“Mi accorgevo di avere la pelle d’oca. Senza una ragione, dato che non avevo freddo. Era forse passato un fantasma su di noi? No, era stata la poesia. Una scintilla si era staccata dal poeta e mi aveva dato una scossa gelida. Avevo voglia di piangere; mi sentivo molto strana.Avevo scoperto un nuovo modo di essere felice.” (Sylvia Plath)
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sabato 12 dicembre 2015
The Lunchbox di Ritesh Batra. 2014
Ogni mattina a Mumbai 5 mila fattorini consegnano i cestini del pranzo che le mogli preparano per i mariti al lavoro. Spesso analfabeti, i fattorini sono efficienti e riescono a muoversi nei labirinti della città grazie a un complesso sistema di codifica fatto di colori e simboli.
Ila è una casalinga che, con le sue ricette, spera di ridare vitalità al proprio matrimonio. Saajan, invece, è un modesto impiegato alle soglie ormai della pensione, che si vede recapitare per sbaglio il cestino per il pranzo che Ila ha amorevolmente preparato per il marito. Insospettita dalla mancata reazione del consorte, Ila infila nella pietanziera un biglietto.. comincia un fitto scambio epistolare.
Saajan va in pensione e parte per il Buthan, a lui subentra Shaikh – quel giovane impertinente e fastidioso che tanto lo aveva turbato ma al quale si era affezionato tanto da fagli da testimone di nozze.
E ancora un gioco di specchi: Saajan fa a ritroso il viaggio dei lunchbox per trovare Ila; Ila fa il viaggio dei lunchbox raggiungendolo sul posto di lavoro. Ma i loro destini non devono incontrarsi, forse continueranno ad inseguirsi nella via per il Buthan.
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giovedì 7 aprile 2011
Miral di Julian Schabel. 2010

Miral. Come il fiore che nasce sui cigli delle strade e dal quale germogliano altri fiori:due donne, la sua insegnante Hind, fondatrice di un orfanotrofio, e la madre Nadia. Tre trame al femminile intrecciate alle voci di chiunque abbia esercitato un’influenza su di loro, e a alle voci delle innumerevoli storie simili a quella di Miral, la bellissima palestinese che vive in Israele nel collegio-orfanotrofio fondato da Hind Husseini. Nadia, che si lascia annegare tra le onde del mare, e la zia di Miral che ha compiuto un grave attentato, costringono quello che lei crede essere il suo vero padre a cambiarle identità e ad allontanarla dalla famiglia, ma non si sfugge al destino e nel collegio la giovane seguirà attivamente le vicende che condurranno agli accordi di Camp David e manifesterà, facendone le spese, a favore della causa palestinese. Miral rappresenta la generazione allevata nel pieno dell’occupazione e solo chi ha coltivato nonostante tutto un sogno di pace attraverso l’amore, l’istruzione e la speranza, è riuscito alla fine a vincere. E'la storia di una vittoria al femminile, velata, timida, zoppicante, umiliante: bellissima la scenza della violenza consumata su una donna espressa nel dettaglio di una macchina da presa, che per il pudore di un gesto così vile e oltraggioso indugia, sgrana, sfoca l'immagine, l'azzittisce, ammutolisce, per poi rivelarla solo alla fine, quando tutto è compiuto. Una storia un po'disordinata, difficile e a tratti noiosa da seguire, poco pathos, un generico appello alla pace, ma che ha la pecca di non diventare mai un vero e proprio grido.
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