“Mi accorgevo di avere la pelle d’oca. Senza una ragione, dato che non avevo freddo. Era forse passato un fantasma su di noi? No, era stata la poesia. Una scintilla si era staccata dal poeta e mi aveva dato una scossa gelida. Avevo voglia di piangere; mi sentivo molto strana.Avevo scoperto un nuovo modo di essere felice.” (Sylvia Plath)
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mercoledì 22 febbraio 2017
Sully di Clint Eastwood. 2016
Un impossibile atterraggio d'emergenza sul fiume Hudson, a due passi dall'Empire State Building e della Freedom Tower di New York.Chesley Sullenberger, chiamato “Sully” dagli amici, scarta entrambe queste opzioni, le uniche apparentemente possibili, quelle che dalla torre di controllo gli suggeriscono.
ne inventa una impossibile: far ammarare il pesante airbus in mezzo alla città di New York, nelle fredde acque del fiume Hudson.“ We’are gonna be in the Hudson ” dirà al controllo radio prima di perdere il segnale, cioè “ce ne andiamo nell' Hudson”.
Mentre tutti lo osannano come un eroe, però, la commissione d’inchiesta è bramosa di scaricare la colpa su qualcuno per quanto accaduto.
Clint Eastwood la sa lunga,mi sono commossa all'arrivo della cavalleria di salvataggio.
Ma bellissima anche la scena in cui sui maxischermi di Times Square scorrono le immagini dell’impresa di Sully che celebrano l’eroe del giorno tra le mille insegne luminose di brand commerciali, in cui mi è sembrato di riconoscere anche il volto di Clint Eastwood, un’ironica strizzatina d’occhio autoreferenziale del regista. Mentre tutti guardano verso l’alto, verso la figura glorificata dai media, Sully transita per strada facendo jogging, passando inosservato e attanagliato dai dilemmi.Le scelte da fare potevano essere altre, non serviva finire nel fiume inquinandolo, non c’era il bisogno di distruggere l’aereo facendolo finire in acqua. Ancora una volta sono i soldi a fare la parte del leone, schifando lo spettatore: è possibile che l’uomo abbia il potere di sminuire il salvataggio di così tante persone solamente anteponendovi il denaro?
Tutto funziona, è vero ed incredibile, a cominciare daTom Hanks. A completare un quadro già piuttosto roseo uno splendido montaggio (che fa i grosso del lavoro nel raccontare in maniera non lineare una storia estremamente lineare), un tema musicale delizioso (di Eastwood), degli effetti speciali notevoli e un impressionante sound design. Consiglio personale: vedete il film in lingua originale. La voce di Hanks è sempre meravigliosa
venerdì 13 marzo 2015
Noi e la Giulia di Edoardo Leo. 2015
Nasciamo con i pugni chiusi in modo da contenere ciò che veramente conta. Poi li apriamo e perdiamo la cognizione di ciò che veramente è importante per le nostre esistenze, e cresciamo con il mito del posto fisso e di tutta una serie di valori illusori che ci fanno perdere il vero senso delle cose e smarrire il proposito del raggiungimento della propria realizzazione.
Mentre in questi giorni tutti si sono concentrati sul fenomeno “Cinquanta sfumature di grigio“, in sala in realtà c’è una pellicola italiana degna di più attenzione, ovvero “Noi e la Giulia“. Dalle premesse poteva sembrare l’ennesimo film in cui vediamo individui diversi tra loro, colpiti dalla crisi, che si trovano costretti a dividere le spese del proprio futuro (con un pizzico di Gomorra che va di moda ultimamente). In realtà: un film sul piano B, perchè noi siamo la generazione del piano B. Lavorare in questo Paese fa così schifo che quando allo schifo per il lavoro si aggiunge quello per la città cominci ad elaborare il tuo piano B. "A 20 anni era il chiringuito sulla spiaggia. A 40, quasi sempre, si tratta di un agriturismo."
Il film fa sognare su diversi fronti: lavare i piatti e fare sesso possono essere facilmente confondibili (me ne devo ricordare quando rifiuto categoricamente di lavare i piatti)
Ghana e Nigeria potrebbero essere la stessa cosa
Per dirigere un'orchestra basta chiamarsi Giuseppe
Mangiamo ogni giorno pane, crisi e incertezza. E qui in nostra rappresentanza: un coatto, due sfigati, un comunista e un camorrista. Reinventarsi, terza, quarta e quinta occasione.“Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere. Fallisci ancora. Fallisci meglio” diceva Samuel Beckett. I protagonisti di “Noi e la Giulia” lo hanno preso alla lettera e hanno capito che forse, in fondo, i falliti non erano loro. Coraggio 30 e 40enni all'ascolto: anche a 40 anni si può avere tutta una vita davanti, basta avere un piano B. Il finale è aperto, sta allo spettatore prende l’ultima decisione. E una delle cose più belle è che questo film è girato in sequenza: le prime scene sono davvero le prime, le ultime sono davvero le ultime.
giovedì 13 giugno 2013
L'amore che resta di Gus Van Sant, 2011
“Io canto ogni mattina da quando ti conosco”
Malinconia allo stato puro.Irrequietezza. Senso perenne di incompiutezza inspiegabile. Due giovani anime solinghe che cercano un motivo valido per tornare a vivere o per morire serenamente. E ci riusciranno.
Restless, titolo originario, inquieto è stato del tutto (come spesso accade) deturpato nell'italiano L'amore che resta (che non c'azzecca nulla). Perchè inquieto è appunto quel ragazzo che non ha potuto partecipare al funerale di entrambi i genitori perchè in coma e per riscattarsi s'inbuca a qualsiasi funerale, per risanare quel dolore partecipando al dolore altrui, sebbene a lui estraneo. Annabel è un sorriso di vita che fa capolino tra quei riti funebri: affascinata da Darwin e dagli uccelli, ha un tumore maligno al cervello che non lascia speranze. Mentre lei disegna uccelli, ed impara a memoria i loro nomi, lui dialoga con un amico immaginario (?), il fantasma di un soldato giapponese morto kamikaze, durante la seconda Guerra Mondiale.
Atmosfera dark, dolcemente lugubre, una storia drammatica raccontata senza farne un dramma. Sarete voi, infatti, a scegliere se piangere o meno, se farvi male o no.
“Perché gli uccelli fluviali cantano al mattino?” – chiede Annabel ad Enoch – che le risponde: “perché sono felici“.“Io canto ogni mattina da quando ti conosco".
mercoledì 2 gennaio 2013
La migliore offerta di Giuseppe Tornatore. 2013
"Vivere con una donna è come essere a un'asta, non sai mai se la tua sarà l'offerta migliore"
Virgil Oldman indossa guanti neri, evita il contatto. E'freddo, distaccato, anemozionale, anaffettivo. Ma un grande intenditore d'arte. Ama le donne dipinte. Le osserva. Le compra. Le colleziona. Ha paura di quelle carnali. Non le vede, gli è ostile. Scappa via. Billy è suo complice nelle aste, un artista mancato che Virgil bonariamente non manca mai di stroncare e Robert è un giovane dongiovanni, restauratore di congegni elettronici e suo confidente. Compie sessantre anni e quel giorno riceve una misteriosa telefonata che cambierà la sua vita: la donna dall'altro capo del filo ha una villa di famiglia della quale vorrebbe si occupasse personalmente Virgil, catalogando e stimando il valore dei preziosi ivi contenuti. Si accorgerà di come non solo le aste "truccate" generino emozione. Nascera qualcosa?
Un film che cattura, nonostante i suoi limiti: come può un uomo geniale come Virgin, abilissimo nel distinguere un falso d'arte a miglia di distanza non accorgersi di due occhi se non amano realmente? Una parte centrale troppo lenta, si va troppo per le lunghe, lo si capisce che c'è un colpo di scena, ma si tira troppo la corda.
Agorafobia. Paura degli spazi aperti. Collezionismo manicala.Desiderio perverso di possesso. Non sono certo un'appassionata di Tornatore, ma il suo cinema merita rispetto. E'pieno, certo poco originale ed emozionale, ma di spessore.
venerdì 27 aprile 2012
Hunger Games di Gary Ross, 2012
“Felici Hunger Games! E possa la buona sorte essere sempre a vostro favore!”
I successi commerciali made in Usa non rientrano nei miei gusti, soprattutto poi se facenti parte di trilogie e di casi letterari solo fittizi...troppa carne al fuoco, quindi mi sono recata in sala per stroncare cinicamente questa creaturina già nella sua anteprima, visto che l'uscita nelle sale è prevista per il 1 maggio.
L'ambientazione è quella di un imprecisato futuro ipertecnologico in cui un capo governa su 12 distretti e per via di una rivolta avvenuta parecchi decenni prima rispetto ai fatti narrati, come commemorazione di quegli anni di lotte ogni anno si terrà un evento. Come apprendiamo dalle didascalie ad apertura film è il Giorno della Mietitura in cui si svolgono i cosiddetti Hunger Games. A contendersi la vittoria un uomo e una donna tra i 12 e i 18 anni estratti a sorte da ogni distretto, per poi sfidarsi all’interno di un reality che ha come unica regola quella di sopravvivere al gioco, i ragazzi si uccidono tra di loro e chi rimarrà in vita sarà il vincitore.
La bellissima Katniss Everdeen rappresenta il distretto 12, non viene sorteggiata lei in realtà, ma la sorella minore che lei aveva tanto rincuorato i giorni prima: "È il tuo primo anno Prim, il tuo nome è lì dentro per la prima volta, non sceglieranno te!" Decide quindi di sacrificarsi al posto della sorella minore: "Mi offro volontaria, mi offro volontaria come tributo!", ma in realtà ha paura e si confida con l'amico di sempre, Gale: “Katniss, si tratta solo di andare a caccia. Sei il miglior cacciatore che conosco. - Non si tratta solo di andare a caccia. Loro sono armati. - Anche tu. E tu hai più esperienza. Sai come si uccide.- Si, ma io uccido animali, non la gente"
In ogni distretto la popolazione è ridotta in schiavitù, il solo modo per poter permettere che questi giochi possano tenersi ogni anno, vezzo per "chi abita nella parte giusta", quindi fuori dai distretti di vedere dei ragazzini scannarsi per la sopravvivenza. Già da questa breve descrizione vi sarete dunque resi conto che una grossa pecca del film è la banalità e la prevedebilità, manca infatti del tutto uno scavo psicologico dei personaggi, che appaiono per questo superficiali, la sensazione è che quello che vada in scena non convinca del tutto, non basti, non sia sufficiente. Un belthriller fantascientifico per teenagers, nulla di più, tuttavia ho ritenuto interessante l'enfatizzare il prezzo che si paga per la ribellione al potere, tema fortemente attuale per via dei richiami ai rituali, per il simbolismo della dittatura e l'esaltazione delle passioni. Mi rivedo molto nell'eroine mascolinizzate e le protagoniste dei film che seguono questa linea attirano subito la mia simpatia e ammirazione, Katniss riuscirà a farsi notare anche per il suo carattere forte e sicuro e per la sua spiccata personalità: “Grazie per la vostra considerazione.” Dice prima di uscire di scena durante la prova di presentazione, mentre tutti sono intenti a banchettare e lei con il suo arco come moderna Guglielmo Tell colpisce in pieno una mela: “A cosa pensavo, mentre scagliavo una freccia? A niente, è ovvio, ho tirato contro la mela per la rabbia di essere ignorata. Non stavo mica cercando di ucciderli."
Ma ciò che fa deconcentrare è che dalle prime battute del film si capisce che ovviamente sarà lei a vincere e ad avere la meglio nel massacro e ciò si evince da tutto il clima che permea il film e dalle parole del suo compagno di gara Peeta “Sai cosa mi ha detto mia madre quando è venuta a salutarmi, tanto per tirarmi su? Che forse il Distretto 12 avrà finalmente il suo vincitore. Poi ho capito che non parlava di me, parlava di te!"
Il ragazzo parrebbe essere segretamente innamorato di lei e quando il presentatore dei giochi gli chiede se ha una ragazza
Peeta esita, poi scuote la testa in modo poco convincente. - Un ragazzo bello come te! Ci deve essere una ragazza speciale. Coraggio su, come si chiama?- Bé, una ragazza c’è. Ho una cotta per lei da che mi ricordo. Ma sono praticamente certo che lei non sapeva nemmeno che esistessi, prima della mietitura.-Ti suggerisco io cosa fare. Vincere e tornare a casa. A quel punto, non potrà respingerti, ti pare?- Non credo che funzionerà. Vincere… non servirebbe, nel mio caso- E perché mai?- Perché… perché… lei è venuta qui insieme a me.-
Signore e signori, che i settantaquattresimi Hunger Games abbiano inizio. Buon divertimento anche a voi spettatori.
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