giovedì 16 aprile 2015

The Cut di Fatih Akin.2014

Anche il secondo Ulivo d’Oro alla carriera di questo 16° Festival del Cinema Europeo di Lecce, dopo quello a Bertrand Tavernier, ha raggiunto il suo destinatario: Fatih Akin, il tedesco turco che nel corso della sua energetica carriera si è scoperto sempre più prima turco che tedesco.
A Mardin in Armenia, nel 1915 , durante una notte qualsiasi, la polizia turca rastrella tutti gli uomini armeni della città, compreso il fabbro Nazaret, il quale viene prelevato a forza dalla sua casa e dalla sua famiglia.Nazaret diventa schiavo delle armate turche, costretto ai lavori forzati ed a grandi serie di umiliazioni, insieme agli altri uomini armeni. Verrà salvato dallo sgozzamento, il suo aguzzino era, in realtà, un ladro che gli salva la vita, ma gli recide le corde vocali. A tutti gli altri armeni del suo plotone verrà, invece, tagliata la gola. Ma le sue figlie sono in vita, solo questo lo spinge a non lasciarsi vivere. L’epopea verso l’occidente è coinvolgente, scenograficamente e fotograficamente strabiliante, allontanandosi dai soliti cliché, a muoverlo è solo l'amore per le gemelle, ormai orfane.Il regista, con questo film, - come ha spiegato ieri al cinema Massimo, ospite del Festival del cinema europeo- conclude la trilogia su Amore, Morte e Diavolo. The cut è la ferita al collo del protagonista, la gola tagliata degli armeni non in grado di ribellarsi alle violenze dei turchi.
L’idea del ritorno alle proprie radici, come via per ritrovare se stessi, è da sempre presente nel cinema di Fatih Akin, ma il suo nuovo film si muove su un percorso diametralmente opposto: il protagonista è,infatti, strappato con violenza dalle sue radici e dalla sua famiglia, tagliato, sradicato e per restituire un valore alla sua vita è costretto ad allontanarsi dal suo paese e dalle sue tradizioni. Notizia recente è stata quella dell’attacco della leadership turca alla dichiarazione di Papa Francesco secondo cui il genocidio degli armeni sarebbe stato il primo genocidio del XX secolo. Interrogato sulla questione Akin ha giudicato estremamente aggressiva e insensibile la reazione turca, ricordando anche che è stato proprio un turco a sparare a Papa Giovanni Paolo II e ha sottolineato come molti paesi non accettano ancora oggi genocidi di cui sono stati responsabili, su tutti l’America nei confronti delle popolazioni native o degli schiavi neri; la Germania è stata costretta a riconoscere l’olocausto solo perché è uscita sconfitta dalla II Guerra Mondiale.

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