Visualizzazione post con etichetta Gran Bretagna. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Gran Bretagna. Mostra tutti i post

lunedì 17 luglio 2017

The Hours di Stephen Daldry. 2002

"Non si può trovare la pace sottraendosi alla vita. Virginia Woolf / Nicole Kidman"
Profonda solitudine dell'animo e ricerca di felicità. Per questi motivi Virginia Woolf è la mia scrittrice preferita La trama si sviluppa attorno a tre storie: quella di Virginia Woolf intenta a scrivere il suo famoso romanzo, Miss Dalloway, quella di Laura Brown, una casalinga infelice del 1951 che vive con il marito e il figlio piccolo e, infine, quella di Clarissa Vaughan, un’editrice lesbica che sta preparando una festa per il suo ex amante Richard malato di Aids. La drammaticità e impotenza di fronte ad alcuni accadimenti della vita della Woolf, ritorna in Miss Dalloway, libro che viene letto sia da Laura Brown che da Clarissa. E così, ritorna anche in questi due personaggi femminili, la prima incastrata in una vita che la rende infelice e la seconda in un’amicizia complicata che la pone di fronte ai suoi più grandi demoni del passato.Ci sono fiori da comprare e da regalare, visitatori in anticipo da accogliere, suicidi desiderati e realizzati, languidi baci tra donne a scandire le identiche ore di queste vite legate indissolubilmente nella ricerca del significato della propria esistenza. Il regista sfrutta abilmente i punti di contatto tra le vite delle tre, per effettuare i passaggi d’epoca necessari alla storia, emblematica la sequenza d’apertura: attraverso il montaggio, si spezza il diverso flusso temporale di tre accadimenti successivi, rimescolando i momenti in un unicum narrativo di grande compattezza e tensione emotiva (la Woolf scrive la lettera di addio al marito, la scrittrice tenta il suicidio buttandosi nel fiume, il marito rincasa e trova la lettera). Un inno alla vita, che dimostra che la strada - anche estrema- c'è. un film che mostra le diverse decisioni che una persona può prendere, alcune molto drastiche ed estreme, altre invece rigeneranti e nel momento in cui le donne nel film hanno la loro epifania e si rigenerano, lo può fare anche lo spettatore credendo davvero che ci possa essere sempre una speranza per cambiare la propria storia.

mercoledì 8 luglio 2015

Under the Skin di Jonathan Glazer. 2013

"Will You Come With Me?"
Jonathan Glazer è un nome di tutto rispetto: a lui associo i videoclip dei Massive Attack, Radiohead. Under the skin richiama moltissimo, infatti, l'atmosfeta onirica, ipnotica di Karma Police, ambientando la pellicola nelle cupe e fredde atmosfere scozzesi, fatte di cieli plumbei, mari in burrasca che inghiottono suicidi disperati e spiagge deserte dove bambini abbandonati piangono nell'indifferenza della solitudine. Un motociclista misterioso recupera il corpo esanime di una donna ai lati di una strada. Trascina quello che sembra un cadavere sul cassone di un camion dove, un'entità aliena si appropria di quel corpo letteralmente indossandolo. E in questa nuova veste la "donna", viaggiando per la Scozia col suo camiocino adesca uomini soli, preferibilmente senza affetti familiari e complicazioni varie, e li fa scomparire. Campi lunghi, inquadrature fisse e liqudo nero che inghiotte le vittime poco prima dell'amplesso. il suo scopo è proprio questo: accalappiare uomini con l’arma della seduzione, lei mantide di chissà quali galassie, opera in un microcosmo in cui agisce senza comprendere. Non sa provare pietà, empatia, non sente nulla. Finchè un giorno non comincia a prendere consapevolezza del suo corpo, lo scruta allo specchio e sceglie di farsi preda per sentirlo. Perchè come gli alieni di District 9, anche lei si fa strumento per osservare noi stessi, per misurare il grado di (dis)umanità della nostra specie. Gelido, cattivo, quasi entomologico, incorniciato da un’ambientazione perfetta e una interpretazione della Johansson a grado zero. Un esperimento visivo straniante, grazie anche all'affascinante colonna sonora di Mica Levi

martedì 21 ottobre 2014

Total Eclipse di Agnieszka Holland. 1995

Parigi è bagnata di pioggia. E loro si sfiorano per la prima volta. La sua poesia è diversa: la poesia può avere un senso al di là del suo significato? La provocazione è alla base. La loro relazione è provocazione, luce e ombra. Una sinuosità schizofrenica di propositi per narrare cose che altri non riescono a vedere. "Capii che ciò che mi serviva per divenire il maggior poeta di questo secolo era sperimentare ogni cosa sul mio corpo. Per me non era più sufficiente essere una persona. Decisi di essere tutti. Decisi di divenire un genio… di determinare il futuro". Il film di questa regista polacca è intenso, morboso e ossessivo. Arthur Rimbaud, un genio votato al Sole dell'Africa, simbolo di luce massima e verità…anche mortale.

martedì 14 ottobre 2014

Die Päpstin di Sönke Wortmann. 2009

814 dopo cristo. Johanna è la figlia di un prete britannico, che ha altri due maschi, Johannes e Matthias. Il padre è un violento,tiranneggia la famiglia, costringe la moglie a una vita da schiava e picchia la figlia che si dimostra desiderosa di imparare a leggere e scrivere. "Le donne non possiedono l’abilità naturale di trarre conclusioni logiche... Le sezioni cerebrali femminili utili sono di dimensione tanto ridotta che le donne sono incapaci di comprendere idee o concetti elevati", sostiene il suo maestro presso la cattedrale di Dorstadt. A causa della morte del fratello maggiore, Johanna riesce a farsi ammettere col fratello minore nella scuola del monastero di Dorstadt. Lì viene accolta da Gerold, un gentiluomo della corte vescovile, di cui si innamora. Dopo una strage ad opera dei pirati vichinghi, fugge, si spaccia per uomo ed entra come monaco benedettino nel monastero di Fulda, dove esercita le arti mediche. La sua fama è tale che da Fulda Johanna/Johannes arriva direttamente a Roma, dove guarisce Papa Sergio e ne diventa medico personale. Alla morte di Sergio, a causa delle inimicizie tra i vescovi, viene proposta e acclamata papa dal popolo, che ignora la sua vera identità. Ma dato che ha ritrovato Gerold e ne è diventata l’amante, Johanna è incinta e non sa per quanto potrà continuare nell’inganno. Stralci di storia: quel che resta dell'impero di Carlo Magno è conteso tra i figli di Ludovico il Pio che è il suo unico erede. Una storia interessante ma che si dilunga troppo e non è all'latezza delle aspettative. Tanti i tagli nella versione italiana: la scena in cui il prete missionario presso il popolo sassone sferza la figlia sulla schiena fino a farla svenire; resta solo l'immagine del primo colpo di frusta. Non volesse il cielo che si pensasse che i cristiani usavano mezzi pedagogici violenti.Tagliata la frase in cui il priore rivolto ad un gruppo di lebbrosi pone il divieto di mangiare e bere in presenza di persone sane.Ci si augura che in futuro il regista Sönke Wortmann riesca a trovare una sua identità, senza costrizioni né esercizi di stile.

sabato 28 dicembre 2013

The Magdalene Sisters di Peter Mullan. 2002

"Sarei disposta a commettere qualunque peccato pur di uscire da questo posto"
Vincitore del Leone d'oro alla 59° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia. Musica irlandese ad un matrimonio. Si apre così il film. Tre ragazze (insieme ad altre e con donne non più giovani):Bernardette un'orfana che, secondo la sua direttrice, ha il destino dell'ammaliatrice e per questo deve essere "raddrizzata", Rose con un bambino senza un marito, peccato mortale, Margaret violentata da un cugino. Un'arancia a testa per Natale e per il resto solo lavori forzati e soprusi da lager. La storia che vi colpirà come un pugno nello stomaco sarà quella di Crispina, una povera ritardata, ragazza madre, rinchiusa poi in manicomio quando rivela pubblicamente i servigi sessuali resi al prete pastore del convento. Ripropongo un altro film sul medesimo argomento a distanza di un giorno perchè la civiltà occidentale ritengo non sia migliore, nè mentalmente più avanzata dell'Orientale e perchè l'ultimo di questi conventi lager è stato chiuso SOLO nel 1996. Una pupilla insanguinata. Guarderete così l'intero film e penserete a quelle 30.000 donne. Il Cardinal Ersilio Tonini gridò scandalizzato che il Festival era stato disonorato. L'Osservatore Romano tuonò su un film che è una caricatura mal riuscita e di cattivo gusto. Il film fu infatti interamente girato in Scozia, patria del regista, proprio per paura dell'opposizione irlandese. Sublime la fotografia essenziale e povera. Eucaristia e fellatio. Bernardette che si scioglie i capelli. L'espressionismo di alcune scene rende questo film davvero un capolavoro. E non solo perchè sono femminista. Buon 2014 di libertà.

venerdì 27 dicembre 2013

Philomena di Stephen Frears. 2013

"Chi viaggia in prima classe, non è detto che sia di prima classe!".
Il dramma delle lavanderie irlandesi, strizzare panni per espiare le colpe. Questo secondo le suore irlandesi degli anni 50. Che come se non bastasse, oltre a mettere in pericolo la vita delle giovani donne partorienti, ospiti presso il loro istituto, tanto da far morire spesso di parto nascituro e madre, vendevano poi questi bambini agli americani. Nonostante questo suo passato Philomena, con un'anca al titanio, è una cattolica molto devota, appassionata di romanzi rosa, di quelli un po'patetici in cui il granduca s'innamora della sua sguattera, salvo scoprire alla fine che ovviamente è nobile anche lei. Martin Sixsmith non è come lei. E'un ex giornalista, ateo, faceva parte dello staff di Tony Blair, ma poi ne viene allontanato e si appassiona, mentre è in cerca di dare una nuova svolta alla sua carriera, alla storia di Philomena. Philomena e Martin hanno realmente compiuto questo viaggio alla ricerca del figlio di lei e attraverso i titoli di coda finali, il regista c'informa di come molte madri ospiti in questi istituti religiosi ancora siano in cerca dei loro figli. Indignazione, viene da chiedersi dove fosse il governo irlandese quando si perpetravano simili vili azioni. Ma la chiave del film è nella frase "Ti perdono" con cui Philomena accetta la sua sofferenza e scagiona le suore cattive che le hanno impedito di riabbracciare il figlio. Un film dal gusto british e quindi politicamente corretto. Un po' troppo. Ma è pur sempre Natale.

mercoledì 11 settembre 2013

Come pietra paziente di Atiq Rahimi. 2012

"Gli uomini che non sanno fare l'amore, fanno la guerra!"
Atiq Rahimi è uno scrittore e regista afghano in asilo politico in Francia dal 1984. Solo la sofferenza di chi non può baciare la sua terra genera dei capolavori come questo. 100 minuti che t'inchiodano, eppure l'intero narrato si svolge tra quattro mura decadenti; una donna afghana parla con il marito in coma, colpito da una pallottola al collo, quindi inerme, immobile, la soluzione giusta affinchè lei possa raccontargli tutti i suoi segreti più intimi senza che venga uccisa. Un lunghissimo monologo. uterino, femminile, passionale, erotico. Bellissimo. "Oggi ci saranno i bombardamenti, rimanete in casa". In zona afghana, nei pressi di Kabul, si parla della guerra come di un evento atmosferico, come se piovesse. Tutto è di elevatissimo livello, soprattutto la fotografia: nature morte di rara bellezza (come il fagotto di melograni che il soldato innamorato regala alla donna). E che donna. Ineccepibile la protagonista Golshifteh Farahani, occhi e sguardi che non dimentichi, confessioni le sue a cui ogni donna si sentirebbe vicina. Condivisibile ogni sua parola o gesto. Anche quello estremo della fine. Che le libera uno dei sorrisi più belli mai visti in tutta la storia del cinema. La donna non ha volutamente un nome, la sua storia è quella di tante donne afghane, sposate con un mujaeddhin e trattate come serve ed estranee, ma dietro le quali si nasconde un'anima pulsante, carnale. Riscoprirsi donna e cominciare quella salita che conduce verso la propria felicità .Al culmine del suo percorso di conoscenza la protagonista si scopre addirittura profeta, identificandosi con Khadija, la moglie di Maometto. Nessuna nomination al film. Questo lascia molto perplessi.

giovedì 29 agosto 2013

Sherlock Holmes di Guy Ritchie, 2009

“Adesso abbiamo una chiara visione dell’ovvio”
Che gioiellino, un film dal ritmo impeccabile! E Holmes? Ho visto circa una ventina di film sul suo personaggio, ma mai mi ero trovata di fronte ad un attore così fisico, vero: spadaccino e violinista perfetto, un po' folle, fascinoso e solitario. Realizza tutto ciò che pensa: impeccabile la scenda di box! Fotografia gotica che rende ancora più sexy Holmes. Ci piace questa versione moderna, molto ben riuscita. Scazzottate a mani e torso nudo (ci piace), misteri, messe nere, pozioni chimiche e complotti politici. La pipa serve solo per innescare bombe, via la mantellina, aplomb britannico. Holmes è rock, maledettamente rock, meritatissimo il Golden Globe come miglior attore, seducente il doppiaggio del nostro Luca Ward. Si questa recensione è una sorte di ode al solo attore principale, ma guardando il film tutto scompare, anche Watson. Il finale aperto mi ha fatto ricordare del sequel: da recuperare.

venerdì 23 agosto 2013

Shame di Steve Mcqueen. 2011

"Scopriamo un fascino nelle cose ripugnanti; ogni giorno d'un passo, col fetore delle tenebre, scendiamo verso l'Inferno, senza orrore" (I fiori del male)
Bisogno primario? Il sesso. Ed essere un musicista degli anni 60. Compulsivo: atti onanistici e carnali ripetutamente ricercati. Ma nessuno lo immagina dall'esterno. Brandon è un uomo d'affari apparentemente freddo e glaciale. Sissy, la biondissima e ipersensibile sorella minore, romperà quest'equilibrio già precario, Brandon oltrepasserà la soglia e sentirà il bisogno di trasgredire fino alla deprevazione. Vergogna come recita il titolo? Ma perchè vergognarsi? Ci disgustiamo sul serio se un uomo si masturba guardando un porno? Musica incantevole e commovente fa da cornice alla perdita apparente della dignità di Brandon del tutto asservito al suo organo genitale. I bisogni dell'anima non si controllano, l'istinto animale/darwiniano ci permette di continuare la nostra esistenza. Si chiama natura, non vergogna. Segreteria telefonica, bagno, doccia, risveglio, tutto è automatico nella vita di Brandon: i sentimenti sgorgano nelle telefonate della sorella origliate, nella lentissima New York New York di Sissy cantata in un locale. Bisogno emulativo, di chi si guarda allo specchio: Brandon ripropone l'amplesso spiato per strada. I suoi sguardi dilaniati dal dolore durante l'orgia mi hanno commossa. Hunger, il suo secondo lungometraggio, non è mai stato distribuito in Italia. Questa si che è una vergogna.

lunedì 1 ottobre 2012

Manolete di Menno Meyjes. 2010

"La corrida è per chi è morto dentro".
Un testa a testa con un feroce toro, emblema della donna che ama. Una gloria da riconquistare, una donna da meritare. Il matador ripercorre così, i mesi precedenti durante i quali la passione per la bellissima Penelope Cruz, ha sconvolto la sua umanità, rendendolo un nulla al di fuori del suo campo di battaglia che è l'arena. Lupe, la donna amata, risveglia la sua passionalità, quegli occhi freddi cominciano a pulsare. Ma ho trovato troppo eccessiva e banale la gelosia di Manolete, discriminante quasi per la memoria del grande matador, fuoriluogo i tanti incedere della pellicola su immagini e scene prive di significato ma solo accattivanti da un punto di vista estetico. Questa storia d'amore ridicolizza quasi il timido e malinconico Manolete, la Spagna neo-franchista aveva nel torero il simbolo della forza, della virilità, qui sembra non essere così e lagata a quell'immagine non ho saputo andare oltre guardando il film. Noioso. Deludente

sabato 8 settembre 2012

Jane Eyre di Cary Fukunaga, 2011.

"Sono una macchina senza sentimenti? Credete che solo perchè sono povera, oscura semplice e piccola io non abbia nè anima nè cuore? Ho un'anima come voi e un cuore grande come il vostro e se Dio mi avesse donato bellezza e denaro, vi avrei reso difficile lasciarmi così com'è difficile per me lasciare voi. Non vi parlo attraverso le mie carni mortali, è il mio spirito che si rivolge al vostro spirito, come se avessimo visto la morte e fossimo ai piedi di Dio uguali come siamo..."
Tra tutti i riadattamenti di questo capolavoro lettereraio della scrittrice inglese Charlotte Bronte: dalla proiezione inglese con Orson Welles del lontano 1943, fino a quella del 66 di Zeffirelli, la mia preferita è questa targata 2011. Come ben sa già chi ha letto questo strepitoso romanzo occorre fare un tuffo nel perbenismo di pulsioni represse così care alle sorelle Bronte, che hanno, se pur credo non avendole mai vissute, anzi forse proprio per questo, fatto sognare fior di generazioni grazie alle loro passionali storie d'amore senza tempo. La carica passionale del romanzo era sempre stata a mio avviso trattata poco bene nelle precedenti pellicole, ora questo per me sconosciuto regista americano (di padre giapponese e madre svedese, ecco spiegato il bizzarro cognome) Cary Fukunaga ne ha accentuato piacevolmente l'atmosfera gotica di quell'Ottocento, grazie anche alla bravisisma Mia Wasikowska, l'Alice di Burton, e all'affascinante bisbetico Rochester Michael Fassbender. Il film ha degli interessanti salti temporali: la storia, infatti, comincia con Jane che nella notte con una nuova identità, fugge via disperata dalla tenuta di Thornfield Hall. Fino a raggiungere una casa di anime pie che la ospitano e le offrono le migliori cure. Un pastore St. John è il padrone della casa, che da subito rimane affasciato dallo sguardo della bella Jane. St.John vive con le sue due amorevoli sorelle, è in procinto di partire come missionario e chiede quindi Jane in moglie. Ma a Jane quella nuova vita che le si prospetta davanti, pur dignitosa e al fianco di un uomo onesto, appare impossibile. Così, nonostante gli forzi per reprimerle, le ingisutizie subite e quell'amore passionale a sprazzi vengono fuori e vengono così ricostruiti nel film motivando il perchè la ragazza non accetta la pur dignitosa proposta del pastore. Jane, come "tutte le governanti" ha una storia dolorissima alle spalle: è orfana di entrambi i genitori e viene affidata alle cure della perfida signora Reed, sorella di suo padre, ma il suo carattere forte, anche troppo per una ‘femmina' del tempo presto le alieneranno le simpatie della donna, la tipica borghese del tempo, triste e sconsolata di essere solo dedita ai figli che vede in Jane il germe del peccato. Così affida l'odiata nipote presso l'istituto di carità di Loewood, dove le bambine vengono cresciute nell'ossessivo rigore delle regole, castigate, picchiate e umiliate. Solo la dolce e pura coetanea Helen Burns le è amica, finchè non muore e Jane dopo questa perdita dolorosa temprerà ancora di più il carattere, e divenuta maggiorenne, lascerà il collegio per prendere impiego come istitutrice a Thornfield Hall. Entra qui in scena il signor Rochester, uomo irriverente e oscuro che nasconde un tetro passato. Ma che da subito si accorge della bellezza e rarità di Jane, tanto da rimanerne sin da subito folgorato, di contro la giovane non potrà fare a meno di sentirsi sempre più attratta da quell'uomo, anche se non riuscirà da subito ad accettarne il suo passato tanto tetro e doloroso. Altalenanti gli stati d'animo dell'eroina Jane e Fukunaga meglio di chiunque altro sa coglierli a pieno, vivida ed emozionante la fuga e poi la ricerca impazzata di quest'amore proibito. Ben riuscito.

sabato 24 marzo 2012

The Lady - L'Amore per la libertà - di Luc Besson 2011


San Suu Kyi c’è. E Besson la omaggia raccontando il suo lato umano, intimo, personale, quello cioè di una donna innamorata del marito, il professore di storia di Oxford, e dei suoi due figli. Una donna che non può rimanere però muta al grido di dolore del suo popolo birmano, sopraffatto da quarant’anni di dittatura. Una donna divisa in due quindi. Come solo le donne sanno esserlo.
Siamo lontani quindi dal taglio documentaristico e noioso, l'eroina tra le quattro mura è una donna comune. Si sa, Luc Besson è per antonomasia il regista amico delle donne: da Nikita a Giovanna D’Arco, qui si prende cura del Premio Nobel fin dalla sua tenera età, ritraendola dopo l'assassinio del padre, il generale Aung San, leader della lotta indipendentista birmana.
Sarà la condizione di salute precaria della madre a farla ritornare tra i suoi, tutti gli intellettuali si riuniranno nella sua casa progettando il cambiamento. La vera politica, la vera res pubblica, quella irrealizzabile, ma l'unica per cui valga la pena battersi.
"Tu puoi anche non pensare alla politica, ma la politica pensa a te!"
Un film sicuramente non eccezionale, ma è importante far conoscere la vita e l'operato dell'orchidea d'acciaio, tornata libera solo nel 2010.

domenica 27 novembre 2011

Before rain (Prima della pioggia). Milcho Manchevski. 1994


Mentre guardavo questo film ho vestito i panni della critica d'arte e ho visto davanti a me uno sfarzoso trittico di storie, scandito tra parole volti di Londra e immagini. Sullo sfondo una pittoresca Macedonia, l'immotivato e cruento odio interetnico, il fanatismo fondamentalista che ha dilaniato la ex Iugoslavia.Protagonista un affascinantissimo fotoreporter, che esule da Londra torna nel natio villaggio macedone e ritrova l'amata albanese di un tempo.
Ma la scansione temporale è sovvertita, quindi la storia non è propriamente come ora io ve la rendo. Tutto questo vi coinvolgerà e stupirà molto di più.
La storia è quella di Aleksandar, un famoso fotografo che torna nella sua Macedonia dopo tanti anni di reportage in giro per il mondo che gli valgono riconoscimenti e premi. Non ha paura della guerra, e nonostante gli si raccomandi di non farvi ritorno, la gioia di ritrovare amici e parenti vincono sul resto, chi non è violento rifiuta di credere alla violenza forse e questo gli sarà fatale. Una ragazza albanese uccide un pastore macedone ed Aleksandar cerca di difenderla dalla violenza che le spetterebbe. La ragazza riesce a fuggire e si rifugia in un monastero, aiutata da un giovane monaco macedone.
Anche Manchevski è macedone d'origine e trapiantato negli USA, regista di videoclip di successo, potrebbe quindi narrare una storia autobiografia, ma decide di ingarbugliare le carte, forse per sottolineare il non-sense che di fondo permea questa pellicola.
Il cerchio non è rotondo si legge ad un certo punto in una scena del film e ad un certo punto ho quindi capito anche io che il viaggio Londra-Macedonia che il fotografo intraprende è dunque un viaggio indietro nel tempo, perchè se il cerchio non è rotondo il Tempo non si ferma e quindi non muore. Una nota di speranza incisa nella professione stessa del fotoreporter che appunto immortala gli attimi, ferma il Tempo con i suoi click e lo rende eterno. Le regole geometriche (e non solo) vengono sovvertite: un cerchio rotondo presuppone una sosta, quindi la morte del punto di partenza da cui iniziamo a tracciare la linea circolare. Il cerchio non è più quel circuito che noi immaginiano, in Before the rain dopo un po'i conti non vi torneranno più. Un cerchio-non-rotondo nell'assurdità della guerra. Ma il destino comunque, se anche ci spererete fino alla fine, non verrà cambiato: il Finale coincide con l'Inizio, perchè il tempo non muore, ma la vita si.
E il fotografo ossessivamente torna a ripetere: Prendere posizione, e quando tardi a mettere dei punti fermi nella tua vita, è lei stessa che li mette per te. Un taglio documentaristico misto ad immagini profondamente poetiche che rafforza ulteriormente lo spaesamento di fronte ad una realtà-realisticamente-irreale.
Lasciatevi andare e godetevi questo spettacolo. Buona visione

domenica 3 ottobre 2010

Inception. Christopher Nolan. 2010


I sogni sembrano reali mentre ci sei dentro. È solo dopo esserti svegliato che ti rendi conto che effettivamente c’era qualcosa di strano

Colpita, affondata, irrimediabilmente innamorata. Volevo far tacere ogni mia parola, sarebbe risultata indegna, riduttiva, folle come l'impresa di voler racchiudere l'oceano in un bicchiere, poi mentre cercavo delle foto, da inserire in un collage, con i momenti che più mi hanno fatto palpitare di emozione, stupore, ho deciso che qualche commento potevo disseminarlo.
Leonardo DiCaprio, ancora una volta, come già magistralmente in Shutter island, viaggia nella mente, nel subconscio, c'avrà preso gusto! In realtà il suo viso angelico e ombroso, ben sa mettersi nei panni di un’anima perduta. Il suo demone ancora una volta una donna: Marion Cotillard, struggente bellezza,da capogiro.
Anime che condividono lo stesso spazio onirico. Cosa c'è di più geniale? Mi sono catapultata tra i banchi, una scolaretta che prende appunti, a chiaccherare con i compagni di corso, per poi vedere entrare proprio Lui: si, il dottor S., Freud.
Un'ultima missione, la più importante, quella decisiva, entrare, cioè nella mente del figlio ereditiere di un miliardario per impiantargli l’idea di dividere il suo impero commerciale, con l'Inception, l'innesto perchè tutto ciò potrebbe cambiare le sorti dell’economia globale.
Lasciatevi istruire, entrate nel sogno, del sogno, del sogno, avete solo questa possibilità, segnate da subito le regole del gioco per non dimenticarle nel mentre e fare confusione: non servono gli occhialini 3-D per vedere la terza dimensione, siete già nella terza dimensione!
Questa recensione non vi serve a nulla, è una presa in giro il solo confronto, dimenticatela, passate oltre e ANDATE A VEDERE IL FILM DI CORSA, potete entrare ora nel mio sogno? No. Se non sapete e potete farlo è tutto vano. Autoinnestatevi questo sogno e non svegliatevi, attenti ai calci, all'acqua, chiudete gli occhi e non fatevi disturbare. Sognate in santapace, leggete queste righe in silenzio, sottovoce, con la mente. Sccch! nessun rumore, qualcuno a fianco a voi, sta sognando, non destatelo! Non destatevi. Siete voi i protagonisti di questo film, lo scoprirete solo quando, abbandonata la sala cinematografica, andrete verso l'uscita.
E' la vostra mente il palco in cui va scena quest'atto. Difficile tornare alla realtà, vero?

giovedì 10 giugno 2010

Il tempo che ci rimane di Elia Suleiman. 2009


Quattro episodi che raccontano in silenzio la storia della famiglia del regista palestinese Elia Suleiman e di un popolo senza più una terra, dal 1948 (data in cui viene fondata Israele) ad oggi.
Fluire dei pensieri, tempo misto, alla Proust, alla Svevo, non c'è un ordine cronologico, nè un richiamo analogico tra un episodio e l'altro. Inquadrature secche e geometriche, ma ordinate (molto simile a Lourdes di Jessica Hausner se lo avete visto). Ed anche qui, come in Lourdes, c'è largo spazio all'ironia, anche se un po'amara: di fronte ad una casa c’è un enorme carro armato; un ragazzo esce per buttare la spazzatura; il cannone lo segue a pochi centimetri in tutti i suoi minimi spostamenti; ma il ragazzo nemmeno se ne accorge ed intrattiene anche una conversazione al cellulare. Mi è scappato un sorriso: l'emblema di un popolo che convive con l’orrore, tanto da farlo diventare la sua quotidianità. E mi ha commosso ancora di più la scena dei fuochi d’artificio: la madre del protagonista è in veranda, ma non li guarda, anzi volge lo sguardo esattamente dalla parte opposta, seduta nello stesso posto in cui il marito, defunto ormai da anni, si sedeva e toccante ancora di più il momento successivo all’ospedale, in cui la donna tiene costantemente in mano la sua foto: non c'è nulla di cui gioire, colori verso cui volgere lo sguardo. Scena bellissima!
Il resto è tutto sogno e surrealismo (che tanto mi piace): il regista salta con l’asta il muro di Gaza, per un cinema "vero"come non mai, dove sono solo le immagini a comunicare più dei pochissimi e scarni dialoghi presenti nella sceneggiatura, reale proprio perchè del tutto privo di effetti speciali, dove non c'è l'ansia del gesto e della parola, la volontà di una resa mozzafiato e sensazionale, limite della maggiora parte delle pellicole visionabili sul grande schermo.
Il conflitto israelo-palestinese è ricostruito grazie ai diari del padre Fuad, che si unì alla resistenza palestinese, e le corrispondenze della madre, substrato da cui prende vita il film, con un Elia Suleiman presente sulla scena, si autointerpreta da adulto. Un film sulla guerra, che però non la palesa, ma ne suggerisce solo l'idea, ce la sussurra piano all'orecchio, in maniera ovattata, irreale. I soldati sono una sorta di burattini dai movimenti irrigiditi e meccanici, si muovono a marcetta, e sono alquanto ottusi: i sorveglianti notturni ogni sera chiedono a Fuad e all’amico impegnati nella pesca chi sono, cosa fanno e da dove vengono, senza riuscire a intuire che si tratta sempre delle stesse persone. Questa sorta di caricatura è riservata anche agli arabi israeliani, ovvero i palestinesi rimasti in patria e privati della loro nazionalità: il vicino di casa che a giorni alterni minaccia di darsi fuoco col kerosene, la zia Olga che dice di aver visto in tv accanto a importanti personalità politiche i suoi parenti, i genitori preda dei soliti gesti e delle solite frasi: la madre lava meccanicamente i piatti e il padre dopo pranzo guarda la tv, Elia da piccolo è del tutto spento, cammina sempre a testa bassa, non parla, ha sempre la stessa espressione ebete e getta le lenticche della zia nell'immondizia, passando poi il piatto alla madre che prontamente lo lava. Straniamento, alienazione, dei palestinesi privati della loro individualità, personalità, delle loro emozioni, senza più un'anima. Tutto questo è reso magnificamente dalle ineccepibili inquadrature: i protagonisti spesso sono lasciati fuori quadro, quasi non ci fossero, come se l'aspetto umano non fosse il protagonista della storia, ma solo un contorno: quando Fuad innaffia le sue piante in giardino, sono loro le protagoniste, le uniche ad avere mantenuto qualche velleità esistenziale. Nel campo visivo solo gli oggetti, il cibo, la natura, il plaisir de vivre che non appartiene più alla famiglia di Elia.
Con un claustrofobico viaggio in taxi arriverete in Terra Santa, a Nazaret, vi imbatterete in un costruttore d'armi, padre di Elia, volto della dignità, della resistenza all'aggressione sionista, la schiena dritta che non si piegherà neanche con le bastonate, e il viaggio coninuerà attraverso il suo alterego, Elia stesso, attraverserete la sua infanzia, adolescenza e ritornerete poi in patria, con un senso di sconfitta, incredulità, e rassegnazione innanzi a un muro invalicabile. Ma non dimenticate: avete un'asta per saltare, basta solo prendere la rincorsa e spiccare il volo!

Coming Soon