quella brutta, ma viva, che ha rifiutato è la parte viva del film. Le immagini del mondo di milionari che frequenta Susan sembrano artificiali, come artificiale è la felicità che la sua famiglia ha apparecchiato per lei. Al contrario il mondo sporco di terra e pieno di sterpaglie dove si svolge la vicenda del romanzo è vero, ma anche spietato e profondamente ingiusto.
Di forte impatto estetico, ipnotico, ambiguo, affascinante. Come lo sguardo di Susan. Notevole la scena in cui si prepara per incontrare l'ex marito. Perfetta la scelta del suo vestito verde e il rossetto appena steso e ripulito a lasciar intendere la voglia di intimità come preludio all'incontro. Quanto amiamo questi piccoli dettagli di Ford.

mercoledì 25 ottobre 2017

Only God Forgives di Nicolas Winding Refn. 2013

Tema centrale: il conflitto intrapsichico. Membro di una potente famiglia criminale, Julian gestisce un club di pugilato in Thailandia, come copertura per il traffico di droga. Il fratello maggiore Billy uccide brutalmente una prostituta e le autorità si rivolgono ad un poliziotto in pensione, Chang,il punitore. La punizione per Billy è la morte. Intanto – per recuperare il corpo del figlio - arriva a Bangkok Crystal, madre di Julian e Billy e capo di una potente organizzazione criminale. La donna ha un'importanza centrale: Julian ne è così morbosamente legato da aver ucciso, in passato, suo padre.
Chang entra in scena assumendo su di sé i connotati paterni: la sua arma punitiva è la katana, spada che sfodera magicamente dalla schiena e con la quale, oltre ad amputare arti, squartare toraci e trafiggere gole, perseguita fantomaticamente Julian abitando i suoi luoghi allucinatori ancor prima che i due s’incontrino effettivamente. Julian sventra il corpo morto della madre, la penetra manualmente. Del resto le mani di Julian, caricatesi eroticamente in concomitanza con l’omicidio della giovane prostituta,sono le sue appendici libidinali, ma al tempo stesso oggettivano lo sbarramento alla titolarità fallica: il godimento di una sessualità piena è letteralmente ostruito, schermato dalla mancanza della castrazione simbolica, Julian avvicina la mano al sesso di Mai attraversando una tenda di perline. E alla fine avverrà la castrazione, quando Chan gli amputerà le mani con uno stacco di nero. Cioè l’amputazione avviene nell’inconscio di Julian, lacerando la perversione primaria con l’introduzione della dimensione dell’impossibile/irrappresentabile: lui non può godere davvero perchè non può possedere la madre e ciò genera traumaticamente la possibilità stessa del desiderio. Si, questa recensione è lunga e noiosa. Il film però necessità di questa lettura o verrà frettolosamente bollato come una "schifezza"

mercoledì 18 ottobre 2017

Grindhouse di Quentin Tarantino, Robert Rodriguez. 2007

"Grindhouse" è un omaggio al cinema di genere anni 70, quando in America con un solo biglietto si potevano vedere due film horror o action all’interno della suggestiva cornice di un drive-in, o in quella nostalgica di una matinèe. La pellicola è graffiata, l'audio gracchia e vi sono perfino immagini in bianco e nero ed evidenti mancanze di fotogrammi. E poi Stuntman Mike, psicopatico interpretato da un cicatrizzato Kurt Russell con tanto di basette a punta, se ne va in giro per le polverose strade del Texas in cerca di libidinose fanciulle da torturare ed uccidere tramite l'uso esclusivo del suo possente e rovente bolide, munito di cofano con sopra disegnato un teschio bianco.Stuntman Mike è a tutti gli effetti uno stupratore, solo che usa la sua Chevrolet al posto del pene. Il terrificante frontale a cui assisteremo a metà film (una vera e propria sequenza capolavoro!) non è altro che un derivato dell'atto sessuale.
sangue, erotismo, ironia e citazioni sparse al cinema di genere anni '70. Anarcoide e dispettoso. Ma che figata!

The Tourist di Florian Henckel von Donnersmarck. 2010

"Tra poco arriva... deve arrivare per forza...". L’hanno così maltrattato i critici, americani prima ed europei subito dopo, che ci ho impiegato ben sette anni per guardareThe Tourist, che alla fine mi ha fatto quasi tenerezza e l'ho adottato, come un gatto abbandonato. Il giallo-rosa è di per sè una categoria poco interessante.
La sceneggiatura fa partire il tutto a Parigi, dove l’ispettore di Scotland Yard John Acheson sorveglia da vicino la bella ed eterea Angelina Jolie, ex amante del super ricercato Alexander Pearce. Il resto del film si svolge nella suggestiva Venezia. un Johnny Depp musone, inespressivo e mai in parte e una Jolie anoressica, gelida e senza personalità.The Tourist delude, ma con classe, molta bella forma e poco contenuto interessante.

venerdì 3 febbraio 2017

La isla minima di Alberto Rodríguez. 2014

Alle foci del fiume Guadalquivir, nel profondo sud spagnolo, scompaiono due giovani sorelle. Sono gli anno 80. la Spagna è in pieno periodo di transizione politica dalla dittatura dopo la morte di Francisco Franco nel 1975, l'adozione di una costituzione democratica e da lì a poco (nel 1981) il tentativo di colpo di stato da parte dell'esercito bloccato dalla fermezza del re Juan Carlos che si schierò senza esitazione a fianco del Parlamento eletto democraticamente e della Costituzione. Il villaggio, infatti, è nella palude: metafora di un paese impantanato che con grande difficoltà cerca di uscirne fuori, i braccianti scioperano, si rifiutano di raccogliere il riso e lottano per un salario migliore contro il caudillo locale;spesso in tv e in radio si accenna a questi disordini.
Il giovane poliziotto Pedro, sposato e con un bambino piccolo, a causa di una lettera contro un superiore ancora collegato al regime franchista, viene sballottato in provincia, rappresentante della nuova Spagna (quando lui e il collega entrano nella camera del piccolo albergo, e vedono un crocifisso appeso sul muro con incollate le foto di Hitler e Franco, lui lo prende con freddezza e lo chiude in un cassetto del comò significativo del disprezzo nei confronti di quel passato). Mentre il suo collega più anziano è un vecchio scapolo, godereccio, a cui piace bere e mangiare, intuitivo, violento e del resto è un sopravvissuto della vecchia polizia franchista.Faceva parte della Brigata Sociale e Politica sotto la dittatura (una specie di Gestapo, e come svela il giornalista locale a Pedro era conosciuto come "il corvo" esperto torturatore e colpevole di aver assassinato parecchi oppositori al vecchio regime, tra cui una giovane studentessa durante una manifestazione politica). Delle ragazze scomparse si dice che sono facili, si ammicca più che dire, il repertorio del “machismo” più bieco si fermerà solo davanti ai cadaveri nudi, orribilmente seviziati. Negativi fotografici sbruciacchiati con scene di sesso finiscono nelle mani dei due detective e aprono la strada verso scenari di abuso, violenza e prostituzione. Il miraggio di un lavoro in città è ogni volta agitato davanti agli occhi di ragazze troppo ingenue e troppo amareggiate dalla loro vita reclusa, e il giovane ruffiano sa come ottenere quel che vuole per portarle nel casolare isolato. Crudo, ma immagini (spesso dall'alto o a tutto campo) da togliere il fiato

sabato 6 agosto 2016

Non è un paese per vecchi di Joel & Ethan Coen. 2007

Quattro Oscar: Non E' un Paese per Vecchi arraffa metà delle statuette per le quali era in corsa. Miglior regia, miglior film, sceneggiatura non originale e attore non protagonista (Javier Bardem). Texas, fine anni '70. In seguito a una sparatoria tra narcotrafficanti avvenuta nel deserto, un reduce del Vietnam, trova sul luogo della strage, in pieno deserto, una valigetta con due milioni di dollari. Questa sarà la sua condanna: infatti, dopo averla presa, la sua vita diventerà un inferno. Sulle sue tracce si metterà Javier Bardem, uno spietato serial killer, a conoscenza del contenuto della valigia. Un uomo folle, che non esita a uccidere per puro piacere, e che lascerà durante il suo inseguimento una lunga scia di morte.
Adattamento del romanzo di Cormac McCarthy, il film dei Coen è perfetto. Al vecchio e malinconico sceriffo Bell il ruolo di (impotente) interprete morale dei fatti e dei tempi che corrono. L'esito è mortifero: l'anelito etico dello sceriffo è tanto intenso quanto vago e inutile. Perchè alla fine il male vince: Anton uccide Llewelyn e riprende possesso della valigetta, lo sceriffo che non è riuscito a proteggere l’uomo come doveva proteggere, decide alla fine di appendere il cinturone al chiodo e di andare in pensione. Il cattivo vince e il buono si arrende. Non se ne vedono tante di storie così, eh?

sabato 23 luglio 2016

The German Doctor - Wakolda di Lucía Puenzo. 2014

Patagonia, anni Sessanta. Una famiglia argentina conosce un elegante medico tedesco, che non stenta a rivelare un singolare interesse per il corpo fin troppo esile della giovane figlia della coppia, Lilith. curiosità scientifica per la sproporzione tra l'età dichiarata dalla fanciulla e il suo fisico minuto e per la madre, incinta di due gemelli. Poco efficace dal punto di vista drammatico (e fin troppo allusivo nel delineare il contesto storico - al punto che rimane marginale la complicità dell'America Latina nel proteggere i nazisti latitanti oltre i sorrisi e l'educata reticenza del perbenismo borghese), il film cresce nei momenti in cui instaura un dialogo più stretto con i temi prediletti della Puenzo, tra cui spicca la diversità fisica che era già al centro del suo buon esordio "XXY". Assolutamente suggestivi i paesaggi Argentini che di fatto sono parte integrante della storia di Lucìa Puenzo che si interroga sul perché il suo paese abbia ospitato di buon grado tanti nazisti e sul perché molte famiglie argentine diventarono complici di questi uomini.

venerdì 23 ottobre 2015

Prisoners di Denis Villeneuve. 2013

I bambini rapiti da più di una settimana hanno la metà delle probabilità di essere ritrovati e dopo un mese, quasi nessuno di loro viene ritrovato vivo. Perciò perdonami se faccio quello che posso"
Un freddo e nuvoloso Giorno del Ringraziamento in un modesto sobborgo della Pennsylvania due bambini scompaiono nel nulla. Forse quindi le prigioniere del titolo sono loro? O il prigioniero è forse il ragazzo del camper, principale sospettato, che uno dei padri sequestra e tortura fino a che non avrà le risposte che cerca?O forse il prigioniero è proprio il buon padre di famiglia, prigioniero dei suoi istinti e della sua disperazione. I prigionieri siamo tutti, ci suggerisce Denis Villeneuve. Siamo prigionieri del nostro lato oscuro, delle nostre paure e di noi stessi. Nell'ultima inquadratura, un primo piano attonito di Jake Gyllenhaal entra in relazione con un suono proveniente dal fuoricampo, da un anfratto che solo lo spettatore conosce. Un suono articolato per mezzo di uno strumento più volte evocato in precedenza. Può essere la salvezza che lo spettatore, per il gioco identificativo operato, auspica ardentemente. Il detective sente il suono, ma ne percepisce la reale natura? Impeccabile la chiosa. Chapeau.

martedì 3 marzo 2015

Stoker di Park Chan-Wook. 2013

"Le mie orecchie sentono cose che altri non sentono"
Diciotto paia di scarpe per diciotto anni di vita, tutte uguali, solo diverse in successione di grandezza. Sono di India Stoker nel tentativo di darle quel tocco british che le manca del tutto, la giovane donna è un'anima palesemnete dark. Quel giorno muore anche suo padre. Poi tutto comincia ad assumere le tinte del giallo: uova piccanti preparate nel giorno del funerale, il giallo del nastro della scatola di scarpe, il giallo dell'ombrello che un misterioso zio giunto dal nulla offre a India per ripararla dalla pioggia. Manieristico, fatto di dettagli, come il ragno che sale sulla gamba di India. Perchè il male è un destino ineludibile, della natura e la protagonista lo sa: "Io sono questa. Così come il fiore che non può scegliere il suo colore, noi non siamo responsabili per quello che siamo diventati". India comprende e accetta la sua zona d'ombra e quando si rende conto di quanto sta succedendo, piuttosto che ostacolare i progetti dello zio, criminale dallo sguardo penetrante, comincerà a sentirsene sempre più attratta, anche quando verranno alla luce alcuni tremendi segreti di famiglia. Episodio che fa trapelare i punti di contatto tra zio e nipote è la sensualissima sequenza del pianoforte suonato a quattro mani, culminata nell’omicidio ed esasperata nella masturbazione sotto la doccia che apre un sottotesto sessuale. La vedova Eve (Nicole Kidman) appare fin dal primo momento come una donna emotivamente instabile, il cui rapporto col defunto marito era ormai inesistente, come del resto appare effimero e infantile anche il rapporto con la figlia India, tanto che apparirà naturale il menage a trois apparente che si viene a creare. Leggere e vaporose le gonne e camicette di India,la sua sensualità traspira da ogni scena: tensione erotica e orgasmica che cerca di esplodere in ogni istante. Zio e nipote sembrano fatti l'uno per l'altra, tanto che la pulsione dell'incesto viene tesa come un arco che non si decide a scoccare la freccia. India è una predatrice, ammaestrata fin da piccola: Richard Stoker non praticava quell'hobby per se stesso o per i trofei che adornano il suo studio di ricco architetto, ma lo faceva per lei, per sua figlia.

mercoledì 24 settembre 2014

Onora il padre e la madre di Sidney Lumet. 2007

Vedi, il bello della contabilità immobiliare è che puoi aggiungere cifre in fondo alla pagina o in mezzo alla pagina e tutto funziona. Così ogni giorno... e fai quadrare i conti. Insomma, il totale è sempre la somma delle parti. È pulito, è chiaro, limpido, assoluto. Ma la mia vita, quella... quella non torna. Forse... non lo so, è fatta di pezzi scompagnati e io non sono la somma delle mie parti. La somma delle mie parti non dà un intero. Un me intero”.
Il titolo originale suonrebbe "prima che il Diavolo sappia che sei morto", ma in Italia ce lo dobbiamo sorbire con il titolo del quarto comandamento, onora, appunto, il padre e la madre. Anche se qui i comandamenti vengono violati tutti. Philip Seymour Hoffman tu eri straordinario: qui magistralmente a metà tra un eccesso di rabbia e il controllo di sé mal celato, cdpre del tutto il fratello, codardo e incapace di prendersi le sue responsabilità. La forografia è diafana e li rende degli insetti chiusi in un bicchiere di fronte allo sguardo di un entomologo che li osserva. Moltiplicati i punti di vista che fanni aumentare la tensione e offrono sempre particolari in più e più agghiaccianti, le menzogne hanno le gambe via via più corte. Desiderio did enaro, voglia di rivalsa, invidia, questa è la spietata società americana: Manhattan ed eroina. Flashback sincronici a suggellare una rapina che finisce male: con questa sintassi narrativa scopriamo prima che c’è stata una rapina in cui si è sparato e in cui una donna è morta, e poi che la rapina è stata organizzata dai figli della donna (la rapina così diventa un matricidio, “non tutti i peccati hanno lo stesso peso”, avvertiva una scritta all’inizio del film). Poi con dei flashback dedicati a ciascuno dei quattro componenti della famiglia si scava nella psicologia di ciascuno: uomini comuni, con i loro problemi, la loro situazione affettiva, lavorativa, sociale, famigliare. Un deserto esperienziale e relazionale sempre più opprimente ma in cui non c’è niente di eccezionale, niente di incredibile, a parte un dato sconcertante: potremmo essere noi. “È un mondo crudele” sentenzia il ricettatore di diamanti, fornendo al padre le prove della colpevolezza del figlio. Hank Hanson (Ethan Hawke), divorziato dall'ex moglie Martha è in ritardo di tre mesi con le rette del mantenimento della figlia Danielle, quindi ha un disperato bisogno di soldi. Poi l'idea: “C'è un posto che possiamo ripulire. Lo conosciamo come le nostre tasche. Soldi facili, insomma”.“Non vogliamo Tiffany, ma un negozio a conduzione familiare, in un posto frequentato, un sabato, quando gli incassi della settimana sono in cassaforte” Ma quella mattina invece della commessa anziana e cieca come una talpa, ad accoglierlo c'è Nanette, la madre. Sono entrambi armati, scatenano una sparatoria, Bobby muore sul colpo, Nanette dopo essere finita in coma in ospedale per le ferite. Sarà l'inferno. Marisa Tomei classe 64 ha un corpo da favola.

giovedì 9 gennaio 2014

La conversazione di Francis Ford Coppola. 1974

"Io me ne frego, sono cavoli loro. Voglio solo una bella registrazione chiara"
Sono gli anni della presidenza Nixon, sono gli anni del Watergate. E Coppola confeziona giustamente un film paranoico. Sangue nella toilette. Personaggi freddi, autoconservazione della specie, gloria. San Francisco è deserta, sembra un cimitero, case distrutte o in costruzione, poche presenze umane. Harry, il protagonista, non ama parlare di sè, lo fa solo in sogno, in quella dimensione irreale dove nessuno può nuocergli. Sono le ansie dell'intercettatore, Harry, che non vuole essere intercettato, ma che però vuole salvare il mondo, è un giusto. A causa delle sue intercettazioni, anni fa, una famiglia venne sterminata, non vuole che l'errore si ripeta. Ci riuscirà? Harry sa davvero riconoscere la vittima e il carnefice? La realtà inganna. Una perfezione geometrica, ogni cosa è a suo posto, la regia è maniacale come Harry, un ordine che disorienta e fa paura. Il paese è in crisi di identità e ciò si riflette sui suoi cittadini. L'ineccepibile Coppola lo rende alla perfezione. Questo s'intuisce già dal perfetto incipit: la macchina da presa cala dall’alto, sulla piazza gremita di persone, per poi restringersi sui due protagonisti da intercettare, siamo noi a spiarli. Metafora della potenza del cinema. Harry, come anche il regista, guarda la realtà, ma per decifrarla -non basta osservare- suggerisce la pellicola, allo spettatore che osserva, come al protagonista, viene chiesto uno sforzo in più. Perciò Harry entra in crisi. Lui che sta tra la gente ma che in realtà è sempre solo con se stesso, non sa capire. Infila le chiavi nella toppa senza far rumore, dà lo scarico per non destare sospetti sui suoi rumori. E dopo? Un film sonoro, fatto di voci e interferenze e di Harry che suona il sax in quella casa che sembra un dipinto freddo, senza alcuna parvenza estetica. Ma che colpisce e convince.

mercoledì 25 settembre 2013

One Hour Photo di Mark Romanek, 2002

Le foto di famiglia ritraggono volti sorridenti: nascite, matrimoni, vacanze, feste di compleanno dei bambini. Si scattano fotografie nei momenti felici della propria vita, chiunque sfoglia un album fotografico ne concluderebbe che abbiamo vissuto un’ esistenza felice e serena senza tragedie, nessuno scatta una fotografia di qualcosa che vuole dimenticare.
Lavorare con professionalità in un punto di sviluppo rapido della fotografie di un grande ipermercato. Offrire professionalità in un luogo dove la gente va di fretta, compra, si rilassa, non bada alla qualità. Sy Parrish (Robin Williams, impeccabile ogni sua performance, è un mostro di bravura) è un uomo solo e come tale ha sviluppato una serie di ossessioni che riempiono la sua giornata: mangia solo alla tavola calda, un lungo corridoio dal quale accedere ad uno spoglio appartamento, senza colori e luce. Inquietante: supermercato con scaffali con la merce tutta in ordine, atmosfere autunnali, foglie che cadono, neon accecanti. Una regia non ottima, un film non brillante che prende ritmo quando ad un certo punto Sy viene licenziato e, nello stesso momento, da alcune stampe vien fuori che il signor Yorkin (padre della famiglia che il fotografo ha a cuore) è in realtà un marito infedele... Suggestionante il sogno in cui il fotografo immagina del sangue uscirgli dagli occhi: qual è, infatti, il difetto più comune delle foto amatoriali? Gli occhi rossi,un flash troppo invadente. Per un personaggio che vive in un mondo di foto, il simbolo dell'orrore non potevano che essere questo. Azzeccatissima la scelta. Come anche la scelta splatter di farlo schizzare. Robin Williams è un uomo sempre vestito di bianco, ha i capelli di un biondo quasi arancione, si muove in atmosfere senza spessore, senza colore. Delineate abilmente le ossessioni di Sy, il suo mondo, la sua estraneità ai contesti sociali. Mediocre però il resto. Non ho ben compreso cosa fa esplodere la sua follia, l'allontanamento dalla macchina da lavoro? Un uomo alineato quindi? Peccato che il regista non sia andato a fondo. Buona la conclusione e il dialogo finale con l'ispettore di polizia illuminante. Anche questo si svolgerà in un ambiente totalmente bianco.Prodotto medio dell’industria hollywoodiana, costato pochissimo e con un Williams che funge da specchietto per le allodole. Peccato, avevo sperato in qualcosa di più.

mercoledì 11 settembre 2013

La nona porta di Roman Polanski. 1999

Io credo nella mia percentuale.
Titolo intrigante: La nona porta, porta che conduce a Satana. E il film comincia con un suicidio. Dopo Rosemary's Baby un ritorno al satanismo. Ma questa è un'opera decisamente minore, e tale rimarrà. Johnny Depp fa sempre la sua bella figura, come anche la bella moglie di Polanski. Ho subito riflettuto sull'anno del film: 1999, con un 666 rovesciato. Dean Corso è un detective: rintraccia libri molto pregiati e ci fuma su, studiandoli. Beve whisky. Scopa pericolose donne in giarrettiera. Lavora per Balkan, che compie il lavoro sporco da solo: mi sono spesso chiesta,infatti, dopo ogni omicidio a opera del ricco bibliofilo che ingaggia Depp, a cosa serva il personaggio di Corso, che sembra ci sia nel film solo per attirare noi donne al botteghino. Apprezzo Depp, meno il suo ruolo nel film. Inutile Bocciato.

giovedì 22 agosto 2013

L'uomo senza sonno di Brad Anderson. 2004

Non preoccuparti. Nessuno è mai morto d'insonnia
(l'attore in una scena delle L'Idiota) Notti da thriller.E in tutti i sensi visto che, Trevor Reznik, il protagonista non dorme da un anno. Gli si contano ossa, vertebre. Alto 1.85, pesa 54 chili. Per lavarsi le mani usa la candeggina in polvere, ma da cosa vuole ripulirsi in realtà? Spazzolino e olio di gomito per pulire il bagno. Ossessivo. maniacale. Un operaio che si fa amare da una prostituta alla quale lascia sempre molto denaro in più: ma perchè vuole ripagare il prossimo più del dovuto? Venti dollari anche per il trancio di torta della cameriera al bar dell'aereoporto. Routine, facce e scene che si ripetono nella sua vita di questo operaio alienato dalla ripetitività della catena di montaggio. C'è dell'altro? Causa un incidente che fa perdere il braccio di un collega, Ivan lo ha distratto, ma perchè quest'uomo non risulta nell'elenco dei colleghi? Chi è questo Ivan che lo perseguita? Un film sulla giustizia ad ogni costo, con un messaggio semplice, chiaro, che commuove. Tanti i dettagli che s'incastrano perfettamente, si ha la sensazione di giocare a puzzle, dove alla fine tutto torna alla perfezione. Come perfetto è il protagonista, Christian Bale che non usa controfigure e perde 30 chili per entrare nel personaggio. Potente la sua mimica facciale. Mi ha stregata. Pessima la sceneggiatura, ma colto il montaggio.

martedì 2 luglio 2013

Melancholia di Lars Von Trier. 2011

La Terra è corrotta non c’è alcun bisogno di affliggersi per lei nessuno ne sentirà la mancanza.
Justine si sta sposando. Claire (Charlotte Gainsbourg), sorella della sposa, ha organizzato la festa di nozze nella sua tenuta, il marito è ricchissimo. Rancori. malumori. La sposa si allontana spesso, fugge. qualcosa non va. Lo sposo capisce e toglie il disturbo. Ha inizio la seconda parte: Justine è in uno stato di profonda depressione. Un pianeta chiamato "Melancholia" si dirige velocemente verso la Terra. Film realistico al punto da ferire, far male, Justine veicola il messaggio principale, lei che ormai si distacca completamente e suggerisce: il nostro è un mondo maligno che merita il suo destino. Lo spettro della fine del mondo diventa la metafora della patologia, la depressione, che toglie gioia di vivere, ti fa pensare che il mondo meriti la fine, perchè cattivo, vuoto, senza senso. Melanacholia è smisuratamente più grande della Terra, emana una luce blu, con la quale Justine di notte fa l'amore. Justine è in connessione con la Natura, infatti, a differenza di Claire, non teme la fine, il male, lo accetta. Eppure Claire è sposata con uno scienziato, un uomo inutile vigliacco, che muore da solo. Quando Von Trier contesta così tanto la borghesia malata, qui rapresentata da Claire e il marito, forti solo dei loro possedimenti materiali e attenti alla forma: organizzano un banchetto di nozze sfarzoso e si preoccupano di fare bella figura, mi ricorda Bunuel. Film perfetto.

domenica 3 ottobre 2010

Inception. Christopher Nolan. 2010


I sogni sembrano reali mentre ci sei dentro. È solo dopo esserti svegliato che ti rendi conto che effettivamente c’era qualcosa di strano

Colpita, affondata, irrimediabilmente innamorata. Volevo far tacere ogni mia parola, sarebbe risultata indegna, riduttiva, folle come l'impresa di voler racchiudere l'oceano in un bicchiere, poi mentre cercavo delle foto, da inserire in un collage, con i momenti che più mi hanno fatto palpitare di emozione, stupore, ho deciso che qualche commento potevo disseminarlo.
Leonardo DiCaprio, ancora una volta, come già magistralmente in Shutter island, viaggia nella mente, nel subconscio, c'avrà preso gusto! In realtà il suo viso angelico e ombroso, ben sa mettersi nei panni di un’anima perduta. Il suo demone ancora una volta una donna: Marion Cotillard, struggente bellezza,da capogiro.
Anime che condividono lo stesso spazio onirico. Cosa c'è di più geniale? Mi sono catapultata tra i banchi, una scolaretta che prende appunti, a chiaccherare con i compagni di corso, per poi vedere entrare proprio Lui: si, il dottor S., Freud.
Un'ultima missione, la più importante, quella decisiva, entrare, cioè nella mente del figlio ereditiere di un miliardario per impiantargli l’idea di dividere il suo impero commerciale, con l'Inception, l'innesto perchè tutto ciò potrebbe cambiare le sorti dell’economia globale.
Lasciatevi istruire, entrate nel sogno, del sogno, del sogno, avete solo questa possibilità, segnate da subito le regole del gioco per non dimenticarle nel mentre e fare confusione: non servono gli occhialini 3-D per vedere la terza dimensione, siete già nella terza dimensione!
Questa recensione non vi serve a nulla, è una presa in giro il solo confronto, dimenticatela, passate oltre e ANDATE A VEDERE IL FILM DI CORSA, potete entrare ora nel mio sogno? No. Se non sapete e potete farlo è tutto vano. Autoinnestatevi questo sogno e non svegliatevi, attenti ai calci, all'acqua, chiudete gli occhi e non fatevi disturbare. Sognate in santapace, leggete queste righe in silenzio, sottovoce, con la mente. Sccch! nessun rumore, qualcuno a fianco a voi, sta sognando, non destatelo! Non destatevi. Siete voi i protagonisti di questo film, lo scoprirete solo quando, abbandonata la sala cinematografica, andrete verso l'uscita.
E' la vostra mente il palco in cui va scena quest'atto. Difficile tornare alla realtà, vero?

giovedì 25 marzo 2010

Fuori controllo. Martin Campbell. 2010

Il film inizia con l'inquadratura di tre cadaveri che emergono dalle acque del Massachusetts. Poi la scena si sposta: un padre va a prendere la figlia in aeroporto, ma lei sta male, vomita continuamente. Anche in casa. Ad un certo punto chiede di essere accompagnata in ospedale, ha delle cose da raccontare al padre. Ma appena varcata la soglia di casa, un killer la uccide brutalmente, davanti agli occhi dell'attonito padre, "fuori controllo". La pellicola è interamente incentrata sul capirne il perchè. Il padre è Mel Gibson, il detective Tommy Craven, vedovo e reduce di guerra. Da tutti creduto il vero bersaglio dell'omicidio. In realtà Emma, la figlia, ha una doppia vita con profonde implicazioni politiche e segreti di stato da tutelare. A costo della vita. I sospetti del padre acquistano fondamento quando trova nello zaino di Emma una pistola. A cosa serve una pistola ad una stagista di ventiquattro anni? Padre e figlia non hanno un gran rapporto. L'occasione perfetta per ricucire i buchi palpabili di questa loro relazione, sembrava essere proprio questo inaspettato ritorno della ragazza a casa, apparentemente per far visita al padre. Ma non sarà così. "Bisogna decidere se vuoi essere quello che pende dalla croce o quello che inchioda"
La sceneggiatura e'banale: un padre vendica l'assassinio della figlia e indaga il suo quotidiano, accorgendosi di sapere poco della sua bambina: e'un ingegnere nucleare, ha il ragazzo. E'una donna. Una serie di coincidenze e di strani decessi lo condurranno alla multinazionale Northmoor dove Emma lavorava come ricercatrice. Ma che ruolo ha, in realtà, questa multinazionale ed Emma di cosa si occupa? Sarà vendetta. Ma non solo action e poliziesco. Sarebbe una rottura di scatole micidiale. Ogni tanto qualche saggia nota di thriller politico, che rende il tutto meno pesante. Le carte si svelano lentamente tra le rughe di Gibson ed i suoi capelli bianchi, uomo che accetta l'incedere del tempo e non si lascia tentare dai bisturi e dalle tinturine per capelli. (Apprezziamo, apprezziamo!) Sulla sua strada trova un ambiguo agente governativo, inviato per ripulire le prove ("il mio compito è non far collegare A con B"), ma che, alla fine, si addentra in un malcelato doppio gioco: non lo fa fuori e non elimina le prove.

Un finale retorico, alla The city of Angels. Muoiono tutti, i cattivi son puniti e i buoni vanno in cielo. Amen. "Viviamo per un po' e moriamo prima di quanto crediamo".

martedì 13 ottobre 2009

La doppia ora


L'impossibilità di una storia d'amore e tanta solitudine. Un accattivante thriller psicologico che ti turba profondamente. Innumerevoli le prospettive e tutte le volte che pensi di essere sulla strada giusta per capire, sei al punto di partenza.
I dubbi balenano nella testa alla velocità della luce, non sai da che parte stare, in chi immedesimarti, per chi fare il tifo. Le posizioni dei protagonisti si ribaltano di continuo e la vittima diventa carnefice, per poi ritornare vittima.

Sonia, la protagonista è una donna delle pulizie in un albergo a Torino, personaggio fortemente ambiguo, malinconico, triste e disperato. Un cattivo rapporto col padre alle spalle che ne ha minato il rapporto con l’altro sesso e una vita sociale inesistente.
Guido è un ex-poliziotto, che per vivere sorveglia una lussuosa villa fuori città. S'incontrano ad uno speed-date. Lui è un habituè, è vedovo, molto solo e ama di tanto in tanto fare nuove conoscenze.
La chimica tra di loro è palpabile, trasuda da subito, si piacciono e molto carinamente cominciano a studiarsi. Ne nasce un sentimento al quale seguirà un week-end romantico nella villa sorvegliata da Guido. Qui un gruppo di rapinatori armati li aggredisce, e mentre tentano di violentare lei, lui reagisce e rimane ucciso, Sonia ferita alla testa sopravvive.
Un non-sentimento, che non sboccia, non s'impone, che rimane velato, implode, giocato in non-luoghi: l'albergo dove lavora Sonia, l'ospedale dove lei viene ricoverata in coma, la stanza di vigilanza della villa.
Buona parte del film si svolge solo nella mente di Sonia, molte scene che apparentemente sembrerebbero di vera vita vissuta, sono in realtà solo una proiezione dei suoi sensi di colpa.
Visioni, morti (vere e apparenti), suoni, voci, la manifestazione sovrannaturale di Guido in affascinanti sequenze oniriche. (Popolo femminile, lui è veramente figo e ha una voce sensualissima).
Intenso il gioco della “doppia ora” (da cui il titolo) secondo cui bisogna esprimere un desiderio quando si leggono sul quadrante dell'orologio delle ore 'doppie', le scene-chiave, infatti, sono sempre introdotte dalle doppie ore: 05.05, 20.20.
Un film non brillante, ma raro nel suo genere, soprattutto perchè italiano (Mauro ora spero non avrai piu'pregiudizi). Sono una romantica e la loro storia d'amore così autentica, significativa, basata sull'alchimia del primo sguardo mi ha rapito e commosso.

"Non ero preparato a te" dirà Guido a Sonia. Già. Non si è mai abbastanza preparati di fronte ai sentimenti importanti. Non si sa mai che scelta fare: lui le compra una collana, gliela dona solo quando sa che la sta perdendo. Lei l'accetta sapendo che sta dicendo addio a quell'uomo e sulla porta ha quasi un dubbio "Forse non ho piu'voglia di andare".
Ma invece varca quella soglia. Esiste una scelta giusta? Il dubbio rimane. Dopo il film piu'che mai.

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