giovedì 9 luglio 2015

La madre di Angelo Maresca. 2014

Tratto da un romanzo di Grazia Deledda, di una Sardegna in cui, nei piccoli centri, il rigore dei principi e la repressione sono ancora dominanti, ma ambientato a Roma, nel quartiere Eur e allocando la chiesa nel Colosseo Quadrato. Tanti i campi lunghi che permettono di seguire negli spostamenti, anzitutto della madre, che va avanti e indietro ostinata e rabbiosa nella sua lotta di dissuasione sugli amanti. Maddalena è stata prima un’orfana, poi una serva, poi una ragazza madre, infine una giovane vedova. Don Paolo è figlio di una violenza, confessa i suoi parrocchiani guardandoli negli occhi, come un marito fedifrago, lui che è avvinto da carnale passione alla bella borghese Agnese. Amore materno ossessivo, pedina il prete mentre si reca dall'amante, con gli stessi diritti di una moglie tradita. Lei, gambe tornite e corpo appesantito, da quella vetrata osserva il loro peccato. Don Paolo si lava e profuma prima dell'appuntamento e il regista non è avaro nemmeno nel mostrare tutti i suoi amplessi, i due consumano un frettoloso rapporto persino in Chiesa. Una canonica spoglia, ma piena di luce, così come la casa che il prete divide con la madre: con enormi quadri alle pareti con scene angoscianti a rappresentare il senso del peccato, statue ricoperte da teli, vetri offuscati che, anziché far trasparire, nascondono. Carmen (la madre) è spagnola e di umili origini, la donna che Paolo sceglie è bionda, alta, sofisticata, altera, quasi glaciale, ricca, vestita spesso di bianco e nero come l’ambiente intorno. Una donna viziata, di quelle incapaci di perdere. Questo è limite del film: troppe spiegazioni causa-effetto, l’origine della vita dei personaggi andrebbe intuita dalla scrittura, perché il determinismo in psicologia e nella vita è sempre riduttivo e pericoloso. Brutto anche il flashback gratuito, dove Carmen lava il figlio ormai adolescente, mentre gli chiede se è contento della sua vita in seminario e lui non può che rispondere di sì.Un incestuoso dramma edipico svenduto senza sentimento.Tanto da non capire, per tutta la durata del film, se Paolo soffre di più per la disubbidienza a Dio o per il sacrilegio di dover disubbidire alla Madre.

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