lunedì 8 marzo 2010

Shutter Island. Martin Scorsese. 2010 "La mente è un'isola in balia di quello che non vogliamo accettare"

1954. Piena guerra fredda. Scompare una paziente Rachel Solando da un manicomio criminale su un’isola, colpevole di aver annegato tutti e tre i propri figli durante una crisi maniaco-depressiva. L'istituto si chiama Ashecliffe e si trova su un isolotto al largo di Boston, denominato Shutter Island. Un complesso diviso in tre ale principali con un misterioso e apparentemente inutilizzato faro. L'unico modo per giungere (ed andarsene) dall'isola è un malandato traghetto, che trasporta inoltre i beni di prima necessità per i detenuti isolani.
Due agenti federali Teddy Daniels (Leonardo DiCaprio) e il compagno Chuck partono per seguirne le indagini. Un uragano travolge l’isola, isolandoli dal resto del mondo e rendendo l'atmosfera inquietante e da incubo. A guidarli nelle loro ricerche un biglietto trovato sotto una mattonella nella stanza della scomparsa: “Chi è il paziente 67?”
Hanno da qui inizio una serie di strani sogni e allucinazioni che hanno per protagonista la defunta consorte di Daniels. Tutto comincia a diventare "strano", molto strano. Un fantastico Thriller psicologico, con colpi di scena e una trama ingarbugliatissima che si dipana psicologicamente mettendo a nudo incubi, paure e l'immaginazione dei protagonisti, annodandoli alla realtà, dalla quale si fatica poi a distinguerli. Confusione totale fino alla fine: falsi indizi, presunti colpevoli e verità. E la mente malata a creare o stiamo assistendo alla reale messa in scena? Scorsese in realtà, non svela mai, ma suggerisce, tende la mano per non far ammattire lo spettatore. Lentamente e senza accorgervene scenderete i meandri di una mente folle e allucinata e con un certo fascino ad un certo punto vi renderete conto che il vostro punto di vista è in quello di un matto. Avrei esagerato di piu', scardinando meno, c'è un surplus informativo nella prima parte del film che evita di arrivare alla pazzia totale da parte di chi guarda, lo capisci che devi "staccare" o finirai per strapparti i capelli anche tu. Non avrei dato questo sentore. Unico appiglio critico per un film, che è, a mio avviso, un vero Capolavoro nel suo genere. I flashback/allucinazioni di DiCaprio, infatti, svelano troppo e la meravigliosa seconda parte del film è pura follia, ma con poco da scoprire, del protagonista abbiamo capito abbastanza. Un viaggio nell'impervio territorio della mente umana: il piromane assassino dalla faccia deturpata che ha ucciso la moglie di Teddy esiste davvero o è solamente una partita a scacchi giocata con la propria mente malata? Mentre cercate una risposta, il quadro d'improvviso diventa nero. E lentamente salgono i titoli di coda.

Non ci sono opere, ci sono solo autori, diceva quel gran genio del Truffaut. I buoni film sono quelli che dopo ti fanno arrovellare, che ti fanno sentire protagonista, che ti pungolano. Shutter Island, in tal senso, è un buon film, che meriterebbe, forse, più frequentazioni, non svela di certo tutti i suoi segreti alla prima visione: difficile comprendere i meccanismi mentali che scatenano la follia dei protagoniosti, il concetto di violenza nazista che è alla base del film come forza motrice e presupposto inevitabile di ogni civiltà. Il "senso di colpa”, sentimento alla base di moltissime psico-patologie, redaggio spesso di educazioni rigide e di stampo cattolico. Cio'che la mente per autocurarsi rimuove, ma non cancella mai del tutto: gli orrori post Seconda Guerra Mondiale e gli echi anti-comunisti. L’isola di Ashcliffe non esiste è solo quindi una metafora della mente del protagonista, disturbata e allucinata. La maggior parte del film è il frutto della proiezione di una mente malata, l'isola che imprigiona i personaggi ( e noi con loro), inaccessibile e senza vie di fuga ("Chi arriva sull'isola non ne va più via") è solo la trappola di una mente schizofrenica e ossessiva. Simbolici anche la pioggia e gli uragani, sempre relativi alla mente malata, che se sedata e sottoposta a cure si rigenera e più il superlativo Leonardio DiCaprio cerca di arrivare alla verità, più gli eventi apocalittici aumentano. La mente che si autocura non vuole mai arrivare a possedere quella realtà mostruosa che cerca di eliminare. L'attenzione si focalizza sulla mente del pazzo, su cosa lo conduce alla pazzia. Accenni alle torture fisiche e psicologiche cui spesso vengono sottoposti e una rivalutazione di quella che a quel tempo ( e forse ancora oggi) era la figura del folle: nonostante il loro stato sembrano sempre saperne più di quanto uno scaltro marshal federale possa mai scoprire e immaginare. Forse anche per via dei suoi di traumi.

Signori buona visione e buona permanenza su Shutter Island. Ma prima della partenza allacciate le cinture.

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