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venerdì 21 maggio 2010

Sotto il Celio Azzurro.E. Winspeare.2010

Sembra una favola....ma è una storia vera.

Celio Azzurro è una scuola materna, un centro interculturale di Roma, non molto lontano dal colosseo, che accoglie bambini provenienti da tutti i paesi del mondo, Italia compresa.

All'interno di questa scuola, Edoardo Winspeare trascorre 4 stagioni, un intero anno scolastico, ne condivide la quotidianità , le storie e alla fine racconta tutto in questo film/documentario.

Il punto di vista di Celio Azzuro va in controntendenza rispetto al sentimento comune di una società che ancora divide ed emargina.
A Celio Azzurro non ci sono muri ma spazi comuni, non ci sono classi ma un unica comunità multicolore, non ci sono lingue incomprensibili agli uni o agli altri ma persone (bambini) che imparano ad usare ogni forma di comunicazione per dialogare. E' un grande modello di educazione dei più piccoli in cui anche i genitori sono parte attiva e fondamentale.

Questo non è un vero e proprio film. Se andate a guardarlo cercando una storia, una trama, rimarrete delusi.
"Sotto il Celio Azzuro" è una testimonianza, su una realtà che c'è e che , come si evince dalle parole del protagonista, non si sa per quanto ancora potrà operare.

In 80 minuti sono condensate tante emozioni.
C'è la felicità di bambini ancora protetti dalla cattiveria della società che li vuole diversi, che trascorrono un periodo della loro vita che non dimenticheranno.
C'è la rabbia di chi, a dispetto del proprio ruolo essenziale di educatore, non vede riconosciuto il proprio lavoro e opera in stato precario.
C'è la battaglia quotidiana di chi "cerca dentro la propria infanzia l'ispirazione e la ragione della propria missione di educatore".
Proprio riguardo a questo punto va fatto, secondo me,un applauso a Winspeare per come, con flashback di musica e vecchie foto riesce a trasmettere allo spettatore il viaggio degli attutali educatori, attraverso la loro vita, a ritroso, sino all'infanzia.
Emozionante.

www.celioazzurro.org

domenica 18 aprile 2010

Solino. Fatih Akin. 2002

Un lungo flash back di Gigi che ricorda la storia della sua famiglia in tre tappe: (1964,1974,1984).
Da Solino (scorcio di magnifico Salento) in cerca di fortuna nel grigiore del bacino della Ruhr, il capofamiglia inizialmente pensa che la miniera tedesca sia il posto migliore per ricostruire un futuro, ma in Germania manca il sole e la verdura fresca dell'Italia. La moglie, Rosa, incarnazione della femmina italiana che segue ovunque il marito, decide di aprire un ristorante italiano, uno dei primi in Germania: Solino. Lei, l'instacabile superwoman, che dovrà lavorare sodo per tutti. I figli Gigi e Giancarlo non hanno, infatti, la stoffa dello chef: sensibile e artista il primo. Invidioso del fratello e quindi cattivo il secondo. Le vicende della famiglia sono parallelle a quelle della società e così la vediamo attraversare i decenni e negli anni Settanta ci ritroviamo i due fratelli freakettoni, tutti dediti a sesso e droga, momento più colorato e musicale del film. Tra piatti e spaghetti, Gigi ama il cinema, gli stivali degli attori nazisti. Li segue sul set. "Ardore e Passione" (Feuer und Leidenschaft per conservare il bilinguismo verista impeccabile della pellicola). Incamerato il giusto consiglio, comincerà a dilettarsi in alcuni cortometraggi. O almeno fino al punto di svolta, di rottura: il padre tradirà la madre, Rosa si ammalerà di una forma di leucemia incurabile, che la riporterà a Solino, sotto le cure di Gigi che non se la sente di abbandonarla. Un viaggio che per Gigi sarebbe dovuto durare poche settimane ma che invece sarà per tutta la vita, il treno, infatti, che doveva portare Giancarlo a dargli il cambio giunge. Ma senza di lui. Gigi è bloccato a Solino e non può ritirare il premio per il suo lungometraggio considerato il migliore. Giancarlo prenderà il suo posto. Sulla scena. Ma anche nella vita privata: Jo (la ragazza di cui si era innamorato Gigi), facilmente raggirabile, non lo aspetta. Ada, invece, la ragazza che Gigi aveva lasciato a Solino da bambino, ora donna, non lo ha mai scordato.
Il film si chiude con la proiezione dei cortometraggi di Gigi su una parete del paesino: Ma è fisso? Giancarlo è in lacrime: lui si è realizzato sì professionalmente, sfruttando il nome di Gigi e accettando di fare il documentarista, però non ha ritrovato mai se stesso ed è solo. Con rimorsi e rimpianti. Al Nord. Terra straniera. Da sempre difficile e contrastante il loro rapporto: durante il furto della cinepresa, ideato da Giancarlo, questi, infatti, scappa senza guardarsi indietro mentre Gigi viene catturato dalla polizia. O quando da piccoli, sempre Giancarlo aveva rubato un fermaglio di scena, per far ricadere la colpa sul piccolo Gigi. Anche in Soul Kitchen di fondo, la storia di due fratelli molto diversi tra loro: anche qui i due fratelli fanno un furto insieme, ma quando arriva la polizia nessuno dei due cerca di salvarsi la pelle per conto proprio e, finiscono per essere catturati entrambi! Una sorta di redenzione dell'amore fraterno, troppo bistrattato in Solino? O qualche nota autobiografica? Fatih aveva un fratello maggiore dispettoso?
Neorealismo italiano riuscitissimo per un Fatih Akin che ha il raro pregio e l'unicità di saper intrecciare forti passioni, ironia e cruda verità. Ambientazioni salentine. Accento pugliese misto. Tedesco purosangue e tedesco meridionale. Un Celentano anni Settanta e una tarantella per un tipico matrimomio pugliese (che richiama La Sposa Turca). Immigrazione. Tradizioni. Cibo. Sesso. Matrimoni. Sempre ottime scelte musicali. Questo il fil rouge dei suoi film. Un'accozzaglia straordinaria e unica. Eccezionale Akin.

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