“Mi accorgevo di avere la pelle d’oca. Senza una ragione, dato che non avevo freddo. Era forse passato un fantasma su di noi? No, era stata la poesia. Una scintilla si era staccata dal poeta e mi aveva dato una scossa gelida. Avevo voglia di piangere; mi sentivo molto strana.Avevo scoperto un nuovo modo di essere felice.” (Sylvia Plath)
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martedì 30 settembre 2014
Séraphine di Martin Provost. 2010
"La pittura è scomparsa nella notte".
Se come me credete che l'arte sia un mistero, questo è il film che fa per voi. Sette César vinti non sono pochi; si tratta infatti dei premi nazionali di una cinematografia - quella francese - che non teme rivali quanto a qualità media delle pellicole prodotte.
Qui l'arte è ispirazione divina, un talento naturale e necessità, una forza che tutto soggioga. Séraphine Louis è una donna umilissima con un talento prodigioso per la pittura.Lavora come serva e lavandaia, ma ha dentro una sensibilità singolare nei confronti della natura e un mondo ricchissimo che poteva essere espresso solo tramite la pittura.
La miseria che racimola ogni giorno la spende per trovare i colori per la tela e non per mangiare, non ha carbone per scaldarsi. E’ una necessità che nasce da dentro ed è personale, non c’è ricerca di approvazione o ammirazione, lei dipinge solo per se stessa. A scoprire, in maniera del tutto casuale, questo talento è Wilhelm Uhde, collezionista e critico d’arte, tra i primi a comprare opere di Braque e Picasso e scopritore di Henry Rousseau. Il punto di vista del film è proprio quello del critico: noi, infatti, conosciamo Séraphine solo attraverso il suo contatto con Uhde, la prima volta nel 1912, quando il collezionista arriva a Senlis e riconosce il suo talento, Séraphine già dipinge, "... è stato il mio angelo custode a suggerirmelo", noi non sappiamo nulla di lei, il suo passato è un mistero e tale resterà.
Quando poi Uhde deve scappare a causa della guerra, non sappiamo più nulla di Séraphine, è solo nel 1927, quando il critico nuovamente la incontra, che torna in scena. La sua incredibile evoluzione artistica, dalle prime piccole e stentate nature morte, alle opulente composizioni naturali è un enigma.Il collezionista contribuirà a distruggere la sua persona, mostrando la parte peggiore dell’arte: la creazione del culto della personalità dell’artista al solo scopo di guadagnare denaro. Séraphine è inconsapevole. Prima non vuole credere: “I ricchi sono sempre entusiasti”, poi cede e finisce per essere travolta e schiacciata da qualcosa più grande di lei.Morirà in un manicomio, tradita da un Uhde incapace per la crisi economica a far fronte alla sua pazzia.
Straordinaria la bravura di Yolande Moreau nel rendere la goffaggine, la malagrazia, lo spirito scontroso ed eccentrico di Séraphine, si prova quasi avversione verso la sua figura, così sporca e trasandata, eppure i suoi quadri erano di una ricchezza e di una bellezza che lascia ancora oggi senza parole. Non tutti gli artisti sono pazzi, né, tutti i pazzi, artisti. Non è raro, però, che la follia vada a braccetto con la pittura, la musica, la letteratura. Ed è spesso da un´ossessione che scaturiscono colori, nascono forme, parole, note. Le ossessioni di Séraphine Louis erano addirittura due. Dio e la natura. Lei le fece coincidere. E magistralmente.
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sabato 1 febbraio 2014
La tigre e la neve di Roberto Benigni. 2002
"Come sono belle le donne quando decidono di fare l'amore tra poco"
Ogni notte sognare di sposare la stessa donna: Vittoria. Ma intanto Vittoria snobba Attilio (Benigni) perchè lavora per scrivere la biografia di Fuad (Jean Reno), il più grande poeta iracheno. Non avevo mai visto questo film perchè la critica aveva parlato chiaro: dopo Pinocchio, Benigni pareva non essersi del tutto ripreso, soprattutto gli Usa, ricordo, avevano bocciato totalmente la pellicola. Ora capisco perchè. Non toccate l'Iraq agli americani.
Ma qui la guerra fa solo da sfondo, è l'Amore il vero protagonista. Chi, se non un uomo innamorato può fare i miracoli?
"E dai, trovamela questa glicerina, perché se non me la trovi quella muore... quella muore proprio... e se muore lei, per me tutta questa messa in scena del mondo che gira... possono anche smontare, portare via, schiodare tutto, arrotolare tutto il cielo e caricarlo su un camion col rimorchio, possiamo spegnere questa luce bellissima del Sole che mi piace tanto... ma tanto... lo sai perché mi piace tanto? Perché mi piace lei illuminata dalla luce del sole, tanto... portar via tutto questo tappeto, queste colonne, questo palazzo... la sabbia, il vento, le rane, i cocomeri maturi, la grandine, le sette del pomeriggio, maggio, giugno, luglio, il basilico, le api, il mare...".
Benigni farebbe scoraggiare anche chi fa le serenate di professione, la poesia, le parole spiegate con la parabola dell'uccellino, ma ancor meglio con la surreale magia del pipistrello entrato in casa e fatto uscire con le rime: "Pipistrello come sei bello"!
E allora di certo l'alchimia de La vita è bella non si ricrea, ma questo film non merita le critiche ricevute, Benigni non è un attore, noi non lo vogliamo attore, lo vogliamo così com'è.
mercoledì 11 settembre 2013
Come pietra paziente di Atiq Rahimi. 2012
"Gli uomini che non sanno fare l'amore, fanno la guerra!"
Atiq Rahimi è uno scrittore e regista afghano in asilo politico in Francia dal 1984. Solo la sofferenza di chi non può baciare la sua terra genera dei capolavori come questo. 100 minuti che t'inchiodano, eppure l'intero narrato si svolge tra quattro mura decadenti; una donna afghana parla con il marito in coma, colpito da una pallottola al collo, quindi inerme, immobile, la soluzione giusta affinchè lei possa raccontargli tutti i suoi segreti più intimi senza che venga uccisa. Un lunghissimo monologo. uterino, femminile, passionale, erotico. Bellissimo. "Oggi ci saranno i bombardamenti, rimanete in casa". In zona afghana, nei pressi di Kabul, si parla della guerra come di un evento atmosferico, come se piovesse.
Tutto è di elevatissimo livello, soprattutto la fotografia: nature morte di rara bellezza (come il fagotto di melograni che il soldato innamorato regala alla donna). E che donna. Ineccepibile la protagonista Golshifteh Farahani, occhi e sguardi che non dimentichi, confessioni le sue a cui ogni donna si sentirebbe vicina. Condivisibile ogni sua parola o gesto. Anche quello estremo della fine. Che le libera uno dei sorrisi più belli mai visti in tutta la storia del cinema.
La donna non ha volutamente un nome, la sua storia è quella di tante donne afghane, sposate con un mujaeddhin e trattate come serve ed estranee, ma dietro le quali si nasconde un'anima pulsante, carnale. Riscoprirsi donna e cominciare quella salita che conduce verso la propria felicità .Al culmine del suo percorso di conoscenza la protagonista si scopre addirittura profeta, identificandosi con Khadija, la moglie di Maometto.
Nessuna nomination al film. Questo lascia molto perplessi.
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venerdì 24 maggio 2013
La chiave di Sara di Gilles Paquet-Brenner. 2012
“A volte le storie che non riusciamo a raccontare sono proprio le nostre”
Matrimonio non proprio riuscito tra una newyorkese e un francese. Ma dura, sono vent'anni. In questo personale dolore viene innestato quello collettivo dei fatti del Velodromo D’inverno, il luogo in cui la polizia francese, per ordine dei tedeschi, rinchiuse per giorni e in condizioni disumane, migliaia di ebrei parigini rastrellati fra il 16 ed il 17 luglio 1942, in attesa di reindirizzarli verso i campi di concentramento e sterminio nazisti.
Quello che vien fuori dalle carte della giornaista (la protagonista) è la storia di Sara, una bambina ebrea di 10 anni che nascose il fratellino Michel nell’armadio quando la polizia fece irruzione in casa Starzynski ed arrestò la sua famiglia. Nonostante i sessant'anni di differenza, le storie di Julia e Sara s'intersecano perchè Julia sta ristrutturando proprio l'appartamento appartenuto alla famiglia di Sara prima della deportazione.
Da insegnante di storia posso asserire con certezza che questa è sicuramente una delle pagine meno sconosciute e menzionate, si parla di governo collaborazionista, ma non di questo sterminio.
Molto toccante nel film il momento in cui sara bussa alla porta dell'attuale suocero di Julia e trova il fratello nell'armadio morto afissiato. E quindi quella gravidanza tarda di Julia e non voluta dal marito diventa un modo per riscattare la vita dei bambini morti, o andando più sul personale, la vita di Sara poi morta suicida dopo essersi sposata e aver messo al mondo un bambino.
Un film scolastico, adatto ai più giovani.

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domenica 21 novembre 2010
Porco Rosso. Hayao Miyazaki .1992

Dalla rivista che Porco Rosso usa per coprirsi il viso nelle primissime scene capeggia in bella vista una data: 1929. Siamo negli anni Trenta dunque, nel mezzo tra il primo e il secondo conflitto mondiale, con protagonista assoluto il cielo, dalla prima all’ultima sequenza, in un valzer di scie aeree. Primo ballerino, l'eroe maschile che ha le sembianze di un porco (da qui il nome) e sua compagna di danze è la diciassettenne Fio, il personaggio salvifico, perchè puro ed incontaminato. Marco Pagot (vero nome di Porco, in omaggio ai fratelli Pagot animatori italiani) è un famoso pilota di idrovolanti a caccia dei pirati volanti dell'Adriatico. Sconfiggerlo in un duello aereo sarebbe impresa da fama e gloria e per questo l'americano Curtis si unisce ai pirati ed abbatte il famigerato aereo rosso. Per ripararlo Marco si trasferisce a Milano, presso la ditta Piccolo, dove fa la conoscenza di Fio Piccolo, un genio nella progettazione degli aerei. "Meglio porco che fascista" è il motto di Marco, la polizia fascista lo cerca, quindi ritorna sull'Adriatico per sistemare i conti con Curtis e forse mettere in chiaro una volta per tutte il suo rapporto con Gina. Ma Fio non lo molla e parte con lui.
Una chiara condanna del fascismo, sia nel rifiuto della guerra che del senso di malvagità dilagante che ne consegue, nemmeno gli antagonisti sono, infatti, malvagi, i pirati del Mammaiuto (Mamma Li Turchi) si fanno sopraffare da un gruppo di bimbe in gita e hanno le gote rosse rosse di vergogna di fronte a Gina e Fio.
Come anche ne La principessa di Mononoke, è presente il tema della maledizione e della metamorfosi (Marco è stato tramutato in un maiale) ma il regista non spiega né il quando né il dove e né il perché ciò sia avvenuto, è solo Gina ad insinuare il dubbio ed un poster nel quale il volto umano di Porco Rosso è cancellato da forti tratti di colore nero, nel tentativo di far sparire le tracce di una vita forse più felice, lo sconforto per l'attuale situazione non è, però, mai palesemente esibito. Ma chi si getta a capofitto in imprese titane per dare senso alla sua vita, urla malinconia, sebbene occultata in sguardi coperti da occhiali neri, che nascondono e velano ogni barlume di sentimentalismo - che però trapela dalle scelte di Marco, dalle sue parole, dai suoi racconti, dalla sua testa che guarda spesso in basso- Un maiale senza le ali è solo un maiale.
La ricerca estetica del maestro è quasi maniacale e chi ama il "bello" qui lo ritroverà tutto, misto ad un retrò immaginario ma verisimile.E sulla colonna sonora di Hisaishi Porco Rosso si è eclissa e scompare. Ma non nei ricordi di chi davvero lo ha amato: Fio oramai adulta ricorderà quella stagione della vita come la più importante, perchè conoscerà il vero amore.
La prossima pellicola dello studio Ghibli sarà proprio il seguito di Porco Rosso "The Last Sortie", ambientato durante la guerra civile spagnola.Impaziente attendo.
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