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venerdì 27 ottobre 2017

Ma mere di Christophe Honoré. 2004

Film intellettuale, snob e provocatorio. Canarie. megavillotto con piscina. Ma mère è tratto da un’opera incompiuta di Georges Bataille (dallo stesso titolo usato per il film) pubblicata nel 1966 dopo la morte dell’autore avvenuta nel 1962. Piere ha diciassette anni e vive con sua nonna lontano da una madre dedita all’alcol e alla costante ricerca di un piacere (il suo) che si sovrappone all’autodistruzione. In occasione delle vacanze estive, il padre lo accompagna da lei alle Canarie ma al ritorno verso casa rimane vittima di un incidente mortale. Piere a questo punto fa diventare la madre il suo unico perno ossessivo, ma lei vorrebbe - prima che si amino completamente- che il ragazzo la conoscesse in tutta la sua dissolutezza, per sentirsi così davvero da lui posseduta. Decisa a introdurlo nel suo mondo, lo presenta a Rea, sua giovane amante che ne condivide lo sfrenato stile di vita. Quando si rende conto del possibile rischio che entrambi stanno correndo, scappa e lo affida ad una giovane donna. Il danno però è ormai fatto e madre e figlio scivolano inesorabilmente nell’incesto in un crescente stato di delirio che lui pare interpretare come un possibile stato di trascendenza mistica.
Orge transgenerazionali, sadismo,voyeurismo e incesto, attraverso un montaggio che si sofferma spesso su espressioni del viso, frammenti epidermici, mugugni e urla, facendo ricorso anche alla camera a mano e a un uso della luce sottoesposta e sovraesposta a tratti, mentre lascia aleggiare sui personaggi un senso di morte. Un film assolutamente da evitare. Dove il tentativo spinto di essere "oggetto maledetto" lo trasforma inevitabilmente in kitscheria ridicola da autogrill.

mercoledì 15 marzo 2017

Ma ma di Julio Medem. 2015

Ma ma è il primo film che guardo di Medem. Vi ho trovato dei chiari riferimenti al cinema sentimentale di Almodóvar,ma con meno maestria e arte. Ne è la chiara imitazione. Una bambina cammina nella neve e guarda in macchina. Quasi un presagio, un segno premonitori di un’immagine dall’aldilà.E' l'estate spagnola della vittoria agli Europei, della crisi finanziaria. Disoccupazione e poi per due volte un carcinoma. Magda è una madre-coraggio eccentrica e positiva, faro illuminante nella vita degli uomini che ha attorno. Ha quella carica propulsiva, quell'energia tipica dei personaggi almodovariani: accetta la malattia come un passaggio o una tappa esistenziale. Dopo la prima mezz'ora ci si rende conto che di originale però sta rimanendo ben poco e dopo l'operazione per il tumore al seno, ho pianto più per via di motivi personali, che per una vera commozione, che viene spesso ricercata, anche forzatamente, ma poi non arriva.
Perchè il cinema spagnolo esaspera le emozioni? Questo dispendio di forze fa barcollare la trama. Involontariamente kitch, senza colpe, le visioni di Magda e il capezzolo congelato non hanno proprio senso. Le emozioni a buon mercato non ci piacciono. Bocciato

venerdì 3 febbraio 2017

La isla minima di Alberto Rodríguez. 2014

Alle foci del fiume Guadalquivir, nel profondo sud spagnolo, scompaiono due giovani sorelle. Sono gli anno 80. la Spagna è in pieno periodo di transizione politica dalla dittatura dopo la morte di Francisco Franco nel 1975, l'adozione di una costituzione democratica e da lì a poco (nel 1981) il tentativo di colpo di stato da parte dell'esercito bloccato dalla fermezza del re Juan Carlos che si schierò senza esitazione a fianco del Parlamento eletto democraticamente e della Costituzione. Il villaggio, infatti, è nella palude: metafora di un paese impantanato che con grande difficoltà cerca di uscirne fuori, i braccianti scioperano, si rifiutano di raccogliere il riso e lottano per un salario migliore contro il caudillo locale;spesso in tv e in radio si accenna a questi disordini.
Il giovane poliziotto Pedro, sposato e con un bambino piccolo, a causa di una lettera contro un superiore ancora collegato al regime franchista, viene sballottato in provincia, rappresentante della nuova Spagna (quando lui e il collega entrano nella camera del piccolo albergo, e vedono un crocifisso appeso sul muro con incollate le foto di Hitler e Franco, lui lo prende con freddezza e lo chiude in un cassetto del comò significativo del disprezzo nei confronti di quel passato). Mentre il suo collega più anziano è un vecchio scapolo, godereccio, a cui piace bere e mangiare, intuitivo, violento e del resto è un sopravvissuto della vecchia polizia franchista.Faceva parte della Brigata Sociale e Politica sotto la dittatura (una specie di Gestapo, e come svela il giornalista locale a Pedro era conosciuto come "il corvo" esperto torturatore e colpevole di aver assassinato parecchi oppositori al vecchio regime, tra cui una giovane studentessa durante una manifestazione politica). Delle ragazze scomparse si dice che sono facili, si ammicca più che dire, il repertorio del “machismo” più bieco si fermerà solo davanti ai cadaveri nudi, orribilmente seviziati. Negativi fotografici sbruciacchiati con scene di sesso finiscono nelle mani dei due detective e aprono la strada verso scenari di abuso, violenza e prostituzione. Il miraggio di un lavoro in città è ogni volta agitato davanti agli occhi di ragazze troppo ingenue e troppo amareggiate dalla loro vita reclusa, e il giovane ruffiano sa come ottenere quel che vuole per portarle nel casolare isolato. Crudo, ma immagini (spesso dall'alto o a tutto campo) da togliere il fiato

giovedì 2 febbraio 2017

Te doy mis ojos di Iciar Bollain. 2003

Per le donne tra i 15 e i 44 anni la violenza è la prima causa di morte e di invalidità. Te doy mis ojos di Iciar Bollain analizza questa situazione attraverso Pilar e Antonio e le persone che li circondano: una madre che giustifica la situazione, una sorella che non capisce fino in fondo, ed un figlio che vede tutto ma non dice niente. Quando l'amore si trasforma in paura, controllo e potere in un inverno spagnolo che ricopre con un manto freddo e intimo le membra gelate di un passato funestato dalla violenza. Pilar scappa, ma continua a fare l’amore con lui, in un'unione solo fisica dai cuori asincroni. Scoperto il nascondiglio della moglie Antonio inizierà una pressante opera di riconquista, corteggiandola e riempiendola di pensieri affettuosi e regali per riportarla sotto il tetto coniugale, iscrivendosi anche ad un gruppo di terapia collettiva rivolto a uomini che maltrattano le proprie donne e cercando così di dare concretezza alle sue promesse di cambiamento. Un film onesto che mette in luce tanti meccanismi viziosi della violenza domestica: la tendenza all’ereditarietà del rapporto umiliante, con la madre di Pilar che invita la figlia a tornare comunque da Antonio per sopportare ogni prevaricazione come lei ha fatto con il defunto marito.
Laia Marull è eccezionale, il suo sgaurdo è quelle delle donne umiliate, che amano nonostante tutto il loro carnefice. Il mostro che anche se lasciato rimetterà in scena gli stessi meccanismi con la prossima donna che incontrerà. Grazie per questa testimonianza. Lo dico da donna.

mercoledì 1 febbraio 2017

Parla con lei di Pedro Almodóvar. 2002

In Romania il guardiano di un obitorio fece l'amore con una giovane morta: la ragazza ritornò in vita dopo l'amplesso. Era affetta da un raro caso di catalessi, che la rendeva morta solo in apparenza. Almodovar prende spunto da questa storia per raccontare l'amore disperato dell'infermiere Benigno per la ballerina Alicia, rimasta in coma dopo un incidente stradale. Un rapporto impossibile, proprio come quello del giornalista Marco con la torera Lydia, che si è suicidata nell'arena per amore di un altro.Il titolo si riferisce proprio alla ricerca di una comunicazione tra l’infermiere Benigno nei confronti di Alicia. La storia d'amicizia tra questi due uomini è la parte più bella del film, innamorati non corrisposti e soli. Almodovar rovescia lo spartito dei suoi film: non sono più le donne a immolare se stesse per preservare la felicità dell'amato. Stavolta, i protagonisti sono gli uomini, mai così sensibili, umani, commossi. "Tutto su Mia Madre" terminava con un sipario che si apriva su una scena buia, qui il film inizia mentre si apre il sipario. Tanta emozione. Buon inizio di febbraio.

giovedì 5 gennaio 2017

Vicky Cristina Barcelona di Woody Allen. 2008

"Scarlett è una donna incredibilmente attraente. È bellissima, è sexy in un modo tutto suo e l’obiettivo la adora. Se lei fosse qui, uno penserebbe: 'Carina, dal vivo'. Ma in fotografia la bellezza diventa ancora più evidente. Penélope è diversa. Sullo schermo è incredibilmente bella - una delle donne più belle della terra. Ma quando la incontri dal vivo, è ancora più bella. Da non crederci... Quando ho incontrato Penélope per la prima volta - l’avevo vista nel film Volver pensando fosse bellissima - non potevo credere quanto fosse stupenda... era come... celestiale, come se fosse scesa da Marte o Giove.” Woody Allen, 2008 Trentanovesimo film di Allen, il primo girato in Spagna, il terzo con Scarlett Johansson, ultima delle sue muse ispiratrici.
L'amore secondo Allen. Punto. Solo lui ne sa davvero parlare, ed è per quanto che quando ho voglia di passione, follia, violenza e gelosia tutte insieme, riguardo i suoi film, l'amore è romantico solo se inappagato fa dire ad uno dei sui protagonisti. La chiave è questa. Non sono clichè. E poi bicchieri di vino lungo tutto l'arco della pellicola, la solare Barcelona e le labbra della Johansson e un'accigliata, con i capelli arruffati Cruz.Comunque una domanda rimane: possiamo trovare tutto in un solo oggetto d’amore? E questo oggetto può mancare di qualcosa che siamo condannati a inseguire, nella realtà e nella fantasia, per tutta la vita?

venerdì 23 dicembre 2016

Storie pazzesche di Damiàn Szifron. 2014

Una serie di corti girati magistralmente. Ho adorato persino i titoli di testa in stile anni '70 con foto di animali selvaggi che si susseguono. Ritratto di una società capitalista occidentale che riduce la nostra sensibilità e distorce i nostri legami con gli altri. Il transfert è inevitabile: multe che piovono senza senso, un tradimento il giorno del matrimonio. E i protagonisti invece di deprimersi, ingranano la marcia. Non siamo dalle parti del capolavoro, ma di un intelligente, ben costruito e anche divertente viaggio in bilico tra realtà insopportabile e sogno non esattamente salvifico.
Cose da tenere a mente: - se in aereo incontri qualcuno con un amico in comune potrebbe non essere una coincidenza - non c'è una data di scadenza per il veleno per topi -mai fare un dito medio ad un guidatore se non sei su una strada molto trafficata - Non prendere il cellulare del tuo fidanzato il giorno del tuo matrimonio

martedì 8 dicembre 2015

Viridiana di Luis Buñuel. 1961

Nel 1961, in una Spagna ancora povera e teatro di molte superstizioni religiose esce Viridiana. la nazione è egemonizzata da un cattolicesimo pigro, autoritario, non del tutto autonomo da una dittatura borghese sempre più aggressiva e decisa a dettare condizioni e regole di vita, è proibita qualsiasi libera manifestazione di idee politiche innovative o pensieri legati ad un mondo più astratto, artistico, e l'isolamento della Spagna dall'Europa più democratica e civile è pressoché totale. Bunuel decide di promuovere quindi uno scandalo, Palma d’Oro a Cannes, tacciato di blasfemia dal regime e dal Vaticano, inizialmente inviso ai rifugiati per via della scelta dell’ambientazione, il film diventa uno strumento di contestazione a suo modo utile alla causa. Feticismo, necrofilia, perversioni sessuali, distruzione dei simboli religiosi: tutto sembra concorrere alla condanna morale di uno dei più convincenti lavori del cineasta spagnolo. Eppure, letto nell’ottica di un simbolismo spinto, Viridiana è un’analisi limpida, onesta e profondamente nichilista di una società ipocrita che ha perduto di vista la sostanza primigenia degli assunti su cui si puntella, come la Fede, per l’appunto. Nota ed emblematica, a questo proposito, è la scena del pasto dei mendicanti, composta come L’ultima cena di Leonardo: in un controsenso palese, è il cieco a guidare il gruppo, è il cieco a sedere al centro della composizione, nel posto che nell’affresco è occupato da Gesù. Il cieco è avvolto dalle tenebre, eppure pretende di segnare il passo dei suoi compagni. Il copione originale prevedeva nell'ultima scena un'orgia finale a tre, ma poi fu sostituita da una simbolica partita a carte che lascia immaginare facilmente i risvolti sessuali della vicenda. Infatti quel "dalla prima volta che ti ho visto ho saputo che prima o poi avresti giocato a carte con me", detto dal cugino, é estremamente eloquente e non lascia adito ad altre interpretazioni

mercoledì 3 settembre 2014

Il futuro di Alicia Scherson. 2013

«tutta la scrittura è porcheria. Le persone che escono dal vago per cercar di precisare una qualsiasi cosa di quel che succede nel loro pensiero, sono dei porci»
Roma. Bianca e Tomas restano orfani a seguito di un incidente che ha causato la tragica morte dei loro genitori. Da quel momento, come un fulmine a ciel sereno, ai due non resta che crescere di botto e farsi una vita. Vada come vada. E va che i poveri fratello e sorella s’imbattono in due scansafatiche (tra cui uno è Nicolas Vaporidis, qui anche in veste di produttore associato), che escogitano il “colpo da maestro”: intrufolarsi nella villa di un attore sepolto sotto le macerie del tempo, messosi in mostra per il suo bel fisico e per una lunga serie di film in cui ha interpretato sempre lo stesso ruolo, quello di Maciste. Bianca è asettica in tutto il film, deve trovare la chiave che apre la cassaforte di Maciste. Ma avrà la sua prima cotta, anche se descritta in una maniera veramente banale. Ma poi perchè è sempre così oliata? Lui con mani grossolane le prepara sandwich e le chiede delucidazioni in merito al colore del proprio sperma. Un film veramente vuoto.Fallimentare. Una porcheria. Tuttavia ringrazio la giovane regista cilena e tutti i registi che, in Italia, ci parlano di angoli nostrani.

venerdì 1 novembre 2013

La vita di Adele di Abdellatif Kechiche. 2013

Ho l’impressione di fare finta, di fare finta su tutto: a me manca qualcosa.”
Dopo il primo matrimonio gay in Francia, la pellicola ha meritatamente vinto la Palma d'oro al Festival di Cannes 2013. Adele è la protagonista, una liceale che non ha mai mangiato le ostriche, carnale e femminile oltre ogni modo possibile. Ha i capelli sempre legati, in disordine. Si veste senza cura. Mangia voracemente: kebab, spaghetti e si cerca in tutto ciò che fa. E come l'Albachiara di Vasco nel suo letto si tocca. Emma, invece, è più svezzata, sa già chi è, ha i capelli blu e frequenta bar gay. Adele ha un'ducazione borghese, vuole fare la maestra, aspira ad una sicurezza economica, Emma è uno spirito libero e con le mani crea donne dipingendole. Un racconto intimissimo, fatto di soli primissimi piani, s'indugia tanto sulla bocca semiaperta di Adele, sul suo essere sempre altrove con gli occhi e con la testa, le colano lacrime, muchi, ma lei non li asciuga mai, stampandosi sul volto quell'eterna fanciullezza che tanto dà tenerezza Emma, ma che non le consente di amare Adele in quanto donna. Adele nell'ultima scena indossa un vestito blu. Ma Emma ha ormai da tempo cambiato look, decide il ritmo dei loro amplessi e decide di non tornare indietro quando arriva la parola fine. Non un amore tra persone delle stesso sesso, ma tra due persone completamente diverse: Adele non capisce l'arte, Emma vuole che Adele scriva, coltivi una passione, è un'artista, un'intellettuale. Tiresia che visse sette anni nelle sembianze di una donna disse che Se il piacere sessuale potesse dividersi in dieci parti, alla donna ne toccherebbero nove e all'uomo soltanto una. Il film ne mostra almeno nove. Nelle scene di sesso bellissime guardavo in sala: i settantacinquenni al mio fianco guardavano impassibili e ho sorriso contenta. L'autentico svelarsi del piacere femminile è puro estetismo, mai visto nulla di più bello, mi scendevano spesso le lacrime. E sono emozionata anche a scriverne. Tanto trasporto negli occhi emozionati delle due ragazze, tutte le volte che scorgevo le loro emozioni a me sembravano autentiche e mi emozionavo tanto anche io. Bellissima la scena al parco, quando le due stanno per baciarsi, ma la saggia Emma punta per la guancia. L'attesa del piacere. E poi gli intrecci perfetti dei corpi nudi, selvaggi e teneri allo stesso tempo. Il regista non ha mai fretta - tre ore di film- le ragazze si esprimono e scoppiano in attimi di estasi indugiando per lunghissimi minuti. Interezza e naturalezza. Tutto è senza filtri: lacrime, pulsioni. Film da far conoscere soprattutto in quei 78 paesi del mondo in cui l'omosessualità è considerata un reato e nella mia Italia, dove le leggi sulle unioni civili tra persone dello stesso sesso sono un ancora un miraggio. Maestoso ed autentico, di quell'autenticità rara. Tanto che le tre ore per me sono volate e mi hanno lasciato l'amaro in bocca.

giovedì 24 ottobre 2013

Gloria di Sebastian Lelio. 2013

Presentato all'ultima edizione del Festival di Berlino ha conquistato l'Orso d'argento per la migliore interpretazione della protagonista Paulina Garcia, Gloria e la sua vita affettiva da riempire. Una straordinaria cinquantottenne, sola, ma senza drammi, nè commedie. Il regista di Post mortem è sempre su di lei, non la molla nemmeno per un'inquadratura e la tiene sempre al centro anche quando in scena entra l'innamorato problematico, inaffidabile, un po'psicopatico, bugiardo. Piene di carica erotica le scene di sesso fra i due. Espressivissima Gloria, stupendi i suoi mezzi gesti che parlano, forti le sue emozioni che sentirete tutte anche sulla vostra pelle. Liberatorie le sue passeggiate per le strade di Santiago e la danza di uno scheletro sostenuto dai fili di un’artista ambulante. Le manifestazioni studentesche. Canzoni melense che Gloria ama canticchiare mentre guida, le salse nella sala da ballo, la bossa nova Aguas che due amici brasiliani cantano a cappella durante una festa, fino alla Gloria di Umberto Tozzi che chiude è dà il titolo (e quindi apre) l'intera vicenda. Pance flaccide sorrette dalla pancera, rughe, cazzi poco prestanti, eppure sensualità a gogò. Gloria offre una seconda possibilità anche se sa che non dovrebbe. Cade e si rialza. Accetta finalmente quel gatto nudo, senza pelo che in principio le fa schifo. Perchè anche lei si mette a nudo e non se ne vergogna. Quasi perfetto. Ma a me i film perfetti non piacciono.

mercoledì 11 settembre 2013

La nona porta di Roman Polanski. 1999

Io credo nella mia percentuale.
Titolo intrigante: La nona porta, porta che conduce a Satana. E il film comincia con un suicidio. Dopo Rosemary's Baby un ritorno al satanismo. Ma questa è un'opera decisamente minore, e tale rimarrà. Johnny Depp fa sempre la sua bella figura, come anche la bella moglie di Polanski. Ho subito riflettuto sull'anno del film: 1999, con un 666 rovesciato. Dean Corso è un detective: rintraccia libri molto pregiati e ci fuma su, studiandoli. Beve whisky. Scopa pericolose donne in giarrettiera. Lavora per Balkan, che compie il lavoro sporco da solo: mi sono spesso chiesta,infatti, dopo ogni omicidio a opera del ricco bibliofilo che ingaggia Depp, a cosa serva il personaggio di Corso, che sembra ci sia nel film solo per attirare noi donne al botteghino. Apprezzo Depp, meno il suo ruolo nel film. Inutile Bocciato.

giovedì 22 agosto 2013

L'uomo senza sonno di Brad Anderson. 2004

Non preoccuparti. Nessuno è mai morto d'insonnia
(l'attore in una scena delle L'Idiota) Notti da thriller.E in tutti i sensi visto che, Trevor Reznik, il protagonista non dorme da un anno. Gli si contano ossa, vertebre. Alto 1.85, pesa 54 chili. Per lavarsi le mani usa la candeggina in polvere, ma da cosa vuole ripulirsi in realtà? Spazzolino e olio di gomito per pulire il bagno. Ossessivo. maniacale. Un operaio che si fa amare da una prostituta alla quale lascia sempre molto denaro in più: ma perchè vuole ripagare il prossimo più del dovuto? Venti dollari anche per il trancio di torta della cameriera al bar dell'aereoporto. Routine, facce e scene che si ripetono nella sua vita di questo operaio alienato dalla ripetitività della catena di montaggio. C'è dell'altro? Causa un incidente che fa perdere il braccio di un collega, Ivan lo ha distratto, ma perchè quest'uomo non risulta nell'elenco dei colleghi? Chi è questo Ivan che lo perseguita? Un film sulla giustizia ad ogni costo, con un messaggio semplice, chiaro, che commuove. Tanti i dettagli che s'incastrano perfettamente, si ha la sensazione di giocare a puzzle, dove alla fine tutto torna alla perfezione. Come perfetto è il protagonista, Christian Bale che non usa controfigure e perde 30 chili per entrare nel personaggio. Potente la sua mimica facciale. Mi ha stregata. Pessima la sceneggiatura, ma colto il montaggio.

giovedì 11 luglio 2013

Atame! di Pedro Almodovar. 1990

Ho ventitré anni e cinquantamila pesetas, e sono solo al mondo. Cercherò di essere un buon marito per te e un buon padre per i tuoi figli.
Marina è un'affascinante e nevrotica attrice cinematografica. Prima pornostar e poi tossicodipendente in risalita. Ricky (Banderas) innamorato di lei, e non proprio sano di mente, si vede costretto a legarla a letto e sequestrarla per tenerla con sè. Si farà conoscere profondamente fin quando lei s'innamorerà di lui."Ho dovuto rapirti perchè tu possa conoscermi a fondo, sono sicuro che allora anche tu ti innamorerai di me, come io lo sono di te. Ho ventitre anni e cinquantamila pesetas, sono solo al mondo. Cercherò di essere un buon marito per te, e un buon padre per i tuoi figli" "Siamo tutti vittime delle nostre dipendenze" sembra suggerire l'ottavo film di Almodovar. Strepitosi i numeri musicali. Tutti abbiamo bisogno di appartenere a qualcuno. Meglio se questo qualcuno assomiglia anche vagamente a Banderas. Il realismo è ormai sinonimo di Almodovar. così come la Spagna. Non l'ho mai vista, ma la immagino passionale e colorata come quella da sfondo ai suoi film: turchese, giallo zafferano, rosso corallo. Consiglio: da vedere legati al letto.

mercoledì 7 novembre 2012

La pelle che abito di Pedro Almodóvar. 2011

"Mi taglierò la gola, così non avrai più il tuo giocattolo".
Un Thriller basato sulla scienza che vira a superare le colonne d'Ercole della morale al sapore di un remake frankestainiano. Antonio Banderas è un chirurgo plastico, custode di Vera una donna che osserva da uno schermo muoversi con una tutina attillatissima che le fa da seconda pelle. Vera vive nella villa con lui, ma reclusa, fa yoga e crea delle stoffe distruggendo vestiti di donna che si rifiuta di indossare. Dalla domestica scopriamo che Vera somoglia molto alla moglie del chirurgo morta carbonizzata in un incidente d'auto anni prima. Il tassello mancante verrà colmato da un salto indietro nel tempo che ci spiegherà l'ossessione di Banderas per l'esperimento della pelle transgenica, resistente rispetto alla pelle umana, una seconda pelle immune a punture d'insetto e ustioni. Tutto troppo anestetizzato, poche emozioni alla "almodovar", forse aggrovigliate sotto la seconda pelle. E sulla pelle vi scorrerà solo freddo.

lunedì 1 ottobre 2012

Manolete di Menno Meyjes. 2010

"La corrida è per chi è morto dentro".
Un testa a testa con un feroce toro, emblema della donna che ama. Una gloria da riconquistare, una donna da meritare. Il matador ripercorre così, i mesi precedenti durante i quali la passione per la bellissima Penelope Cruz, ha sconvolto la sua umanità, rendendolo un nulla al di fuori del suo campo di battaglia che è l'arena. Lupe, la donna amata, risveglia la sua passionalità, quegli occhi freddi cominciano a pulsare. Ma ho trovato troppo eccessiva e banale la gelosia di Manolete, discriminante quasi per la memoria del grande matador, fuoriluogo i tanti incedere della pellicola su immagini e scene prive di significato ma solo accattivanti da un punto di vista estetico. Questa storia d'amore ridicolizza quasi il timido e malinconico Manolete, la Spagna neo-franchista aveva nel torero il simbolo della forza, della virilità, qui sembra non essere così e lagata a quell'immagine non ho saputo andare oltre guardando il film. Noioso. Deludente

domenica 25 aprile 2010

Agora. Alejandro Amenábar. 2009. Il sapere è donna

Quarto secolo d.C. in Alessandria d’Egitto all’epoca dell’Impero Romano. E' la storia della filosofa-matematica-astronoma Ipazia, massima espressione di una libertà di pensiero che non si rivedrà più fino all’epoca moderna. Tra i suoi discepoli, due uomini sperano di conquistarla: l’arguto e benestante Oreste, poi docile Prefetto del’Impero; e Davus, schiavo affrancato, in bilico tra il suo amore segreto e la libertà promessa dalla frangia fanatica dei soldati di Cristo: i monaci parabalani. Ipazia invece crede solo nella filososia, nel sapere, nella conoscenza a cui si arriva solo tramite l'esperienza del proprio cervello, tra i due contendenti, ad avere la meglio sarà proprio la sua libertà di pensiero. Che però le costerà cara: sceglie la morte, ma non rinnega la ragione in nome di un credo che non le appartiene.
Il sapere è donna, Ipazia simbolo del raziocinio, che invece sembra non sfiorare neppure l'uomo, dedito alla potenza, a pseudo credo. L'amore non sboccerà mai nel cuore della protagonista, se non quello per la sete di conoscenza, il culto dello studio e della scienza. L'ateismo è un diritto e Ipazia sa rivendicarlo.
Ma non credo che Agora sia stato messo all'indice in quanto portavoce di messaggi laici e filoatei, quanto per la rappresentazione storica dei cattolici: i seguaci di Cristo non sono i perseguitati (come spesso vien fatto credere), ma al contrario sono coloro che soffocano (con ogni mezzo) l'oppositore. Cirillo vescovo, passato alla storia come un martire, è, invece, il "capobanda" di una marmaglia di sanguinari combattenti, desideroso solo di piegare Roma al suo cospetto. Una condanna nei confronti del fondamentalismo e non della religione cattolica, con un forte messaggio di tolleranza alla base e se ne fa portavoce la bella Ipazia: considera uguali, a prescindere dal credo che professano, i suoi discepoli. Una sorta di Socrate o di Gesù in gonnella, poi il suo nome è praticamente scomparso (non quello del suo uccisore, che fu fatto santo), e assieme a lei la sapienza della civiltà Alessandrina. Dei suoi scritti non è rimasto niente; invece sono rimaste le lettere di Sinesio che la consultava a proposito della costruzione di un astrolabio e un idroscopio. Il fondamentalismo non è morto. Ancora oggi si uccide e ci si fa uccidere in nome dell'oscurantismo: in America si proibisce di insegnare nelle scuole la teoria dell’evoluzione di Darwin e si impone l’insegnamento del creazionismo. E miss Gelmini, la paladina della d'Istruzione ci mette del suo. Come nel caso di Ipazia, per legittimare quello che la matrigna Chiesa cattolica dice e fa.
Grazie Ipazia!

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