mercoledì 25 settembre 2013

Le diable probablement di Robert Bresson, 1977

“Neppure di fronte alla morte la vita può avere dignità”...
L'orso dargento al festival di Berlino del 1977 comincia con un lunghissimo flask.back e con i titoli dei giornali sulla morte di un giovane. Per poi discendere negli inferi di quei difficilissimi anni di piombo, la via crucis di un Gesù più giovane e laico. Società contrapposta al desiderio di libertà, evasione che portano a loro volta alla volontà di morire. Robert Bresson sfonda una porta già aperta in quegli anni. Il giovane diavolo è qui Charles, volto da adolescente, capelli biondi lunghi. Sessantottino, abbandona la famiglia borghese e va a vivere da solo. Noia, apatia. Partecipa alle riunioni di estrema sinistra, ma qualsiasi emozioni provi, il suo sguardo è sempre perso nel vuoto, spento. Michael, un suo amico che sta montando un film contro l’inquinamento, si preoccupa del suo stato mentale, e decide di andare a vivere con lui. Il mutismo di Charles parla attraverso le imamgini dei documentari contro l'inquinamento, contro le violenze impartite sui piccoli di foca. Edwige, la sua ragazza, lo tradisce, i primi piani sui suoi occhi però sono sempre gli stessi. "Ma non ci sono dei limiti al non fare niente?", gli domanda Michel. "Sì, ma una volta che li superi, provi una voluttà straordinaria, inaudita...". Progressismo e quindi ateismo. Dio non esiste, prenderne consapevolezza non è facile. La lucidità piena è follia, così il protagonista cerca prima di affogarsi in una vasca, ma sarà l'incontro con il tossicodipendente a segnare la via del non-ritorno. E lo psicanalista tra un buco di droga e l'altro dell'amico non basterà a salvarlo. Difficile e impegnato il cinema di Bresson, non adatto nel pomeriggio post.pranzo.

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