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mercoledì 23 luglio 2014

84 Charing Cross Road di David Hugh Jones. 1987

Storia di un amore platonico tra una scrittrice di Brooklyn e un libraio antiquario di Londra. Amare tanto le pubblicazioni inglesi della seconda metà dell’Ottocento, ma abitare in una New York degli anni ’40. Difficile e quasi impossibile reperire questi volumi.Arrendersi? No! La bizzarra protagonista comincia una fitta e sempre più intima corrispondenza con un libraio di una fornita libreria londinese. Collezionare libri è in disuso, chi lo fa è un romantico, per questo ho rispolverato questa elegantissima pellicola. Helene Hanff era una scrittrice, non una collezionista qualsiasi. Non troppo di successo e dunque nemmeno troppo abbiente, ma non per questo rinuncia alle sue copie. Una denuncia al consumismo degli States, dove imbattersi in edizioni di libri del secolo precedente non era possibile. E quando dall'amata Londra cominciano a giungergli libri dalla copertina in pelle, odorosa, la donna entra in un vortice compulsivo, brama di possedere tutto ciò che appartiene a quella città così tanto letta e amata. Per vent'anni immaginerà quella libreria così agognata, i suoi proprietari, commessi, tanto che ad un certo punto non si capisce se Helene abbia davvero bisogno di tutti quei libri o se scrivere ai suoi "amici" sia ormai diventato più importante. Internet ha ucciso il fascino della comunicazione, chi è un nostalgico della macchina da scrivere guardi questo film. Peccato per quei momenti in cui i protagonisti si rivolgono alla macchina dialogando ipoteticamente tra di loro pur con un oceano che li separa, rotta la magia. Dal 1949 al 1969 in scena: la Londra del dopoguerra, quella dei Beatles, Brooklyn degli intellettuali postbellici, Helene che scrive drammi teatrali e libri per bambini. Non si incontreranno mai, questo ve lo anticipo senza - sono sicura- rovinarvi la magia: Helene visiterà la libreria londinese, ma solo nel 1970, quando Doel già non c'era più. Perdutamente coinvolta.

venerdì 1 marzo 2013

Anna Karenina di Joe Wright. 2013

"Non si chiede il perché quando si parla di amore..." Unità di luogo : un teatro ed echi aristotelici. Una trovata che all'inizio cattura, ma che poi soffoca. Appiattimento psicologico ed emotivo. Suvvia la Karenina è l'Es femminile per eccellenza: bocciata totalmente Keira Knightley. L'unica prova che merita la sufficienza è quella di Jude Law nei panni del marito tradito. Ottima l'idea di rendere il microcosmo altolocato della Russa di metà '800, meno brillante la resa. Pessimo il confronto con alte rappresentazioni del romanzo, se si vuole connotare di novità un canone narrativo ormai ben collaudato non bisogna puntare sull'azzardo, quindi boccio questa versione pop della Karenina. Troppo assente l'amata Russia, troppo presente una patine english, troppo poco credibile un Anna che flirta con un giovane bel biondo senza che se ne veda la profondità. Aaron Johnson nei panni del conte Vronskij, oltre ad essere piatto ed inespressivo esagera con la tinta bionda, risultando un uomo dai capelli gialli. Film passabile solo se ne escludete completamente l'audio e lo gustate nella sua messa in scena meramente estetica.

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