“Mi accorgevo di avere la pelle d’oca. Senza una ragione, dato che non avevo freddo. Era forse passato un fantasma su di noi? No, era stata la poesia. Una scintilla si era staccata dal poeta e mi aveva dato una scossa gelida. Avevo voglia di piangere; mi sentivo molto strana.Avevo scoperto un nuovo modo di essere felice.” (Sylvia Plath)
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domenica 28 febbraio 2016
Mommy di Xavier Dolan. 2014
Sovraeccitazione narrativa quasi isterica e schermo a un quadrato: una dimensione 1:1 invece di un 4:3 o di un 16:9, due barre di nero al lato, dunque, placcando i protagonisti e non dandogli possibilità di repsiro, mai.
Grandangolari, volti come fossero fototessere, campi e controcampi e la fotografia di André Turpin, saturatissima: verde, giallo ocra, rosso, dorato, blu elettrico.
E poi questo amore edipico, possessivo di una madre e di un figlio "difficile": emblematica la scena in cui Steve accompagna la madre a un appuntamento con un uomo in un locale dove fanno il karaoke e Steve decide di cantare Bocelli, Vivo per lei, mentre una gelosia bruta, terminale, distruttiva se lo divora nota dopo nota. Ho avuto i brividi, Dolan (il regista) stava facendo una richiesta precisa, in quel momento voleva che lo amassimo con rabbia e passione.L'irruenza di Steve dipende da un deficit comportamentale, l'iperattività, che gli impedisce qualsiasi tipo di autocontrollo. Diane è una mamma sola e senza lavoro, tenta in tutti i modi di accudirlo con le proprie limitate risorse. In suo aiuto, interviene una timida e balbuziente vicina di casa, professoressa in aspettativa, che con fare missionario impartisce qualche lezione a Steve, mentre Diane si barcamena alla ricerca di un'occupazione. E poi la dura realtà, in un Canada dove una legge fittizia permette ai genitori di scaricare i figli ingestibili in istituti di recupero.
Un film sociale,in cui la crisi economica delle famiglie dal reddito basso, in cui i disagi sociali vengono oggi farmacologizzati possa in un futuro prossimo evolvere. Tutte le famiglie infelici finiscono per assomigliarsi, con le stesse prescrizioni terapeutiche.
venerdì 27 marzo 2015
Suite francese di Saul Dibb. 2015 (Dal romanzo di Irène Némirovsky)
Ho cercato di dimenticare le cose del passato, ma la musica mi porta indietro
3 giugno del 1940, dominazione tedesca in Francia, con Vichy. Una signora francese con marito disperso al fronte si innamora di un tenente della Wehrmacht, colto e sensibile: come lei, suona il pianoforte e compone. Nonostante le iniziali resistenze di lei, tra i due nasce un’appassionata storia d’amore che la farà etichettare da alcuni come collaborazionista, da altri come ragazza da ammirare, ma la realtà è che “nessuno sapeva come si sentiva”. L'infedeltà di Lucile non è solo coniugale ma assume i toni gravi di un tradimento alla propria nazione, per un nemico amato che le fa dimenticare il proprio dovere di cittadina e di moglie. In questo film manca il dolore autentico del libro.
Di francese questo film ha solo il titolo e i riferimenti storici, la storia è girata tutto in inglese e con attori anglofoni. Moltissimi limiti, dati anche dall'avvincente genesi letteraria dal romanzo di Irene Némirovsky, che di per sè meriterebbe di finire nelle sale. Buona resa della psicologia e delle velleità dei personaggi femminili, tutto aiuta a creare emozione in in film che sa diramarne poche. Le lacrime arrivano con le parole che appaiono sullo schermo subito dopo la scena finale, vi colpiranno dritto al cuore.
Un merito, uno solo, però il film ce l’ha, spingerci a saperne di più della Némirovsky, perchè tra gli infelici che non videro la fine della guerra c’è stata proprio lei: Irène Némirovsky.
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lunedì 8 settembre 2014
La donna che canta di Denis Villeneuve. 2010
"La matematica, come l'avete conosciuta fino a oggi, ha cercato di fornire risposte certe e definitive a problemi certi e definitivi. Ora state per affrontare un'avventura totalmente diversa: vi troverete di fronte problemi insolubili che vi porteranno sempre verso altri problemi altrettanto insolubili. Le persone intorno a voi vi ripeteranno che la cosa su cui vi scervellate è inutile: non avrete argomenti per difendervi, perchè quei problemi saranno di una complessità estenuante. Benvenuti nella matematica pura, nel paese della solitudine".
[Dominique Briand]
You and Whose Army? dei Radiohead (dall'album Amnesiac del 2001) e lo sguardo spento e ferito di bambini che vengono rasati...Parallelismi tra matematica e vita. Poi Medio Oriente, un non-luogo mai veramente specificato. E due gemelli - che per volere della madre appena morta- vi si recano. Un regista un po'sciatto, che dedica poco spazio alle riflessioni personali - tante ne nascerebbero in questo film. La madre da giovane - "la donna che canta"- e la figlia si somigliano in modo sbalorditivo, passato e presente si alternano in maniera disorientante.
Al notaio Jean Lebel la donna che canta scrive:" seppellitemi senza bara, nuda e senza preghiere, con il viso rivolto al suolo, spalle al mondo. Lapide ed epitaffio: sulla mia tomba non ci saranno lapidi e il mio nome non sarà inciso da nessuna parte. Nessun epitaffio per chi non mantiene le promesse. A Jeanne e Simon: l'infanzia è un coltello piantato in gola che non si tira via facilmente. Jeanne, il notaio Lebel ti consegnerà una busta: questa busta è destinata a vostro padre. Ritrovalo e consegnagli la busta. Simon, il notaio ti consegnerà una busta: questa busta è destinata a vostro fratello. Ritrovalo e consegnagli la busta. Quando le buste saranno state consegnate ai loro destinatari, vi sarà data una lettera: il silenzio verrà rotto, una promessa mantenuta e sulla mia tomba potrà posarsi una lapide e su di essa il mio nome, alla luce del sole". Quindi due uomini: un padre e un fratello da trovare:ma è sul serio così?
IL disonore di una gravidanza nata dall'amore con Wahab, un uomo di un'altra religione, poi la guerra, fino al suo trasferimento obbligato in città dopo il parto, agli studi e all'inizio di una nuova vita. Trentacinque anni dopo, la figlia vi ritorna: apprende che la madre, ai tempi dell'università, scriveva sul giornale studentesco ed era una fervente pacifista: all'inasprirsi delle tensioni tra cristiani e musulmani, cercò tanto quel figlio avuto affidato in orfanotrofio. Kfar Ryat è il nome della prigione nel sud del Paese dove ha scoperto essere stata rinchiusa la donna che canta, ma perchè? E Wahab è suo padre?
Nawal, travolta dagli orrori della guerra, in realtà, abbandonò il pacifismo per schierarsi contro i nazionalisti, sostenitori della destra cristiana: arrestata per aver assassinato il loro leader, venne imprigionata a Kfar Ryat. Sua madre era "la donna che canta, numero 72", rinchiusa lì per 15 anni, torturata e violentata dal sadico carceriere Abou Tarek, finchè non rimase incinta. Poi, dopo il parto, venne rilasciata. A Jeanne non resta che tornare a Daresh, dove vive l'infermiera che fece partorire Nawal, per avere le ultime conferme. E scoprirete che "Uno più uno fa due, non può fare uno".
Vincitore del Mouse d’Argento a Venezia 2010 e del Miglior film canadese al Festival di Toronto.
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